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Fiabe e racconti per i bambini......e non solo!
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Autore Messaggio
PattyRose



Registrato: 16/12/04 18:33
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Residenza: Valle Santa

MessaggioInviato: Dom Gen 22, 2006 17:12    Oggetto: Rispondi citando


IL PRINCIPE CALAF E LA PRINCIPESSA TURANDOT

C'era una volta il principe Calaf, figlio del re della terra di Persia. Calaf era un bellissimo giovane, ma era anche astuto, intelligente, generoso ed amato da tutti. Un giorno un sultano di un regno vicino chiese un pedaggio altissimo ai carovanieri che andavano nel Paese del padre di Calaf: il padre di Calaf e Calaf presero le difese dei loro mercanti e vennero attaccati dal sultano.

Il sultano aveva alle sue dipendenze un mago che gli aumentò il numero di soldati con un incantesimo: per cui riuscirono a sconfiggere l'esercito del padre di Calaf e a cacciare via la famiglia reale dalla Persia.

Calaf, con suo padre e sua madre, vagarono a lungo nel deserto finché non giunsero in un altro regno d'Oriente. Lì Calaf iniziò a lavorare come sellaio. In quel regno vivevano un re con la figlia, la principessa Turandot; un giorno in cui Calaf era nella sua bottega sentì i banditori che annunciavano che tutti dovevano nascondersi perché usciva la principessa Turandot.

Curioso, rimase a guardarla e fu colpito dalla sua bellezza. Aveva sentito dire che Turandot doveva ancora sposarsi, e si informò da una vecchia fattucchiera al mercato su cosa succedeva.

La principessa Turandot non fa distinzioni di ceto. Vuole sposare solo chi risponderà a determinate sue risposte. In tanti ci hanno provato, e tutti quelli che hanno fallito sono morti!

Calaf decise di tentare: Turandot era troppo bella per non rischiare. Così si presentò al suo cospetto. Turandot gli disse: Ti pongo il primo quesito: qual è la creatura che abita in tutti i Paesi, che è amica di tutti e non tollera nessuno uguale a sé? E' il sole, rispose Calaf, vive ovunque, ama tutti e nessuno può essere simile a lui!

Allora Turandot continuò dicendo: Chi è la madre che mette al mondo tutti i suoi figli e poi li divora quando sono cresciuti? E' il mare, rispose Calaf, madre di tutte le onde che poi ritornano in lui!

E per finire Turandot gli chiese: Qual è quell' albero le cui foglie sono bianche da un lato e nere dall'altro? L'anno, disse Calaf, che alterna giorno e notte.

Allora Turandot gli disse: Hai vinto tu! Poco tempo dopo furono celebrate le nozze di Calaf e di Turandot: grazie all'esercito del suocero, Calaf poté riconquistare il regno di suo padre... Ma questa è un'altra storia e la racconteremo la prossima volta.

Fiaba persiana

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giada



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MessaggioInviato: Dom Gen 22, 2006 20:59    Oggetto: Rispondi citando


IL LAGO DELLA LEGGENDA


Ogni lago ha la sua leggenda: una leggenda che ricorda le sue origini con precisione fantastica, e si tramanda di padre in figlio finché vien fissata sulla carta e stampata, nera sul bianco, da qualche raccoglitore.
Quanto al nostro lago, questo nostro magnifico lago di Varese, bianco sul nero se lo vedete nelle notti di luna, che si lascia comprendere d'un sol colpo d'occhio, non ha, ch'io mi sappia, una leggenda che ne racconti la nascita: nessuno dei buoni antichi ha trovato nipotini tanto poco amanti del sonno da dover inventare, per addormentarli, che gli Angeli riempirono con secchi d'oro tutta una valle, gli Angeli fecero spuntare l'isolotto, buon cane da guardia, e gli Angeli fecero questo, fecero quello.
Che lago prosastico, direte voi.
Adagio: c'è un compenso.
Non avete mai visto, scendendo o salendo la strada così detta del Sasso, tra Comeno e Gavirate, a mano destra, una Chiesuola con un piccolo portico ed un campaniletto muto?
No: voi non vi siete mai fermati. Se avete la macchina rombante, non vi siete accorti di nulla: se eravate pellegrini francescani, non vi siete fermati a guardare, attraverso una finestrella, nella penombra di questa chiesa dedicata alla Santissima Trinità.
E nemmeno vi siete seduti sul muricciolo del portico a guardare quel po' di lago che trema lontanamente. Questa chiesa ha una leggenda.
A me l'ha raccontata una vecchina di quelle che si incontrano nelle favole o negli angoli ignoti dei paesi.
Dunque ai tempi dei tempi (quando, e chi lo sa!) avvenne ad un cavaliere che si trovasse a percorrere in pieno inverno questi paesi. La neve era tanta che pareva che tutti i mulini del cielo avessero rovesciato la loro farina, su questa piana terra di Lombardia.
Si trova dunque d'un tratto il cavaliere davanti ad una distesa di neve dove non un arbusto, uno stecco ed un albero ischeletrito, drizzava le braccia al cielo.
Una prateria che si allargava improvvisamente, come un miracolo. In fondo, lontano, poche casupole indicavano l'esistenza d'un villaggio.
Il cavaliere affronta decisamente la pianura: sprona il cavallo, e sollevando turbini di neve vola a galoppo sfrenato. Gli sferza in volto un'aria più fredda: quasi direbbe gelida. In poco più di mezz'ora ha percorso tutto il prato di così insolite dimensioni.
Eccolo ora davanti alle casupole in rovina del villaggio. Chiama, passando, perché qualcuno gli risponda. Chiama, chiama e nessuno risponde. Scalpita il cavallo ed egli batte ad una porta.
"Buona gente!".
S'apre finalmente la porticina cigolando sui cardini, ed emerge dall'ombra nera una vecchina piccina piccina (forse una delle nonne più lontane di quella che mi raccontò la storia).
"Buon dì, cavaliere di Dio!".
Egli l'interpella in modo deciso: "Dite: chi è il padrone di quel prato senz'alberi né stecchi che vedete laggiù? L'ho attraversato or ora e mi punge voglia di comprarmelo!".
"Signore Iddio!" esclama la vecchia crocesegnandosi: "Passaste là sopra?".
"Diamine, sì. Ma che avete che vi segnate su tutte le parti del corpo? Ho forse l'aria di un pagano?".
La vecchina, commossa, accenna a rispondere: "Signor mio, no. Voi non siete un pagano: ché altrimenti il Signore non vi avrebbe fatto sì leggero da passare sul lago senza che il ghiaccio si rompesse sotto gli zoccoli del cavallo!".
Ora è la volta del cavaliere ad essere stupito: ché molte avventure gli son capitate, ma giammai passò sui ghiacci di un lago scambiandoli per prati distesi sotto il cielo.
Si fa gente e tutti lo guardano con meraviglia: il Cavaliere del miracolo egli è ormai per essi. Da le casupole le donne lo mostrano ai fantolini: il Cavaliere che passò sul lago.
Quando infine egli si riebbe dalla sorpresa, trasse una borsa d'oro e parlò ai contadini:
"Buoni terrieri, uditemi. Io voglio che in ringraziamento al Signore Nostro Uno e Trino, voi costruiate una Chiesa e vi facciate orazione".
E come quelli annuirono, egli li ringraziò, diede loro il denaro e se ne partì, né fu più visto.
Cominciarono essi a costruire la Chiesa della Santissima Trinità, secondo che dicono le storie. Poi cambiarono i tempi, Gavirate divenne un borgo popoloso ed industre, la Chiesa ebbe bisogno di essere rimessa a punto, forse non è più come a quei tempi.
Ma il lago è sempre quello: a volte gela, a volte ride.
E’ sempre il lago che noi amiamo, quello che alcuni vecchi dicono sia un avanzo delle acque del diluvio, che lasciarono sepolto un paese per volontà del Signore Uno e Trino.
In verità un paese ci fu, dove ora le acque ondeggiano contro le molli rive.
Come rimase sepolto e quando?
Sedete sul muricciolo della Chiesa di cui vi ho raccontato la storia: guardate quel tratto di lago che trema al vostro sguardo e forse vi parrà di vedere tra le onde le risate dei ragazzi che furono sepolti un giorno, ma molto lontano, con le loro vecchie case di legno.

Gianni Rodari
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m.isotta



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MessaggioInviato: Lun Gen 23, 2006 13:37    Oggetto: Rispondi citando


PORTO SU QUESTO TOPIC CHE E' DAVVERO DI PIACEVOLE LETTURA.

BUONA LETTURA A TUTTE!!!

Very Happy Very Happy Very Happy !!!
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giada



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MessaggioInviato: Gio Gen 26, 2006 22:04    Oggetto: Rispondi citando


LA SIRENA DI PALERMO

da "Il libro degli errori" di Gianni Rodari




Una volta un pescatore di Palermo trovò nella rete, insieme ai pesci, una piccola sirena. Si spaventò, e stava per lasciar ricadere la rete in mare, ma si accorse che la sirena piangeva e non ne ebbe più paura.
- Perché piangi? - le domandò.
- Ho perduto la mia mamma.
- E com'è successo?
- Giocavamo a nasconderci tra gli scogli. Mi sono allontanata troppo dalle mie compagne e non le ho più ritrovate. Sono due giorni che nuovo in cerca di loro, in cerca di qualcuno, non conosco la strada per tornare a casa.
- Eh, il mare è grande! - disse il pescatore, sorridendo alla sirena. Era una sirena bambina, appena più alta di una bambola. I suoi capelli biondi erano fradici. Dalla vita in giù le sue squame di pesce scintillavano al sole.
- Portami con te, - disse la sirena. - Io non so dove andare.
- Ti porterei, - rispose il pescatore. - Ma ho già cinque figli da mantenere, la casa è piccola e io guadagno poco.
- Portami con te, - pregò di nuovo la sirena bambina. - Io non occupo molto posto. Ti prometto che starò buona e non avrò quasi mai appetito.
- Sentiremo quando sarà mezzogiorno.
- Allora mi porti?
- Nasconditi in quella cesta. Non voglio che la gente ti veda.
- Sono brutta?
- Anzi, sei tanto bellina. Ma la gente trova sempre da ridire e da chiacchierare.

Così il pescatore portò a casa la sirena bambina. Sua moglie brontolò un poco, ma non troppo: la sirena era graziosa, i suoi occhi erano buoni e allegri. I bambini del pescatore erano addirittura felici.
- Finalmente ci hai portato una sorella, - dicevano. Erano cinque maschi e a metterli vicini le loro teste scure sembravano i gradini di una scala.
- Faremo così, - disse il pescatore, - le prenderemo una carrozzella, perché deve stare sempre seduta. Le metteremo davanti una coperta e diremo che ha le gambe malate. Diremo che è figlia di un parente di Messina, e che è venuta a stare un po' con noi.
E così fecero.
Il pescatore e la sua famiglia abitavano in un povero vicolo, in un quartiere di vicoli poveri e stretti. Le case erano brutte e la gente stava quasi sempre fuori. Nel vicolo, poi, c'erano tante bancarelle, vi si vendeva di tutto: pesci, formaggi, abiti usati, qualsiasi cosa. Di sera ogni bancarella accendeva un lume ad acetilene, e quella luminaria metteva addosso una festosa allegria.
La piccola sirena, seduta nella carrozzella fuori della porta di casa, non si stancava mai di quello spettacolo. Tutti la conoscevano, ormai. Ogni donna che passava, pensando alla sua malattia, si fermava a farle una carezza e le diceva una parola gentile. I giovanotti scherzavano con lei e fingevano di litigare tra loro per sposarla. I figli del pescatore non parlavano che di lei, erano molto orgogliosi della sua bellezza e le portavano le piccole meraviglie che riuscivano a trovare, vagando tutto il giorno per i vicoli: una scatola di cartone, un giocattolo di plastica, tante cose così.
La piccola sirena adesso si chiamava Marina.
Una sera la portarono a vedere il teatro dei pupi. Chi non l'ha visto non sa com'è bello. Sul palcoscenico del teatro i guerrieri, nelle armature splendenti, compiono imprese meravigliose, battendosi in duello con coraggio. Le principesse portano anche loro la corazza e la spada, e non sono meno ardimentose dei paladini. I loro nomi sono nobili e sonori: Orlando, Rinaldo, Carlomagno, Guidosanto, Angelica, Brandimarte, Biancofiore.
Marina era incantata e felice. Quando poi fu l'ora di andare a letto, cominciò anch'essa a raccontare. Sapeva storie meravigliose, le aveva imparate quando viveva nel mare con le altre sirene. Per esempio, sapeva la storia di Ulisse e dei suoi viaggi, e di quella volta che passò con la sua nave accanto all'isola delle sirene. Chi udiva il canto delle sirene subito si gettava in mare per rimanere con loro. Ulisse voleva udire quel canto, ma non voleva dimenticare e perdere la strada di casa. E così l'astuto capitano riempì di cera le orecchie dei suoi marinai, perché badassero alla nave, ma nelle proprie orecchie non mise nulla: poi si fece legare all'albero maestro, per non provare la tentazione di gettarsi in mare. Le sirene gli cantarono le loro canzoni più belle ed egli pianse ascoltandole, pregò i suoi compagni di scioglierlo. Ma i suoi compagni avevano le orecchie tappate, non udivano e non capivano nulla. Da quella volta Marina non cessò mai di raccontare. Erano storie di tutti i popoli e di tutti i tempi; delle genti che l'una dopo l'altra avevano messo piede sulla terra siciliana o ne avevano corso il mare: Fenici, Cartaginesi, Greci, Romani, Arabi, Normanni, Francesi, Spagnoli, Italiani... E storie di pesci, di mostri sepolti negli abissi marini, di navi affondate e spolpate lentamente dall'acqua.
Intorno alla sua carrozzella, nel povero vicolo, c'era sempre un crocchio di bambini. Sedevano silenziosi sui gradini della casa del pescatore, si accoccolavano sul selciato, spalancavano i loro occhi di carbone e di diamante, e non erano mai stanchi di ascoltare.
Ogni donna che passava si fermava un momento, e quando andava via si asciugava una lagrima.
- Quella bambina è una sirena, - dicevano i vecchi pescatori. - Guardate come ha incantato tutti. E' proprio una sirena.
Più nessuno, ormai pensava a lei come a una povera bambina infelice perché non poteva camminare. La sua voce era chiara e squillante, e nei suoi occhi c'era sempre una luce di festa.
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antonella



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MessaggioInviato: Ven Gen 27, 2006 15:37    Oggetto: Rispondi citando


La principessa Anima
In mezzo alle montagne coperte di neve c'era una verde vallata con giardini, campi fertili, casette di artigiani. Sulla collina più alta c'era un castello dove abitava il vecchio principe con l'unica figlia, di nome Anima.
Il principe e la principessa erano tutti e due buoni e la gente della valle li amava. Perciò tutti diventarono tristi quando si sparse la notizia che la principessa Anima era gravemente malata e non poteva uscire dal castello.
Molti diedero consigli e portarono erbe medicinali. I medici arrivarono da paesi lontani. Ma nessun rimedio servì a niente.
La principessa Anima peggiorava di giorno in giorno e la gente era sempre più triste.
Un giorno arrivò alla porta del castello una vecchietta sconosciuta. La presero per una mendicante e le diedero del pane in elemosina. Ma la vecchietta disse che voleva vedere la principessa malata.
I servi non volevano lasciarla entrare e stavano a discutere con lei sul portone del castello finché il vecchio principe fu attirato dalle voci e uscì a vedere la strana vecchietta. Gli sembrò una buona donna e non trovò nessun motivo per non farla salire nella camera dove la figlia giaceva malata.
"Dio mio, com'è dimagrita e com'è triste!", sospirò la vecchietta.
"Purtroppo - gemette il principe - sembra che non vi sia più speranza".
"Vi lamentate inutilmente - gli sussurrò all'orecchio la vecchietta - la principessa guarirà. Ha una malattia particolare. Non è nel corpo, è nell'anima. Per guarire ha bisogno di vedere il volto più bello che esiste sulla terra".
Detto questo, la vecchietta improvvisamente sparì.
Al principe sembrava assai strano questo consiglio. Ma quando l'uomo è nella miseria si attacca a tutto. Così invitò pubblicamente tutte le più belle ragazze e i più bei giovani della sua terra a venire al castello.
Il bel viso che guarirà la principessa, diceva il bando dei principe, riceverà una lauta ricompensa. Se si tratterà di un giovane, Anima diventerà sua moglie, nel caso di una ragazza, riceverà in dote la metà dell'eredità.
Appena il bando fu pubblicato, tutta la più bella gioventù accorse al castello. I giovani sono tutti belli, e ognuno cercava di persuadersi di essere più bello degli altri. Ma tutto fu inutile. Anima peggiorava di giorno in giorno e diventava l'ombra di se stessa. Il principe piangeva, e nessuno riusciva a consolarlo.
Un pomeriggio la vecchietta sconosciuta comparve di nuovo al portone del castello. Di nuovo i servi non volevano lasciarla entrare e la prendevano in giro chiedendole se per caso credesse d'essere lei la più bella del mondo. Ma il principe anche stavolta fu attirato dal trambusto, accorse all'ingresso e condusse subito la vecchietta al capezzale della principessa.
«Dio mio, com'è dimagrita e com'è debole!», esclamò la vecchietta.
Il principe scoppiò a piangere.
Ma la vecchietta aggiunse: " E' un bene che sia qui, sta morendo".
Tutto il castello si riempì del pianto disperato del principe, a cui s'unì quello di tutti i servi e di tutte le guardie.
Ma la vecchietta non badò affatto alla gran confusione che le sue parole avevano provocato. Corse al muro della stanza, tolse lo specchio che vi era appeso, s'avvicinò al letto e mise lo specchio davanti al volto agonizzante della principessa Anima. Successe il miracolo.
La principessa vide il più bel volto dei mondo: era lei la più bella giovane della terra. Lo sguardo su se stessa la guarì all'istante e il pianto del castello si trasformò in grida di esultanza e di gioia.

Ora domanderete come finisce questa favola. Le favole non sono tutte uguali, e questa è una favola vera. La principessa Anima è l'anima umana, la più bella fra tutte le cose che esistono sulla terra. Purtroppo però non lo sa. Cerca la bellezza fuori di sé e non riesce a trovarla, perciò s'ammala e s'indebolisce. Solo quando riesce a conoscere se stessa e la sua bellezza interiore, allora guarisce e la sua gioia è senza fine. Per questo anche questa favola è senza il solito finale


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m.isotta



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MessaggioInviato: Ven Gen 27, 2006 22:27    Oggetto: Rispondi citando


una bella fiaba... e poi buonanotte!!
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mari79



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MessaggioInviato: Dom Gen 29, 2006 16:58    Oggetto: Rispondi citando


La passeggiata di un distratto
di Gianni Rodari

- Mamma, vado a fare una passeggiata.
- Va' pure, Giovanni, ma sta' attento quando attraversi la strada.
- Va bene, mamma. Ciao, mamma.
- Sei sempre tanto distratto.
- Si', mamma. Ciao, mamma.

Giovannino esce allegramente e per il primo tratto di strada fa bene attenzione. Ogni tanto si ferma e si tocca.

- Ci sono tutto? Si, - e ride da solo.

E così' contento di stare attento che si mette a saltellare come un passero, ma poi s'incanta a guardaté le vetrine, le macchine, le nuvole, e per forza cominciano i guai.

Un signore, molto gentilmente, lo rimprovera:

- Ma che distratto, sei. Vedi? Hai già perso una mano.
- Uh, è proprio vero. Ma che distratto, sono.

Si mette a cercare la mano e invece trova un barattolo vuoto. Sarà proprio vuoto? Vediamo. E cosa c'era dentro prima che fosse vuoto? Non sarà mica stato sempre vuoto fin dal primo giorno...

Giovanni si dimentica di cercare la mano, poi si dimentica anche del barattolo, perché ha visto un cane zoppo, ed ecco per raggiungere il cane zoppo prima che volti l'angolo perde tutto un bràcao. Ma non se ne accorge nemmeno, e continua a correre.

Una buona donna lo chiama: - Giovanni, Giovanni, il tuo braccio!

Macché, non sente.

Pazienza, - dice la buona donna. - Glielo porterò alla sua mamma.

E va a casa della mamma di Giovanni.

- Signora, ho qui il braccio del suo figliolo.
- Oh, quel distratto. Io non so piu' cosa fare e cosa dire.
- Eh, si sa, i bambini sono tutti cosi.

Dopo un po' arriva un'altra brava donna.

- Signora, ho trovato un piede. Non sarà mica del Giovanni?
- Ma si che è suo, lo riconosco dalla scarpa col buco. Oh, che figlio distratto mi è toccato. Non so piu' cosa fare e cosa dire.
- Eh, Si sa, i bambini sono tutti così.

Dopo un altro po' arriva una vecchietta, poi il garzone del fornaio, Poi un tranviere, e perfino una maestra in pensione, e tutti portano qualche pezzetto di Giovanni: una gamba, un orecchio, il naso.

Ma ci può essere un ragazzo piu' distratto del mio?

- Eh, signora, i bambini sono tutti Così

Finalmente arriva Giovanni, saltellando su una gamba Sola, senza piu' orecchie nè braccia, ma allegro come sempre, allegro come un passero, e la sua mamma scuote la testa, lo rimette a posto e gli dà un bacio.

- Manca niente, mamma? Sono stato bravo, mamma?
- Sì Giovanni, sei stato proprio bravo.

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PattyRose



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MessaggioInviato: Mar Gen 31, 2006 16:40    Oggetto: Rispondi citando


IL VASO FATATO

Tre sorelle vivevano insieme; filavano il lino, e tutte assieme si guadagnavano così da vivere. La più giovane era la più veloce: filava da sola più delle altre due messe assieme, e, ogni tanto, con il denaro che guadagnava in più, comprava qualcosa per sé.
Un giorno , mentre stava tornando dal mercato con un vecchio vaso di alabastro, le sorelle maggiori si adirarono violentemente e presero a maltrattarla per le sue stravaganze.
Ma il vaso era fatato, e la giovane da quel momento non ebbe più bisogno di guadagnare denaro filando, perché, se voleva mangiare, il vaso provvedeva, se voleva vestirsi, era il vaso a procurarle gli abiti: insomma non c'era desiderio che il vaso non soddisfacesse.
Temendo la gelosia delle sorelle, la fanciulla fingeva di vivere di quello che le passavano loro, dei loro avanzi, e di vestirsi con i loro abiti dismessi. Ma quando restava sola, si rifaceva con l'aiuto del suo prezioso talismano.
Un giorno a Corte ci fu una grande festa e vennero invitate anche le tre sorelle, perché, anche se erano povere, erano di nobile stirpe e di bella presenza.
Le due sorelle maggiori si vestirono e si acconciarono con ciò che di meglio avevano, e andarono a palazzo, lasciando la più piccola a casa.
Quando furono uscite, la terza sorella chiese al vaso d'alabastro un vestito verde, rosso e bianco, dei gioielli scintillanti e tutto ciò che occorreva per far bella figura alla festa.
Così agghindata,andò a palazzo; nessuno la riconosceva, nemmeno le sorelle, tanto era raggiante di bellezza; fu, per così dire, la regina della festa.
Quando si accorse che la festa stava per terminare, fuggì via,ma nella fretta, attraversando il cortile del palazzo, lasciò cadere uno dei suoi bracciali di diamanti nel secchio pieno d'acqua dove si abbeveravano i cavalli del re.
L'indomani mattina, quando i cavalli andarono a bere, nessuno di loro volle avvicinarsi al secchio, e tutti indietreggiarono spaventati. I palafrenieri guardarono ml secchio e trovarono il bracciale di diamanti che, con il suo splendore, aveva terrorizzato i cavalli.
Il figlio del re, che era lì, vide il bracciale e disse al padre che voleva assolutamente sposare la donna alla quale apparteneva lo splendido oggetto. Due messi percorsero tutta la città per trovare la fortunata proprietaria del bracciale.
Dopo quindici giorni di vane ricerche, alla fine arrivarono alla casa delle tre sorelle, provarono il bracciale al polso di ognuna, e si accorsero che si adattava alla perfezione solo al polso della minore.
Fu annunciato il matrimonio e dato inizio ai festeggiamenti per le nozze.
L'ultimo giorno la fanciulla fece il bagno, poi le sorelle la pettinarono e le misero in testa degli spilloni a forma di piuma. Quando l'acconciatura magica fu terminata e l'ultima piuma conficcata, la fanciulla si trasformò in una tortorella con un ciuffo sul capo, e fuggì via a volo spiegato dalla finestra.
Tutti i giorni andava a posarsi sulla finestra della cucina del re e tubava tristemente. Il re aveva ordinato di catturarla viva; alla fine riuscirono a prenderla, e una maga, che si trovava allora a Corte per guarire il principe che stava morendo di consunzione per amore, riconobbe l'acconciatura sul capo della tortorella. Tolse con delicatezza le spille e , quando estrasse l'ultima, la tortorella tornò ad essere una fanciulla. Il principe riconobbe la sua fidanzata e guarì immediatamente, e da allora vissero felici e contenti. La principessa perdonò le sue sorelle e offrì loro la dote e un marito.


Fiaba tradizionale dell'Arabia

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giada



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MessaggioInviato: Gio Feb 02, 2006 22:51    Oggetto: Rispondi citando


L'AMORE DI DUE SCARPE

Un po' rotto e consumato, quel vecchio scarpone preferiva definirsi vissuto. E infatti aveva vissuto molto: nei campi, col gelo, la pioggia, il fango. Per lui era segno di saggezza essere un po' consumato. Sempre ottimista e allegro, sembrava ridere sempre per via di quella suola scucita davanti. Anzi, più il tempo passava e più rideva, perché quella scucitura si apriva sempre di più.

La sera era sempre stanco per le fatiche della giornata e non era molto socievole con le altre scarpe.

-Bisogna pur distrarsi un poco, vieni con noi a passare un po' di tempo- gli ripetevano i suoi compagni; così ogni tanto si intratteneva per sentire le ultime novità.

Una sera, fermatosi più a lungo del solito con uno stivaletto di camoscio, incontra Lei: la scarpetta rossa. Una scarpina da ballo, brillante di un rosso fuoco, con un tacco da vertigine. Tutta scollata aveva ballato per una sera intera e ritornava esausta ma divertita. Era bellissima: di una pelle morbida e profumata, con una finissima suola in cuoio si muoveva con eleganza e sicurezza.

Amore a prima vista per lo scarpone marrone:la sua saggezza, in un lampo, si era trasformata in autentica passione. -Ciao, bella scarpina, sembra che tu ti sia divertita, stasera-

-Oh, si, ho ballato tutta la notte, ora sono stanchissima-. Lo scarpone era di festa il giorno dopo, così ne approfittò per andare a trovare la sua amata: -Tu balli spesso, ma hai mai Danzato?- chiese lo scarpone. -Cosa intendi per danzare, non è lo stesso che ballare?- rispose la scarpina. Lo scarpone subito rispose: -No, ballare vuol dire muoversi al ritmo di una data musica, ma Danzare è più profondo: vuol dire esprimersi al di là delle parole! Non occorre la musica: la crei tu nel Danzare!-.

-Insegnami a Danzare, ti prego!- domandò la scarpina con la sua voce suadente.

-Certo, ma attenta: una volta imparato non potrai più smettere. Smettere equivale a morire!-

-D'accordo, iniziamo: cosa devo fare?- esordì un po' inconsapevolmente la scarpina rossa.

-Non si tratta di fare, ma di sentire; devi sentire con l'anima. Conosci il Tango?-

-Certo, conosco i passi base: uno, due, tre, quattro giravolta,di nuovo due, tre-

Come era leggera nei movimenti quella scarpina; sembrava muoversi con malizia e con una indefinibile eleganza. Indubbiamente sapeva ballare molto bene e lo scarpone rimaneva ipnotizzato dal modo in cui volteggiava.

-Sì, sì, va bene! Però stai sempre ballando un ritmo che viene dall'esterno, mentre devi danzare: devi sentire la musica da dentro di te!-

Proseguì lo scarpone: -Danzare vuol dire portare all'estremo le nostre emozioni e sensazioni. Questo in positivo e in negativo: lo senti mentre lo balli?-

-Sì, ora che lo ballo con te sento un qualche cosa di strano non sei male come ballerino!-

La scarpina rossa si stava innamorando dello scarpone: non prestava più attenzione a quello che diceva: era come se le parole non avessero più senso. Contava solo fluttuare liberi tra quelle note di Gardel, di Piazzola e lasciarsi andare alla melodia del bandeon. Sì, indubbiamente era scoppiato l'Amore tra i due, non facevano che stare insieme. Lui la abbracciava con le sue stringhe calde e forti; lei, dolcemente, lo puliva dal fango e lo ingrassava con creme profumate.

Tutto sembrava procedere a meraviglia tra i due innamorati, se non che quando erano a contatto con le altre scarpe, nascevano i problemi. La scarpina rossa frequentava scarpe di prima classe, un po' frivole e snob. Non facevano che prendere in giro il nostro scarpone.

-Ecco il campagnolo-

-Ma come balli goffamente!-

-Tu non sei bello come noi, scansati-

I commenti erano dettati dalla gelosia, perché i due innamorati danzavano benissimo insieme; lo scarpone era bravissimo a muoversi, insegnava alla sua amata la vera eleganza.

Anche gli amici dello scarpone non vedevano di buon occhio la nuova fidanzata.

-Ti confondi con quella smorfiosetta?-

-Dicono che sia una vip, ma a me sembra solo una comune scarpa.-

-Lasciala perdere: è una scarpa frivola.-

Col passare del tempo le cose peggiorarono tra i due, non erano accettati come coppia perché agli occhi di tutti parevano troppo diversi; in realtà erano entrambi due scarpe, con gli stessi interessi,gli stessi sogni e le stesse ambizioni. Ma il destino gli era contrario: c'era uno squilibrio (come sempre, del resto nelle situazioni d'amore: il vero momento del Tango è quando si passa dalle emozioni estreme al nulla). Avevano trovato l'Amore con la a maiuscola e lo avevano subito perduto. Lo squilibrio nasceva apparentemente dalla diversa vita dei due, ma in realtà avevano un modo di amare diverso e le avversità della vita reale non permisero la comprensione necessaria a portare equilibrio nella coppia. La sostanza del loro amore era infinita, ma la forma non era adatta. Ultimo Tango, una sera di giugno. Le due scarpe si lasciarono per ritornare a muoversi al tempo di musica e per andare nei campi a lavorare.

Lo squilibrio continuava nelle loro vite singole: lei, sempre bella e affascinante, poteva fingere di ballare e continuare a danzare in segreto. Ma a lui, affrontate le fatiche della giornata, non rimaneva che andare a dormire e sognare la sua scarpina rossa. Il suo stile di vita si appiattiva e la depressione lo fece invecchiare al punto da non essere più utile nella vita dei campi: fu abbandonato in un ripostiglio in attesa di essere buttato via.

La scarpina rossa non era molto contenta del suo ritorno alla normalità: non trovava nessuno con cui discutere se non superficialmente. E poi ballare era più semplice, ma Danzare era tutta un'altra cosa. Non trovava nessun partner che riuscisse a farlo: era necessario darsi del tutto all'altro senza pretendere nulla in cambio. Ma il mondo era impostato tutto in un'altra direzione: se do qualcosa, voglio qualcos'altro in cambio. In Amore e nella Danza queste cose non esistono e la scarpina rossa se ne stava accorgendo. Inoltre una scarpa da ballo può essere utilizzata per un po' di tempo, ma prima o poi le mode passano e delle solite scarpe ci si stufa. Fu così che anche la scarpina rossa venne usata sempre meno, lasciando spazio a nuove scarpe da ballo, più giovani e belle.

Un giorno si trovò in un ripostiglio: era lo stesso dove si trovava il suo ex compagno. Furono felici tutti e due di essersi ritrovati, ora potevano stare insieme per sempre, perché nessuno poteva fare commenti di alcun genere tra la roba da buttare. Maturando, lo scarpone veniva incontro alla sua scarpina; anche lei, ormai vecchia e imbruttita, riusciva a comprendere a fondo l'Amore che gli veniva offerto. Ecco che un giorno una pittrice li trova abbracciati a farsi le coccole: l'ispirazione per un nuovo quadro: l'Amore di due oggetti. Le due scarpe furono buttate via dopo poco tempo, ma le loro anime rimasero per sempre in quel dipinto: il suo titolo è "amore a prima vista".
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mari27



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MessaggioInviato: Lun Feb 06, 2006 19:34    Oggetto: Rispondi citando


- Filastrocca corta e matta -

Filastrocca corta corta,
il porto vuole sposare la porta,
la viola studia il violino,
il mulo dice - Mio figlio è il mulino;
la mela dice - Mio nonno è il melone;
il matto vuol essere un mattone
e il più matto sulla terra
sapete che vuol fare? Vuol fare la guerra!

( Gianni Rodari)

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Nanni



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MessaggioInviato: Mar Feb 07, 2006 09:24    Oggetto: Rispondi citando


Ormai arriva il carnevale e allora.............. ecco a voi una piccola filastrocca.

Carnevale
Nelle piazze in ogni via
c'è un'allegra compagnia
che vestita in modo strano
canta, balla e fa baccano.
Mascherine mascherine
siete buffe ma carine
con i vostri nasi rossi
fatti male, storti e grossi
con i costumi che indossate
con gli scherzi che vi fate
voi portate l'allegria
in qualunque compagnia.

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m.isotta



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MessaggioInviato: Gio Feb 09, 2006 00:44    Oggetto: Rispondi citando


.......... Wink
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Quant'è bella giovinezza, che si fugge tuttavia
Chi vuol esser lieto, sia:di doman non v'è
certezza
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Lalli



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MessaggioInviato: Gio Feb 09, 2006 17:14    Oggetto: Rispondi citando


Cara Mari27 Grazie per i tuoi sensibili Topic e piacevoli ... Laughing
Ecco quà questa favoletta per bambini e quelli che lo sono stati Wink Laughing !!

"LA LEGGENDA DELL'ORTICA
Era un bel giorno d'estate. Milly e Sally stavano riposando al sole. Milly, una bimba di sei anni, si allungo' pigramente sull'erba. "Mi stavo domandando, perche' le ortiche pungono" disse alla sorella più grande di due anni, che non seppe trovare nessuna risposta. "Andiamo a chiederlo a papà", disse Sally. Il loro papà stava seminando le patate in mezzo al campo. "Ciao, piccole - disse - cosa state facendo?". "Niente di speciale - disse Sally - vorremmo sapere perche' le ortiche pungono". "Non lo so per certo, - disse il papa' - ma una volta mi hanno raccontato una bella storia. Volete sentirla?" chiese-. Le due bimbe si guardarono negli occhi e dissero di si' con entusiasmo. "Una volta in un prato non molto lontano da qui c'era una piantina di ortiche. Era molto triste perche' non piaceva a nessuno. Sapeva di essere evitata perche' causava forti irritazioni, ma purtroppo non poteva farci nulla. Un giorno una bellissima farfalla si posò sulle sue foglie. L'ortica le chiese come mai non avesse paura di lei. "Stavo pensando che tu saresti adatta a conservare e proteggere le mie uova durante l'inverno" disse la farfalla. "Certamente, e ne sarei molto onorata" rispose eccitata l'ortica. E cosi' la farfalla le affido' le sue preziose uova. L'ortica le difese dalla neve, dal vento e dalla grandine. Non c'era nessun animale che volesse sfidare le sue spine. In primavera, dalle uova uscirono i bruchi che diventarono crisalidi. Appena arrivo' l'estate, tante belle farfalle volarono via dalla piantina di ortiche. "Grazie - disse la farfalla madre - le tue foglie sono le più forti e le più sicure di tutto il mondo". E da allora, ogni inverno, le ortiche custodiscono le uova delle farfalle"."


Un caro saluto alle amiche Forumiste ..
ho accomodato il pc e spero di tornare ogni tanto da voi. Vs. Lalli

_________________
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di un Angelo che solletica...........
ogni Bambino per farlo ridere di nuovo
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giada



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MessaggioInviato: Ven Feb 10, 2006 14:03    Oggetto: Rispondi citando


I MONTI PALLIDI

C’era una volta a Sud delle Alpi un regno ricco e fortunato ed i suoi abitanti vivevano tutti felici. Solamente uno, il figlio del re, era tormentato da un ardente desiderio: voleva andare sulla luna: Un giorno, durante una battuta di caccia, il principe si smarrì nel bosco. A sera inoltrata si distese a riposare su di un prato coperto da rossi rododendri. Riposò e fece uno strano sogno: su di un prato coperto di fiori a lui sconosciuti, incontrò una bellissima fanciulla - la figlia del re della Luna - e le regalò un mazzo di rossi rododendri. Svegliatosi sentì un'immensa gioia per questo sogno. La luna era alta nel cielo e la sua luce argentea ricopriva le vette della montagna. Ad occhi aperti continuò a sognare immaginando l'incontro con la figlia del re della Luna.

Incominciò a raccogliere rododendri fino a formarne un bel mazzo. Improvvisamente gli parve di sentire da lontano delle voci. Queste provenivano da una bianca nuvola in cima ad una vetta. Il principe si avvicinò e all’interno della nuvola incontrò due uomini molto vecchi - due abitanti della Luna. Il principe raccontò loro che il suo desiderio più grande era quello di potere andare sulla luna. I due uomini esaudirono il suo desiderio e lo portarono con sè. Sulla luna tutto era bianco – le montagne, i boschi, i prati.

Questo candore era accentuato da strani fiori bianchi che ricoprivano tutto il paesaggio. Anche le case, le torri e i campanili della città erano bianchi. Il principe teneva ancora in mano il mazzo di fiori rossi e con immenso stupore gli fu chiesta la provenienza di fiori così belli.Quando disse di essere un abitante della Terra, fu subito portato dal re della Luna. Il re era un uomo vecchio con una lunga barba bianca. Al suo fianco sedeva sua figlia. Il principe riconobbe in lei la bellissima fanciulla del suo sogno e come nel sogno le regalò il mazzo di rossi rododendri.

Il principe abitava ormai da molto tempo sulla Luna, quando si accorse che di giorno in giorno l’intensa luce argentea della luna danneggiava la sua vista. Temendo di diventare completamente cieco, si sentì costretto a ritornare sulla Terra. Portò con se, come sua sposa, la bella figlia del re della Luna. La dolce fanciulla si distingueva dalle donne della Terra; il suo corpo emanava una tenue luce ed un leggero splendore. Molto stupore destarono anche i bianchi fiori portati dalla sposa. Questi fiori si diffusero con il tempo su tutte le Alpi: ancora oggi le lucenti stelle si possono ammirare sulle alte vette. Il fiore fu chiamato STELLA ALPINA. La principessa era affascinata dalla ricchezza variopinta dei prati, dall'intenso blu dei laghi di montagna e dal fresco colore verde dei prati. Il colore scuro e tetro delle alte vette, che si ergevano come bui mostri verso il cielo,invece, incombevano sull’animo della principessa come pesanti pensieri. Così accadde che lei si ammalò gravemente per la forte nostalgia per il bianco paesaggio lunare e dovette tornare sulla Luna. Nella sua patria però la nostalgia per il suo amato sposo sulla Terra la portò in fin di vita. Anche il principe, rimasto da solo sulla Terra non trovava pace. Vagava come un selvaggio per i boschi e nelle notti di luna piena restava sveglio, assorto in una instancabile contemplazione della Luna.

Una notte incontrò nel bosco uno gnomo – il re dei Salvans – che gli raccontò del suo crudele destino: il suo popolo era stato combattuto a lungo e sconfitto da genti straniere. Adesso vagava di valle in valle, senza trovare dimora. Anche il principe aprì al re degli gnomi il suo cuore e gli raccontò del suo crudele destino. Appena ebbe finito di parlare, il re degli gnomi gridò ad alta voce:“Principe rallegrati, perché entrambi
abbiamo trovato fine al nostro crudele destino!” Spiegò al principe che i gnomi sarebbero stati in grado di dipingere le montagne, che tanto avevano rattristato la principessa, con il colore della luna. Così lei non avrebbe più provato nostalgia della sua patria. In compenso il principe avrebbe dovuto dare il permesso al popolo degli gnomi di prendere dimora nel suo regno.

Il principe acconsentì. Gli gnomi si stabilirono nel regno del principe e nella prima notte di luna piena questi si misero al lavoro: sette gnomi, disposti a cerchio, iniziarono una strana danza: le loro piccole mani si agitavano nell’aria come mosse da forti onde. Iniziarono così a filare la luce della luna. Dopo un pò di tempo nel mezzo del cerchio si formò un gomitolo che emanava una tenue luce. Altri gnomi iniziarono a tirare i fili lucenti del gomitolo dalle cime dei monti verso il basso e tutt'attorno alle montagne, così da avvolgerle in una rete di luce argentea.

Il principe riportò la sua sposa sulla Terra e lei non ebbe mai più nostalgia della luna; il paesaggio dei Monti Pallidi era ancora più bello di quello bianco-lunare della sua patria.I Monti Palli si possono ammirare ancora oggi : sono le DOLOMITI. Il regno del principe ormai non esiste più, ma i Salvans dimorano tutt’ora nelle rocce e nei boschi di questa incantevole terra.
(di: Annamaria Nagler)




Buon Weekend a tutte/i.
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mari27



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MessaggioInviato: Ven Feb 10, 2006 17:16    Oggetto: Rispondi citando


Un caro saluto a tutte ed in particolare
a Lalli che mancava da un po' di tempo.
Ciaooo!!!!!!!

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