ContoCorrente  Eventi  Shopping
Home Page Personal Curriculum Photo Gallery


 FAQFAQ   CercaCerca   Lista utentiLista utenti   GruppiGruppi   RegistratiRegistrati 
 ProfiloProfilo   Messaggi privatiMessaggi privati   Log inLog in 

Fiabe e racconti per i bambini......e non solo!
Vai a Precedente  1, 2, 3, ... 12, 13, 14  Successivo
 
Nuovo argomento   Rispondi    Indice del forum -> Forum Alessandro Preziosi
Precedente :: Successivo  
Autore Messaggio
Maria Teresa



Registrato: 10/03/04 07:59
Messaggi: 1113
Residenza: Grosseto

MessaggioInviato: Ven Gen 06, 2006 10:56    Oggetto: Rispondi citando


IL PESCATORE E LA SUA ANIMA
Tutte le sere il giovane Pescatore usciva in mare, e gettava in acqua le sue reti.
Una sera nella rete trovò una piccola Sirena addormentata.
Era bellissima, e il giovane Pescatore la tirò a sé e la tenne stretta fra le braccia.
Ella emise un grido «Ti prego, lasciami andare, perché sono l'unica figlia di un Re, e mio padre è anziano e solo».
«Devi promettermi che verrai a cantare per me, perché i pesci amano ascoltare il canto del Popolo del Mare, e così le mie reti saranno piene» rispose il Pescatore.
E lei promise.
Ogni sera lei spuntava dall'acqua e cantava per lui. E quando la sua barca era ben carica, la Sirena scivolava di nuovo dentro il mare, sorridendogli.
Però non gli veniva mai abbastanza vicino perché egli potesse toccarla.
Tanto dolce era la sua voce, che col tempo lui dimenticò le sue reti, e trascurava il suo lavoro. E una sera le disse: «Piccola Sirena, io ti amo. Prendimi come tuo sposo».
Ma la Sirena scosse il capo «Tu hai un'anima umana, – rispose - se allontanassi la tua anima, allora potrei amarti».
E il giovane Pescatore si disse: «A che cosa mi serve la mia anima? Non posso vederla. Non posso toccarla. Non la conosco. Certo che l'allontanerò».
Ma non sapeva come. Allora andò alla casa del Prete. E il prete si picchiò il petto, e rispose: «Ahimè, tu sei pazzo. Non c'è cosa più preziosa di un'anima umana, e nulla sulla terra può esserle paragonata. Vale tutto l'oro del mondo».
Gli occhi del giovane Pescatore si riempirono di lacrime alle parole del Prete. «Nella mia rete ho catturato la figlia di un Re. Per il suo corpo darei la mia anima, e per il suo amore rinuncerei al cielo. Dimmi quello che ti chiedo, e lasciami andare».
«Vattene!» gridò il prete.
E il giovane Pescatore andò nella piazza del mercato, ma i mercanti lo schernirono, e dissero: «A che ci serve l’anima di un uomo? Non vale un pezzetto d’argento».
«Che cosa strana è questa! Il Prete mi dice che l’Anima vale tutto l’oro del mondo, e i mercanti dicono che non vale un pezzetto d’argento» pensava il Pescatore.
Decise di andare dalla Strega dai capelli rossi.
«Che cosa ti manca? – gridò lei - Dimmi il tuo desiderio, e te lo darò, e tu mi pagherai un prezzo, bel ragazzo».
«Qualunque sia il tuo prezzo, lo pagherò: voglio allontanare da me la mia anima» disse il giovane Pescatore.
La Strega impallidì: «Bel ragazzo – mormorò - questa è una cosa terribile a farsi».
«Non m'importa niente della mia anima» rispose il giovane Pescatore.
«Se ti dirò come fare» chiese la Strega «in cambio devi danzare con me. Questa notte tu devi venire sulla cima del monte. – sussurrò - È un Giorno Santo, e Lui sarà là».
«Chi?» chiese il Pescatore.
«Non importa. - rispose lei - Quando la luna sarà piena danzeremo insieme sull'erba».
«E mi dirai ciò che voglio?» domandò lui.
«Te lo giuro» rispose.
A mezzanotte danzarono vorticando finché al Pescatore cominciò a girare la testa. Vide che all’ombra di una roccia c’era una figura che prima non c'era.
Senza sapere perché, il Pescatore si fece il segno della croce, e invocò il santo nome. Le streghe stridettero come falchi e volarono via, ma lui riuscì ad afferrare la Strega dai capelli rossi.
«Devi dirmi il segreto e mantenere la promessa!».
«Sia» ella mormorò. E si tolse dalla cinta un coltellino dall'impugnatura di verde pelle di vipera, e glielo diede.
«Quello che gli uomini chiamano ombra del corpo non è l'ombra del corpo, bensì il corpo dell'anima. Fermati sulla riva del mare con le spalle alla luna, e taglia via dai piedi la tua ombra, che è il corpo della tua anima, e di' alla tua anima di lasciarti, e lei lo farà. …Vorrei non avertelo detto» e si aggrappò alle sue ginocchia piangendo.
Lui la spinse lontano da sé e la lasciò nell'erba rigogliosa. Con il coltello nella cintola scese dal monte. Si fermò sulla sabbia con la luna alle spalle.
E la sua Anima lo supplicò di non farlo, ma inutilmente, e alla fine gli disse «Se davvero devi allontanarmi da te, non mandarmi via senza un cuore. Il mondo è crudele, dammi il tuo cuore da portare con me».
«Con cosa potrei amare il mio amore se dessi il mio cuore a te?» esclamò.
«Non potrei amare anch'io?» chiese la sua Anima.
«Vattene, perché non ho bisogno di te» gridò il giovane Pescatore, e prese il coltellino e tagliò via l'ombra dai piedi, e l'ombra si levò in piedi davanti a lui, e lo guardò, ed era esattamente uguale a lui.
Il giovane Pescatore indietreggiò con passo incerto, si cacciò il coltello nella cintola, e un senso di sgomento lo invase.
«Una volta all'anno verrò in questo luogo, e ti chiamerò» disse l'Anima.
Il giovane Pescatore si tuffò nell'acqua, e la piccola Sirena venne su a incontrarlo, gli mise le braccia attorno al collo e lo baciò.



E dopo un anno l'Anima scese alla riva del mare e chiamò il giovane Pescatore. «Vieni più vicino, così che possa parlarti, perché ho visto cose meravigliose. Quando ti ho lasciato mi sono diretta a Oriente e ho viaggiato. Dall'Oriente viene tutto quello che è saggio.
Là ho trovato lo Specchio della Saggezza. Lasciami entrare di nuovo dentro di te, e la Saggezza sarà tua. Lascia che io entri in te, e nessuno sarà saggio al pari di te».
Ma il giovane Pescatore rise. «L'Amore è meglio della Saggezza» esclamò «e la piccola Sirena mi ama».
«Non c'è niente di meglio della Saggezza» disse l'Anima.
«L'Amore è meglio» rispose il giovane Pescatore, e si tuffò nel profondo, e l'Anima se ne andò piangendo.
Alla fine del secondo anno l'Anima scese alla riva dei mare «Vieni più vicino, così che possa parlarti, perché ho visto cose meravigliose. Quando ti ho lasciato, mi sono diretta a Sud e ho viaggiato. Dal Sud viene tutto ciò che è prezioso. Là ho trovato l'Anello delle Ricchezze. Colui che ha questo Anello è più ricco di tutti i re del mondo. Vieni a prenderlo, e le ricchezze del mondo saranno tue».
Ma il giovane Pescatore rise «L'Amore è meglio delle Ricchezze» esclamò «e la piccola Sirena mi ama».
«Non c'è niente di meglio delle Ricchezze» disse l'Anima.
«L'Amore è meglio» rispose il giovane Pescatore, e si tuffò nel profondo, e l'Anima si allontanò piangendo.
Alla fine del terzo anno l'Anima scese alla sponda del mare «Vieni più vicino, così che possa parlarti, perché ho visto cose meravigliose».
E l'Anima gli disse: «In una città che conosco c'è una fanciulla dal volto velato che ha danzato davanti a noi. I suoi piedi erano nudi. Non ho mai visto niente di tanto meraviglioso, e la città è a un giorno di viaggio da qui».
Il giovane Pescatore ricordò che la piccola Sirena non aveva piedi e non poteva danzare. E lo prese un grande desiderio.
E la sua Anima gridò di gioia, e gli corse incontro, ed entrò dentro di lui, e il giovane Pescatore vide distesa davanti a lui sulla sabbia quell'ombra del corpo che è il corpo dell'Anima.
E la sua Anima gli disse «Non indugiamo, andiamo via di qui, presto, perché gli Dei del Mare sono gelosi, e hanno mostri che obbediscono ai loro ordini».
Viaggiarono a lungo, e durante il cammino l’Anima spinse il Pescatore a compiere molte azioni malvagie, perfino ad uccidere un uomo per derubarlo.
«Detesto tutto quello che mi hai fatto fare» gridò il giovane Pescatore «E odio anche te. Perché hai agito con me in questo modo?».
E la sua Anima gli rispose «Quando mi hai mandato nel mondo non mi hai dato cuore, così ho imparato a fare tutte queste cose e ad amarle».
«No!» gridò «Non voglio avere niente a che fare con te, perciò ti caccerò via, subito». E voltò le spalle alla luna, e col coltellino dal manico di pelle verde di vipera lottò per tagliare via dai suoi piedi quell'ombra del corpo che è il corpo dell'Anima.
Ma la sua Anima gli disse «Colui al quale viene restituita l'Anima, deve tenerla con sé per sempre, e questa è la sua punizione e il suo premio».
Ma il giovane Pescatore non rispose alla sua Anima, e tornò al luogo da cui era venuto, fino alla piccola baia dove lei, il suo amore, era solita cantare. In una spaccatura della roccia si costruì una casa. E ogni mattina chiamava la Sirena, e ogni mezzogiorno la chiamava ancora, e ogni notte pronunciava il suo nome. Ma mai ella sorse dal mare a incontrarlo, né in alcun luogo del mare egli riuscì a trovarla.
L’Anima lo supplicava di entrare nel suo cuore.
«Ahimè!» gridò la sua Anima «non trovo entrata, così circondato dall'amore è questo tuo cuore».
E mentre parlava si levò un gran grido di dolore dal mare, il grido che gli uomini sentono quando muore qualcuno del Popolo del Mare. E il giovane Pescatore saltò su, e lasciò la sua casa di canne, e corse giù alla spiaggia. E le onde nere venivano veloci alla sponda, sostenendo un fardello più bianco dell'argento. Il giovane Pescatore vide il corpo della piccola Sirena: era disteso morto ai suoi piedi.
Piangendo come chi è colpito dal dolore egli si gettò a terra accanto ad esso, e baciò il freddo rosso della bocca. Si gettò accanto ad esso sulla sabbia, piangendo se lo teneva stretto al petto. E alla cosa morta egli fece una confessione. Nelle conchiglie delle sue orecchie versò il vino aspro della sua storia. Amara era la sua gioia, e pieno di una strana felicità era il suo dolore.
«Fuggi» disse la sua Anima «poiché il mare si avvicina e se indugi ti ucciderà. Fuggi, poiché io ho paura, vedendo che il tuo cuore mi è inaccessibile a causa della grandezza del tuo amore. Fuggi fino a un luogo sicuro. Non vorrai certo mandarmi senza cuore in un altro mondo?»
Ma il giovane Pescatore non ascoltò la sua Anima, ma chiamò la piccola Sirena e disse «L'Amore è migliore della saggezza, e più prezioso della ricchezza, e più bello dei piedi delle figlie degli uomini. I fuochi non possono distruggerlo, né le acque dissetarlo. Ti ho chiamata, e tu non hai risposto al mio richiamo. Perché crudelmente ti avevo lasciata, e con mio danno sono andato lontano. Però mai il tuo amore si è affievolito dentro di me, è sempre stato forte, e niente ha potuto prevalere contro di lui, benché io abbia conosciuto il male e abbia conosciuto il bene. E ora che tu sei morta, anch'io certamente morirò con te».
E la sua Anima lo pregò di partire, ma lui non volle, tanto grande era il suo amore. E il mare si fece più vicino, e cercò di coprirlo con le sue onde, e quando egli si rese conto che la fine era vicina baciò con folli labbra le fredde labbra della Sirena, e il cuore che era dentro di lui si spezzò. E nel momento in cui il suo cuore si schiantò attraverso la pienezza del suo amore, l'Anima trovò un ingresso e vi entrò, e fu tutt'uno con lui come prima. E il mare coprì il giovane Pescatore con le sue onde.
E al mattino il Prete uscì a benedire il mare, perché era stato agitato. E quando il Prete raggiunse la costa vide il giovane Pescatore giacere annegato nella spuma, e stretto fra le sue braccia c'era il corpo della piccola Sirena. Ed egli si ritrasse e gridò: «Non benedirò il mare né nulla che si trovi in esso. Maledetto sia il Popolo del Mare, e maledetti siano tutti coloro che hanno traffici con esso. Prendete il suo corpo e il corpo della sua amante, e seppelliteli all'angolo del Campo dei Follatori, e non ponete alcun segno su di essi. Poiché maledetti sono stati in vita, e maledetti saranno anche da morti».
E la gente fece come aveva ordinato.
Alla fine del terzo anno, durante un giorno sacro, il Prete salì alla cappella, per mostrare alla gente le ferite del Signore, e parlare loro della collera di Dio.
Ma sull'altare c’erano strani fiori mai visti prima: la loro bellezza lo turbò, e il loro profumo era dolce per le sue narici, e si sentì felice, e non capiva perché lo fosse.
«Che fiori sono quelli che stanno sull'altare, e da dove provengono?»
«Che fiori siano non lo sappiamo, - gli risposero - ma vengono dall'angolo del Campo dei Follatori». E il Prete tremò, e tornò alla sua casa e pregò.
E all'alba andò sulla riva del mare, e benedì il mare, e tutte le cose selvagge che vi si trovano. Egli benedì tutte le cose del mondo di Dio, e la gente fu piena di gioia e di meraviglia.
Però mai più nell'angolo del Campo dei Follatori crebbero fiori di alcun tipo, ma il campo rimase sterile come prima. Né il Popolo del Mare venne più nella baia, poiché andò in un'altra parte del mare.


di Oscar Wilde










_________________
L’unione e la solidarietà degli uomini possono prosciugare i mari e abbattere le montagne.
(Proverbio cinese)
Top
Profilo Invia messaggio privato
mari27



Registrato: 17/06/04 17:49
Messaggi: 6094

MessaggioInviato: Ven Gen 06, 2006 19:10    Oggetto: Rispondi citando


Per Maria Teresa

......bellissima!!!!!!

***
Top
Profilo Invia messaggio privato
mari27



Registrato: 17/06/04 17:49
Messaggi: 6094

MessaggioInviato: Ven Gen 06, 2006 19:32    Oggetto: Rispondi citando


Per Giò

se puoi scrivere ciò che dici ( sempre che non siano cose personali legate alla tua tesi), mi fai molto contenta:
sono appassionata di tutto ciò che fa parte e/o è legato ai miti, leggende, usanze, credenze, fiabe......tutto ciò che rientra "nell'etno-antropologico"
e che racconta di tempi in cui l'uomo era strettamente legato alla natura ed ai suoi ritmi, tempi in cui l'uomo era consapevole di essere una parte infinitesimale (ma meravigliosa) di un grandioso ed infinito mosaico creato da Dio ed era dunque in sintonia con esso, ne rispettava i ritmi, ne riconosceva i segnali ed i messaggi, ne conosceva i segreti, sapeva comunicare con essa con linguaggi e riti particolari.


( C'è uno scrittore friulano - Carlo Sgorlon - che scrive cose meravigliose in tal senso; hai mai letto cose sue?)

Ciao.

***
Top
Profilo Invia messaggio privato
mari79



Registrato: 05/03/05 10:45
Messaggi: 4705

MessaggioInviato: Sab Gen 07, 2006 00:12    Oggetto: Rispondi citando


daisy ha scritto:

se vi interessa posso raccontarvi altre storie del genere...

complimenti ancora per il topic!!!

Wink

Gio


... e noi aspettiamo nuovi racconti!!!
Grazie Gio!
Grazie Mari per l'apertura di questo bel topic
e grazie a tutte le ragazze che stanno scrivendo e ci fanno far un salto nel "passato" Razz Razz Razz

_________________
Top
Profilo Invia messaggio privato Invia e-mail
mari79



Registrato: 05/03/05 10:45
Messaggi: 4705

MessaggioInviato: Sab Gen 07, 2006 00:58    Oggetto: Rispondi citando


Questa la dedico alla nostra Alessandrina

Cenerentola
(versione di Perrault)

C'era una volta una bellissima fanciulla dal carattere dolce, il cui padre, rimasto vedovo, si era risposato. Purtroppo queste seconde nozze segnarono per la ragazza l’inizio di una vita dura e piena di umiliazioni. La matrigna aveva già due figlie, e per la nuova arrivata non ci furono né affetto né gentilezze. Ogni premura era riservata alle due sorellastre, mentre la povera fanciulla era obbligata a compiere nella casa i lavori più umili. Un giorno la matrigna licenziò la domestica che la serviva da tanti anni e, chiamata la ragazza, le disse: “Da oggi sarai tu la nuova serva!”
Da quel giorno fu chiamata Cenerentola perché, terminate le faticose faccende di casa, si rannicchiava spesso in mezzo alla cenere, che era diventata il suo rifugio preferito, in un angolo del caminetto. Solo il gatto le era amico e Cenerentola lo accarezzava a lungo, sognando…
Benché profumi e bei vestiti non mancassero alle due sorellastre, Cenerentola, pur vestita di stracci, era molto più bella di loro e l’invidia per questa bellezza non faceva che aumentare l’odio della matrigna.
Un giorno arrivò da corte un invito per una festa. In onore del figlio del Re era stato organizzato un gran ballo, al quale dovevano partecipare tutte le ragazze in età da marito.
Subito la matrigna si diede un gran daffare per procurare alle due figlie, goffe e sgraziate, abiti ricchi ed eleganti. A Cenerentola fu affidato il solo compito di aiutare le sorelle a pettinarsi e vestirsi per la festa. E, quando furono uscite, la ragazza rimase sola e sconsolata a piangere in compagnia del suo gatto.
A un tratto, dal fondo del camino, venne una gran luce e nella cucina apparve una fata: “Non temere, Cenerentola! Sono una fata a cui il vento ha portato i tuoi sospiri. La tua bontà mi ha colpito, e farò in modo che la tua bellezza ti riservi una sorte migliore! Sono qui per farti partecipare alla festa!”
Stupita, balbettando, la ragazza rispose: “La festa?! Ma vestita di stracci non mi faranno neanche entrare!”
La fata sorrise e poi le ordinò: “Corri in giardino e portami una zucca, presto!” poi, rivolta al gatto: “E tu, portami subito sette topolini!”
Cenerentola cercò di protestare, ma la fata la spinse dolcemente verso la porta: “Abbi fiducia in me… e ricordati di portarmi la zucca più grossa che riesci a trovare!”
Il gatto non ebbe bisogno di sollecitazioni: era già scappato in cantina per catturare i sette topolini. Poco dopo infatti consegnò alla fata sette sorci tremanti di paura. Quando Cenerentola tornò portando a fatica una grossa zucca gialla, la fata alzò la bacchetta magica e: “Zac!”
In un lampo la zucca si trasformò in una bellissima carrozza dorata. Poi fu la volta dei sette topolini, che diventarono sei magnifici cavalli bianchi guidati da un cocchiere dalla lunga frusta, vestito in alta uniforme. Cenerentola, stupita e spaventata nel vedere il prodigio, guardò la fata; ma già la straordinaria bacchetta era sopra di lei: “E adesso a te!”
Di colpo la fanciulla si trovò vestita con un abito meraviglioso, fatto di sete preziose tessute con fili d’oro e d’argento, adorno di perle, pizzi e merletti. Cenerentola era stupefatta e non poteva credere ai propri occhi. Ma già la fata le aveva fatto sollevare la gonna: “E queste per i tuoi piedini!” Un paio di scintillanti scarpine di cristallo apparvero all’improvviso, completando l’opera.
La fata guardò compiaciuta la bellissima fanciulla e le accarezzò una gota dicendole: “Quando ti presenterai a corte, il Principe non potrà evitare di rimanere incantato dalla tua bellezza. Balla pure con lui se ti inviterà, ma ricordati che il mio incantesimo scadrà a mezzanotte in punto: i cavalli e il cocchiere torneranno a essere topolini, la carrozza tornerà zucca… e anche tu ti troverai di nuovo vestita di stracci! Quindi devi promettermi di lasciare la festa prima di quell’ora! Hai capito?”
Cenerentola, emozionata, ricacciò indietro una lacrima e sorrise: “Grazie! Grazie! Tornerò senz’altro a mezzanotte!”
Quando Cenerentola giunse al palazzo reale ed entrò nella grande sala in cui si svolgeva il ballo, tutti si misero a parlare per ammirare la sua eleganza, la sua bellezza e la sua grazia.
“Chi sarà?” si chiedevano tutti. E se lo chiesero anche le sorellastre, che mai e poi mai avrebbero riconosciuto in quella splendida fanciulla la povera Cenerentola!
Anche il Principe, non appena la vide, restò incantato: andò da lei, si inchinò compitamente e la invitò a ballare.
Con grande disappunto delle altre ragazze presenti, il giovane ballò con lei tutta la sera. Le delicate scarpette di cristallo scivolavano lievi nella danza. Più volte il Principe le chiese chi fosse, insistendo per sapere almeno il suo nome; ma Cenerentola, continuando a volteggiare tra le braccia del giovane, rispondeva sempre: “E’ inutile che vi dica chi sono, perché dopo questa sera non ci vedremo più!” Ma il Principe ogni volta scuoteva la testa: “Oh, no! Ci rivedremo certamente!”
Cenerentola era così felice e si divertiva tanto che dimenticò la raccomandazione della fata. A un tratto udì il rintocco d’una campana: era arrivata mezzanotte! Solo allora la fanciulla si ricordò di ciò che la fata le aveva detto!
Salutò in fretta il Principe, che voleva a tutti i costi trattenerla, e si precipitò giù per le scale. Via, via! Fuor dal palazzo prima che la mezzanotte sia trascorsa! Nella concitazione della fuga però Cenerentola perse una scarpina.
Il Principe, superato lo stupore iniziale, aveva cercato di inseguire la fanciulla, ma non era riuscito a raggiungerla. Sulle scale trovò la scarpina e subito ordinò ai gentiluomini che gli erano intorno: “Andate e cercate dappertutto la giovane che la calzava! Non avrò pace finché non l’avrò ritrovata!”
Fu così che, il giorno seguente, i messi del Re iniziarono la ricerca casa per casa. Ma a nessuna damigella la scarpetta calzava bene.
Giunti alla casa di Cenerentola, provarono la scarpetta anche alle sorellastre: ma i piedi delle due ragazze si rivelarono subito troppo grandi. Uno dei due gentiluomini, però, colpito dalla bellezza di Cenerentola, le chiese: “E tu, perché non la provi?”
“Veramente io…” si schermì la fanciulla, imbarazzata.. Ma già il suo piedino era infilato nella scarpina, che calzava perfettamente. La matrigna al colmo dell’indignazione e della sorpresa esclamò: “Come potete pensare che Cenerentola, così sporca e in disordine, sia quella che cercate?” Ma ecco comparire ancora la fata che, con la bacchetta magica, operò di nuovo la trasformazione: la ragazza si trovò vestita di un abito meraviglioso e subito le due sorellastre e anche i gentiluomini riconobbero la misteriosa damigella della sera prima. L’ordine del Principe era di portare al castello la fanciulla che avesse calzato perfettamente la scarpina di cristallo. E così fu fatto. “Adesso sarete obbligata a dirmi il vostro nome, perché sto per chiedervi in moglie!” disse il giovane nell’accogliere Cenerentola. Non vista, la fata sorrise: “Adesso, Cenerentola, sarai felice per sempre!”


_________________
Top
Profilo Invia messaggio privato Invia e-mail
daisy



Registrato: 03/06/04 22:51
Messaggi: 2063
Residenza: Genova

MessaggioInviato: Sab Gen 07, 2006 01:25    Oggetto: Rispondi citando


ok,

cito dal testo che scrissi perchè non ricordo più molte cose...Le cosiddette "donne sagge", talvolta definite "streghe" sono spesso figure femminili di età avanzata caratterizzate da una notevole dimestichezza nelle pratiche magiche che può venire utilizzata per scopi benefici o nocivi. Così queste creature hanno assunto ora il ruolo di sapienti aiutanti, ora le vesti di perfide ingannatrici.
La strega è in origine una sorta di genius loci, siede sul recinto o sulla siepe (di qui l'immagine del demone a cavallo di una scopa) vicino a una casa e protegge la proprietà.
note filologiche: Hexe = strega in tedesco viene dal hagazissa (alto tedesco antico) hag=steccato, recinzione zussa=spirito, demone
witch = strega in inglese deriva da wicca = saggio


altre note filologiche interessanti:
spinnen = filare la lana
siccome nelle lunghe notti d'inverno le nonne raccontavano ai figlioli e ai nipoti storie fantastiche tramandate oralmente e mentre narravano filavano....in tedesco spinnen significa anche essere pazzi, ovvero raccontare assurdità.
spinnst du? = fili? oppure sei pazzo?

altra nota interessante: in diverse lingue europee la parola finestra viene dal latino:
italiano= finestra
francese=fenetre
tedesco = Fenster

in inglese invece il termine testimonia le condizioni di vita dei popoli nordici che, vivendo in un clima freddo non costruivano grandi aperture nelle pareti delle abitazioni, ma vivevano in una casa di forma quasi a tronco di cono con un'apertura in alto per far uscire il fumo del focolare e cambiare l'aria, questa apertura si chiamava "occhio del vento"= wind ow (ow antica forma di eye)




la parola strega scritta in rune

Wink

Gio
_________________


Top
Profilo Invia messaggio privato
PattyRose



Registrato: 16/12/04 18:33
Messaggi: 3916
Residenza: Valle Santa

MessaggioInviato: Mar Gen 10, 2006 16:28    Oggetto: Rispondi citando


L'ACQUA DELL'ETERNA GIOVINEZZA

C'era una volta un re che era molto malato, così malato che i suoi tre figli ne provavano una gran pena. Per nascondere le loro lacrime si erano rifugiati nel parco del castello, allorquando videro venir loro incontro un vecchio al quale confidarono il loro tormento.
- Conosco un rimedio - disse l'uomo - è l'Acqua dell'Eterna Giovinezza. Qualche sorso basterà a guarire il re, ma è molto difficile procurarsela.
Il primo dei tre figli si precipitò al capezzale di suo padre e lo mise al corrente del suo desiderio di partire alla ricerca di questo miracoloso rimedio.
- L'impresa è troppo pericolosa, figlio mio - rispose il re in fin di vita - non voglio che tu rischi la tua vita.
Ma il figlio primogenito insistette e infine ottenne il consenso di suo padre, pensando che a missione compiuta avrebbe ereditato il suo regno. Il principe inforcò il suo robusto destriero e si mise in cammino. Cavalcò giorni e giorni, allorquando incontrò un nano che sembrava lo stesse aspettando.
- Dove vai così in fretta bravo cavaliere? - gli chiese il nano.
- Sei molto indiscreto. - gli rispose il principe correndo come un lampo.
Il nano molto offeso, gli lanciò un sortilegio. Ben presto il cavaliere entrò nella gola di una montagna che si chiuse alle sue spalle impedendogli sia di andare avanti, che di retrocedere. Si trovò quindi prigioniero con il suo cavallo come in una fortezza. Durante questo tempo il re ammalato si disperava aspettando il suo ritorno.
Il secondo dei figli chiese allora il permesso a suo padre di andare in cerca dell'Acqua dell'Eterna Giovinezza. Il re fece qualche difficoltà, ma finì per cedere. Il principe fece la stessa strada del fratello maggiore. Anch'egli incontrò il nano che gli fece la stessa domanda:
- Questo non ti riguarda maleducato di un nano. - rispose il principe proseguendo il cammino senza nemmeno degnarsi di voltarsi.
Il nano, furioso, lanciò anche a lui un sortilegio. Il cavaliere entrò nella gola e fece la stessa fine di suo fratello e non ritornò. Ben presto il figlio minore pregò suo padre di lasciar partire anche lui alla ricerca dell'Acqua dell'Eterna Giovinezza. Il re acconsentì. Il giovane principe incontrò a sua volta il nano che gli chiese il motivo del suo viaggio.
- Mio padre sta per morire ed io sto tentando di trovare l'Acqua dell'Eterna Giovinezza per poterlo salvare - rispose il principe gentilmente.
- Sai almeno dove si trova? - gli chiese il nano.
- Ahimè! No - rispose il principe con rimpianto.
- Tu non sei orgoglioso come i tuoi fratelli, quindi t'indicherò dove trovarla. Quest'acqua miracolosa si trova nel cortile di un castello incantato, dove sgorga da una fontana. Ecco una bacchetta magica con la quale busserai tre volte alla porta del castello. Questa si aprirà e tu vedrai all'interno due leoni che fedelmente fanno la guardia. Getterai loro queste due forme di pane ed essi ti lasceranno passare. Vai dritto alla fontana e raccogli in una coppa l'Acqua dell'Eterna Giovinezza. Ma stai attento, bisogna che tu venga via prima che suonino i dodici colpi di mezzogiorno, in caso contrario rimarrai prigioniero nel castello.
Il principe ringraziò il nano e proseguì il cammino portando con se la bacchetta magica e le due pagnotte. Arrivò al castello e fece quello che gli aveva detto il nano. Mentre attraversava una magnifica sala incontrò una bella ragazza che l'abbracciò e gli diede una spada e un pane, poi l'accompagnò alla fontana.
- Tu mi hai liberata dall'incantesimo che sovrasta questo castello - gli disse - tra un anno celebreremo le nostre nozze e questo regno ti apparterrà. Ma ora bisogna fare in fretta, poiché stanno per suonare i dodici colpi di mezzogiorno.
Il principe riempì una coppa d'Acqua dell'Eterna Giovinezza, poi se ne andò prima che scoccasse l'ora prevista. Sulla via del ritorno incontrò il nano che l'aspettava.
- La spada, che è magica, ti permetterà di combattere i tuoi nemici ed il pane non si esaurirà mai - gli disse.
- Aiutami a trovare i miei fratelli - implorò il principe.
- Quando ti avvicinerai alle montagne blu, saranno liberati. Io li ho tenuti prigionieri per punire il loro orgoglio. Diffida della loro perfidia - disse il nano.
Il giovane ritrovò i suoi fratelli e raccontò loro tutto quello che gli era capitato. Tutti e tre i fratelli fecero insieme il viaggio di ritorno verso il castello del loro padre, ma durante il cammino attraversarono tre paesi dove imperversava la guerra e la carestia. Il principe prestò la sua spada a ciascuno dei tre sovrani ed inoltre il pane magico.
Li aiutò fino a quando non tornò la pace. Dopo un lungo viaggio e molte peripezie, i principi arrivarono finalmente al capezzale del loro padre. L'ultimo dei tre fratelli tese la sua coppa al re che ne bevve il contenuto. Sfortunatamente la sua malattia si aggravò. Allora gli altri due fratelli presentarono al loro padre la coppa che avevano portato e che conteneva l'acqua che avevano sottratto al suo fratello sostituendola con quella salata. Il sovrano, non solo guarì subito, ma si trovò anche ringiovanito. I due fratelli intriganti accusarono il più giovane di ave voluto avvelenare il loro padre allo scopo di ereditare il regno. Poi lo presero anche in giro:
- Tu sei coraggioso, ma molto ingenuo, caro fratello. Noi abbiamo scambiato le coppe. Tra un anno uno di noi sposerà la principessa di cui tu ci hai parlato. Ma non parlare se non vuoi morire.
Nel frattempo il re era molto irritato. Poiché credeva che il suo giovane figlio avesse voluto attentare alla sua vita, lo fece punire da uno dei suoi uomini.
Costui non ebbe il coraggio di punirlo, poiché conosceva il principe sin dalla più tenera infanzia. Gli confessò l'incarico che aveva ricevuto, poi l'aiutò a fuggire nella foresta.
Qualche tempo dopo arrivarono al castello tre carri pieni d'oro e di pietre preziose. Erano regalati dai tre re che aveva aiutato. Il vecchio re allora subodorò la verità e poco dopo venne a conoscenza dal cacciatore che suo figlio era ancora vivo. Passò un anno.
La principessa nel frattempo aveva fatto costruire un viale pavimentato d'oro sino al cancello del suo castello e ordinò ai suoi servitori di lasciar entrare soltanto quel cavaliere che l'avesse attraversato senza esitazione, poiché sarebbe stato quello che lei aspettava. Ben presto i principi più anziani si presentarono al castello, ma nessuno dei due osò calpestare il pavimento d'oro con il suo cavallo. Al contrario il giovane principe che aveva finalmente lasciato la foresta, non ci fece nemmeno caso: cieco d'amore, galoppo' dritto verso il castello fin davanti alla porta della principessa che l'accolse teneramente.
Le nozze furono celebrate tra la gioia di tutti. Un giorno il principe venne a sapere che suo padre desiderava rivederlo. Andò quindi a trovarlo e gli raccontò la perfidia dei suoi fratelli. Allora il re volle castigarli, ma essi se n'erano fuggiti per sempre.

Jakob e Wilhelm Grimm


_________________
Top
Profilo Invia messaggio privato
giada



Registrato: 10/05/04 21:17
Messaggi: 626
Residenza: milano

MessaggioInviato: Mar Gen 10, 2006 22:43    Oggetto: Rispondi citando


LA DILIGENZA A DODICI POSTI

di Hans Crhistian Andersen


La notte era gelida e limpidissima: il cielo brillava di stelle. L'orologio della chiesa scoccò dodici rintocchi, e subito i mortaretti incominciarono a scoppiettare e una vecchia latta volò fuori da una finestra, perché era l'ultima notte dell'anno. In quel preciso momento, una vecchia diligenza sconquassata venne a fermarsi alla porta della città; portava dodici viaggiatori, quanti erano i posti.
I nuovi arrivati scesero dalla diligenza. Tutti erano forniti di passaporto e di bagaglio e portavano persino dei doni per me, per voi, per tutti.
- Buon anno! - augurò la sentinella. - avanti il primo: dichiarate nome e professione.
Il primo viaggiatore era tutto avvolto in una pelliccia d'orso e calzava stivaloni di pelo.
- Potete consultare il mio passaporto-disse - io sono colui a cui tutti guardano sempre con speranza. Distribuisco mance e regali, e ne darò uno anche a voi, se verrete a trovarmi domani. Faccio inviti e feste di ballo, ma non posso darne più di trentina. Le mie navi sono imprigionate in mezzo ai ghiacci, ma nella mia casa fa caldo. Mi chiamo Gennaro.
- Avanti il secondo - disse allora la sentinella.
Questi era un personaggio gioviale e pazzerellone: organizzava balli e divertimenti di ogni genere. Portava seco un grosso barile.
- Quando c'è questo, c'è baldoria - dichiarò. - Voglio stare allegro, perché ho poco tempo da vivere: ventotto giorni soltanto. Ogni tanto mi aggiungono un altro giorno per la buona misura, ma non ne faccio gran calcolo. - Poco chiasso! - ammonì la sentinella.
- Io posso fare tutto il chiasso che voglio - replicò l'altro. - Sono il Principe Carnevale, ma viaggio in incognito sotto il nome Febbraio.
Il terzo viaggiatore era magro come la quaresima. Studiava il cielo camminando col naso in aria, perché predicava il tempo e le stagioni. Al risvolto della giacca portava un mazzolino di violette piccine, piccine. Il quarto viaggiatore gli batté la mano sulla spalla.

- Don Marzo, - esclamò sento odor di punch! Nella saletta dei doganieri stanno preparando la tua bevanda preferita. Corri subito a vedere!
Non era vero: il nuovo venuto voleva soltanto giocare un tiro al suo compagno di viaggio; infatti si chiamava Aprile e incominciava la sua carriera con un pesce. Aveva un aspetto gaio, forse perché lavorava poco.
Dopo di lui scese una bella fanciulla che si chiamava Maggiolina. Indossava un vestito color dell'erba tenera. Aveva nei capelli un mazzolino di anemoni e profumava di tino. Quel profumo era tanto forte che la sentinella starnutì.
- Dio vi benedica! - disse la fanciulla.
- Fate largo che scende la dama di Giugno - avvertì il cocchiere.
La signora scese. Era una dama molto bella e un poco altera. L'accompagnava Luglio, suo fratello minore. Questi era un giovane grassoccio, indossava abiti estivi e portava sulla testa un largo cappello di panama.
Un po' affannata e rossa in viso scese poi Mamma Agostina. Era una venditrice di frutta, proprietaria di molti terreni, sempre in faccende.

Dalla diligenza, dopo di lei, sbucò un pittore: il professor Settembre. Aveva per sbaglio i tubetti del colore, perché il colore era la sua passione. Infatti appena entrava nelle foreste, gli alberi e le foglie sfoggiavano la più variopinta magnificenza; qua rosso acceso, là giallo, più in là bruno dorato.
Comparve poi un gentiluomo di campagna, il Conte Ottobre. Amatissimo della caccia, portava con sé il fucile, il cane e il carniere pieno di noci.
Novembre, il suo compagno, era tormentato da una violenta infreddatura. Era provveditore dei Focolari e doveva pensare alle provviste di legna, spaccarla e segarla.
E finalmente ecco l'ultimo viaggiatore: Nonno Dicembre, che stringeva lo scaldino fra le mani. Era freddoloso e intirizzito, e portava in braccio anche un piccolo abete.
- Voglio che cresca tanto da toccare il soffitto, alla sera di Natale - disse, - Così si potrà adornarlo con palle d'argento, candeline colorate e angioletti.
Il doganiere lo interruppe:
- Ogni passaporto è valido per un mese - avvertì. - Io lì ritirerò e, scaduto il tempo consentito, scriverò le note relative alla vostra condotta.
Finito l'anno, cari lettori, credo che anch'io saprò dirvi che cosa i dodici viaggiatori avranno portato in regalo a me, a voi, a tutti, ma per ora davvero non lo so! Forse non lo sanno neanche loro. Si vive in tempi così strani…

Top
Profilo Invia messaggio privato
mari79



Registrato: 05/03/05 10:45
Messaggi: 4705

MessaggioInviato: Sab Gen 14, 2006 00:00    Oggetto: Rispondi citando


Il brutto anatroccolo
di H. C. Andersen


L'estate era iniziata; i campi agitavano le loro spighe dorate, mentre il fieno tagliato profumava la campagna. In un luogo appartato, nascosta da fitti cespugli vicini ad un laghetto, mamma anatra aveva iniziato la nuova cova. Siccome riceveva pochissime visite, il tempo le passava molto lentamente ed era impaziente di vedere uscire dal guscio la propria prole… finalmente, uno dopo l'altro, i gusci scricchiolarono e lasciarono uscire alcuni adorabili anatroccoli gialli.
- Pip! Pip! Pip! Esclamarono i nuovi nati, il mondo è grande ed è bello vivere!
- Il mondo non finisce qui, li ammonì mamma anatra, si estende ben oltre il laghetto, fino al villaggio vicino, ma io non ci sono mai andata. Ci siete tutti? - Domandò.
Mentre si avvicinava, notò che l'uovo più grande non si era ancora schiuso e se ne meravigliò. Si mise allora a covarlo nuovamente con aria contrariata.
- Buongiorno! Come va? - Le domandò una vecchia anatra un po' curiosa che era venuta in quel momento a farle visita.
- Il guscio di questo grosso uovo non vuole aprirsi, guarda invece gli altri piccoli, non trovi che siano meravigliosi?
- Mostrami un po' quest'uovo. - Disse la vecchia anatra per tutta risposta. - Ah! Caspita! Si direbbe un uovo di tacchina! Ho avuto anche io, tempo fa, Questa sorpresa: Quello che avevo scambiato per un anatroccolo era in realtà un tacchino e per questo non voleva mai entrare in acqua. Quest'uovo è certamente un uovo di tacchino. Abbandonalo ed insegna piuttosto a nuotare agli altri anatroccoli!
- Oh! Un giorno di più che vuoi che mi importi! Posso ancora covare per un po'. - Rispose l'anatra ben decisa.
- Tu sei la più testarda che io conosca! - Borbottò allora la vecchia anatra allontanandosi.
Finalmente il grosso uovo si aprì e lascio uscire un grande anatroccolo brutto e tutto grigio.
- Sarà un tacchino! - Si preoccupò l'anatra. - Bah! Lo saprò domani!
Il giorno seguente, infatti, l'anatra portò la sua piccola famiglia ad un vicino ruscello e saltò nell'acqua: gli anatroccoli la seguirono tutti, compreso quello brutto e grigio.
- Mi sento già più sollevata, - sospirò l'anatra, - almeno non è un tacchino! Ora, venite piccini, vi presenterò ai vostri cugini.
La piccola comitiva camminò faticosamente fino al laghetto e gli anatroccoli salutarono le altre anatre.
- Oh! Guardate, i nuovi venuti! Come se non fossimo già numerosi!… e questo anatroccolo grigio non lo vogliamo! - Disse una grossa anatra, morsicando il poverino sul collo.
- Non fategli male! - Gridò la mamma anatra furiosa
- E' così grande e brutto che viene voglia di maltrattarlo! - Aggiunse la grossa anitra con tono beffardo.
- E' un vero peccato che sia così sgraziato, gli altri sono tutti adorabili, - rincarò la vecchia anitra che era andata a vedere la covata.
- non sarà bello adesso, può darsi però che, crescendo , cambi; e poi ha un buon carattere e nuota meglio dei suoi fratelli, - assicurò mamma anatra, - la bellezza, per un maschio, non ha importanza, - concluse, e lo accarezzò con il becco - andate, piccoli miei, divertitevi e nuotate bene!
Tuttavia, l'anatroccolo, da quel giorno fu schernito da tutti gli animali del cortile: le galline e le anatre lo urtavano, mentre il tacchino, gonfiando le sue piume, lo impauriva. Nei giorni che seguirono, le cose si aggravarono: il fattore lo prese a calci e i suoi fratelli non perdevano occasione per deriderlo e maltrattarlo.
Il piccolo anatroccolo era molto infelice. Un giorno, stanco della situazione, scappò da sotto la siepe. Gli uccelli, vedendolo, si rifugiarono nei cespugli. "sono così brutto che faccio paura!" pensò l'anatroccolo. Continuò il suo cammino e si rifugiò, esausto, in una palude abitata da anatre selvatiche che accettarono di lasciargli un posticino fra le canne. Verso sera, arrivarono due oche selvatiche che maltrattarono il povero anatroccolo già così sfortunato. Improvvisamente, risuonarono alcuni spari… le due oche caddero morte nell'acqua! I cacciatori, posti intorno alla palude, continuarono a sparare. Poi i lori cani solcarono i giunchi e le canne. Al calar della notte, il rumore cessò. Il brutto anatroccolo ne approfittò per scappare il più velocemente possibile. Attraversò campi e prati, mentre infuriava una violenta tempesta. Dopo qualche ora di marcia, arrivò ad una catapecchia la cui porta era socchiusa. L'anatroccolo si infilò dentro: era la dimora di una vecchia donna che viveva con un gatto ed una gallina. Alla vista dell'anatroccolo, il micio cominciò a miagolare e la gallina cominciò a chiocciare, tanto che la vecchietta, che aveva la vista scarsa, esclamò:
- Oh, una magnifica anatra! Che bellezza, avrò anche le uova… purché non sia un' anatra maschio! Beh, lo vedremo, aspettiamo un po'!
La vecchia attese tre lunghe settimane… ma le uova non arrivarono e cominciò a domandarsi se fosse davvero un'anatra! Un giorno, il micio e la gallina, che dettavano legge nella stamberga, interrogarono l'anatroccolo:
- Sai deporre le uova? - domandò la gallina;
- No… - rispose l'anatroccolo un po' stupito.
- Sai fare la ruota? - domandò il gatto;
- No, non ho mai imparato a farla! - rispose l'anatroccolo sempre più meravigliato.
- Allora vai a sederti in un angolo e non muoverti più! - gli intimarono i due animali con cattiveria.
Improvvisamente, un raggio di sole e un alito di brezza entrarono dalla porta. L'anatroccolo ebbe subito una grande voglia di nuotare e scappò lontano da quegli animali stupiti e cattivi. L'autunno era alle porte, le foglie diventarono rosse poi caddero. Una sera, l'anatroccolo vide alcuni bellissimi uccelli bianco dal lungo collo che volavano verso i paesi caldi. Li guardò a lungo girando come una trottola nell'acqua del ruscello per vederli meglio: erano cigni! Come li invidiava! L'inverno arrivò freddo e pungente; l'anatroccolo faceva ogni giorno un po' di esercizi nel ruscello per riscaldarsi. Una sera dovette agitare molto forte le sue piccole zampe perché l'acqua intorno a lui non gelasse: ma il ghiaccio lo accerchiava di minuto in minuto… finché, esausto e ghiacciato, svenne. Il giorno seguente, un contadino lo trovò quasi senza vita; ruppe il ghiaccio che lo circondava e lo portò ai suoi ragazzi che lo circondarono per giocare con lui. Ahimè, il poveretto ebbe una gran paura e si gettò prima dentro un bidone di latte e poi una cassa della farina. Finalmente riuscì ad uscire e prese il volo inseguito dalla moglie del contadino. Ancora una volta il brutto anatroccolo scappò ben lontano per rifugiarsi, esausto, in un buco nella neve. L'inverno fu lungo e le sue sofferenze molto grandi… ma un giorno le allodole cominciarono a cantare e il sole riscaldò la terra: la primavera era finalmente arrivata! L'anatroccolo si accorse che le sue ali battevano con molto più vigore e che erano anche molto robuste per trasportarlo sempre più lontano. Partì dunque per cercare nuovi luoghi e si posò in un prato fiorito. Un salice maestoso bagnava i suoi rami nell'acqua di uno stagno dove tre cigni facevano evoluzioni graziose. Conosceva bene quei meravigliosi uccelli! L'anatroccolo si lanciò disperato verso di loro gridando:
- Ammazzatemi, non sono degno di voi!
Improvvisamente si accorse del suo riflesso sull'acqua: che sorpresa! Che felicità! Non osava crederci: non era più un anatroccolo grigio… era diventato un cigno: come loro!! I tre cigni si avvicinarono e lo accarezzarono con il becco dandogli così il benvenuto, mentre alcuni ragazzi attorno allo stagno declamavano a gran voce la sua bellezza e la sua eleganza. Mise la testa sotto le ali, quasi vergognoso di tanti complimenti e tana fortuna: lui che era stato per tanto tempo un brutto anatroccolo era finalmente felice e ammirato.

_________________
Top
Profilo Invia messaggio privato Invia e-mail
mari27



Registrato: 17/06/04 17:49
Messaggi: 6094

MessaggioInviato: Dom Gen 15, 2006 21:41    Oggetto: Rispondi citando




- Il povero ane -

Se andrete a Firenze
vedrete certamente
quel povero ane
di cui parla la gente.

E' un cane senza testa,
povera bestia.
Davvero non si sa
ad abbaiare come fa.

La testa, si dice,
gliel'hanno mangiata.
( La "c" per i fiorentini
è pietanza prelibata).

Ma lui non si lamenta,
è un caro cucciolone,
scodinzola e fa festa
a tutte le persone.

Come mangia? Signori,
non stiamo ad indagare:
ci sono tante maniere
di tirare a campare.

Vivere senza testa
non è il peggio dei guai:
tanta gente ce l'ha
ma non l'adopera mai.

( Gianni Rodari)

***
Top
Profilo Invia messaggio privato
PattyRose



Registrato: 16/12/04 18:33
Messaggi: 3916
Residenza: Valle Santa

MessaggioInviato: Gio Gen 19, 2006 17:56    Oggetto: Rispondi citando


L´ANELLO FATATO

C’era una volta un giovane di nome Ebrahim che viveva con la sua vecchia madre in una piccola città. Non possedeva altro che cento toman e un gatto.
Un giorno andò a passeggiare nel bazar della città e notò una cassapanca. Ebrahim provò il desiderio di comprarla e così diede tutto il denaro che aveva e se la portò a casa. La madre, vedendo che aveva speso tutto ciò che aveva per una cassapanca si arrabbiò moltissimo.
Ebrahim cercò di aprire la cassapanca che era chiusa a chiave e quando l´aprì ne uscì un grosso serpente. Ma non era un serpente vero, era una fanciulla coperta con la pelle di un serpente. Ella raccontò di essere sfuggita a dei rapitori e di essersi così nascosta lì dentro. Inoltre chiese ad Ebrahim di riportarla da suo padre che gli avrebbe dato una grossa ricompensa. Il ragazzo accettò e strada facendo la ragazza gli disse di chiedere al padre come ricompensa il piedistallo del suo narghilè. Quell´oggetto, gettandolo al suolo, gli avrebbe donato un magnifico palazzo con dentro tutto ciò che avrebbe desiderato il suo cuore. Così infatti successe e sebbene il re fosse piuttosto riluttante nel soddisfare la sua richiesta, Ebrahim ottenne ciò che chiese.
Durante il ritorno Ebrahim si ritrovò in un immenso campo senza acqua né piante e decise di provare se davvero quel piedistallo avrebbe funzionato. Lo gettò a terra e d´improvviso comparve un bellissimo ed imponente edificio con tutte le comodità. Ebrahim mangiò e bevve e quando ebbe finito bussarono alla sua porta dei dervisci mendicanti che chiedevano l´elemosina. Ebrahim diede loro cibo e acqua finché uno di loro non gli chiese come aveva fatto ad avere un così bel palazzo nel deserto. Ebrahim spiegò loro la storia e fu così che uno dei dervisci rispose di avere anch´egli un anello fatato dal quale potevano uscire quattro robusti schiavi che ubbidiscono ad ogni ordine ogni volta che viene strofinato. Il mercante gli propose di scambiarlo con la base del narghilè. Dopo vari convincimenti Ebrahim acconsentì allo scambio. Ma quando si ritrovò nuovamente senza niente in mezzo al deserto si pentì amaramente della scelta. Tentò di strofinare l´anello e gli apparvero quattro robusti schiavi. Ordinò loro di mettersi alla ricerca dei dervisci e toglier loro di mano il piedistallo del narghilè. Detto e fatto. In pochi minuti aveva di nuovo il suo piedistallo.
Ebrahim continuò la sua strada. Arrivato in una regione molto bella decise di creare nuovamente un bel palazzo. Strofinò l´anello sulla mano e comparvero i quattro schiavi in attesa dei suoi ordini. Un giorno la figlia del re passò di lì e decise di andare a trovare Ebrahim. Ella lo pregò di regalarle l´anello e lui subito acconsentì. Ma una volta uscita dal palazzo Ebrahim si pentì. Fu il fedele gatto questa volta a correre in aiuto di Ebrahim. Il gatto andò nel palazzo del re e si nascose nella camera della principessa. Riuscì a prenderle l´anello e lo riportò ad Ebrahim che ne fu molto felice. Poco tempo dopo il giovane chiese la mano della principessa e divenne così il genero del re. Andò a prendere sua madre per tenerla con sé e per tutto il resto della vita vissero felici e contenti.


Fiaba persiana

_________________
Top
Profilo Invia messaggio privato
mari27



Registrato: 17/06/04 17:49
Messaggi: 6094

MessaggioInviato: Gio Gen 19, 2006 18:16    Oggetto: Rispondi citando


Molto belle, le fiabe che trascrivi Patty Rose,
dove le hai lette?
Ciao.

***
Top
Profilo Invia messaggio privato
gattina



Registrato: 04/04/05 15:19
Messaggi: 779
Residenza: Gricignano d'Aversa (Caserta)

MessaggioInviato: Gio Gen 19, 2006 18:34    Oggetto: Rispondi citando


COMPLIMENTI PER IL BELLISSIMO TOPIC SONO VERAMENTE BELLE TUTTE QUESTE FAVOLE E POESIE ALCUNE NN LE PROPRIO CONOSCO.

Cappuccetto Rosso

C'era una volta una cara ragazzina; solo a vederla le volevan tutti bene, e specialmente la nonna, che non sapeva piu' cosa regalarle. Una volta le regalò un cappuccetto di velluto rosso, e, poichè le donava tanto ch'essa non volle più portare altro, la chiamarono sempre Cappuccetto Rosso.
Un giorno sua madre le disse:
- Vieni, Cappuccetto Rosso, eccoti un pezzo di focaccia e una bottiglia di vino, portali alla nonna; è debole e malata e si ristorerà. Mettiti in via prima che faccia troppo caldo; e, quando sei fuori, va' da brava, senza uscir di strada; se no, cadi e rompi la bottiglia e la nonna resta a mani vuote. E quando entri nella sua stanza, non dimenticare di dir buon giorno invece di curiosare in tutti gli angoli.
-Farò tutto per bene, - disse Cappuccetto Rosso alla mamma e le diede la mano.
Ma la nonna abitava fuori, nel bosco, a una mezz'ora dal villaggio. E quando giunse nel bosco, Cappuccetto Rosso incontrò il lupo. Ma non sapeva che fosse una bestia tanto cattiva e non ebbe paura.
- Buon giorno, Cappuccetto Rosso, - egli disse.
- Grazie, lupo.
- Dove vai cosi presto, Cappuccetto Rosso?
- Dalla nonna.
- Cos 'hai sotto il grembiule?
- Vino e focaccia: ieri abbiamo cotto il pane; così la nonna, che è debole e malata, se la godrà un po' e si rinforzerà.
- Dove abita la tua nonna, Cappuccetto Rosso?
- A un buon quarto d'ora di qui, nel bosco, sotto le tre grosse querce; là c'è la sua casa, è sotto la macchia di noccioli, lo saprai già, - disse Cappuccetto Rosso.
Il lupo pensava: " Questa bimba tenerella è un grasso boccone, sarà piu' saporita della vecchia; se sei furbo, le acchiappi tutt'e due". Fece un pezzetto di strada vicino a Cappuccetto Rosso, poi disse:
- Vedi, Cappuccetto Rosso, quanti bei fiori? perché non ti guardi intorno? Credo che non senti neppure come cantano dolcemente gli uccellini! Te ne vai tutta contegnosa, come se andassi a scuola, ed è così allegro fuori nel bosco!
Cappuccetto Rosso alzò gli occhi e quando vide i raggi di sole danzare attraverso gli alberi, e tutto intorno pieno di bei fiori, pensò: " Se porto alla nonna un mazzo fresco, le farà piacere; è tanto presto, che arrivo ancora in tempo ". Dal sentiero corse nel bosco in cerca di fiori. E quando ne aveva colto uno, credeva che più in là ce ne fosse uno più bello e ci correva e si addentrava sempre più nel bosco.
Ma il lupo andò difilato alla casa della nonna e bussò alla porta.
- Chi è?
- Cappuccetto Rosso, che ti porta vino e focaccia; apri. - Alza il saliscendi, - gridò la nonna: - io son troppo debole e non posso levarmi.
Il lupo alzò il saliscendi, la porta si spalancò e, senza dir molto, egli andò dritto a letto della nonna e la ingoiò.
Poi si mise le sue vesti e la cuffia, si coricò nel letto e tirò le coperte .. Ma Cappuccetto Rosso aveva girato in cerca di fiori, e quando n'ebbe raccolti tanti che più non ne poteva portare, si ricordò della nonna e S'incamminò. Si meravigliò che la porta fosse spalancata ed entrando nella stanza ebbe un'impressione cosi strana che pensò:

" Oh, Dio mio, oggi, che paura! e di solito sto cosi volentieri con la nonna! " Esclamò:
- Buon giorno! - ma non ebbe risposta.
Allora s'avvicinò al letto e scostò le cortine: la nonna era coricata, con la cuffia abbassata sulla faccia e aveva un aspetto strano.
- Oh, nonna, che orecchie grosse!
- Per sentirti meglio.
- Oh, nonna, che occhi grossi!
- Per vederti meglio.
- Oh, nonna, che grosse mani!
- Per meglio afferrarti.
- Ma, nonna, che bocca spaventosa!
- Per meglio divorarti!.
E subito il lupo balzò dal letto e ingoiò il povero Cappuccetto Rosso.
Saziato il suo appetito, si rimise a letto, s'addormentò e cominciò a russare sonoramente.
Proprio allora passò li davanti il cacciatore e pensò: " Come russa la vecchia! devo darle un'occhiata, potrebbe star male ".
Entrò nella stanza e, avvicinatosi al letto, vide il lupo.
- Eccoti qua, vecchio impenitente, - disse, - è un pezzo che ti cerco.
Stava per puntare lo schioppo, ma gli venne in mente che il lupo avesse mangiato la nonna e che si potesse ancora salvarla: non sparò, ma prese un paio di forbici e cominciò a tagliare la pancia del lupo addormentato. Dopo due tagli, vide brillare il cappuccetto rosso, e dopo altri due la bambina saltò fuori gridando:
- Che paura ho avuto! com'era buio nel ventre del lupo!
Poi venne fuori anche la vecchia nonna, ancor viva, benché respirasse a stento. E Cappuccetto Rosso corse a prender dei pietroni, con cui riempirono la pancia del lupo; e quando egli si svegliò fece per correr via, ma le pietre erano cosi pesanti che subito s'accasciò e cadde morto.
Erano contenti tutti e tre: il cacciatore scuoiò il lupo e si portò via la pelle; la nonna mangiò la focaccia e bevve il vino che aveva portato Cappuccetto Rosso, e si rianimò; ma Cappuccetto Rosso pensava: " Mai più correrai sola nel bosco, lontano dal sentiero, quando la mamma te l'ha proibito ".

Raccontano pure che una volta Cappuccetto Rosso portava di nuovo una focaccia alla vecchia nonna, e un altro lupo volle indurla a deviare. Ma Cappuccetto Rosso se ne guardò bene e andò dritta per la sua strada, e disse alla nonna di aver incontrato il lupo, che l'aveva salutata, ma l'aveva guardata male:
- Se non fossimo stati sulla pubblica via, mi avrebbe mangiato.
- Vieni, - disse la nonna, - chiudiamo la porta, perché non entri.
Poco dopo il lupo bussò e gridò:
- Apri, nonna, sono Cappuccetto Rosso, ti porto la focaccia.
Ma quelle, zitte, non aprirono; allora Testa Grigia gironzolò un po' intorno alla casa e infine saltò sul tetto, per aspettare che Cappuccetto Rosso, la sera, prendesse la via del ritorno; l'avrebbe seguita di soppiatto, per mangiarsela al buio. Ma la nonna si accorse di quel che tramava. Davanti alla casa c'era un grosso trogolo di pietra, ed ella disse alla bambina:
- Prendi il secchio, Cappuccetto Rosso, ieri ho cotto le salsicce, porta nel trogolo l'acqua dove han bollito.
Cappuccetto Rosso portò l'acqua, finché il grosso trogolo fu ben pieno.
Allora il profumo delle salsicce sali alle narici del lupo, egli si mise a fiutare e a sbirciare in giù, e alla fine allungò tanto il collo che non poté più trattenersi e cominciò a sdrucciolare: e sdrucciolò dal tetto proprio nel grosso trogolo e affogò.
Invece Cappuccetto Rosso tornò a casa tutta allegra e nessuno le fece del male.
_________________
NELLA GIOIA E L' ALLEGRIA TRA VOI TUTTI CI SONO ANCH' IO!!!




Top
Profilo Invia messaggio privato MSN
PattyRose



Registrato: 16/12/04 18:33
Messaggi: 3916
Residenza: Valle Santa

MessaggioInviato: Ven Gen 20, 2006 18:25    Oggetto: Rispondi citando


mari27 ha scritto:
Molto belle, le fiabe che trascrivi Patty Rose,
dove le hai lette?
Ciao.

***




Ciao cara Wink sono appassionata di fiabe arabe, persiane, orientali ecc. ecc. perchè (come ho già detto) appartengono ai ricordi legati alla mia infanzia e al ricordo di mio padre che realmente ha vissuto in questi luoghi incantevoli, misteriosi e mi ha sempre raccontato fiabe e fatti realmente vissuti da lui che superano qualsiasi fantasia (parlava benissimo in arabo ed era appassionato del mondo arabo).

Fanno parte della collana dell'EMI: "Favole dal Mondo" e "Favole dal deserto". Sono diversi volumi : Africa I, Africa II, Deserto (Magreb), Asia I, Asia II, America Latina, Maya Aztechi e Incas, Oceania....

Fantastiche anche "Fiabe venute da lontano" della Mondadori e naturalmente "Le mille e una notte" dal titolo originale in arabo: Alf laila wa laila

Ciao Patty Wink

_________________
Top
Profilo Invia messaggio privato
mari27



Registrato: 17/06/04 17:49
Messaggi: 6094

MessaggioInviato: Ven Gen 20, 2006 18:39    Oggetto: Rispondi citando


Che fortuna! ...e che ricchezza, questa
conoscenza del mondo arabo!

***
Top
Profilo Invia messaggio privato
Mostra prima i messaggi di:   
Nuovo argomento   Rispondi    Indice del forum -> Forum Alessandro Preziosi Tutti i fusi orari sono GMT + 1 ora
Vai a Precedente  1, 2, 3, ... 12, 13, 14  Successivo
Pagina 2 di 14

 
Vai a:  
Non puoi inserire nuovi argomenti
Non puoi rispondere a nessun argomento
Non puoi modificare i tuoi messaggi
Non puoi cancellare i tuoi messaggi
Non puoi votare nei sondaggi


Powered by phpBB © 2001, 2002 phpBB Group
phpbb.it
Copyright © ADRICESTA ONLUS - Tutti i diritti riservati

Privacy Policy