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R O M A - A M O R parte 2
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Autore Messaggio
claudia_napoli



Registrato: 14/02/07 11:47
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Residenza: Roma (ma 'tengo' il cuore napoletano)

MessaggioInviato: Lun Lug 04, 2011 21:23    Oggetto: Rispondi citando


Poco fa mio marito, che ama da morire la storia, mi ha raccontato la vicenda bellissima del MILITE IGNOTO, ve ne vorrei parlare qui perchè mi ha molto toccato Crying or Very sad



Citazione:
Inverno 1918. I fucili ed i cannoni tacciono; sulle giogaie del Carso, nelle vette Dolomitiche, sugli scintillanti ghiacciai dell'Adamello e dell'Ortles la natura ricopre le ferite tentando una lunga ed incompleta cicatrizzazione. L'Isonzo ed il Piave lavano tutto il sangue che ha arrossato il loro alveo. Una candida neve copre gli orrori appena terminati.

Non così nel cuore di coloro che tali orrori hanno vissuto. Ferite e lutti sono ancora troppo recenti. Tante madri aspettano invano, tante mogli, tanti bambini! Non hanno nemmeno una tomba su cui piangere. Gli Ignoti sono la grande maggioranza dei Caduti, il simbolo del sacrificio. Il generale italiano Giulio Douhet propose che venissero resi i più alti onori alla salma di un combattente caduto in guerra e non identificato.

La legge venne approvata, il Ministero della Guerra nominò una commissione incaricata di portarsi su quelle che erano state le zone di operazioni belliche, a raccogliere undici salme di Caduti che non fossero in alcun modo identificabili; fra questi ne sarebbe stata designata una, che avrebbe trovato definitiva tumulazione al Vittoriano in Roma; tale monumento avrebbe quindi avuto una nuova riconsacrazione e sarebbe davvero diventato “l’Altare della Patria”.

Lungo i 650 chilometri del fronte sono sparsi piccoli e grandi cimiteri; tanti miseri corpi sono ancora insepolti a monito e ricordo. Seimila soldati e duecento ufficiali e cappellani militari si misero alla ricerca dei resti dei soldati caduti e rimasti insepolti, o malsepolti.

Sui luoghi, teatro di quella tragedia sono ancora vanghette, elmetti, gomitoli di reticolati, fucili dalla canna contorta o dal calcio spezzato. E Caduti! I seimila soldati erano scesi, con l'inseparabile amico mulo, dalle mulattiere e dai sentieri della montagna, con il triste fardello, avvolto nei teli, i resti dei miseri corpi trovati sulle cengie, nei valloni, negli anfratti.

La gente di montagna aveva preso spontaneamente in perenne consegna questi Cimiteri e li accudiva con amore e sacra gelosia.

La commissione iniziò la sua opera: dallo Stelvio al Mar Adriatico, passando da Rovereto, Dolomiti, Altipiani, Grappa, Montello, Basso Piave, Cadore, Gorizia, Basso Isonzo, San Michele; e da Castagnevizza fino al mare, affinché fra le salme potessero avere rappresentanza anche i Caduti dei reparti da sbarco della Marina.

Alla designazione delle salme venne prescelta una commissione costituita da un generale e un colonnello, da un tenente mutilato e da un sergente decorati di medaglia d’oro, da un caporal maggiore e da un soldato semplice decorati di medaglia d’argento, affinché tutto l’esercito nei suoi vari gradi e nelle sue qualifiche fosse rappresentato.

Non doveva essere presente alcunchè potesse significare un seuppur minimo segno di riconoscimento: solo i simboli di soldato italiano. Trasferendosi lungo tutto l’arco del fronte, la commissione si portò infine alla zona del Carso e del fiume Timavo ove ultima salma, quella di un soldato che presentava le gambe spezzate ed il capo perforato da proiettili di fucile, costituiva l’estremo simbolo del martirio. Quest’ultima salma venne anch’essa rinchiusa in una cassa di legno identica alle altre dieci che rinserravano le spoglie già raccolte: ormai nessuno, con alcun mezzo, avrebbe più potuto distinguere un caduto dall’altro: eguali e sconosciuti per l’eternità dinanzi agli uomini, i più umili fra i martiri vittime della guerra.

I mezzi militari con le undici bare confluirono a Udine. Si constatò allora quanto tale impresa fosse stata recepita dalla popolazione. Dietro gli affusti di cannone sui quali vennero trasportate le bare avvolte nel tricolore, s'ingrandì sempre più il mesto corteo di donne, uomini e bambini che l'accompagnavano. Da quell’ora, dovunque le salme passarono, la commozione dilagò e straripò fino a creare un unico sentimento che legava in un vincolo profondo la coscienza delle folle inginocchiate.


Da Udine le salme, coperte di bandiere e di fiori, circondate da una ringhiera costituita da vecchi moschetti raccolti nelle trincee, sostenuti ed intervallati da lucenti bossoli di granate trasformati in portafiori furono trasportate a Gorizia, nella chiesa di Sant’Ignazio. Dinanzi a queste bare più di ventimila cittadini sfilarono giorno e notte per otto giorni.

A guardia d’onore si succedevano i fanti e rappresentanze di tutti gli altri reparti combattenti.

Il dolore, l'amor patrio superò anche le divisioni politiche.

Il 26 ottobre il corteo mosse dalla chiesa di Sant’ Ignazio, e, sfilando al cospetto del San Michele e del Sabotino, si avviò verso Aquileia. accompagnato da salve di cannone.

Ovunque strazianti scene di dolore materno e composta partecipazione di coloro che, forse solo allora, comprendevano l'immenso dono di essere sopravvissuti.

Pianti, eloquenti silenzi, canti salutavano Lui che passava, il protagonista della vittoria, il Soldato Ignoto.

Mille voci di fanciulli delle scuole elementari accolsero ad Aquileia il corteo, intonando con fierezza la Canzone del Piave. La prima bara viene viene trasportata da alcune madri di caduti: seguono le altre bare portate in spalla da combattenti e mutilati. Su ogni feretro, la bandiera tricolore e un elmetto cinto di alloro.

Un mazzo di undici crisantemi è stato posto davanti al catafalco centrale. Sono stati inviati da una bambina di sei anni, Ines Meneguzzo, di Bassano, una bimba che non ricorda il papà, partito per la guerra quando essa era troppo piccina. Ha inviato i fiori con un biglietto, scrivendo: “Chissà che questi fiori vadano al mio papà, che morì e non fu ritrovato”.

Dopo la benedizione del vescovo di Trieste con l’acqua del Timavo è l’ora della scelta.

Fra le tante madri, è stata scelta Maria Bergamas, una popolana triestina che ha perduto il figlio Antonio: irredento, questi aveva disertato dall’esercito austriaco e si era arruolato nelle file italiane cadendo poi in combattimento, senza che il suo corpo fosse più stato identificato.

Un silenzio carico di emozioni diverse: Maria Bergamas si solleva, lentamente, guarda le bare, si porta verso il lato destro e quindi procede in avanti, quasi avesse deciso di voler dapprima passare dinanzi ad ognuna, ad interrogarle in silenzio, a salutare i figli che contengono. Ma improvvisamente la donna cade in ginocchio davanti alla seconda bara. Capisce che irrisorie sono le possibilità che in una di esse sia veramente Antonio, ma sa anche, che ciò è meno importante. La dentro c'è "un figlio" e lei è la madre delle madri italiane. Lui dovrà per sempre rappresentare tutti i figli d'Italia ma molto più importante sarà il ricordo. la dimenticanza sarà ucciderli per la seconda volta! Il suo braccio si leva a testimonianza e invocazione alto sul legno, le mani si posano sul coperchio e depone un velo nero, accenna un segno di croce. Ecco, è segnato: questo sarà il Soldato Ignoto.


Ora la salma del Milite Ignoto viene rinchiusa in una seconda cassa di zinco, e in una terza di quercia. I simboli la ricoprono: una bandiera, un elmetto, un fucile. Su un affusto di cannone è trasportato ad un vagone ferroviario, che ornato di fiori che, sulla linea Aquileia - Venezia - Bologna - Firenze muove sulla via di Roma.

I dieci compagni ignoti torneranno nella terra del cimitero di Aquileia, presso la statua del Cristo che distoglie una mano dalla croce per carezzare il Soldato ferito. Accanto a loro, alla sua morte, giacerà anche Maria Bergamas, riunita al suo ed a tutti gli altri giovani eroi.

Da Aquileia, a Udine a Treviso e a Venezia. Aeroplani dell’aviazione militare precorrono in cielo l’arrivo del treno. Il lento incedere del convoglio è ovunque salutato: nelle campagne come nelle città. Traversando il ponte della Priula, dai vagoni del treno vennero gettate sulle acque del Piave corone di fiori.

Il rispetto per la morte accettata per senso del dovere, per amor di patria, superò gli orientamenti e le fazioni politiche. Stracciando simbolicamente l'inito di alcune fazioni politiche a "disinteressarsi" di questo immane evento, il sindaco socialista di Pordenone, Guido Rosso, affermò: “Il Soldato Ignoto rappresenta un dovere voluto od accettato, e adempiuto con perfetta coscienza di umiltà. Superiore ai partiti, alle fazioni e alle passioni per la propria virtù che lo sublima, deve da tutti, che nel sacrificio ravvisano una fonte di umano progresso, avere profonda reverenza e profondo ossequio. Inchiniamoci”.

A Venezia innumerevoli barche si portarono in mare aperto e sparsero fiori e corone sul mare affinché, in questo rito, fossero ricordati i marinai e gli aviatori che in mare si erano inabissati.

Il treno, guidato da ferrovieri tutti decorati al valor militare, raggiunse Mestre e Padova. Si inginocchiarono gli uomini e le donne, i militari e i civili, i sacerdoti e i laici, i nazionalisti e coloro che portavano all’occhiello il distintivo con la falce e il martello. Presso Padova gli aviatori di un campo di aviazione a ridosso della linea ferroviaria schierarono i loro apparecchi, così come a Stanghella una teoria di tripodi bruciava incenso lungo la scarpata della ferrovia.

Più volte il convoglio è fermato nelle campagne da stuoli di gente commossa che si unisce nel dolore e nella commemorazione.

A Casalecchio sul Reno il comitato delle onoranze era presieduto dal sindaco Sandro Vito, e la giunta comunale era stata portata al potere da voti comunisti; la circolare del partito che intimava il divieto di prendere parte alle onoranze giunse quando il sindaco si era già impegnato, e l’uomo non ebbe dubbi, anch’egli era presente e inginocchiato al passaggio del treno: il Milite Ignoto stava già vincendo, di città in città, di regione in regione l’ultima sua battaglia portando alla concordia l’animo di tutti gli italiani. A Firenze, per quattro ore la popolazione, con alla testa i generali Cadorna e Pecori Girardi, sfilò davanti al treno in sosta. Ad Arezzo, dove gli orfani di guerra furono i primi a deporre i fiori sulla bara, il treno rimase per l’intera notte.

Il 1° novembre, il treno entra lentamente nella stazione Termini a Roma; ad attenderlo il Re, la famiglia reale e le più alte autorità dello Stato. Dodici decorati di medaglia d’oro trasportano la salma all’esterno della stazione, la depongono su un affusto di cannone. La salma viene collocata nell’interno del tempio di Santa Maria degli Angeli è breve, la gente fa ressa sulla strada, alle finestre, sui tetti delle case.

É il 4 novembre 1921: al Vittoriano, sotto la statua della dea Roma è aperto il loculo che attende il Milite. Si calcola che più di trecentomila persone siano accorse per quel giorno da ogni parte d’Italia, e che più di un milione di italiani facciano massa sulle strade di Roma. Il corteo avanza lungo Via Nazionale; vi sono rappresentati i soldati di tutte le armi e di tutti i servizi dell’esercito. Dinanzi al gran monumento, in piazza Venezia, carabinieri fanti marinai sono schierati in quadrato, mentre 335 bandiere dei reggimenti attendono il Soldato.
Il corteo con la bara sull’affusto potrebbe attende le dieci precise, l’ora in cui tutta Italia sa e attende. E infatti, alla dieci, campane vicine, poi lontane, prima di tutta Roma, poi di tutta Italia suonano a stormo a salutare il Soldato che ascende i gradini. Il rombo dei cannoni da Monte Mario e dal Gianicolo frattanto evoca una realtà tragica che nel cuore dei superstiti resterà a ricordo per tutta la vita.

Ma ora la salma e dinanzi al loculo spalancato: tutti vedono che è ombra e silenzio. Il Re bacia la medaglia d’oro, che viene fissata sul feretro con un martello d’oro.
Ora un soldato semplice pone sulla bara l’elmetto del fante. I militari presenti e i rappresentanti delle nazioni straniere sono sull’attenti, tutto il popolo è in ginocchio, la bara è ora nel loculo, il Soldato Ignoto è finalmente sul suo altare, ha portato con sé qualcosa di altri seicentocinquantamila invisibili.


Un Figlio d'Italia riposa nella Capitale. É il simbolo del sacrificio del popolo italiano, della sua acquistata unità. Monito perenne, messaggio di pace.
Onoriamolo!




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claudia_napoli



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MessaggioInviato: Mar Lug 05, 2011 09:40    Oggetto: Rispondi citando





Straordinaria scenografia urbana, Piazza Navona è uno dei luoghi più celebri della città. La sua caratteristica forma ovale ricalca direttamente l'antico perimetro del sottostante stadio di Domiziano. Costruito dall'imperatore Domiziano prima dell'86 d.C., lo stadio era utilizzato per gare ginniche e, insieme a un vicino Odeon destinato a gare e prestazioni musicali, veniva a costituire un vero e proprio complesso sportivo-culturale.





Lungo 275 metri e largo 106, lo stadio poteva contenere fino a 30.000 spettatori. Alcuni resti delle imponenti costruzioni sono ancora visibili in un palazzo in piazza di Tor Sanguigna o negli ambienti sotterranei della chiesa di Sant'Agnese in Agone. A partire dal Quattrocento la zona intorno alla piazza cominciò a svilupparsi, con la costruzione di chiese, ospedali, ospizi e palazzi nobiliari. Le case e le torri medioevali, edificate sulle gradinate dello stadio romano fin dal XIII secolo, furono sostituite e trasformate negli edifici rinascimentali e poi in quelli barocchi, in un continuo e affascinante processo di stratificazione che ha conferito alla piazza l'inconfondibile aspetto attuale.

Il nome della piazza deriverebbe dai giochi 'agonali' (gare ginniche) che vi si tenevano ma, probabilmente, potrebbe riferirsi all'usanza, sopravvissuta fino all'Ottocento, di allagare il fondo concavo per le sfilate degli equipaggi dei prelati e dei principi ad agosto, in ricordo delle antiche 'naumachie' (battaglie navali). In queste occasioni, i banchi del mercato rionale che vi era tradizionalmente ospitato venivano rialzati da terra, in modo da consentire l'allagamento. La piazza ospitava inoltre feste e processioni: il Duca Valentino nel 1500 vi celebrò il proprio trionfo in veste di Cesare, gli Spagnoli introdussero il tradizionale sparo di 'mortoretti' per la processione di Pasqua, si cominciò a giocare alla 'cuccagna'.

Piazza Navona prese a configurarsi come il vero baricentro della città e si intrapresero iniziative di riassetto urbano, tra cui l'introduzione ad opera di Gregorio XIII di tre fontane e di un abbeveratoio per il mercato e per gli animali da trasporto. La forma attuale della piazza, con le fontane, la chiesa di Sant'Agnese, il palazzo Pamphili e il resto degli edifici che la circondano si definì tra il 1600 e il 1700. Praticamente nulla è cambiato da allora, e in ciò consiste, probabilmente, gran parte del fascino di questo luogo. Al papa Innocenzo X Pamphili si deve la definitiva risistemazione urbana, con la costruzione del palazzo di famiglia, dalle forme semplici ed eleganti, di cui fu incaricato l'architetto Girolamo Rainaldi.

L'interno, che oggi ospita l'ambasciata del Brasile, è arricchito dalla celebre Galleria Cortona, con gli affreschi di Pietro da Cortona. Sempre a papa Innocenzo X si deve la ricostruzione dell'antica chiesa dedicata a Sant'Agnese, sorta sul luogo di martirio della santa - che la leggenda narra sia stata miracolosamente ricoperta dai propri capelli dopo essere stata esposta nuda alla gogna - come cappella annessa al palazzo di famiglia. Questo stretto legame è ancora oggi testimoniato dall'apertura nel tamburo della cupola, che permetteva al pontefice di assistere alle celebrazioni direttamente al suo appartamento.

La chiesa di Sant'Agnese, a croce greca, venne realizzata su progetto iniziale di Carlo Rainaldi, al quale seguì Francesco Borromini, autore del celebre prospetto sulla piazza. Innovativo nella concezione architettonica, tutto giocato sul contrasto di pieni e vuoti, spazi concavi e convessi, il prospetto fu giudicato troppo ardito e poco ortodosso, e venne duramente criticato dai contemporanei. La leggenda legata all'aspro contrasto tra Borromini e Bernini, autore dell'antistante fontana dei Quattro Fiumi, che vuole il colosso berniniano del Rio della Plata porgere una mano per difendersi dal crollo imminente della chiesa, è del tutto infondata, considerando che la fontana venne realizzata prima del completamento del prospetto del Borromini. Nei sotterranei della chiesa si trovano un oratorio medioevale e alcuni resti dello Stadio di Domiziano.



Al centro della piazza spicca la monumentale fontana dei Quattro Fiumi del Bernini, mentre a nord è la fontana del Moro, scolpita su disegno di Giacomo della Porta e ritoccata dallo stesso Bernini e a sud la fontana del Nettuno, opera di Gregorio Zappalà e Antonio della Bitta (XIX secolo).


Le quattro statue rappresentano il mondo, per lo meno quanto era conosciuto in quel secolo. L’Europa è rappresentata dal Danubio, che fu scolpito da Claudio Poussin, il Francese. Il cavallo è anch’esso un simbolo di questo continente. Si dice che un cavallo da corsa fosse il modello per il Bernini, ma alcuni contestano che esso fu scolpito da Francesco Cecchini.

La risistemazione del fondo a conca (1869-71) ha determinato la sparizione del mercato e, soprattutto, della tradizione del 'lago'. La piazza, però, ha conservato negli anni la sua antica vocazione ludica e fieristica, che torna a manifestarsi soprattutto durante le festività natalizie, quando si popola di bancarelle di dolci e giocattoli. Fin dal dopoguerra, inoltre, piazza Navona ha preso ad ospitare pittori e artisti che eseguono ritratti e caricature estemporanee e, soprattutto negli ultimi tempi e nelle ore serali, le ormai caratteristiche performance degli artisti 'di strada'.
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claudia_napoli



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MessaggioInviato: Mer Lug 20, 2011 22:14    Oggetto: Rispondi citando


Arrow http://www.youtube.com/watch?v=U1fBHHOzFtA



mio padre proprio oggi mi ha mostrato il portone del rifugio
nel loro condominio, dove il 19 luglio 1943 si sono riparati dai bombardamenti
Crying or Very sad



Arrow http://www.youtube.com/watch?v=Imp08C_Tjtk&feature=related

Arrow http://www.youtube.com/watch?v=ULd74cBzZ4I&NR=1&feature=fvwp
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claudia_napoli



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Residenza: Roma (ma 'tengo' il cuore napoletano)

MessaggioInviato: Mar Gen 29, 2013 10:39    Oggetto: Rispondi citando


Ciao ragazze stavo cercando una cosa tra i topic in archivio e ho ritrovato questo mio caro topic,
aperto quando vivevo a Napoli perchè avevo nostalgia di Roma, per questo ROMA----->AMOR
....stando lontana la mia città mi macava tantissimo, mi mancavano tutti i miei affetti e i ricordi di una vita

Grazie ancora una volta a Nanà per come lo ha portato avanti in questi anni,
per la cura e la passione, un vero Cicerone... Razz io definirei questo topic PREZIOSO.
Naturalmente questo topic è aperto a chiunque voglia parlare di Roma,
sarebbe bello leggere qui i ragazzi della compagnia del Cyrano, se ne hanno voglia Very Happy

Un saluto ad Ale che è a Roma in questi giorni con il suo grande Cyrano!!!



Arrow http://www.rainews24.it/it/canale-tv.php?id=32099







TEATRO QUIRINO


Attualmente al nome storico si è affiancato il riconoscimento per uno dei più acclamati attori teatrali italiani del XX secolo, Vittorio Gassman. Il nome completo del teatro è, infatti, Teatro Quirino - Vittorio Gassman. Si trova nel rione Trevi.

Cenni storici

Il teatro Quirino venne costruito nel 1871 per volere del principe Maffeo Sciarra, che decise di affidare il progetto all'architetto Giulio De Angelis, assistito dal collega Francesco Marra (o Morra). Il luogo prescelto era all'interno delle proprietà del principe, un palazzo a ridosso della fontana di Trevi. Approfittando della perdita della città da parte dello Stato Pontificio, l'organizzazione degli spettacoli teatrali non era più soggetta ad alcun tipo di limitazione: il principe Maffeo Sciarra pensò di costruire uno stabile teatrale pubblico, in modo da avviare un'attività redditizia.

Concepito interamente in legno, venne eretto in una sola giornata. Vi si rappresentavano principalmente pulcinellate ed operette, indirizzate comunque ad un pubblico del ceto medio borghese. Il nome del teatro, Quirino, ricordava la toponomastica e la mitologia di Roma, legandosi al nome del colle (il Quirinale) ed al dio Quirino.

A causa della necessità di creare un'arteria di comunicazione tra via del Corso e fontana di Trevi, nel 1882 si rese necessario lo smantellamento della struttura lignea e la ricostruzione, in muratura, del teatro a pochi metri di distanza dalla locazione originaria: il progetto, sempre affidato al De Angelis, donò al teatro una sala a ferro di cavallo e due ordini di palchi: la struttura era metallica, ornata da colonnine di ghisa in stile neoclassico. Nel 1898, a compimento dei lavori, gli interni del teatro vennero riccamente ornati con drappi, velluti e stucchi dorati, creando un'atmosfera elegante e raccolta. La produzione cambiò, portando l'opera lirica ed il balletto all'interno del Quirino.

Nel 1914, Marcello Piacentini cambiò volto al teatro, portando la linea estetica più vicina al futuro razionalismo architettonico. Venne aggiunto un terzo ordine di palchi (grazie all'abbassamento della platea) e costruito un tetto apribile. Piacentini, tuttavia, modificò sostanzialmente anche gli interni ma solo con un secondo intervento, nel 1954, dove lasciò inalterata la cubatura esterna dello stabile ricavandone però anche spazi per gli uffici dell'Ente Teatrale Italiano, che dal 1946 ne aveva preso la gestione diretta. I palchi vennero quasi tutti eliminati per lasciare posto a gradinate a sbalzo, aumentando al capienza totale del teatro a 990 posti: il teatro venne adeguato alle nuove normative per la sicurezza in materia di teatri e dotato di nuovi impianti scenici, di ventilazione e di riscaldamento. Inoltre, si costruì una pensilina ancora oggi esistente, tipica degli edifici per spettacolo. L'inaugurazione del teatro ristrutturato si ebbe il 13 ottobre 1955.


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Marilina



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MessaggioInviato: Mar Gen 29, 2013 22:55    Oggetto: Rispondi citando


Shocked che splendore... grazie Claudia!!
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Lba91



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MessaggioInviato: Mar Gen 29, 2013 23:43    Oggetto: Rispondi citando


che meraviglia il teatro Surprised Surprised Surprised Surprised Surprised
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claudia_napoli



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MessaggioInviato: Mer Lug 31, 2013 10:16    Oggetto: Rispondi citando


HEYYYY ragazze sto riesumando 2 topic
uno per farlo vedere a Beate, cioè questo dedicato a ROMA!!!




claudia_napoli ha scritto:

Dom Apr 19, 2009


ho aperto questo topic in un momento in cui non vivevo più a Roma
e mi mancava troppo la mia città...
ora che ci vivo di nuovo sarebbe bello continuare a leggere
questa guida meravigliosa portata avanti con tanto amore da Nanà Wink
Siete tutte le benvenute ragààààà!!!!!!!!!!




Arrow http://www.youtube.com/watch?v=F7jv8zmtnxE

Roma capoccia

Antonello Venditti

Quanto sei bella Roma quand'e' sera
quando la luna se specchia
dentro ar fontanone
e le coppiette se ne vanno via,
quanto sei bella Roma quando piove.

Quanto sei bella Roma quand'e' er tramonto
quando l'arancio rosseggia
ancora sui sette colli
e le finestre so' tanti occhi,
che te sembrano dì: quanto sei bella.

Oggi me sembra che
er tempo se sia fermato qui,
vedo la maestà der Colosseo
vedo la santità der cupolone,
e so' piu' vivo e so' più bbono
no nun te lasso mai
Roma capoccia der mondo infame,
na carrozzella va co du stranieri
un robivecchi te chiede un po'de stracci
li passeracci so'usignoli;
io ce so'nato Roma,
io t'ho scoperta stamattina

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pascale61



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MessaggioInviato: Mer Lug 31, 2013 10:48    Oggetto: Rispondi citando


Magnifici!!!!!! è il mio sogno di visitare Roma.
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Marisol



Registrato: 07/01/11 10:40
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Residenza: Madrid (España)

MessaggioInviato: Gio Ago 01, 2013 11:48    Oggetto: Rispondi citando


AH, ROMA!!!!................

Soprattutto per Beate, sarete in grado di scoprire molto presto, una città unica, bellissima e che io amo intensamente Razz Razz Razz !!




ROMA...ROMA....QUANTO SEI BELLA!!

Un baci enormeeee..........

Marisol

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katia95



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MessaggioInviato: Ven Ott 11, 2013 13:07    Oggetto: capanno Rispondi citando


qualcuno sa dov'è il capanno'??
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emma
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claudia_napoli



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MessaggioInviato: Ven Ott 11, 2013 14:44    Oggetto: Rispondi citando


io so che si può visitare il castello di Aglie'
ma il capanno non so dove sia fisicamente

cmq potresti scrivere nel topic dedicato
ad ELISA di RIVOMBROsA

ciao
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claudia_napoli



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MessaggioInviato: Ven Nov 15, 2013 12:45    Oggetto: Rispondi citando





Basilica di Sant'Agostino in Campo Marzio


Fu fatta costruire nel 1483 dal cardinale Guglielmo d'Estonteville, ministro di Francia a Roma, con architettura di Giacomo di Pietrasanta nel luogo del Campo Marzio, detto Bustum, dove era stato bruciato il corpo di Augusto e in seguito quello di tutti gli altri imperatori. Quivi ora già una piccola chiesa del secolo xiii appartenente ai padri Agostiniani e che in questa occasione fu distrutta. Nel 1750 Luigi Vanvitelli rifece completamente l'interno dandogli la forma attuale. Nel 1855 i padri Agostiniani, a cui la chiesa apparteneva, la fecero restaurare e decorare di nuove pitture. La facciata è in travertino e si vuole che i materiali fossero tolti al Colosseo.



La cupola è la prima che sia stata costruita in Roma. Nelle due porte laterali vi è come un piccolo vestibolo con alcune sculture. In quello di destra: sepolcri di Angelo di Barbarano (1558) e di Paolo del Maxo (senza data, ma del secolo xvi). In quello di sinistra: sepolcri di Emanuele Balbo (1515) e dello Scarampi (1506).


Interno. - È diviso in tre navate sorrette da pilastri e decorate di bronzi e di dorature. Ai piedi dei primi pilastri, due acquasantiere sorrette da due angeli di marmo bianco che ricordano la maniera del Raggi. A destra: Madonna detta di S. Agostino, una delle più venerate di Roma per la fama dei suoi miracoli fatti specialmente alle partorienti. Una leggenda assai diffusa nel popolo vuole che il simulacro della Madonna sia una statua di Agrippina con Nerone giovane; leggenda erronea perchè essa è opera di Jacopo Tatti, detto il Sansovino e scolaro di Andrea Sansovino. Nella volta di questa e dell'altra navata, figure dei profeti su fondo turchino, del Gagliardi. 1. Cappella: Coronazione di S. Caterina e due angeli ai lati, dipinti a olio sul muro da Marcello Venusti. Sepolcri di Stefano Mutini, cavaliere di S. Giacomo (1609) o di Lorenzo Mutini (1630). Sepolcro del cardinale Fabrizio Veralli (1624). - 2. Copia di Avanzino Nucci della Madonna delle Rose di Raffaello, che era a Loreto e che oggi è perduta. Gli affreschi della volta sono dello stesso Nucci. Sepolcro di Gerolamo Veralli (1655). 3. (Eretta sui disegni di Giovanni Battista Contini). Sull'altare: la Beata Rita da Cascia di Giacinto Brandi. Affreschi della volta e delle pareti di Pietro Locatelli, scolaro di Pietro da Cortona. Sepolcro di Raffaele Casali (1545). - 4. Sull'altare: altorilievo rappresentante Gesù che dà le chiavi a S. Pietro di G. B. Costignola. Affresco della volta del Vasconio. Sepolcro del legato pontificio Baldassare Ginanni ravennate (1598). - 5. Cappella del Crocefisso, dove pregava S. Filippo Neri. Sepolcro del cavaliere Generoso Alberto Splawsky (l596). Sepolcro di Onofrio Panvini, segretario del cardinale Alessandro Farnese (1596) - Sepolcro del cardinale Enrico Noris, veronese (1704) - Sepolcro di Leopoldo e Angela Ratti, eseguito dal Trabacchi nel 1842. Cenotafio del cardinale Tommaso Martinelli (1888). - 6. Cappella (nella crocera) dedicata a S. Agostino e adorna con colonne di marmo affricano. Il quadro dell'altare e i due laterali sono del Guercino. Nelle pareti: sepolcri di Guglielmo Vertecchi folignate (1623), di Antonio Buti (1608) e di G. B. d'Aste (1620). Monumento funebre del cardinale Renato Imperiali dei principi di Francavilla. Il monumento fu disegnato da Paolo Posi: le statue sono di Pietro Bracci e il ritratto in musaico è del Cristofari sopra un disegno di Ignazio Stern (seconda metà del secolo xviii). 7. Cappella dedicata a S. Nicola da Tolentino. Il quadro sull'altare è di Tommaso Salini. I quattro dottori della volta sono dell'anconitano Andrea Lilio e gli affreschi laterali di Giovanni Battista da Novara. A destra: sepolcro di Gerolamo de Gettis (1646). Altar maggiore: fu eseguito dal Bernini nel 1627. Alcuni vogliono, ma erroneamente, che gli angeli fossero di mano dei suoi scolari; il che la critica ha oggi negato. L'immagine della Madonna è una di quelle solite immagini bizantine, dette di San Luca, portata in Roma dopo la presa di Costantinopoli. Il paliotto dell'altare è del Sartorio. Navata centrale: gli affreschi della volta e delle pareti sono di Pietro Gagliardi, eccettuato però quello del terzo pilastro a sinistra che rappresenta il profeta lsaia che fu dipinto nel 1512 da Raffaello, quando sotto l'impressione della cappella Sistina volle imitare Michelangelo. L'affresco, che è molto rovinato, fu ridipinto da Daniele da Volterra. In fondo a questa navata, a destra: sepolcro di Antonio Ghirlandajo, fiorentino, protonotaro apostolico (1609). A sinistra: sepolcro del cardinale Filippo Visconti, milanese (1608). Nei pilastri di faccia all'altar maggiore: sepolcro di Giacinto Baldini (1675) a destra e di Fulgonio Petrelli (1668) a sinistra.

Navata di sinistra: 1. Cappella dipinta da Cristoforo Consolano. Sull' altare: la Madonna di Loreto di Michelangelo da Caravaggio. - 2. Eseguita sui disegni del Bernini che dette anche il progetto per il sepolcro del capitano Baldassarre Pio Perugino, che ancora vi si conserva. La volta è dipinta da Guidobaldo Abbatini e sull'altare vi è il bassorilievo di Sant'Anna con la Vergine di Andrea Sansovino - Sepolcro di Domenico de Crollis (1862). - 3. La Beata Chiara da Montefalco di Sebastiano Conca Sepolcro di Angelo Egidi (1852). - 4. S. Apollonia di Gerolamo Muziano, affreschi del genovese Francesco Rosa, scolaro di Pietro da Cortona. Sepolcro del teologo Fulgenzio Bellelli (1745). 5. - S. Giacinta di Giacinto Brandi - Sepolcri di Emilia Pomares (secolo xix), del teologo Gregorio da Rimini (1719), del cardinale Gerolamo Seripandi (1759), di Giuseppe Francesco Mazio (1870) e di Adelaide Bini (1668), quest'ultimo del Trabacchi. - 6. (Cappella nella crocera). Appartiene ai principi Pamphily. Sull'altare statua di Tommaso da Villanova, abbozzata da Melchiorre Cefa e scolpita da Ettore Ferrata. Monumento del cardinale Lorenzo Imperiali, scolpito nel 1723 da Domenico Guidi. Sepolcri del vescovo Tusani (secolo xvii) dell'orientalista Emiliano Sarti (1810), di Adeodato Nuzzi (1827) e di Pietro de Monis (1851). - 7. (Nell'abside). Cappella detta di Santa Monica, perchè contiene in un sarcofego a sinistra il corpo della Santa. La statua giacente è di Isaja da Pisa. Il sarcofago fu portato da Ostia a Roma nel 1430 e nel 1445 fu posto sull'altare costruito da Maffeo Vegi. Nel 1556 fu tolto di là e messo nella parete finchè nel 1760, il cardinal vicario, Odescalchi, lo fece deporre nell'attuale sarcofago appositamente costruito. Il soffitto di Giovan Battista Ricci da Novara e il quadro dell'altar maggiore di Giovanni Cottardi. A destra è il sepolcro del cardinale Pietro Grifi, forlivese, prefetto in Sabina e legato in Francia e in Inghilterra di Alessandro VI (1492, Borgia). Sul pilastro dell'arco: sepolcri del cardinale Gregorio Petrichini (1713) e di Agostino Giorgi (1797).

Nel piccolo vestibolo della porta laterale: sepolcro di Giovanni Antonio Lomellini, genovese (1503). Sepolcro di Pantasilea Grifi, figlia del cardinale Pietro (1527). Sepolcro dell'arcidiacono Carlo Verardi (1500). Le figure di 4 apostoli, di Isaia da Pisa, appartenenti al monumento di Santa Monica distrutto, come è stato detto, nel 1760. Bassorilievo di un crocefisso di Luigi Capponi in memoria di una messa perpetua stabilita da Dionisio Lunati milanese, sul finire del secolo xv. - Acquasantiera sorretta da un angelo simile a quelli dell'interno, è opera di Antonio Raggi.

Sacrestia. - Fu eretta coi disegni del Vanvitelli. Sull'altar maggiore: S. Tommaso da Villanova del Romanelli.

Chiostro (attualmente Ministero della marina, in via Sant'Antonino dei Portoghesi). Nella parete di sinistra monumenti funebri del vescovo Ottaviano Fornari, patrizio genovese (seconda metà del secolo xv), del vescovo Giacomo Ammamati; la lunetta di questo monumento è di Mino da Fiesole (1451), del cardinale Luca, senese (secolo xv) e di Costanza Piccolomini (1477). Le sculture di quest'ultimo monumento sono di Luigi Capponi, da Milano.


Arte e architettura



La facciata, ispirata alla chiesa di Santa Maria Novella di Firenze, è stata progettata da Leon Battista Alberti e costruita nel 1483 da Jacopo da Pietrasanta utilizzando il travertino proveniente dal Colosseo. Le due volute laterali sono state aggiunte dal Vanvitelli, che tra il 1746 e il 1750 eresse anche il nuovo convento e il chiostro.
L'interno della basilica è a tre navate, suddivise da pilastri, con dieci cappelle laterali, transetto e abside, affiancata da altre quattro cappelle.
È una delle prime chiese romane costruite nel Rinascimento ed ospita la Madonna di Loreto, detta anche Madonna del Pellegrini, uno dei più noti capolavori del Caravaggio.



http://it.wikipedia.org/wiki/Madonna_dei_Pellegrini

Oltre a questa celebre tela, la chiesa ospita un lavoro del Guercino con i santi Agostino, Giovanni Evangelista e Girolamo, il famoso affresco del Profeta Isaia di Raffaello



la statua della Madonna col Bambino di Andrea Sansovino e, sull'altar maggiore (opera di Santi Ghetti), quella della Madonna del parto di Jacopo Sansovino che, secondo la tradizione popolare, sarebbe miracolosa. Tale statua, secondo una leggenda, sarebbe stata realizzata adattando un'antica effigie di Agrippina che teneva fra le braccia il piccolo Nerone. Il tabernacolo marmoreo dell'altare maggiore in stile tipicamente barocco, fu invece disegnato da Orazio Torriani.



La chiesa ospita la tomba di santa Monica, madre di sant'Agostino, e vi sono sepolti anche il poeta umanista Maffeo Vegio da Lodi, la penultima figlia di Lorenzo il Magnifico Contessina de' Medici, il cardinale Girolamo Verallo ed il cardinale ed umanista agostiniano Egidio da Viterbo.
In passato la basilica era nota per ammettere al proprio interno, unica chiesa di Roma, anche le cortigiane e infatti vi si trovano le tombe di alcune di esse, come Fiammetta Michaelis, l'amante di Cesare Borgia la cui casa è ancora esistente nelle vicinanze, in piazza Fiammetta, o come Giulia Campana con le sue figlie, Penelope e la famosa Tullia d'Aragona.
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Con tutto l'oro del mondo non si può comprare il battito del cuore, nè un lampo di tenerezza-de Lamartine
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MessaggioInviato: Ven Nov 15, 2013 13:41    Oggetto: Rispondi citando


claudia_napoli ha scritto:



Basilica di Sant'Agostino in Campo Marzio


Fu fatta costruire nel 1483 dal cardinale Guglielmo d'Estonteville, ministro di Francia a Roma, con architettura di Giacomo di Pietrasanta nel luogo del Campo Marzio, detto Bustum, dove era stato bruciato il corpo di Augusto e in seguito quello di tutti gli altri imperatori. Quivi ora già una piccola chiesa del secolo xiii appartenente ai padri Agostiniani e che in questa occasione fu distrutta. Nel 1750 Luigi Vanvitelli rifece completamente l'interno dandogli la forma attuale. Nel 1855 i padri Agostiniani, a cui la chiesa apparteneva, la fecero restaurare e decorare di nuove pitture. La facciata è in travertino e si vuole che i materiali fossero tolti al Colosseo.



La cupola è la prima che sia stata costruita in Roma. Nelle due porte laterali vi è come un piccolo vestibolo con alcune sculture. In quello di destra: sepolcri di Angelo di Barbarano (1558) e di Paolo del Maxo (senza data, ma del secolo xvi). In quello di sinistra: sepolcri di Emanuele Balbo (1515) e dello Scarampi (1506).


Interno. - È diviso in tre navate sorrette da pilastri e decorate di bronzi e di dorature. Ai piedi dei primi pilastri, due acquasantiere sorrette da due angeli di marmo bianco che ricordano la maniera del Raggi. A destra: Madonna detta di S. Agostino, una delle più venerate di Roma per la fama dei suoi miracoli fatti specialmente alle partorienti. Una leggenda assai diffusa nel popolo vuole che il simulacro della Madonna sia una statua di Agrippina con Nerone giovane; leggenda erronea perchè essa è opera di Jacopo Tatti, detto il Sansovino e scolaro di Andrea Sansovino. Nella volta di questa e dell'altra navata, figure dei profeti su fondo turchino, del Gagliardi. 1. Cappella: Coronazione di S. Caterina e due angeli ai lati, dipinti a olio sul muro da Marcello Venusti. Sepolcri di Stefano Mutini, cavaliere di S. Giacomo (1609) o di Lorenzo Mutini (1630). Sepolcro del cardinale Fabrizio Veralli (1624). - 2. Copia di Avanzino Nucci della Madonna delle Rose di Raffaello, che era a Loreto e che oggi è perduta. Gli affreschi della volta sono dello stesso Nucci. Sepolcro di Gerolamo Veralli (1655). 3. (Eretta sui disegni di Giovanni Battista Contini). Sull'altare: la Beata Rita da Cascia di Giacinto Brandi. Affreschi della volta e delle pareti di Pietro Locatelli, scolaro di Pietro da Cortona. Sepolcro di Raffaele Casali (1545). - 4. Sull'altare: altorilievo rappresentante Gesù che dà le chiavi a S. Pietro di G. B. Costignola. Affresco della volta del Vasconio. Sepolcro del legato pontificio Baldassare Ginanni ravennate (1598). - 5. Cappella del Crocefisso, dove pregava S. Filippo Neri. Sepolcro del cavaliere Generoso Alberto Splawsky (l596). Sepolcro di Onofrio Panvini, segretario del cardinale Alessandro Farnese (1596) - Sepolcro del cardinale Enrico Noris, veronese (1704) - Sepolcro di Leopoldo e Angela Ratti, eseguito dal Trabacchi nel 1842. Cenotafio del cardinale Tommaso Martinelli (1888). - 6. Cappella (nella crocera) dedicata a S. Agostino e adorna con colonne di marmo affricano. Il quadro dell'altare e i due laterali sono del Guercino. Nelle pareti: sepolcri di Guglielmo Vertecchi folignate (1623), di Antonio Buti (1608) e di G. B. d'Aste (1620). Monumento funebre del cardinale Renato Imperiali dei principi di Francavilla. Il monumento fu disegnato da Paolo Posi: le statue sono di Pietro Bracci e il ritratto in musaico è del Cristofari sopra un disegno di Ignazio Stern (seconda metà del secolo xviii). 7. Cappella dedicata a S. Nicola da Tolentino. Il quadro sull'altare è di Tommaso Salini. I quattro dottori della volta sono dell'anconitano Andrea Lilio e gli affreschi laterali di Giovanni Battista da Novara. A destra: sepolcro di Gerolamo de Gettis (1646). Altar maggiore: fu eseguito dal Bernini nel 1627. Alcuni vogliono, ma erroneamente, che gli angeli fossero di mano dei suoi scolari; il che la critica ha oggi negato. L'immagine della Madonna è una di quelle solite immagini bizantine, dette di San Luca, portata in Roma dopo la presa di Costantinopoli. Il paliotto dell'altare è del Sartorio. Navata centrale: gli affreschi della volta e delle pareti sono di Pietro Gagliardi, eccettuato però quello del terzo pilastro a sinistra che rappresenta il profeta lsaia che fu dipinto nel 1512 da Raffaello, quando sotto l'impressione della cappella Sistina volle imitare Michelangelo. L'affresco, che è molto rovinato, fu ridipinto da Daniele da Volterra. In fondo a questa navata, a destra: sepolcro di Antonio Ghirlandajo, fiorentino, protonotaro apostolico (1609). A sinistra: sepolcro del cardinale Filippo Visconti, milanese (1608). Nei pilastri di faccia all'altar maggiore: sepolcro di Giacinto Baldini (1675) a destra e di Fulgonio Petrelli (1668) a sinistra.

Navata di sinistra: 1. Cappella dipinta da Cristoforo Consolano. Sull' altare: la Madonna di Loreto di Michelangelo da Caravaggio. - 2. Eseguita sui disegni del Bernini che dette anche il progetto per il sepolcro del capitano Baldassarre Pio Perugino, che ancora vi si conserva. La volta è dipinta da Guidobaldo Abbatini e sull'altare vi è il bassorilievo di Sant'Anna con la Vergine di Andrea Sansovino - Sepolcro di Domenico de Crollis (1862). - 3. La Beata Chiara da Montefalco di Sebastiano Conca Sepolcro di Angelo Egidi (1852). - 4. S. Apollonia di Gerolamo Muziano, affreschi del genovese Francesco Rosa, scolaro di Pietro da Cortona. Sepolcro del teologo Fulgenzio Bellelli (1745). 5. - S. Giacinta di Giacinto Brandi - Sepolcri di Emilia Pomares (secolo xix), del teologo Gregorio da Rimini (1719), del cardinale Gerolamo Seripandi (1759), di Giuseppe Francesco Mazio (1870) e di Adelaide Bini (1668), quest'ultimo del Trabacchi. - 6. (Cappella nella crocera). Appartiene ai principi Pamphily. Sull'altare statua di Tommaso da Villanova, abbozzata da Melchiorre Cefa e scolpita da Ettore Ferrata. Monumento del cardinale Lorenzo Imperiali, scolpito nel 1723 da Domenico Guidi. Sepolcri del vescovo Tusani (secolo xvii) dell'orientalista Emiliano Sarti (1810), di Adeodato Nuzzi (1827) e di Pietro de Monis (1851). - 7. (Nell'abside). Cappella detta di Santa Monica, perchè contiene in un sarcofego a sinistra il corpo della Santa. La statua giacente è di Isaja da Pisa. Il sarcofago fu portato da Ostia a Roma nel 1430 e nel 1445 fu posto sull'altare costruito da Maffeo Vegi. Nel 1556 fu tolto di là e messo nella parete finchè nel 1760, il cardinal vicario, Odescalchi, lo fece deporre nell'attuale sarcofago appositamente costruito. Il soffitto di Giovan Battista Ricci da Novara e il quadro dell'altar maggiore di Giovanni Cottardi. A destra è il sepolcro del cardinale Pietro Grifi, forlivese, prefetto in Sabina e legato in Francia e in Inghilterra di Alessandro VI (1492, Borgia). Sul pilastro dell'arco: sepolcri del cardinale Gregorio Petrichini (1713) e di Agostino Giorgi (1797).

Nel piccolo vestibolo della porta laterale: sepolcro di Giovanni Antonio Lomellini, genovese (1503). Sepolcro di Pantasilea Grifi, figlia del cardinale Pietro (1527). Sepolcro dell'arcidiacono Carlo Verardi (1500). Le figure di 4 apostoli, di Isaia da Pisa, appartenenti al monumento di Santa Monica distrutto, come è stato detto, nel 1760. Bassorilievo di un crocefisso di Luigi Capponi in memoria di una messa perpetua stabilita da Dionisio Lunati milanese, sul finire del secolo xv. - Acquasantiera sorretta da un angelo simile a quelli dell'interno, è opera di Antonio Raggi.

Sacrestia. - Fu eretta coi disegni del Vanvitelli. Sull'altar maggiore: S. Tommaso da Villanova del Romanelli.

Chiostro (attualmente Ministero della marina, in via Sant'Antonino dei Portoghesi). Nella parete di sinistra monumenti funebri del vescovo Ottaviano Fornari, patrizio genovese (seconda metà del secolo xv), del vescovo Giacomo Ammamati; la lunetta di questo monumento è di Mino da Fiesole (1451), del cardinale Luca, senese (secolo xv) e di Costanza Piccolomini (1477). Le sculture di quest'ultimo monumento sono di Luigi Capponi, da Milano.


Arte e architettura



La facciata, ispirata alla chiesa di Santa Maria Novella di Firenze, è stata progettata da Leon Battista Alberti e costruita nel 1483 da Jacopo da Pietrasanta utilizzando il travertino proveniente dal Colosseo. Le due volute laterali sono state aggiunte dal Vanvitelli, che tra il 1746 e il 1750 eresse anche il nuovo convento e il chiostro.
L'interno della basilica è a tre navate, suddivise da pilastri, con dieci cappelle laterali, transetto e abside, affiancata da altre quattro cappelle.
È una delle prime chiese romane costruite nel Rinascimento ed ospita la Madonna di Loreto, detta anche Madonna del Pellegrini, uno dei più noti capolavori del Caravaggio.



http://it.wikipedia.org/wiki/Madonna_dei_Pellegrini

Oltre a questa celebre tela, la chiesa ospita un lavoro del Guercino con i santi Agostino, Giovanni Evangelista e Girolamo, il famoso affresco del Profeta Isaia di Raffaello



la statua della Madonna col Bambino di Andrea Sansovino e, sull'altar maggiore (opera di Santi Ghetti), quella della Madonna del parto di Jacopo Sansovino che, secondo la tradizione popolare, sarebbe miracolosa. Tale statua, secondo una leggenda, sarebbe stata realizzata adattando un'antica effigie di Agrippina che teneva fra le braccia il piccolo Nerone. Il tabernacolo marmoreo dell'altare maggiore in stile tipicamente barocco, fu invece disegnato da Orazio Torriani.



La chiesa ospita la tomba di santa Monica, madre di sant'Agostino, e vi sono sepolti anche il poeta umanista Maffeo Vegio da Lodi, la penultima figlia di Lorenzo il Magnifico Contessina de' Medici, il cardinale Girolamo Verallo ed il cardinale ed umanista agostiniano Egidio da Viterbo.
In passato la basilica era nota per ammettere al proprio interno, unica chiesa di Roma, anche le cortigiane e infatti vi si trovano le tombe di alcune di esse, come Fiammetta Michaelis, l'amante di Cesare Borgia la cui casa è ancora esistente nelle vicinanze, in piazza Fiammetta, o come Giulia Campana con le sue figlie, Penelope e la famosa Tullia d'Aragona.



Ciao carissima Clà,

WOW, WOW..........grazie mille per questa meraviglia!!!

È senza dubbio bellissima, ma nel caso di Italia, e in questo caso particolare di Roma, non potrebbe essere altrimenti: Razz Razz Razz TUTTA LA CITTÀ È BELLISSIMA Razz Razz Razz

Baci carissima sorella,

Marisol

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