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storia,tradizioni e cucina della sardegna
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Autore Messaggio
claudia76



Registrato: 09/06/08 16:14
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MessaggioInviato: Gio Ago 07, 2008 15:30    Oggetto: Rispondi citando


NORA...

LA PIU' ANTICA CITTA'

DELLA SARDEGNA.

IL PROBLEMA DELLE ORIGINI

LE CAMPAGNE DI SCAVI

Era da un settennio terminato il secondo conflitto mondiale e grandi cambiamenti si erano verificati anche nella compagine politico amministrativa sarda. Tra i vari Enti costituiti in quell' epoca sorse anche
l' ESIT, Ente Sardo Industrie Turistiche, di cui in quegli anni era presidente un uomo politico isolano, l'onorevole Enrico Pernis, che, animato da autentico amore per le antichità di Nora, pensò subito di
valorizzare il Capo Pula come attrazione turistica. Allo scopo si volle far rappresentare un dramma del poeta cagliaritano Marcello Serra. Ma i lavori di sterro per adattare il sito alla sistemazione dell'orchestra e del palcoscenico misero in luce avanzi di antiche costruzioni, e di ciò il Pernis mise subito al corrente l'allora Soprintendente alle Antichità della Sardegna, nonché titolare della Cattedra di Archeologia Classica
all'Università di Cagliari, del quale era anche amico personale: il prof. Gennaro Pesce, l'illustre scavatore, in Libia, di Leptis Magna. Così fu deciso di intraprendere, sotto la direzione del prof. Pesce, l'esplorazione
sistematica del territorio con un Cantiere Scuola, come si usava allora, costituito da cinquanta sterratori, finanziato dalla Regione e dall'ESIT. Nello stesso anno 1952 ebbero inizio le operazioni di scavo che, con,
successive campagne, si protrassero fino al 1960 e che misero in luce gran parte della zona archeologica e dei ruderi antichi. Mi è caro ricordare che uno dei preziosi collaboratori di Pesce fu Ferruccio Barreca, destinato
succedergli sia nella direzione della Soprintendenza che nella Cattedra di Archeologia, e che negli anni '60 sarà il fortunato scopritore e direttore degli scavi del Campo Trincerato Cartaginese di Monte Sirai. Ambedue, sia il Pesce che il Barreca, sono stati miei Maestri, persone altamente squisite, alla memoria dei quali va la mia affettuosa riconoscenza. L'esplorazione di Nora, non ancora esaurita, ha evidenziato importanti
resti dell'antica città, quali il teatro romano, i templi punici e romani, le strade, le torri, i bagni, i mosaici, gli edifici pubblici e le abitazioni private, patrimonio interessante e prezioso della nostra antichissima terra.
L'EDILIZIA NORENSE E LE SUE FASI
Premesso che non è nostro intendimento addentrarci profondamente nei problemi archeologici, che potrebbero risultare ostici alla gran massa dei potenziali lettori, seguiremo lo sviluppo nel tempo di questa vetusta città come è apparso a coloro che ne hanno riportato alla luce quanto ne resta, non solo in superficie ma nei vari strati. Ed ecco, quindi, che è necessario spendere due parole per far intendere, a chi non ne avesse idea, il concetto di stratigrafia. Se oggi si volesse rigenerare, per così dire, un palazzo in rovina o una città vecchia e cadente, si procederebbe alla demolizione fino alle fondamenta dei fatiscenti edifici o di quanto resta di essi. Per gli antichi, invece, non era questo il modo di procedere. Essi demolivano solo lo stretto necessario e il resto lo coprivano di detriti e con colmate di terra, realizzando così un nuovo piano che, naturalmente, rispetto al precedente, risultava sopraelevato. Su questo nuovo piano rialzavano la costruzione riallacciandosi ai vecchi muri e sui vecchi pavimenti, o sulle colmate, ne stendevano nuovi. Tale procedimento, ripetuto per secoli - si pensi ai sette strati della città di Troia - portava per conseguenza a un progressivo innalzamento del piano stradale del centro abitato. Cosicché, mentre le generazioni di un lontano futuro non potranno vedere della nostra edilizia se non ciò che resta risparmiato in superficie, soprattutto monumenti continuamente risarciti per conservarli, o addirittura tali e quali ricostruiti dopo un crollo - vedi il campanile di San Marco a Venezia - il sistema di costruire dei nostri antenati, diciamo che fa la delizia degli odierni archeologi, i quali possono, così, sia pure con approssimazione, ricostruire la storia degli antichi abitati sulle cui rovine si trovano ad operare. Per far ciò, devono prendere in esame i reperti mobili - cocci, monete ecc, - rinvenuti nei vari strati.Durante tutto il tempo in cui a Nora si è scavato, da parte dei vari archeologi che vi si
sono avvicendati sono state individuate cinque fasi edilizie e va da sé che la più antica è quella rinvenuta al più basso livello, ossia Nora I. Questa arcaica fase, i cui muri furono distrutti per dar luogo alle successive costruzioni, è caratterizzata da pavimenti d'argilla battuta. Potrebbe anche essere lo strato delle origini, ma con maggior prudenza è meglio limitarsi ad affermare che certamente è quello della città punica nel suo pieno sviluppo. Non faccia meraviglia ciò: in tante povere case, chi scrive ha visto pavimenti in terra battuta anche ai nostri tempi; come si può affermare con assoluta certezza, dunque, che quei pavimenti appartengano tutti ai tempi della fondazione di Nora? Risalendo verso la superficie, si riscontra la seconda fase, che gli Archeologi chiamano Nora II. Qui si trovano le sedimentazioni più alte di Nora I e da muri a "pseudo telaio". Sono chiamati "muri a telaio" quelli fabbricati con grossi blocchi di pietra messi in opera a mo' di pilastri ad intervalli regolari, entro i quali si collocava il materiale litico costituente la struttura intermedia del muro stesso. Ma se, a causa del terreno accidentato, non è stato possibile mantenere la regolarità delle distanze dei "pilastri", il muro viene definito a "pseudo telaio". Il materiale dei muri intermedi di Nora II è formato da blocchi della stessa grandezza di quelli dei "pilastri", però collocati in posizione orizzontale. I resti di queste costruzioni sono attribuibili all'epoca detta tardo-punica, e precisamente al periodo delle guerre punico-romane. Continuando, a Nora III si ritrovano gli stessi "muri a telaio", però di tono minore, dato che il materiale delle strutture intermedie è formato da un insieme di sassi e di ciottoli, con legamento di malta di fango, modo di costruire che sembra sia stato proprio dei Cartaginesi. Infatti, in un raro esemplare di edificio scoperto nello strato appartenente al periodo pre- imperiale romano si riscontra questo modo di costruire, che poi si è attardato fino a comprendere numerose costruzioni dell'impero e della dominazione bizantina in Tunisia. Anzi, la tenace persistenza di tale modello la si trova anche nella greca.
SELINUNTE DEL PERIODO PUNICO
Nora III è dunque la città a cavallo dei secoli II a.C. e I d.C., che forse raggiunge l'epoca dei Flavi e che pertanto è chiamata punico-romana. Sembra che la Nora romana,comunque, non fosse più estesa della
precedente; essa si estendeva dalla collina di Tanit ai limiti marini, e mentre le parti della città piana vennero sommerse dalle successive costruzioni di Nora IV, la parte alta rimase come la città vecchia della Nora Romanizzata. La città della piena epoca romana è la Nora IV, nei cui resti si possono ammirare stupendi mosaici policromi. I muri sono stati costruiti con sistema regolare e con impiego, congeniale ai romani, di
laterizi o di opera mista: le stra sono lastricate con blocchi di andesite. In base ai suddetti mosaici, che appartengono al gusto dell'epoca degli Antonini e dei Severi, tale epoca viene assegnata ai secoli II e III d. C., nel quale periodo, a quanto sostengono gli Archeologi, l'edilizia della città sarebbe stata interamente rinnovata per l'interessamento di qualcuno di quei grandi imperatori, durante quello che dovette essere, per la
Sardegna, un tempo di grande prosperità. Un periodo decisamente di decadimento e di una certa rozzezza è quello di Nora V, con pavimenti meno, o niente affatto pregevoli, sovrapposti agli antichi mosaici o ricoperti da lastre di marmo recuperate da rivestimenti di vecchi muri; di capitelli di colonne riutilizzati come base di nuove costruzioni e di basi di statue reimpiegate per lastricare le strade o per costruire muri di recinzione. Questa fase non sembra più antica del IV secolo e ad essa è assegnabile pure il restauro dell'acquedotto, da quanto si legge nell'iscrizione di Valentiniano III e di Teodosio II, e, naturalmente, la Nora cristiana, la cui cappella, come già detto, più tardi fu dedicata a Sant'Efisio e poi rifatta dai frati Vittorini di Marsiglia, essendo stata distrutta dai Saraceni.

di SilvioTessi
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claudia76



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MessaggioInviato: Gio Ago 07, 2008 15:31    Oggetto: Rispondi citando


il tutto circondato da uno splendido mare
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maya



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MessaggioInviato: Gio Ago 07, 2008 15:37    Oggetto: Rispondi citando


claudia76 ha scritto:
ok maya?

.... Very Happy Very Happy Very Happy Very Happy okissimo.....che buone Cool Grazie mille Exclamation
Ci sono stata a Nora,molto bella Wink

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chiara ale



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MessaggioInviato: Gio Ago 07, 2008 16:56    Oggetto: Rispondi citando


un topic per imparare a conoscere meglio una delle più belle ricchezze italiane... Wink





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freccia tricolore 33



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MessaggioInviato: Gio Ago 07, 2008 19:30    Oggetto: Complimenti Claudia per queste belle foto della sardegna! Rispondi citando


complimenti claudia per queste belle foto della sardegna,a questo punto dopo il topic delle Frecce tricolori che o ancora da finirlo ti invito anche nel mio per pisa così conoscerai ancora meglio la mia città okey? un'abbraccione claudia a te e a famiglia
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Adriana
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claudia76



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MessaggioInviato: Gio Ago 07, 2008 19:49    Oggetto: Rispondi citando


adri ho già curiosato nel topic su pisa
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claudia76



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MessaggioInviato: Gio Ago 07, 2008 19:54    Oggetto: Rispondi citando


Carnevale di Mamoiada
E' questo forse il carnevale sardo più conosciuto fuori dall'isola.
Infatti è un'antichissima rappresentazione di un rito propiziatorio o religioso di cui si è perso il significato originale. La danza dei Mamuthones è un rito apotropaico(antico rituale con cui si scacciano gli spiriti maligni) che risale almeno all'età nuragica ed esiste quindi da più di 3500 anni, ci sono diverse ipotesi sul suo significato: in origine era forse destinato alla venerazione degli animali, alla protezione contro gli spiriti del male, alla propiziazione dei raccolti ed anche al culto dell'acqua come fonte di vita.


La danza dei Mamuthones
Il professor Massimo Pittau sostiene che fosse il rito della religione nuragica per l'uccisione dei vecchi. Nel linguaggio sardo odierno, la parola Mamuthone significa pazzo o buono a nulla, e lo stesso significato ha anche la parola Maimone. La studiosa Dolores Turchi ritiene che la danza dei Mamuthones sia ciò che resta di un rito dionisiaco che rappresenta il sacrificio del dio, che muore e risorge all'inizio della stagione agricola. Un'altro riferimento viene dalla lingua greca, dove il participio "maimoon" significa: colui che smania, che desidera essere posseduto dal dio. I Mamuthones sono dodici (forse rappresentano i mesi) e sono vestiti completamente di nero, con la mastruca (giacca di pelle di montone, senza maniche, portata col vello all'esterno) pantaloni e gambali, sul viso portano una caratteristica maschera di legno, dipinta di nero, che ha un' espressione triste, simile a certi volti di bronzetti nuragici, mentre un fazzoletto da donna gli copre la testa e sulla schiena portano un grappolo di grossi campanacci.


Issohadores
Gli Issohadores invece, vestiti con giacche rosse, portano sulle spalle scialli colorati e sul petto dei grossi sonagli d'argento, mentre intorno al viso hanno dei bianchi fazzoletti; il loro abbigliamento ha subito influssi esterni che lo hanno alterato e modernizzato, in ogni caso erano e sono i guardiani dei Mamuthones, che controllano i loro movimenti. Durante la danza, i dodici Mamuthones, sfilano ordinati su due file, alternando lenti movimenti a scatti improvvisi, che sembrano seguire una coreografia preordinata. Procedono con passi pesanti ma ben cadenzati, ricordano i movimenti di uomini in catene. I movimenti sono perfettamente sincronizzati: un passo con il piede sinistro e una scrollata di spalla a destra, e viceversa. Ad ogni salto si sente lo strano suono dei campanacci e dei sonagli che portano sulle spalle, quindi daccapo, procedendo in avanti lentamente. Gli Issohadores (il nome deriva dalla "soha", ossia la frusta, un tempo in cuoio, ora di giunco, che usa per catturare gli spettatori), sono otto e procedono all'esterno delle due file di Mamuthones, mantenendo il loro passo. Poi all'improvviso si spostano di scatto, vanno verso il pubblico, e catturano alcuni spettatori con la loro "soca": le persone catturate, secondo la tradizione, per essere liberate dovrebbe offrire da bere.
Tutta Mamoiada si riversa nella piazza principale per ballare i tradizionali passu torrau e sartiu, al suono dell'organetto, per ore ed ore, instancabilmente. Nulla è artificiale o d'importazione esclusi, naturalmente, i turisti che ogni anno giungono sempre più numerosi da ogni parte del mondo per assistere a questo genuino spettacolo
danza dei mamuthones
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claudia76



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MessaggioInviato: Gio Ago 07, 2008 19:56    Oggetto: Rispondi citando


issohadores
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claudia76



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MessaggioInviato: Gio Ago 07, 2008 19:58    Oggetto: Rispondi citando


LA MASCHERA

I Mamuthones
ombre silenti, misteriosi personaggi, i mamuthones nascondono la loro sembianza dietro la maschera, sa bisera.
Sa bisera è nera, di legno - si usa quello di pero selvatico (ma oggi anche quello d'ontano) - con naso, mento e zigomi fortemente pronunciati e con due fori per occhi e bocca.
La testa è coperta da un fazzoletto marrone annodato sotto il mento.

Sa bisera, drammatica e grottesca, priva di qualsiasi carattere antropomorfo, è immagine di silenzio e impassibilità.

Su pelli nere di pecora che nascondono il consueto abito di velluto marrone, i mamuthones portano sa garriga, un sonoro groppo di campanacci (su ferru), trenta chili di strepito che neutralizzano il silenzio dei volti.
Davanti, poi, un grappolo di campane, tenute insieme da cinghie di cuoio.

Gli Issohadores
accompagnano i mamuthones, indossano un giubbetto di panno rosso, abbracciato trasversalmente da una cintura con bubboli di bronzo e ottone.
Portano calzoni di tela bianchi (un tempo in velluto scuro), un variopinto scialletto sfrangiato sui fianchi, una berritta tenuta legata da un fazzoletto annodato sul viso.
Gli issohadores portano in mano sa soha, una fune di giunco.
Alcuni (quelli che si affidano a una particolare interpretazione dell'esibizione) hanno il viso coperto da un'austera maschera bianca.


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claudia76



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MessaggioInviato: Gio Ago 07, 2008 20:03    Oggetto: Rispondi citando


CABRAS - THARROS (ORISTANO)



La città di Tharros sorge nell'estrema propaggine della penisola del Sinis, che termina a sud con il promontorio di Capo S.Marco. L'area conserva numerose testimonianze del periodo nuragico, tra cui due nuraghi e il villaggio sulla collina di Muru Mannu, ma la fondazione della città è avvenuta ad opera dei fenici, attorno alla fine dell'VIII secolo a.C. Dell'epoca fenicia non resta praticamente nulla nei ruderi del centro urbano, le più antiche testimonianze provengono infatti dalle due necropoli ad incinerazione risalenti alla metà circa del VII sec.a.C. e dal più antico strato di frequentazione del Santuario Tofet. Le due necropoli sorgevano una nei pressi del promontorio di Capo S.Marco, l'altra vicino all'attuale spiaggia di S.Giovanni; la loro distanza, trattandosi di due necropoli in uso contemporaneamente, ha fatto pensare all'originaria presenza di due distinti insediamenti che si sarebbero in seguito fusi, come testimonierebbe anche la forma plurale dello stesso toponimo Tharros.
Il Santuario detto tofet, dove venivano cremati e deposti in urne i bambini morti in tenera età, come per tutte le più importanti città fenicie, fu fondato contemporaneamente alla città, sulla collina di Muru Mannu, sfruttando le emergenze murarie delle capanne del villaggio nuragico, a quell'epoca abbandonato da diversi secoli. I vari strati di deposizione delle urne, ormai tutte rimosse e attualmente conservate al Museo Archeologico di Cabras, mostrano che l'area sacra fu frequentata oltre che nella successiva età punica, fino in età romana.



Nel periodo punico, che cominciò con la conquista cartaginese nella seconda metà del VI sec.a.C. e si concluse con quella romana nel 238 a.C., Tharros raggiunse un notevole sviluppo urbano e importanza politica testimoniati anche dalla notevole ricchezza dei corredi rinvenuti nelle tombe a camera risalenti a quest'epoca, i cui gioielli d'oro alimentarono una riprovevole caccia al tesoro che distrusse numerose tombe e testimonianze. Nell'area urbana attualmente visitabile il maggior monumento visibile risalente a quest'epoca è il Tempio delle Semicolonne Doriche, parzialmente intagliato nella roccia e decorato da semicolonne scolpite in rilievo. Sono inoltre visibili alle pendici della collina di Muru Mannu i resti della cinta muraria urbana, che costruita alla fine del VI secolo, subì vari rifacimenti in età romana.
In età romana la città continuò a prosperare, raggiungendo il massimo splendore nel III sec.d.C. circa, periodo al quale risalgono i più monumentali edifici pubblici. Tra essi sono da ricordare i due edifici termali, entrambi situati a ridosso del mare: le cosiddette terme n.1, nelle quali fu in seguito impiantato il battistero paleocristiano, di cui ancora oggi si può vedere il fonte battesimale, e le terme dette di Convento Vecchio, più monumentali delle precedenti. Tra i templi romani, oltre quello sorto sul precedente tempio delle semicolonne doriche, parzialmente riutilizzandone il materiale edilizio, quello che colpisce il visitatore moderno è senz'altro il tempio tetrastilo sul mare, del quale due colonne restano ancora in piedi. Camminando lungo i maggiori assi viari della città romana, il Cardo Massimo e il Decumano Massimo, molto ben conservati, è inoltre possibile vedere le antiche botteghe e le case che popolavano la città nel pieno del suo sviluppo. Caratteristiche sono le cisterne, di cui erano dotate quasi tutte le abitazioni e che a Tharros, come in molte altre città che furono puniche prima che romane, sono del tipo detto a bagnarola.
La città di Tharros fu abbandonata definitivamente attorno all'anno mille, dopo vari secoli di declino, perchè troppo esposta agli attacchi pirateschi.

tempio delle semicolonne doriche
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claudia76



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MessaggioInviato: Gio Ago 07, 2008 20:06    Oggetto: Rispondi citando


anche tharros si trova vicino al mare in una zona stupenda,poco conosciuta dai turisti ma meravigliosa e tranquilla............altro che costa smeralda!
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claudia76



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MessaggioInviato: Gio Ago 07, 2008 20:10    Oggetto: Rispondi citando


Liquore al mirto


Ingredienti :
200-250 gr. bacche di mirto mature (quando diventano nere)
1 l. alcool puro
1 l. acqua
500 gr. zucchero

Ricetta :
1- Mettere in un recipiente le bacche di mirto a bagno nell'alcool che deve ricoprirle, chiudere il coperchio non ermeticamente e lasciare in infusione per circa 20 giorni, ogni tanto mescolare il tutto.
2- Dopo 20 giorni circa preparare uno sciroppo con acqua e zucchero fino a farlo quasi bollire. Poi far raffreddare a temperatura ambiente.
3- Nel frattempo passare le bacche e tutto l'alcool al passaverdure (quello manuale a manovella), e ripassare le scorie che rimangono anche un paio di volte.
4- Filtrare il liquido ottenuto attraverso un passino a maglie fini, meglio se con un telo di stoffa sopra, ed aggiungere lo sciroppo di acqua e zucchero, mescolare bene e mettere in recipienti chiusi (meglio se bottiglie, anche carine, con cui servirlo). Si serve ben freddo (anche di freezer)



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Sonia



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MessaggioInviato: Gio Ago 07, 2008 20:11    Oggetto: Rispondi citando


claudia sai che provo molta invidia nel vedere i posti meravigliosi che ti circondano? Qui a cremona, invece, molte zanzare....aiutoooooooooooo
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baci sonia
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claudia76



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MessaggioInviato: Ven Ago 08, 2008 05:47    Oggetto: Rispondi citando


cara sonia non illuderti abbiamo tante zanzare anche qui ,sopratutto nella mia zona e molto ghiotte del mio sangue!!!!!!!!!!!!!!!
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claudia76



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MessaggioInviato: Ven Ago 08, 2008 05:50    Oggetto: Rispondi citando


IL NURAGHE LOSA DI ABBASANTA


Il complesso archeologico del Nuraghe Losa è stato oggetto di diverse campagne di scavo già dalla fine dell’Ottocento e per tutto il corso del Novecento.

Non è stato portato alla luce del tutto, ma sono state evidenziate soprattutto le strutture megalitiche di età nuragica. Restano ancora da indagare sia l’originario agglomerato di abitazioni nuragiche sia quelli sovrappostisi in età successive.

Il nucleo delle strutture preistoriche è costituito da un nuraghe a tholos di tipo complesso a pianta trilobata, svettato in corrispondenza del piano superiore. Il nuraghe si articola in una torre principale troncoconica intorno alla quale sono disposte tre torri minori unite da cortine murarie a contorno concavo-convesso.

Diversamente da altri nuraghi dalla struttura complessa, il nuraghe Losa non presenta il cortile, cioè lo spazio interno scoperto di raccordo fra le camere. Il nuraghe si apre all’esterno con due ingressi sopraelevati sul piano di campagna: quello principale a sud-est immette nella camera della torre centrale attraverso un corridoio che si raccorda anche con le camere delle due torri laterali; l’altro secondario a nord immette nella camera della torre posteriore la quale a sua volta si collega autonomamente tramite una scala alla parte sommitale del nuraghe.

Tra le camere interne si distingue per ampiezza quella centrale. Essa conserva intatta la tholos (falsa cupola) ed è dotata di tre nicchie alle pareti. Una scala, contenuta nello spessore dei muri della torre centrale, sale a spirale collegando questa camera con quella superiore e con la sommità della stessa torre.

All’esterno, il nuraghe è unito su un fianco a un tratto di antemurale munito di torri. Davanti all’ingresso principale del nuraghe sorge un grande edificio circolare provvisto di due ingressi e di due nicchioni. L’area dell’insediamento, estesa per ben tre ettari e mezzo, è interamente racchiusa da una poderosa muraglia provvista di alcune porte e torrette.

I reperti fino ad ora recuperati permettono di assegnare le fasi più antiche di vita del complesso alla fine del Bronzo Medio e al Bronzo Recente (XIV – XIII sec. a. C.). Al Bronzo Finale (XII – X sec. a. C.) e alla prima età del Ferro (IX –VIII sec. a.C.) risale una quantità di reperti ceramici e bronzei tale da indicare un’intensa frequentazione. Il sito è stato occupato anche in epoca storica: dal periodo tardo-punico (IV – III sec. a. C.) all’età romana repubblicana (II – I sec. a. C.), all’età romana imperiale (I – III sec. d. C.), al periodo tardo-romano (IV –V sec. d. C.), fino all’età bizantina (VI – VIII sec. d. C.).


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