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IL SOGNO DI COLOMBO...la scoperta della creazione.
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rosella



Registrato: 15/06/05 21:20
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Residenza: castel gandolfo

MessaggioInviato: Mer Nov 07, 2007 16:04    Oggetto: Rispondi citando


Gesù aveva più volte accennato allo Spirito Santo.
Ad esempio ai discepoli, che volevano imparare a pregare, rispose che il Padre avrebbe donato lo Spirito Santo a chi desiderava riceverlo.
L'accenno più solenne e diretto lo diede nel Tempio, nell'ultimo giorno della festa dei tabernacoli: "Nell'ultimo giorno, il giorno più solenne della festa, Gesù, stando in piedi, esclamò: Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come ha detto la Scrittura, fiumi d'acqua viva sgorgheranno dal suo seno".
L'evangelista spiega che Gesù parlava dello Spirito Santo, che avrebbero ricevuto coloro che credono in Lui, dopo che Lui sarebbe stato glorificato.
Era l'implicita promessa che avrebbe mandato lo Spirito Santo, dopo essere asceso al Padre.
La condizione era, è, di credere in Gesù come Salvatore, di essere assetati di Lui, andare a Lui e bere, fino a ricevere una pienezza a favore di altri.
E' inutile, dunque, parlare di ricevere lo Spirito Santo a chi non si trova in questa disposizione.
Questo non significa che lo Spirito Santo svolga la sua opera solo nei cuori che hanno ricevuto questa pienezza; in ogni anelito verso l'alto, in ogni azione di bene o di male, per qualsiasi persona c'è un lavoro dello Spirito Santo.
E' scritto che gli uomini antidiluviani si opposero allo Spirito Santo, questo significa che Egli li avvertiva e li rimproverava.
Nessuno potrebbe conoscere Gesù, se lo Spirito Santo non lo assistesse, guidasse, convincesse di peccato. Quello che viene dalla visione umana non manifesta nulla di tutto questo.
Ma tra l'assistenza che lo Spirito dona ad ogni creatura, secondo le varie necessità, e il ricevere lo Spirito Santo nel senso in cui ne parla Giovanni nel suo Evangelo c'è una grande differenza.
SPIRITO DI CONSOLAZIONE. "Se chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò. Se voi mi amate, osserverete i miei comandamenti" (i MIEI, quelli che Lui avrebbe impartito volta per volta per mezzo dello Spirito Santo, come viene spiegato in ATTI 1:2).
"Io pregherò il Padre, ed Egli vi darà un altro Consolatore", non un'influenza, ma una Persona. Un altro e pure Consolatore.
Così si scopre che Gesù è venuto per consolare l'umanità, e lo Spirito Santo ne continua il lavoro.
"Un altro Consolatore", la parola vuole indicare una persona che assiste.
Egli è "lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere, perchè non lo vede e non lo conosce".
I discepoli però lo conoscevano "perchè dimora con voi".
Non poteva essere una conoscenza intellettuale, ma una conoscenza intima dello, nello, spirito.


CONTINUA..........................
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antonietta



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MessaggioInviato: Ven Nov 23, 2007 23:29    Oggetto: Rispondi citando


Domande di fede
Editoriale del 6/11/2007, 12:03


«Addio Enzo Biagi, maestro di giornalismo»; «È morto Enzo Biagi, "voce di libertà"»: sono i titoli che Repubblica e Corriere hanno scelto sui loro siti per salutare il decano dei giornalisti, deceduto serenamente stamattina nella clinica dove era ricoverato da diversi giorni. La sua situazione di salute, a 87 anni e con numerosi acciacchi, erano critiche, anche se - a detta delle figlie Carla e Bice - continuava a essere lucidissimo.

Pochi ormai se lo ricordano inviato della Stampa, molto più noto il suo ruolo televisivo, che gli ha portato più di qualche grattacapo negli ultimi anni; il suo stile posato, il suo immenso archivio di ricordi e di esperienze ne ha fatto un testimone del nostro tempo, che ha raccontato con competenza di sessant'anni di storia partendo da storie semplici e affidandosi a piccole vicende e aneddoti.

Ma Biagi ha parlato, e spesso, anche di fede. Da quanto emergeva dalle interviste e dai suoi commenti, aveva un rapporto profondo e disincantato nei confronti della spiritualità.

In una intervista pubblicata nel libro "Quel che resta di Cristo dopo duemila anni" di Edgarda Ferri, Biagi parla di Gesù Cristo come di «un personaggio insuperato, di grande attualità. Specialmente in tempi bui come i nostri, quando basterebbe un cerino per illuminarci. Lui, comunque è ben più di un cerino. È anche più di una torcia, più di un falò. Quello che ci ha insegnato è ancora insuperato: non c’è nessuno che sia andato oltre alle sue parole».

Era molto colpito, Biagi, dal suo messaggio, anche sul piano sociale: «Gesù Cristo - disse nell'occasione - ha insegnato cose grandi, grandissime. Fra tutte, secondo me, il principio della carità e della giustizia si mette al massimo grado dell'insegnamento della sua dottrina. "Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te"». Era colpito dal messaggio di carità, umiltà, amore, della giustizia nella responsabilità: «C'è un'enorme, totale assuefazione all'ingiustizia e alla colpa: tanto da arrivare a pensare che, quando tutti sono colpevoli, alla fine sono tutti innocenti. Ma è troppo comodo. Questo, significa tradire il Cristo che predicava la giustizia e la responsabilità. Noi ci assolviamo da tutto perché tutti abbiamo trasgredito». Ed era affascinato dalla continuità del vangelo: «Dopo duemila anni di confusione, disattenzione, ingiustizia, mancanza di amore e di carità, il messaggio di Cristo è però ancora vivo».

L'intervista si concludeva con una frase significativa: «In casa mia, fra le mie carte, non tengo immagini di Cristo. Ma tengo il Vangelo. Nel vangelo c’è dentro qualcosa di più di quello che c'è negli altri libri. Inoltre è una lettura stupenda».

Biagi, da buon giornalista, si faceva molte domande, anche sui temi della vita e della fede. Nella serenità della sua dipartita ci permettiamo di sperare che abbia, finalmente, trovato la risposta.
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rosella



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Residenza: castel gandolfo

MessaggioInviato: Mar Nov 27, 2007 12:57    Oggetto: Rispondi citando


SPIRITO DI VERITA'. "Quando sarà venuto il Consolatore che io vi manderò da parte del Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli testimonierà di me".
Egli è spirito di Verità, spiegherà la Verità, che è Gesù stesso; Verità nel complesso, e nei particolari, l'avrebbe spiegata lo Spirito Santo.
"Lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere, perchè non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perchè dimora con voi, e sarà in voi".
Per riceverlo però c'è una condizione: essere assetati di Gesù Cristo, perchè Egli disse: "Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva".
Beva, senza tanti ma e diverse argomentazioni "Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, fiumi d'acqua viva sgorgheranno dal suo seno. Disse questo dello Spirito, che dovevano ricevere quelli che avrebbero creduto in lui; lo Spirito, infatti, non era ancora stato dato, perchè Gesu non era ancora glorificato".
Lo Spirito è Verità e Gesù è Verità, ma non è possibile vedere, ascoltare, ubbidire Gesù senza lo Spirito Santo.
SPIRITO DI GLORIA. "Egli mi glorificherà".
La gloria di Gesù splende nella croce: la Croce come visione nel futuro, inizia da quando Egli fu sacrificato in ispirito; la Croce nel passato, quando è stato sacrificato sul legno; la Croce è il centro di Gloria dell'Universo. Solo lo Spirito di Dio può illuminare tutto questo, dopo che ha consolato ed insegnato.
Gesù promise ai discepoli che un giorno non avrebbero più rivolto nessuna domanda; e poi li esortò a chiedere nel Suo Nome.
Sarebbe venuto il giorno in cui non avrebbe più parlato loro in similitudini (parabole), ma apertamente avrebbe parlato del Padre.
"Il Padre stesso vi ama". Quanto è difficile riuscire a comprendere queste parole: quanta insistenza di Gesù su queste parole!
"Sono proceduto dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio il mondo, e torno al Padre". Il Padre diventava centro di amore e interesse per i discepoli.
Gesù aveva promesso che avrebbe parlato apertamente, era la promessa, la rivelazione di Dio come Padre, qualcosa che nulla di scritto o similitudine può dire: la promessa rivelazione che sarebbe entrato nei cuori; la conclusione di tutto l'insegnamento: conoscere il cuore di DIO PADRE.
C'era ancora dell'altro: i discepoli avrebbero lasciato Gesù solo e loro sarebbero stati dispersi. "L'ora viene, anzi è venuta, che sarete dispersi, ciascuno per conto suo".
Questo avvertimento andava oltre l'immediato arresto di Gesù ed è profezia dei conflitti e dell'agonia che vive l'anima, quando non ha ancora conosciuto, davvero, Lui ed il Padre.
"Nel mondo avrete tribolazione; ma fatevi animo, io ho vinto il mondo". Ha vinto con il soffrire.
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rosella



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MessaggioInviato: Gio Dic 06, 2007 13:25    Oggetto: Rispondi citando


Quando Gesù finì di parlare ai discepoli si rivolse al Padre, alzò gli occhi al cielo e pregò.
Che preghiera! Impossibile riassumerla. E' importante leggerla personalmente: Giovanni capitolo 17.
Affidò i discepoli al Padre, perchè ogni lavoro spirituale deve essere affidato a Dio, Lui lo protegge e lo fa prosperare.
Egli santifica nella Verità (la Sua parola è Verità). Egli guarda nel Suo amore.
I discepoli devono essere uno fra loro e uno col Padre e con il Figlio come il Padre ed il Figlio sono Uno.
Dice che prega per loro, e non prega per il mondo. Ma un momento! Egli chiede qualcosa che è più che una preghiera per il mondo, prega per tutti quelli che crederanno in Lui tramite la parola dei discepoli.
Il vasto panorama del lavoro della chiesa spirituale è profetizzato: "Che siano tutti uno......affinchè il mondo creda che tu mi hai mandato". Credere questo significa vivere.
Egli è stato mandato dal Padre, con la parola del Padre a chi lo accetta: loro con amore testimoniano, a tutti indistintamente, in modo che il mondo creda e CONOSCA.
CONOSCERE il Padre, e Gesù mandato dal Padre questo è vita eterna.
Che pace si trova nella preghiera!
Gesù ha fatto conoscere il Nome (carattere) del Padre, e continuerà a farlo conoscere, in modo che: "L'AMORE del quale tu mi hai amato sia in loro, ed IO IN loro".
Dopo aver pregato andò con i discepoli nell'orto di Getsemani e disse: "Sedete qui finchè io sia andato là e abbia pregato".
Prese con sè Pietro, Giacomo e Giovanni e disse loro: "L'anima mia è oppressa da tristezza mortale; rimanete qui e vegliate con me", "Pregate di non entrare in tentazione".
Andò un poco più avanti di loro, e si pose in ginocchio, si gettò con la faccia per terra e disse: "Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Però non la mia volontà, ma la tua sia fatta. Allora gli apparve un angelo dal cielo per confortarlo. Ed essendo in agonia, egli pregava ancor più intensamente; e il suo sudore diventò come grosse gocce di sangue che cadevano in terra".
Agonia, la vita Gli sfuggiva; ed Egli non si fermò, anzi pregò ancora più tenacemente. Il conforto dei discepoli Gli veniva meno; andò da loro, ma dormivano per la tristezza, la loro mente era stanca ed accasciata per gli avvenimenti che si erano susseguiti in maniera troppo rapida negli ultimi giorni e soprattutto nelle ultime ore.
Gesù li vide in quello stato, disse a Pietro: "Così, non siete capaci di vegliare con me un'ora sola?". Nemmeno un'ora? Si può aggiungere quanto è difficile, senza un'unzione speciale, vegliare vecino a chi è nel bisogno.
"Di nuovo, per la seconda volta, andò e pregò, dicendo: Padre mio, se non è possibile che questo calice passi oltre da me, senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà. E, tornato, li trovò addormentati, perchè i loro occhi erano appesantiti. E, lasciatili, andò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le medesime parole. Poi tornò dai discepoli e disse loro: Dormite pure oramai, e riposatevi! Ecco, l'ora è vicina, e il Figlio dell'uomo è dato nelle mani dei peccatori. Alzatevi, andiamo; ecco, colui che mi tradisce è vicino".
Gesù aveva vinto. I discepoli potevano, da questo momento, dormire del Suo riposo, sulla Sua opera.



CONTINUA.........................
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rosella



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MessaggioInviato: Mer Dic 12, 2007 15:05    Oggetto: Rispondi citando


Perchè Gesù nell'orto di Getsemani chiese al Padre che quel calice fosse allontanato da Lui?
Gesù fu tentato più volte, si può ricordare la grande tentazione nel deserto; oppure quando Pietro divenendo strumento di Satana, invitò Gesù ad avere compassione di sè stesso, e non proseguire verso la croce.
L'evangelista Luca, quando termina la narrazione della tentazione nel deserto, aggiunge che "il diavolo, dopo aver finito ogni tentazione, si allontanò da lui fino a un momento determinato". Questo significa che Satana continuò successivamente il suo lavoro.
Alla fine però era riservata una tentazione più intensa e nuova: se si raffronta il Getsemani ed il deserto si può parlare di tentazioni all'opposto una dell'altra; si potrebbe chiamare la seconda la tentazione della prosperità e la prima quella della disperazione.
Nessuno visse come Gesù; quindi nessuno fu tentato come Lui.
Egli aveva detto, nella cena, che aveva vivamente desiderato di mangiare la Pasqua con i discepoli, prima di soffrire.
Dunque era per Lui gioia l'avvicinarsi al termine ultimo. Per amore si affrettava al sacrificio.
Ma già durante la cena un'ombra di grande afflizione scese su di Lui, quando fu turbato nello spirito; superò questo momento e continuò ad insegnare ai suoi discepoli.
Dopo aver finito andarono verso il Getsemani, sapendo ciò che lo aspettava.
La sua anima, dunque, correva incontro al termine ultimo serenamente, quando nuovamente fu invaso da una tristezza mortale............tanta che pareva dovesse morire allora.
Perfetto Figliuolo dell'Uomo, dovette soffrire fino all'estremo; come era abituato a fare volle raccogliersi in preghiera per prepararsi.
Una mano invisibile lo opprimeva.
Quelle poche forze che aveva le utilizzò per mettersi nella posizione più riverente e insistente di preghiera, si inginocchiò.
La preghiera nel Getsemani è tra i più tragici episodi della passione di Gesù.
Egli aveva detto che quando sarebbe stato innalzato dalla terra, avrebbe attirato gli uomini a Sè; ma il diavolo odiava questo essere innalzato dalla terra, e sferrò i suoi attacchi per impedirlo, ucciderlo prima.
In quel momento (mentre il Padre lo lasciava fare) assalì Gesù per ucciderlo sotto gli ulivi: i nemici avrebbero trovato un uomo spirato; avrebbero detto che era morto di paura; i pochi discepoli sarebbero stati svergognati e dispersi; e del vasto programma preparato sarebbe rimasto un fragile ricordo di sconfitta e confusione.
Già il suo corpo stava per finire sotto il peso di una strana e penosa agonia, mentre lasciava sfuggire il sangue; Egli era sull'orlo del precipizio, però sapeva che la sua fine non doveva essere sotto gli ulivi, ma al Golgota.
Il piano ed il programma stabilito dalla Trinità era che Gesù sarebbe stato trafitto.
Gesù fu confortato e rinvigorito. Quando si alzò la terza volta dalla preghiera, era nel pieno del vigore di quella giovinezza che si doveva volontariamente immolare per essere recisa come un fiore.


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antonietta



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MessaggioInviato: Gio Dic 13, 2007 20:42    Oggetto: Rispondi citando


Bibbia e pallone, mix vincente


TORINO - Fratello Nicola porge sempre l'altra guancia. Fratello Nicola una volta si incavolava di brutto in campo litigando con l'arbitro, gli assistenti e il quarto uomo. Oggi fratello Nicola, meglio conosciuto come Legrottaglie, difensore della Juventus, frequenta la chiesa evangelica e una comunità di Beinasco e non batte più la testa contro il muro se deve praticare l'astinenza sessuale. «Una volta dopo una settimana senza donne diventavo pazzo» ammette.
Come Kakà è diventato un Atleta di Cristo (primo italiano ad aderire al gruppo), e guarda senza nostalgia al suo passato di atleta del superfluo. Le meches, l'aria da fighetto, quel parlare di sè sempre in terza persona che suscitava ilarità, fanno parte del Legrottaglie che non c'è più. E di pari passo con la conversione religiosa è arrivata anche quella calcistica.

Arrivò alla Juve con la presunzione di essere il migliore e non ne azzeccò una. Lippi lo utilizzò perché spesso non aveva di meglio. Capello avrebbe giocato anche in dieci pur di non mandarlo in campo e lo mise al bando. Finì al Bologna, dal Bologna al Siena. Tornò a Torino per la serie B ed era già un Legrottaglie diverso, che leggeva la Bibbia e ne diffondeva il verbo ai compagni. A indicargli la strada non fu un pastore evangelico, ma Tomas Guzman, il paraguaiano ex Juve suo compagno al Siena che un giorno gli disse: «Nicola, perché non credi?».

E Legrottaglie credette. La vita cambia in un attimo. Folgorato in piazza del Campo, oggi Nick testimonia la sua fede con la preghiera e con comportamenti consoni al suo nuovo status. Anche quando si sistema a protezione della porta di Buffon. Dispensa randellate agli avversari, ma sempre con il sorriso sulle labbra. Ti meno fratello, ma ti voglio bene. E Ranieri raccoglie i frutti di questa seconda vita del pugliese di Mottola, dove hanno fondato un suo fan club con 200 devoti.

La serenità interiore si è tradotta in campo in una nuova padronanza della situazione anche nei momenti più difficili. Sabato sera è stato perfetto. Prima avrebbe traballato sotto l'incalzare delle truppe nemiche, ora regge bene l'urto. E dispensa consigli pure al neofita (per il ruolo di centrale) Chiellini. Ma senza spocchia, perché se prima si credeva il migliore, adesso vola basso e fa tesoro delle leggerezze della vita passata, quando voleva presentarsi in infradito anche alla cena di gala. Una volta dopo una partita di Champions con il Deportivo, una di quelle in cui i tifosi l'avrebbero inseguito con un randello nodoso, disse: «Dio è Legrottaglie». Attimi di imbarazzo, qualcuno stava già prenotando una stanza alla neuro chiedendo di murare la porta.

Era un estroso che si è riciclato in estraneo a tutto ciò che sa di futile. La Juve ha premiato il suo cambiamento. Voleva di nuovo liberarsi di lui, era tutto fatto con il Besiktas, poi il colpo di scena e il rientro nei ranghi con prolungamento del contratto e consacrazione come titolare inamovibile. Prima per necessità dopo l'infortunio di Andrade, quindi per convinzione. Ora guai a chi lo tocca e l'idea di tornare sul mercato dei difensori a gennaio è sparita. L'uomo schiavo dei desideri banali non c'è più. «Me ne sono liberato, ora il mio desiderio è che qualcuno mi segua». Non con un randello in mano. Con la Bibbia.

di: Fabio Vergnano
da: lastampa.it
data: 3 dicembre 2007
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antonietta



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MessaggioInviato: Mer Dic 19, 2007 22:50    Oggetto: Rispondi citando


lunedì 12 novembre 2007
Come salvarsi l'anima.


di Nicola Andrea Scorsone

Nel tempo religioni e sette, con le loro leggi sulle cose da fare e le cose da non fare, hanno indicato vie per giungere a questo fine.
Con pellegrinaggi a piedi nudi diretti verso porte sante in Roma, o alla Mecca, non mangiando carne il venerdì o il maiale, accendendo mille candele a infinite statue di Madonne, Buddha, Confucio, Stalin..., non facendo trasfusioni di sangue... facendo così della salvezza dell’anima qualcosa di molto complicato e irraggiungibile, tanto che pochi, a parte i tradizionalisti, ci si vogliono dedicare veramente.
Ed ecco l’unico vero modo sicuro indicato dalla Parola di Dio, la Bibbia: “«La parola è vicino a te, nella tua bocca e nel tuo cuore»: questa è la parola della fede che noi annunziamo; perché, se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore e avrai creduto con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato; infatti con il cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa confessione per essere salvati. Difatti la Scrittura dice: «Chiunque crede in lui, non sarà deluso»... Infatti chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà salvato” (Romani 10:8/11-13).

Questa è l’unica verità che apre le porte del Paradiso, infatti il primo a varcare quella soglia insieme a Gesù fu quel ladrone crocifisso al Suo fianco, che niente fece, niente aveva fatto delle cose menzionate, e niente avrebbe potuto fare per meritarsi tale celestiale beatitudine.
Questi, confessando semplicemente di essere un peccatore giustamente condannato, domandò salvezza a quell’unico che poteva compierla, Gesù.
Come quel ladrone, il Paradiso non lo merita nessuno, il prezzo da pagare è molto alto, dal valore eterno.
Gesù solo, pagando con la vita, al nostro posto, poteva coprire e cancellare l’alto prezzo della giustizia divina. Fu così che quel ladrone, da circa 2000 anni, passò dalla croce alla beatitudine del Paradiso, perché:“...Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori...” (1aTimoteo 1:15).

Sei tu salvato?
Tutti quelli che avranno seguito le tradizioni descritte al principio alla fine saranno delusi.
Solo chi crede in Lui, in Gesù, per come sta scritto, riceve vera salvezza e non sarà deluso.
Non sprecare gli anni della tua vita per un’insicurezza religiosa, affida la tua anima a Gesù e non rimarrai deluso.
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antonietta



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MessaggioInviato: Mar Dic 25, 2007 18:06    Oggetto: Rispondi citando


Ogni anno, il mondo, con l'avvicinarsi degli ultimi giorni di dicembre, festeggia, nei modi più svariati, dalle luminarie pubblicitarie al presepio e all'albero, la nascita di Cristo Gesù.



Con tutti questi modi paganeggianti, entrati ormai nella tradizione civile e religiosa, dobbiamo dire apertamente che si è degenerato dalla genuina verità, quella che promana dalla Parola di Dio a questo riguardo.

Il mondo, in realtà, approfitta della circostanza o del pretesto, per mettere in mostra i più svariati articoli commerciali, allettare il visitatore incantato e indurlo ad acquistare la merce.

Innanzi tutto, precisiamo che la Sacra Scrittura non ci ha lasciato alcuna data cronologica intorno alla Nascita di Gesù, per cui il 25 dicembre non è da ritenersi come il «dies natalis» del Signore.

Dalla mitologia si rileva che il 25 dicembre i pagani iniziati ai misteri di Mitra celebravano la festa del natale del "Sol invictus". Questo culto idolatra al dio Sole, l'eliolatria, fu l'ultima forma ereditata dal paganesimo romano.

L'imperatore Aurelio diede ad essa una consacrazione ufficiale, erigendo in suo onore un tempio favoloso, mentre fissava la solennità di quel dio al solstizio d'inverno, cioè al 25 dicembre. Quando però l'imperatore Costantino si convertì al cristianesimo, fu necessario fare di quella data non più il «dies natalis» dell' astro del giorno, bensì il «dies natalis» di Colui di cui l'astro era soltanto il simbolo nel cosmo. Così ebbe inizio il Natale del Signore.



Ciò premesso, senza voler dar troppo peso alla data del 25 dicembre o ad un'altra qualsiasi, un fatto è certo che il Signore Gesù è veramente venuto su questa terra. L'apostolo Paolo scrive: «Quando giunse la pienezza dei tempi, Iddio mandò il suo Figliuolo., nato di donna, nato sotto la legge» (Galati 4:4).

La sua incarnazione aveva uno scopo ben preciso, e la Sacra Scrittura ce lo rivela dicendo: «Per riscattare quelli che erano sotto la legge, affinché ricevessimo l'adozione di figliuoli» (Galati 4:5). Cristo, quindi, si è veramente incarnato, fatto uomo.

Qualcuno potrebbe chiedersi, perché egli ha fatto questo? Che bisogno c'era che il Figlio di Dio rivestisse la nostra fragile natura umana?

La risposta la troviamo alle origini dell'uomo, quando, dopo la caduta dei nostri progenitori, Dio apostrofa il seduttore dicendo che la progenie della donna, cioè Cristo, il Salvatore, gli avrebbe schiacciato il capo (Genesi 3.;15).

Cristo, infatti, dice la Scrittura, ci ha affrancati dal peccato, dalla maledizione della legge e dalla morte «avendo cancellato l'atto accusatore» attraverso il suo sacrificio sulla croce del Golgota (Romani 6:18; Galati 3:14; Colossesi 2:14).

La nascita di Cristo in questo mondo, pertanto, segna l'apice dell'amore di Dio verso la sua creatura, l'uomo.

Gesù «annichilì se stesso, prendendo forma di servo e divenendo simile agli uomini». «Essendo ricco si è fatto povero per amor nostro, perché mediante la sua povertà, noi potessimo diventar ricchi» (Filippesi 2:7; 2Corinzi 8:9).

La sua apparizione inoltre su questa terra, ha avuto lo scopo di «distruggere le opere del diavolo» (l Giovanni 3:8b; Genesi 3:15).



Ecco, in breve, il vero significato del Natale, se si vuole restare coerenti all'insegnamento della Parola di Dio.

Niente sentimentalismo, niente poesia, nessuna coreografia o tradizione che travisi il vero volto della Natività di Gesù.

Occorre, amici, spogliare il natale moderno di tutti i falsi insegnamenti che con supina ignoranza si istillano nei cuori dei fedeli, piccoli e grandi. Lasciamo che l'albero (pino o abete), d'importazione nordica e sacro al dio germanico Odino, orni le nostre foreste, i nostri boschi; lasciamo che il «bue e l'asino», presi dal vangelo apocrifo dello pseudo Matteo, e messi in voga nel Medio Evo da Francesco di Bernardone, riscaldino le stalle delle nostre fattorie...L'arte non è la Bibbia, e la fantasia non è la realtà!

Il ricordo del Natale di Cristo non deve essere un'occasione per gingillarsi, come fa la bambina con le sue bambole, e neppure per ridimensionare la statura di Gesù, riducendolo ad un neonato inerme che si lascia trastullare come fosse un balocco.



La Nascita di Cristo, invece, è ben altra cosa, per cui dovremmo esaminarci seriamente e chiederci: «Perché Cristo è venuto su questa terra? - Perché ha voluto rivestire la nostra umanità? - Ha egli ancora un significato per me? ... E alla luce della Sacra Scrittura, ripetere con l'apostolo Paolo: «Cristo Gesù è venuto in questo mondo per salvare i peccatori, dei quali io sono il primo» (l Timoteo 2:15).

Se noi arriviamo a comprendere questo, se crediamo in tal modo all'amore che Cristo ha avuto per noi nel suo abbassamento, allora ogni volta che noi festeggeremo il suo Natale (non importa la data), ci sentiremo attratti sempre più verso di Lui.

Questa ricorrenza non ci darà più motivo di imitare il mondo paganeggiante nelle sue deviazioni e sovrastrutture a questo riguardo, ma conosceremo meglio che Cristo è venuto su questa terra «per salvare ciò che era perduto» (Luca 19:10).



Non fermiamoci, amici, alla mangiatoia, ma percorriamo con la nostra mente tutta la vita di Cristo. Contempliamolo nell' atto supremo del suo sacrificio sulla croce; ricordiamo la tomba vuota, quando Egli risuscitò trionfante vincitore sulla morte, ed ora adoriamolo assiso alla destra del Padre mentre intercede del continuo per noi.

Non aspettiamo che ogni anno ritorni questa festività per essere richiamati, ma ogni giorno il nostro pensiero sia rivolto al Cristo che ben presto ritornerà, non più sotto la debole forma di servo, ma nella maestosità della sua potenza e gloria.

Possa perciò il Natale di Cristo, amico ravvivare la tua fede, riaccendere la tua speranza ed accrescere il tuo amore verso il tuo unico Salvatore.



Messaggio trasmesso da Radio Monte Carlo.
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rosella



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MessaggioInviato: Lun Gen 07, 2008 16:55    Oggetto: Rispondi citando


CONTINUA..............


Giuda che lo tradiva sapeva in quale luogo fosse Gesù. Accompagnato dai soldati con armi e torce andò a prenderLo. Andavano contro di Lui come se si trattava di catturare un delinquente.
Per quei poveri cuori ERA NOTTE...........
Gesù che avrebbe avuto tutto il tempo per fuggire se avesse voluto, disse: "Chi cercate? Gli risposero: Gesù il Nazareno! Gesù disse loro: SONO IO".
Giuda e gli altri presenti quando udirono quel grande SONO IO indietreggiarono e caddero in terra.
Per un momento si erano trovati in presenza della gloria dell' Eterno, dell' IO SONO che dal pruno ardente aveva parlato, ordinato a Mosè.
Gesù Nazareno: IO SONO. Nessun Ebreo osava pronunciare queste parole.
Una volta Gesù le pronunciò, e cercarono di ucciderlo, ma non ci riuscirono.
In quella occasione erano state solo pronunciate queste parole, ma la Deità era rimasta nascosta.
Però questa volta nel Getsemani apparve con la forza ed il tempo di un lampo la Sua Deità. Caddero in terra.
Egli domandò di nuovo: "Chi cercate?", e loro dopo aver ripreso le forze, gli risposero: "Gesù il Nazareno".
Gesù rispose ora con più parole: "Vi ho detto che sono io; se dunque cercate me, lasciate andare questi".
Doveva adempiersi ciò che Egli aveva detto: "Di quelli che tu mi hai dato, non ne ho perduto nessuno................Allora, avvicinatisi, gli misero le mani addosso e lo presero................Allora tutti, lasciatolo, se ne fuggirono".
L' umanità, rappresentata da quei soldati, nel posare le mani sull' Innocente, trasferiva i peccati di tutti, sul capo volenteroso e sottomesso del Figliuolo dell'uomo. Giuda vendette Gesù. Gli pesarono trenta sicli d'argento. Il rumore di ogni moneta era come il grido del tradimento.
Pagavano il prezzo di uno schiavo: infatti Gesù era lo schiavo volontario.


"Mentre Gesù parlava ancora, arrivò Giuda, uno dei dodici, e insieme a lui una folla con spade e bastoni, inviata da parte dei capi sacerdoti, degli scribi e degli anziani. Colui che lo tradiva aveva dato loro un segnale, dicendo: Quello che bacerò, è lui; pigliatelo e portatelo via sicuramente".
Giuda significa "Lode". Avere un nome non significa esserlo.
Era notte; il Signore aveva, da poco, trionfato sull'agonia di Getsemani; ed ecco che gli eventi si succedevano rapidamente, arrivò una gran folla: rappresentava quanto di peggio si può immaginare in quanto ad inganno ed odio; era composta dai capi dei sacerdoti, anziani, farisei, soldati.
In testa a tutti andava un uomo che portava un bel nome. Colui che si chiamava Giuda, andò ad incontrare, per baciarlo, e tradirlo, Colui che era il vero Giuda (lode).
La falsa lode andava incontro alla Vera, e la consegnava nelle mani dei nemici.
E come tutto ciò che è falso simula amore, così colui che era chiamato Giuda dava un bacio. Questo era il segnale.
Non bisogna meravigliarsi che Gesù disse: "Giuda (LODE!) tradisci il Figlio dell'uomo con un bacio?". A rendere ancora più triste il tradimento veniva utilizzato un bacio.
Quelli che amano Dio sono invitati a baciare il Figliuolo; la chiesa spirituale desidera i Suoi baci.
Il falso Giuda come tutto ciò che è falso, era anche esagerato; andava davanti a tutti; fece ciò che nessuno nemmeno immaginava, aggiunse anche un saluto: "Ti saluto Maestro!". A tanto può arrivare la malizia della falsa lode!
Giuda era uno dei dodici discepoli, di quel gruppo che aveva condiviso ogno cosa con Gesù; avevano perserverato nella tentazione del Signore; Lo avevano seguito in Giudea, nonostante sapessero che quello era il posto in cui i nemici avevano tramato di ucciderlo.
Quando Gesù aveva domandato se volevano lasciarlo, avevano risposto, per bocca di uno di loro, che non sapevano dove andare, perchè Egli aveva parole di vita eterna.
Giuda non si era allontanato, apparentemente, era rimasto fino all'ultimo uno dei dodici. Ma quando si mostrò nella realtà, fece il peggiore sfoggio.
Le folle ingrate, indifferenti, l'astuzia dei nemici con insidiose domande, la violenza che tentarono di compiere più volte contro di Lui, non si possono paragonare a quell'unico atto, nella notte, più tetro della notte stessa, perchè l'autore si staccò da tutti, per compiere un gesto di simulato amore, lui che aveva un nome che sembrava una delle più tristi ironie.


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rosella



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MessaggioInviato: Mer Gen 16, 2008 12:44    Oggetto: Rispondi citando


Giuda che portava il nome di lode tradì; gli altri discepoli che non avevano il nome, ma una realtà nascosta, furono fedeli fino alla morte.
Quando, all'indomani, Giuda vide che avevano condannato Gesù, si pentì, di un pentimento che non portava salvezza, perchè non aveva fede nel Signore; può avere fede in Lui solo chi Lo ama.
Si pentì, restituì i trenta sicli d'argento ai capi sacerdoti, ed agli anziani, dicendo: "Ho peccato, consegnandovi sangue innocente. Ma essi dissero: Che c'importa? Pensaci tu. Ed egli, buttati i sicli nel tempio, si allontanò e ando a impiccarsi".
Finalmente lo avevano nelle mani.
Quella doppia immagine di processo, religioso e politico, che occorreva per condannare a morte Gesù fu subito completa; l'apparenza doveva essere rispettata. Allora il sommo sacerdote si alzò e Gli disse: "Non rispondi nulla? Non senti quello che testimoniano costoro contro di te?".
Ma Gesù taceva.
"Il sommo sacerdote gli disse: Ti scongiuro per il Dio vivente di dirci se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio. Gesù gli rispose: Tu l'hai detto; anzi vi dico che da ora innanzi vedrete il Figlio dell'uomo sedere alla destra della Potenza, e venire sulle nuvole del cielo".
Caiafa non si preoccupò di comprendere la profezia, ed utilizzò subito le parole di Gesù, per vederlo condannato.
"Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti, dicendo: Egli ha bestemmiato; che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Ecco, ora avete udita la sua bestemmia; che ve ne pare? Ed essi risposero: E' reo di morte".
Quindi ebbe inizio uno scenario davanti al quale gli angeli del cielo inorridirono. "Allora gli sputarono in viso e gli diedero dei pugni e altri lo schiaffeggiarono".
Durante gli insulti qualcuno Gli velò il viso. Impossibile guardare Lui e proseguire ad offenderLo. Coprirono il Suo volto, non perchè Gesù non li vedesse, ma affinchè loro non vedessero Lui.
Tra gli insulti e i maltrattamenti, la derisione maggiore era circa i titoli dati a Gesù: "Profeta, Cristo".
Lui era lì impotente a difendersi, mentre da qualcuno partì una domanda a cui ci fu un'acclamazione chiassosa: "O Cristo profeta, indovina: Chi ti ha percosso?".
L'unto di Dio si riduceva, alla fine, ad essere un uomo maltrattato e deriso. Il Profeta ad essere un indovino di atti volgari.
Gesù non rispose.
Il Suo silenzio non fu mai sdegno, sicuramente quel silenzio nascondeva un cuore invaso da pietà.
Chi con la bocca, chi con un ghigno sarcastico, chi con colpi pesanti, chi con un sorriso beffardo, tutti lo percuotevano.
Gesù non rispose.
Oggi a quel silenzio si potrebbe opporre una domanda: "Chi ti HA colpito?"
La risposta potrebbe essere: "Io, Signore, ti ho colpito, tutte le volte che ho perso di vista il Tuo volto meraviglioso, l'ho coperto con un velo, per non vederTi e non riconoscere le Tue vie".
Lui attende le risposte degli uomini, perchè non è venuto per accusare: aspetta che da solo l'uomo riconosca che cosa ha fatto a Lui, perchè solo allora sarà riconoscente e Lo amerà.


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rosella



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MessaggioInviato: Lun Gen 21, 2008 15:43    Oggetto: Rispondi citando


"Poi tutta l'assemblea si alzò e lo condussero da Pilato. E cominciarono ad accusarlo, dicendo: Abbiamo trovato colui che sovvertiva la nostra nazione e che proibiva di pagare i tributi a Cesare, e diceva di essere il Cristo re".
Pilato sicuramente comprese che l'accusa era assurda; il potere romano non poteva avere paura di quel prigioniero; ma Lo interrogò.
Gli disse: "Sei tu il re dei Giudei? Gesù gli rispose: Dici questo di tuo, oppure altri te l'hanno detto di me?".
Bisognava fare una distinzione se Pilato intendeva dire di Gesù re, secondo il significato romano, ed allora era un re come tanti, invece secondo il signifcato giudaico era il Re annunciato dalle profezie.
"Pilato gli rispose: Sono io forse Giudeo? La tua nazione e i capi dei sacerdoti ti hanno messo nelle mie mani; che cosa hai fatto?".
Gesù rispose alla prima domanda: "Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori combatterebbero perchè io non fossi dato nelle mani dei Giudei; ma ora il mio regno non è di qui".
Gesù non veniva dalla terra, ma era sceso dal cielo. E arriverà il giorno in cui gli abitanti della terra lo riconosceranno come vero Re.
Pilato Gli pose una nuova domanda: "Ma dunque, sei tu re?". Pilato cercava di comprendere.
"Gesù rispose: Tu lo dici; io sono re; io sono nato (nato Re) per questo, e per questo sono venuto nel mondo: per testimoniare della verità. Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce".
Era un nuovo linguaggio quello che ascoltava un uomo come Pilato, che conosceva bene la falsità dell'uomo: "Verità".
Pilato gli disse: "Che cos'è la verità?". Gesù non rispose. La verità nel suo significato più profondo, non è un concetto, ma una persona, è Gesù Cristo, il Signore. Chi ascolta Lui è nella verità.
Il colloquio finì. Pilato Lo dichiarò innocente, e cominiciò a compiere passi fatali di compromissione: non essendo riuscito ad ottenere la libertà di Gesù, così come Gli spettava.
Prima pose la scelta con Barabba, e poi ricorse al crudele espediente della flagellazione.
Quel corpo fu straziato, così come era stato profetizzato, bisognerebbe meditare su questa sofferenza, che merita riconoscenza ed amore.
L'evangelista Matteo dice: "Allora i soldati del governatore portarono Gesù nel pretorio e radunarono attorno a lui tutta la coorte. E, spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto". Mancava ancora qualcosa.
Alcuni scapparono fuori e tornarono con un fascio di spine: "intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo".
Ad Adamo era stato detto: "Maledetto sia il suolo per causa tua!..........spine e cardi produrrà per te".
Ora le spine venivano intrecciate per formare una corona. Il secondo Adamo prendeva su di sè quella maledizione: i soldati, nella loro ignoranza, non sapevano quello che facevano.
La spina è la promessa di un fiore che non è riuscito a nascere: quante spine ci sono nell'anima dell'uomo!
Per completare il quadro misero nella mano destra di Gesù una canna; e inginocchiandosi davanti, Lo deridevano dicendo: "Salve, re dei Giudei! E gli sputavano addosso, prendevano la canna e gli percotevano il capo".
Pilato non si preoccupò di impedire tutto questo; ma ad un certo punto, vedendo quelle scene dolorose, volle presentarLo così al popolo per implorarne la pietà. "Ecco, ve lo conduco fuori, affinchè sappiate che non trovo in lui nessuna colpa".
Gesù dunque uscì portando la corona di spine ed il manto di porpora. E Pilato disse loro: "ECCO L'UOMO", "E, dopo averlo schernito, lo spogliarono del manto e lo rivestirono dei suoi abiti; poi lo condussero via per crocifiggerlo".
Per ordine di Pilato fu fatta un'iscrizione sulla croce: "GESU' IL NAZARENO, IL RE DEI GIUDEI".
I Giudei si risentirono e chiesero di cambiare l'iscrizione, ma Pilato rispose: "Quello che ho scritto , ho scritto".


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MessaggioInviato: Mar Gen 22, 2008 10:04    Oggetto: Rispondi citando


...è davvero un piacere per me entrare in questo topic che davvero arricchisce i nostri animi!!Bisognerebbe sempre trovare un pò di tempo per riflettere...RIFLETTERE!!!nn sempre questa azione appare,anche in minima parte,nella nostre giornate!! Confused
Grazie ad Antonietta e Rosella,specie gli ultimi 2 post sono davvero toccanti,le tue spiegazioni così precise chiariscono tanti aspetti per molti ancora sconosciuti...un approccio simile alle Sacre Scritture risparmierebbe a tanti dubbi e incomprensioni...
Grazie mille
Valeria Smile
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MessaggioInviato: Mer Gen 23, 2008 08:52    Oggetto: Rispondi citando


Ti ringrazio dolce Valeria per il tuo post.
Hai sottolineato un concetto molto bello ed interessante: "Trovare un pò di tempo per riflettere".
E' vero il nostro "tempo" ci riduce ad esseri che vivono la loro giornata come delle trottole in "moto perpetuo", ma che riposo e che pace si trovano nel raccoglimento e nell'ispirazione che lo Spirito Santo ci dona quando desideriamo ascoltarlo. Ciao Rosella
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MessaggioInviato: Mer Gen 23, 2008 09:16    Oggetto: Rispondi citando


Grazie mille per le tue parole,come sempre profonde...e che colpiscono,soprattutto chi è disposto ad accogliere il senso racchiuso in esse....con la speranza che davvero sempre più in tanti saranno disposti all' "ascolto" che tanto rasserena e appaga...ti saluto,cara Rossella Very Happy
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MessaggioInviato: Mer Gen 30, 2008 16:49    Oggetto: Rispondi citando


Gesù è il sacerdote per eccellenza.
Nel Salmo 40 è scritto: "Tu non prendi piacere né in sacrificio né in offerta; mi hai forato le orecchie. Tu non hai chiesto né olocausto né sacrificio per il peccato. Allora ho detto: «Ecco io vengo, Nel rotolo del libro sta scritto di me. DIO mio, io prendo piacere nel fare la tua volontà, e la tua legge è dentro il mio cuore».
Alla base del vero sacerdozio, c'è la rinuncia a sè stessi, perchè nessuno può aiutare gli altri se non ha annullato il proprio IO.
Per i cuori desiderosi di far parte del Regno di sacerdoti che appartiene alla Chiesa Spirituale, il primo invito è "rinunzi a se stesso e prenda la sua croce e mi segua".
Nell'Antico Testamento ci furono due tipi di sacerdozio, che anticipavano il sacerdozio eterno di Gesù: quello rappresentato da Melchisedec e quello di Aaronne e dei suoi discendenti.
Melchisedec appare una sola volta, poi si legge solo del sacerdozio di Aaronne.
Nel Nuovo Testamento il sacerdozio dei discendenti di Aaronne si esaurisce, come mandato, alla croce; mentre il sacerdozio rappresentato da Melchisedec è eterno.
Quando il discendente di Aaronne, Caiafa, si stracciò le vesti, il sacerdozio Levitico finì: era proibito, al principe del suo popolo di stracciarsi le vesti (Levitico 21:10).
Da quel momento, quel sacerdozio fu trasferito su Gesù: in senso spirituale.
Egli era sacerdote prima dell'inizio del tempo, quando disse al Padre: "Eccomi io vengo".
Visibilmente, fu davanti a Caiafa con i suoi vestiti stracciati, che il vero Sacerdote compì l'ultima parte della missione di offrire Sè stesso, l'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo.
Il sacerdote Gesù non fu compreso. Finì sulla croce fra due ladroni, attirando derisione ed ingiurie di chiunque passasse di lì.
A quella derisione ed a quelle ingiurie participava tutta l'umanità partecipava.
Il Sacerdote sentì in tutta la sua pienezza, il significato dell'incredulità e degli oltraggi.
Colui che non aveva mai minimente deviato durante tutta la sua missione, rimase saldo davanti al fiume in piena dei suoi nemici.
Poteva scendere dalla croce, ma non lo fece. Non rispose nulla a quelle beffe, fu risoluto nel compiere la missione.
Quando dicevano " Egli ha salvato gli altri e non può salvare se stesso", affermavano una grande verità.
Il Salvatore degli altri deve essere pronto a morire: altrimenti come può essere Salvatore.
Il Sacerdote vinse: rimase sulla croce, e spirò. Tutto era compiuto.
Il sacrificio perfetto, non fatto con animali o oggetti, ma di Sè stesso, era stato compiuto.
Come i sacerdoti del passato anche Lui doveva offrire qualcosa. Questa volta l'offerta consisteva nell'aver donato il massimo, nessun altro sacerdote aveva potuto fare questo.
"Non può salvare se stesso", alcune delle più profonde verità su Gesù sono state affermate proprio dai suoi nemici.
Il Sacerdote deve essere disposto a donarsi completamente agli altri, e non conservare nulla di sè stesso.
Gesù non conservò nulla di Sè, neanche nel senso della Deità; preferì rimanere digiuno nel deserto della tentazione, piuttosto che trasformare le pietre in pane; moltiplicò i pani ed i pesci per gli altri.
La Sua vita fu offerta per gli altri.
Ha rappresentato completamente il Padre per noi. Completamente rappresenta noi, come Sacerdote, al Padre.
Il sacrificio completo compie effetti completi. Il Suo sacrificio è stato compiuto una volta, ma l'effetto è eterno.
Il Figliuolo è stato completamente unto in eterno. Inoltre, Colui che, sulla terra, vissè e morì per gli altri, nel cielo continua a vivere per gli altri.
Ogni maltrattamento subito, ogni sputo caduto sul Suo volto innocente, ogni colpo di martello battuto per inchiodare piedi e mani procurava grande bene per gli altri.
La Sua anima ha sofferto, ma Egli avrebbe visto tutto il Suo dolore trasformarsi in Vita per gli altri.


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