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Fiabe e racconti per i bambini......e non solo!
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Nuovo argomento   Rispondi    Indice del forum -> Forum Alessandro Preziosi
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mari27



Registrato: 17/06/04 17:49
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MessaggioInviato: Lun Feb 20, 2012 14:23    Oggetto: Rispondi citando





-

Filastrocca di carnevale

Carnevale vecchio e pazzo
s’è venduto il materasso
per comprare pane e vino
tarallucci e cotechino.
E mangiando a crepapelle
la montagna di frittelle
gli è cresciuto un gran pancione
che somiglia ad un pallone.
Beve beve e all’improvviso
gli diventa rosso il viso
poi gli scoppia anche la pancia
mentre ancora mangia, mangia…
Così muore il carnevale
e gli fanno il funerale
dalla polvere era nato
ed in polvere è tornato.


( G. D'Annunzio)



***
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mari27



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MessaggioInviato: Dom Mar 18, 2012 10:24    Oggetto: Rispondi citando






Filastrocca di primavera

Filastrocca di primavera
più lungo è il giorno,
più dolce la sera.
Domani forse tra l’erbetta
spunterà la prima violetta.
O prima viola fresca e nuova
beato il primo che ti trova,
il tuo profumo gli dirà,
la primavera è giunta, è qua.
Gli altri signori non lo sanno
E ancora in inverno si crederanno:
magari persone di riguardo,
ma il loro calendario va in ritardo.


( G. Rodari)


***
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mari27



Registrato: 17/06/04 17:49
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MessaggioInviato: Ven Apr 06, 2012 08:37    Oggetto: Rispondi citando





- La leggenda del salice -


Gesù saliva verso il Calvario, portando sulle spalle piagate la croce pesante.
Sangue e sudore scendevano a rigare il volto santo coronato di spine.
Vicino a Lui camminava la Madre, insieme ad altre pie donne.
Gli uccellini, al passaggio della triste processione, si rifugiavano, impauriti, tra i rami degli alberi.
Ad un tratto - Gesù stramazzò al suolo. Due soldati, armati di frusta, si
precipitarono su di Lui, allontanando la Madre, che tentava di rialzarlo "Su,
muoviti! E tu, donna, stàttene da parte."
Gesù tentò di rialzarsi, ma la croce troppo pesante glielo impedì.
Era caduto ai piedi di un salice ...Cercò inutilmente di aggrapparsi al tronco. Allora l'albero pietoso chinò fino a terra i suoi rami lunghi e sottili perché potesse, afferrandosi ad essi, rialzarsi con minor fatica. Quando Gesù riprese il faticoso cammino, l'albero rimase coi rami pendenti verso terra: perciò
fu chiamato «Salice Piangente ».




***
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mari27



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MessaggioInviato: Lun Apr 30, 2012 09:45    Oggetto: Rispondi citando






- La danza degli gnomi -


Quando l'alba si levava,
si levava in sulla sera,
quando il passero parlava
c'era, allora, c'era... c'era...

... una vedova maritata ad un vedovo. E il vedovo aveva una figlia della sua prima moglie e la vedova aveva una figlia del suo primo marito. La figlia del vedovo si chiamava Serena, la figlia della vedova si chiamava Gordiana. la matrigna odiava Serena ch'era bella e buona e concedeva ogni cosa a Gordiana, brutta e perversa.
La famiglia abitava un castello principesco, a tre miglia dal villaggio, e la strada attraversava un crocevia, tra i faggi millenari di un bosco; nelle notti di plenilunio i piccoli gnomi vi danzavano in tondo e facevano beffe terribili ai viaggiatori notturni.
La matrigna che sapeva questo, una domenica sera, dopo cena, disse alla figlia:
- Serena, ho dimenticato il mio libro di preghiere nella chiesa del villaggio: vammelo a cercare.
- Mamma, perdonate... è notte.
- C'è la luna più chiara del sole!
- Mamma, ho paura! Andrò domattina all'alba...
- Ti ripeto d'andare! - replicò la matrigna.
- Mamma, lasciate venire Gordiana con me...
- Gordiana resta qui a tenermi compagnia. E tu va'!
Serena tacque rassegnata e si pose in cammino. Giunse nel bosco e rallentò il passo, premendosi lo scapolare sul petto, con le due mani.
Ed ecco apparire fra gli alberi il crocevia spazioso, illuminato dalla luna piena.
E gli gnomi danzavano in mezzo alla strada.
Serena li osservò fra i tronchi, trattenendo il respiro. Erano gobbi e sciancati come vecchietti, piccoli come fanciulli, avevano barbe lunghe e rossigne, giubbini buffi, rossi e verdi, e cappucci fantastici. Danzavano in tondo, con una cantilena stridula accompagnata dal grido degli uccelli notturni. Serena allibiva al pensiero di passare fra loro; eppure non c'era altra via e non poteva ritornare indietro senza il libro della matrigna. Fece violenza al tremito che la scuoteva, e s'avanzò con passo tranquillo.
Appena la videro, gli gnomi verdi si separarono da quelli rossi e fecero ala ai lati della strada, come per darle il passo. E quando la bimba si trovò fra loro la chiusero in cerchio, danzando. E uno gnomo le porse un fungo e una felce.
- Bella bimba, danza con noi!
- Volentieri, se questo può farvi piacere...
E Serena danzò al chiaro della luna, con tanta grazia soave che gli gnomi si fermarono in cerchio, estatici ad ammirarla.
- Oh! Che bella graziosa bambina! - disse uno gnomo.
Un secondo disse: - Ch'ella divenga della metà più bella e più graziosa ancora.
Disse un terzo:
- Oh! Che bimba soave e buona!
Un quarto disse: - Ch'ella divenga della metà più ancora bella e soave!
Disse un quinto: - E che una perla le cada dall'orecchio sinistro ad ogni parola della sua bocca.
Un sesto disse: - E che si converta in oro ogni cosa ch'ella vorrà.
- Così sia! Così sia! Così sia!... - gridarono tutti con voce lieta e crepitante.
Ripresero la danza vertiginosa, tenendosi per mano, poi spezzarono il cerchio e disparvero. Serena proseguì il cammino, giunse al villaggio e fece alzare il sacrestano perché la chiesa era chiusa.
Ed ecco che ad ogni parola una perla le usciva dall'orecchio sinistro, le rimbalzava sulla spalla e cadeva per terra. Il sagrestano si mise a raccoglierle nella palma della mano. Serena ebbe il libro e ritornò al castello paterno. La matrigna la guardò stupita. Serena splendeva di una bellezza mai veduta:
- Non t'è occorso nessun guaio, per via?
- Nessuno, mamma.
- E raccontò esattamente ogni cosa. E ad ogni parola una perla le cadeva dall'orecchio sinistro.
La matrigna si rodeva d'invidia.
- E il mio libro di preghiere?
- Eccolo, mamma.
La logora rilegatura di cuoio e di rame s'era convertita in oro tempestato di brillanti.
La matrigna trasecolava.
Poi decise di tentare la stessa sorte per la figlia Gordiana. La domenica dopo, alla stessa ora, disse alla figlia di recarsi a prendere il libro nella chiesa del villaggio.
- Così sola? Di notte? Mamma, siete pazza?
E Gordiana scrollò le spalle.
- Devi ubbidire, cara, e sarò un gran bene per te, te lo prometto.
- Andateci voi!
Gordiana, non avvezza ad ubbidire, smaniò furibonda e la madre fu costretta a cacciarla con le busse, per deciderla a partire.
Quando giunse al crocevia, inargentato dalla luna, i piccoli gnomi che danzavano in tondo si divisero in due schiere ai lati della strada, poi la chiusero in cerchio; e uno si avanzò porgendole il fungo e la felce e invitandola garbatamente a danzare.
- Io danzo con principi e con baroni: non danzo con brutti rospi come voi.
E gettò la felce e il fungo e tentò di aprire la catena dei piccoli ballerini con pugni e con calci.
- Che bimba brutta e deforme! - disse uno gnomo.
Un secondo disse: - Ch'ella diventi della metà più ancora cattiva e villana.
- E che sia gobba!
- E che sia zoppa!
- E che uno scorpione le esca dall'orecchio sinistro ad ogni parola della sua bocca.
- E che si copra di bava ogni cosa ch'ella toccherà.
- Così sia! Così sia! Così sia!... - gridarono tutti con voce irosa e crepitante.
Ripresero la danza prendendosi per mano, poi spezzarono la catena e disparvero.
Gordiana scrollò le spalle, giunse alla chiesa, prese il libro e ritornò al castello.
Quando la madre la vide dié un urlo:
- Gordiana, figlia mia! Chi t'ha conciata così?
- Voi, madre snaturata, che mi esponete alla mala ventura.
E ad ogni parola, uno scorpione dalla coda forcuta le scendeva lungo la persona.
Trasse il libro di tasca e lo diede alla madre; ma questa lo lasciò cadere con un grido d'orrore.
- Che schifezza! È tutto lordo di bava!
La madre era disperata di quella figlia zoppa e gobba, più brutta e più perversa di prima. E la condusse nelle sue stanze, affidandola alle cure di medici che s'adoprarono inutilmente per risanarla.
Si era intanto sparsa pel mondo la fama della bellezza sfolgorante e della bontà di serena, e da tutte le parti giungevano richieste di principi e di baroni; ma la matrigna perversa si opponeva ad ogni partito.
Il Re di Persegonia non si fidò degli ambasciatori, e volle recarsi in persona al castello della bellezza famosa. Fu così rapito dal fascino soave di Serena che fece all'istante richiesta della sua mano.
La matrigna soffocava dalla bile; ma si mostrò ossequiosa al re e lieta di quella fortuna. E già macchinava in mente di sostituire a Serena la figlia Gordiana.
Furono fissate le nozze per la settimana seguente. Il giorno dopo il Re mandò alla fidanzata orecchini, smaniglie, monili di valore inestimabile.
Giunse il corteo reale per prendere la fidanzata. La matrigna coprì dei gioielli la figlia Gordiana e rinchiuse Serena in un cofano di cedro.
Il Re scese dalla carrozza dorata e aprì lo sportello per farvi salire la fidanzata. Gordiana aveva il volto coperto d'un velo fitto e restava muta alle dolci parole dello sposo.
- Signora mia suocera, perché la sposa non mi risponde?
- È timida, Maestà.
- Eppure l'altro giorno fu così garbata con me...
- La solennità di questo giorno la rende muta...
Il Re guardava con affetto la sposa.
- Serena, scopritevi il volto, ch'io vi veda un solo istante!
- Non è possibile, Maestà - interruppe la matrigna - il fresco della carrozza la sciuperebbe! Dopo le nozze si scoprirà.
il Re cominciava ad inquietarsi.
Proseguirono verso la chiesa e già la madre si rallegrava di veder giungere a compimento la sua frode perversa.
Ma passando vicino ad un ruscello, Gordiana, smemorata ed impaziente, si protese dicendo:
- Mamma, ho sete!
Non aveva detto tre parole che tre scorpioni neri scesero correndo sulla veste di seta candida.
Il Re e il suocero balzarono in piedi, inorriditi, e strapparono il velo alla sposa. Apparve il volto orribile e feroce di Gordiana.
- Maestà, queste due perfide volevano ingannarci.
Il suocero e il Re fecero arrestare il corteo a mezza strada. Il Re salì a cavallo e volle ritornare, solo, di gran galoppo, al castello della fidanzata.
Salì le scale e prese ad aggirarsi per le sale chiamando ad alta voce.
- Serena! Serena! Dove siete?
- Qui, Maestà!
- Dove?
- Nel cofano di cedro!
Il Re forzò il cofano con la punta della spada e sollevò il coperchio. Serena balzò in piedi, pallida e bella. Il re la sollevò fra le braccia, la pose sul suo cavallo e ritornò dove il corteo l'aspettava. Serena prese posto nella berlina reale, tra il padre e il fidanzato.
Furono celebrate le nozze regali.
Della matrigna e della figlia perversa, fuggite attraverso i boschi, non si ebbe più alcuna novella.



- Guido Gozzano -



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Antonietta68



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Residenza: S.Maria C. V. CASERTA

MessaggioInviato: Lun Apr 30, 2012 10:30    Oggetto: Rispondi citando


Bentornata Mari,un abbraccio.
_________________
"LE MANI CHE AIUTANO SONO PIù SACRE DELLE BOCCHE CHE PREGANO"
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mari27



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MessaggioInviato: Lun Apr 30, 2012 11:28    Oggetto: Rispondi citando


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Grazie di cuore, Antonietta! Ciao!


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mari27



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MessaggioInviato: Gio Ago 09, 2012 18:07    Oggetto: Rispondi citando


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Le favole di Fedro -


La volpe e il corvo.



Qui se laudari gaudet verbis subdolis,
fere dat poenas turpi poenitentia.

Cum de fenestra corvus raptum caseum
comesse vellet, celsa residens arbore,
vulpes hunc vidit, deinde sic coepit loqui:

«O qui tuarum, corve, pennarum est nitor!
Quantum decoris corpore et vultu geris!
Si vocem haberes, nulla prior ales foret».

At ille stultus, dum vult vocem ostendere,
emisit ore caseum, quem celeriter
dolosa vulpes avidis rapuit dentibus.
Tum demum ingemuit corvi deceptus stupor.

*


Mentre un corvo voleva mangiare un pezzo di formaggio rubato da una finestra, appollaiato su di un alto albero, una volpe lo vide e cominciò a parlare così:
«O corvo! Qual è lo splendore delle tue penne!
Quanta bellezza riveli nel corpo e nell’espressione del volto!
Se avessi la voce nessun uccello sarebbe superiore a te».
Ma quello sciocco, mentre voleva mostrare la propria voce, lasciò cadere dalla bocca il pezzo di formaggio, che la volpe astuta celermente afferrò con i denti voraci. Allora soltanto gemette lo stupido corvo ingannato.


Morale:
Chi gode di essere lodato con parole ingannatrici prima o poi paga il prezzo con un pentimento umiliante.






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mari27



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MessaggioInviato: Lun Dic 24, 2012 21:41    Oggetto: Rispondi citando


-

Gli zoccoli

Questa leggenda risale ai tempi in cui i Barbari invasero la Gallia devastandola.
Il mondo gallo-romano stava crollando ed i contadini fuggivano all'incalzare delle orde di Attila e di Genserico.

Fra i contadini in fuga c'erano anche San Crispino e San Crispiniano.
La notte di Natale, tremanti di freddo e di fame, essi bussarono alla porta di una misera casupola di Crespy en Valois.
Comparve una donna in lacrime, con voce rotta dai singhiozzi narrò che pochi giorni prima, suo marito era stato ucciso dai Vandali. Ora le rimaneva solo un bambino di due anni che piangeva in una culla.
"Ha fame. Ci hanno portato via tutto e abbiamo tanto freddo; per l'ultima fiammata ho bruciato persino gli zoccoletti del mio piccino."

I due santi, commossi, andarono ad abbattere un albero nel bosco vicino e svelti svelti intagliarono due rozzi sandaletti che posarono davanti al focolare spento. Poi si inginocchiarono in preghiera. Ed ecco che miracolosamente i trucioli che avevano gettato nel camino si misero a danzare e a brillare. Non erano più trucioli di legno, ma pepite d'oro.
E così Crispino e Crispiniano furono proclamati patroni dei calzolai.
Gli zoccoli di legno da allora vennero considerati un simbolo natalizio; ogni anno, colmi di dolci o semplicemente decorati a vivaci colori, ornano le case o si regalano.



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Manila



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MessaggioInviato: Ven Dic 28, 2012 14:48    Oggetto: bella Rispondi citando


mari27 ha scritto:
-

Le favole di Fedro -


La volpe e il corvo.



Qui se laudari gaudet verbis subdolis,
fere dat poenas turpi poenitentia.

Cum de fenestra corvus raptum caseum
comesse vellet, celsa residens arbore,
vulpes hunc vidit, deinde sic coepit loqui:

«O qui tuarum, corve, pennarum est nitor!
Quantum decoris corpore et vultu geris!
Si vocem haberes, nulla prior ales foret».

At ille stultus, dum vult vocem ostendere,
emisit ore caseum, quem celeriter
dolosa vulpes avidis rapuit dentibus.
Tum demum ingemuit corvi deceptus stupor.

*


Mentre un corvo voleva mangiare un pezzo di formaggio rubato da una finestra, appollaiato su di un alto albero, una volpe lo vide e cominciò a parlare così:
«O corvo! Qual è lo splendore delle tue penne!
Quanta bellezza riveli nel corpo e nell’espressione del volto!
Se avessi la voce nessun uccello sarebbe superiore a te».
Ma quello sciocco, mentre voleva mostrare la propria voce, lasciò cadere dalla bocca il pezzo di formaggio, che la volpe astuta celermente afferrò con i denti voraci. Allora soltanto gemette lo stupido corvo ingannato.


Morale:
Chi gode di essere lodato con parole ingannatrici prima o poi paga il prezzo con un pentimento umiliante.






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Grazie Mary...bellissima !!!
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mari27



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MessaggioInviato: Ven Dic 28, 2012 23:59    Oggetto: Rispondi citando


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Ciao Cristiana! Bentrovata!


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mari27



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MessaggioInviato: Dom Gen 06, 2013 16:09    Oggetto: Rispondi citando





Filastrocca per la Befana


Viene viene la Befana
Da una terra assai lontana,
così lontana che non c’è…

la Befana, sai chi è?
La Befana viene viene,

se stai zitto la senti bene:
se stai zitto ti addormenti,
la Befana più non senti.
La Befana, poveretta,
si confonde per la fretta:
invece del treno che avevo ordinato
un po’ di carbone mi ha lasciato.


Gianni Rodari



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mari27



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MessaggioInviato: Mar Feb 05, 2013 22:10    Oggetto: Rispondi citando





Scherzi di Carnevale


Carnevale,
ogni scherzo vale.

Mi metterò una maschera
da Pulcinella
e dirò che ho inventato
la mozzarella.

Mi metterò una maschera
da Pantalone,
dirò che ogni mio sternuto
vale un milione.

Mi metterò una maschera
da pagliaccio,
per far credere a tutti
che il sole è di ghiaccio.

Mi metterò una maschera
da imperatore,
avrò un impero
per un paio d’ore:

per volere mio dovranno
levarsi la maschera
quelli che la portano
ogni giorno dell’anno…

E sarà il Carnevale
più divertente
vedrer la faccia vera
di tanta gente.



Gianni Rodari


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MessaggioInviato: Ven Mar 29, 2013 12:30    Oggetto: Rispondi citando


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Dall'uovo di Pasqua


Dall'uovo di Pasqua
è uscito un pulcino
di gesso arancione
col becco turchino.
Ha detto: "Vado,
mi metto in viaggio
e porto a tutti
un grande messaggio".
E volteggiando
di qua e di là
attraversando
paesi e città
ha scritto sui muri,
nel cielo e per terra:
"Viva la pace,
abbasso la guerra".


Gianni Rodari



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mari27



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MessaggioInviato: Ven Mar 29, 2013 12:38    Oggetto: Rispondi citando


-
Filastrocca

Uccellino venuto dal bosco

Uccellino venuto dal bosco,
che piangendo fuggivi,
cos’hai visto laggiù?

Ho veduto di sotto gli ulivi,
sanguinare Gesù.

Uccellino venuto dal monte,
che scappavi veloce,
cos’hai visto lassù?

Ho veduto tre uomini in croce,
ed in mezzo c’era Gesù.

Uccellino venuto dal piano,
che cinguetti nel volo,
cos’hai visto laggiù?

Ho veduto dal bianco lenzuolo,
risvegliarsi Gesù.



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mari27



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MessaggioInviato: Ven Dic 27, 2013 12:28    Oggetto: Rispondi citando


-


- Piccolo albero di Natale -

C’era una volta un piccolo albero di Natale che, quando parlava con mamma albero di Natale e papà albero di Natale, non vedeva l’ora di poter mettersi addosso le palline colorate, i festoni argentati e le lampadine. Sognava ogni notte il suo momento, entrare nel salotto buono, gustarsi
i sorrisi gli auguri in famiglia, lasciarsi sfuggire una lacrima di resina dalla contentezza.

E venne finalmente il giorno del piccolo albero di Natale. Venne scelto quasi per caso tra tanti amici alberi di Natale anche loro.
Pensava: "Adesso è venuto il mio momento, adesso sono diventato grande". Il viaggio fu lungo, incappucciato di stoffa bagnata per non perdere il verde luminoso dei rami ancora giovani. Tornata la luce, il piccolo albero di Natale si trovò nella casa di una famiglia povera.
Niente palline, niente festoni, solo il suo verde scintillante faceva la felicità
dei bambini che lo stavano a guardare con gli occhi all’insù, affascinati.
Era il loro primo albero di Natale. Subito fu deluso, sperava di poter dominare una sala ricca di regali e di addobbi eleganti.





Ma passarono i giorni e si abituò a quella casa povera ma ricca di amore. Nessuno aveva l’ardire di toccarlo. Venne la sera di natale e furono pochi i regali ai suoi piedi ma tanti i sorrisi di gioia dei bambini che per giorni erano rimasti a guardarli sotto il suo sguardo severo per cercare di
indovinare che cosa ci fosse dentro. Venne il pranzo di Natale, niente di speciale. Venne Capodanno, con un brindisi discreto, ma auguri sinceri. E venne anche l’Epifania e il momento di andare via.
Questa volta non lo incappucciarono. Lo tolsero dal vaso, gli bagnarono le radici e tutta la famiglia lo accompagnò verso il bosco. Era felice di ritornare con mamma albero di Natale e papà albero di Natale.
Passando per la strada vide tanti suoi amici, ancora con le palline colorate
e i fili d’oro e d’argento, che lo salutavano. Ma c’era qualcosa di strano, erano tutti nei cassonetti della spazzatura, ricchi e sventurati, piangevano anche loro resina, ma non per la contentezza.
Chissà dove sarebbero finiti!

Ora il piccolo albero di Natale è diventato un abete grande e possente, ha visto tanti figli andare in vacanza per le feste.
Qualcuno è ritornato, sano o con un ramo spezzato. Lui guarda da lontano
la città dove i bambini del suo Natale lo hanno amato e rispettato.
Perché è un albero di Natale, albero di Natale tutto l’anno, perché Natale non vuol dire essere buoni e bravi solo il 25 dicembre, perché Natale può essere ogni giorno. Basta volerlo come quel piccolo albero di Natale che ci tiene compagnia sulla montagna, anche se lontano, anche se non lo vediamo.

E c’era una volta e c’è ancora oggi, un albero di Natale. Sempre diverso e sempre uguale, quasi un caro amico di famiglia che si presenta ogni anno per le vacanze, le sue vacanze, da Santa Lucia all’Epifania.
Grande, piccolo, verde o dorato, testimone di ogni Natale,
un amico con il quale aspettare l’apertura dei regali e l’occasione buona per scambiarsi gli auguri, per fare la pace, per dirsi anche una parola d’amore. E tutti vogliamo bene all’albero di Natale,
ogni anno disposti ad arricchire il suo abbigliamento con nuove palline colorate, un puntale illuminato e addobbi d’oro e d’argento.
È cresciuto con noi, cambiato ogni anno, sempre più bello
agli occhi di chi guarda, occhi di bambino, ma anche occhi di adulto che vuole tornare bambino.
Per quei giorni di festa è lui a fare la guardia al focolare, a salutare quando si rientra a casa, a tenere compagnia a chi è solo.
Una presenza che conforta, non solo nell’anima. È meglio se l’albero
è di quelli con le radici, pronto a dismettere l’albero della festa e a compiere il suo dovere in mezzo ai boschi, a diventare grande, libero e felice.

( Giulio Gavino )


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