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nanà



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MessaggioInviato: Sab Mag 23, 2009 22:21    Oggetto: messaggio Rispondi citando


Una antica storia romana, una figura di donna legata ad una famiglia, di cui oggi rimane solo una via:Via degli Accoramboni, una volta c'era anche il vicolo, vicino al palazzo della famiglia, da tempo scomparso.
Vittoria Accoramboni nata a Gubbio il 15 febbraio 1557 e morta a Padova il 22 dicembre 1585, è stata una nobile italiana appartenente ad un'antica famiglia della piccola nobiltà di origine marchigiana che si era trasferita a Gubbio, cittadina del Ducato di Urbino.
All'età di 16 anni era stata data in sposa a Francesco Peretti, nipote del cardinale Felice Peretti, il futuro papa Sisto V. I giovani coniugi si trasferirono a Roma nella speranza di migliorare la condizione sociale; tuttavia, a causa del tenore di vita molto al di sopra dei modesti mezzi finanziari, ben presto lei e il marito furono sommersi dai debiti. Vittoria era ammirata e corteggiata per la sua bellezza e avvenenza; fra i più ferventi ammiratori di Vittoria vi era Paolo Giordano I Orsini, primo duca di Bracciano, uno degli uomini più potenti di Roma, che voleva soltanto per se questa donna stupenda.
Un fratello di Vittoria, Marcello Accoramboni, nella speranza che la sorella potesse diventare moglie del duca, assassinò il cognato Francesco Peretti. L'Orsini fu sospettato complice del delitto, anche perché si pensava fosse stato responsabile anche dell'assassinio della prima moglie, Isabella de' Medici, avvenuto nel 1578. Una volta che Vittoria fu libera dal vincolo matrimoniale, Paolo Giordano la sposò, dapprima clandestinamente e in seguito, superata l'opposizione del Papa Gregorio XIII, anche pubblicamente. Furono fatti numerosi tentativi per annullare il matrimonio: Vittoria fu anche imprigionata, ma fu rimessa in libertà per l'intervento del cardinale Borromeo.
Alla morte di Gregorio XIII, il 24 aprile 1585 fu eletto papa, col nome di Sisto V, il cardinal Peretti, zio di primo marito di Vittoria. I due sposi fuggirono dapprima a Venezia e successivamente a Salò, in territorio Veneziano. Qui il il duca morì, lasciando in eredità il ducato al figlio di primo letto Virginio e i rimanenti beni alla vedova.
Vittoria si recò a Padova, dove fu seguita da Lodovico Orsini, un parente del defunto marito e funzionario della Repubblica di Venezia, per procedere a una nuova divisione dell'eredità. Ma Lodovico fece trucidare Vittoria, e il fratello di lei Flaminio Accoramboni, da alcuni sicari; a sua volta Lodovico Orsini fu giustiziato, assieme a quasi tutti i suoi complici, per ordine della Repubblica Veneta.
Vittoria Accoramboni fu anche poetessa.

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TERRY86



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MessaggioInviato: Sab Mag 23, 2009 23:21    Oggetto: Rispondi citando


Roma e' bellissima, e' una citta' perfetta, la mia preferita.. ne visitai una parte in gita scolastica alcuni anni fa e ne rimasi affascinata; sarebbe bellissimo abitarci. Embarassed Embarassed
La prima impressione che mi fece fu quella di essere una citta' accogliente e poi.. quei monumenti, quelle chiese, quelle strade antiche.. sono l' eredita' piu' bella lasciataci dagli antichi romani.
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nanà



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MessaggioInviato: Lun Mag 25, 2009 23:11    Oggetto: messaggio Rispondi citando


E non solo antichi romani...

SANT'AGNESE FUORI LE MURA
E' un complesso in quanto il sito riunisce un articolato ed ampio insieme di edifici cristiani di origine assai antica, ma costruiti e rimaneggiati in tempi diversi: catacombe, convento e basilica di sant'Agnese, mausoleo e basilica costantiniana di santa Costanza.
La storia del sito comincia con una necropoli romana del II secolo, con mausolei e colombari. Nel tempo vi avevano trovato posto anche morti cristiani, in un settore di tombe ipogee: per questo la martire Agnese venne sepolta in quel luogo, "in prediolo suo", a quanto recita la tradizione, cioè in un terreno della sua famiglia. La necropoli pagana, i cui terreni erano venuti in proprietà dell'Imperatore, fu distrutta nel IV secolo per fare spazio alla basilica costantiniana. Le catacombe cristiane, invece, vennero preservate e anzi, divenuto il cristianesimo religione di stato, divennero uno dei centri del culto dei martiri cristiani e delle relative reliquie.
La regione più antica delle catacombe cristiane (regio I, nella quale era collocata la tomba di Agnese) fu scavata nel III secolo sul fianco della collina dove ora discende la via di Sant'Agnese, e si mostra non particolarmente affollata.
Nel IV secolo, crescendo il numero dei cristiani ed il loro desiderio di essere sepolti ad martyres, cioè il più vicino possibile a tombe di martiri, le tombe si infittirono e le catacombe si estesero di dimensioni.


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nanà



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MessaggioInviato: Mar Mag 26, 2009 14:06    Oggetto: messaggio Rispondi citando


Un'altra chiesa importante di Roma, la chiesa di Sant'Agostino nel rione Sant'Eustachio.
È una delle prime chiese romane costruite nel Rinascimento ed ospita la Madonna di Loreto, detta anche Madonna del Pellegrini, un capolavoro di Caravaggio.
La facciata, ispirata alla chiesa di Santa Maria Novella di Firenze, è stata progettata da Leon Battista Alberti e costruita nel 1483 da Jacopo da Pietrasanta, utilizzando il travertino proveniente dal Colosseo. Le due volute laterali sono state aggiunte dal Vanvitelli, che tra il 1746 e il 1750 eresse anche il convento e il chiostro. Fu la prima chiesa romana ad avere la Cupola.
La chiesa ospita un lavoro del Guercino con Agustino, Giovanni Evangelista e Girolamo, il famoso affresco del Profeta Isaia di Raffaello e le statue della Madonna col Bambino, di Andrea Contucci e la Madonna del Parto di Jacopo Sansovino, che secondo la tradizione popolare è miracolosa. Questa statua, secondo una leggenda, fu fatta adattando un'antica statua di Agrippina che teneva tra le sue braccia il piccolo Nerone.
In un sarcofago riposa Santa Monica, madre di Sant'Agostino, morta ad Ostia e qui trasportata; vi è stato sepolto anche il poeta umanista Maffeo Vegio da Lodi, e Contessina de' Medici, la penultima figlia di Lorenzo il Magnifico.
Nel passato la chiesa aveva la caratteristica, unica a Roma, di ammettere le cortigiane e ospita le tombe di alcune di esse: Fiammetta, l'amante di Cesare Borgia, Giulia Campana con le figlie, Penelope e la famosa Tullia d'Aragona.



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TERRY86



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MessaggioInviato: Mar Mag 26, 2009 14:09    Oggetto: Rispondi citando


Che belle queste chiese. Embarassed Embarassed
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MessaggioInviato: Gio Mag 28, 2009 01:34    Oggetto: messaggio Rispondi citando


E si cara Terry, Roma è un vero e proprio museo all'aperto, un'enciclopedia di fatti e leggende da sfogliare con calma e amore e una mappa reale di centinaia di chiese di ogni epoca e dedicate a culti vari e santi anche sconosciuti ai più.
Esempio: la basilica di Santi Bonifacio e Alessio, nel rione Ripa, dedicata agli stessi.
La data di fondazione non è certa, e si colloca tra il III e il IV secolo: nel 1216 papa Onorio III ordinò la ricostruzione del complesso; al restauro del 1582 seguì il rifacimento degli anni 1750, opera di Tommaso De Marchis, e quella del 1852-1860 del Somaschi.
La chiesa moderna conserva elementi di tutte queste epoche. Il campanile è romanico, il portico è medioevale, la facciata cinquecentesca.
Il lato meridionale della chiesa ospita il monumento funerario di Eleonora Boncompagni Borghese, del 1693, mentre il transetto meridionale contiene la cappella di Carlo IV di Spagna con l'icona dell'Assunzione di Maria, datata agli inizi del III secolo e ritenuta portata da sant'Alessio dall'oriente.
Sotto la chiesa c'è una cripta romanica; l'altare maggiore della cripta contiene le reliquie di Tommaso Becket. Le pareti ospitano un affresco del XII secolo dell'Agnus Dei e dei simboli degli evangelisti, mentre la parete settentrionale è decorata dal San Girolamo Emiliani introduce gli orfani alla Vergine di Jean Francois De Troy, e al termine della navata c'è La Scala Santa e la chiesa titolare di sant'Alessio, in legno e stucco, di Andrea Bergondi.
Conosciamo Sant'Alessio: confessore, era figlio del Senatore Eufemiano e di Aglae; il padre le impose il matrimonio, ma lui, contrario, durante la prima notte di nozze partì da casa lasciando illibata la sua sposa. Visse 17 anni lontano e dopo lunga peregrinazione, tornò a Roma dove rimase in incognito per diciassette anni nella casa paterna, alloggiatovi come povero. Dopo la morte fu riconosciuto per una voce che si udì nelle chiese di Roma e per un suo scritto. Al tempo di Papa Innocenzo primo, fu trasferito alla chiesa di san Bonifacio, dove le sue spoglie furono oggetto di molti miracoli.
Le sue spoglie sono, con quelle di san Bonifacio, nell’urna marmorea posta sotto l’altare maggiore, qui deposte da Onorio III il martedì delle Palme del 1217, dopo il loro ritrovamento nella stessa chiesa. La testa di Alessio è venerata in una teca d’argento a mezzo busto. Sue reliquie furono usate nel 1500 per la consacrazione dell’altare del tempietto di Bramante a S. Pietro in Montorio. Alessio, si vuole sepolto nella chiesa già dall’inizio del V secolo.



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nanà



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MessaggioInviato: Sab Mag 30, 2009 15:45    Oggetto: messaggio Rispondi citando


A Roma abbiamo una meritatamente famosa Scuola di Equitazione, quella di Tor di Quinto, dalla quale escono glorie sportive e militari.

La scuola è situata nell'omonio quartiere di Tor di Quinto, precisamente in Via Alfana.
Il nome non è a caso: Alfana è la celebre cavalla cantata dall’Ariosto nell’Orlando Furioso; indica, anche un tipo di cavalla araba da sella.


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nanà



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MessaggioInviato: Dom Mag 31, 2009 13:40    Oggetto: messaggio Rispondi citando


Roma piena di opere d'arte...ma sapeste quante si sono perse nel tempo: distrutte dalla guerra, demolite per costruire strade e altri monumenti, dimenticate e fatte cadere a pezzi....
Una di queste è stata SAN MATTEO IN MERULANA.
Fu demolita intorno alll'800 per ordine del Governo francese. Una chiesa che subì varie modifiche negli anni ed ebbe cospicue rendite (possedeva, ad es. il castello di Ninfa); per questo essere importante un cittadino fece costruire, dopo la demolizione un oratoro per rammentarla, ma anche questo fu demolito.
Nel portico fu trucidato Sergio, figlio di Cristoforo, che fu tumulato in San Pietro su richiesta di Adriano I.
Nel 1480 ospitò l'immagine della Vergine trafugata a Creta, poi depositata in S. Alfonso all'Esquilino.
Tutte le reliquie contenute (tra le quali un braccio di San Matteo) furono deposte in S. Maria Maggiore.
Dopo la demolizione, alcuni marmi e resti del pavimento furono portati in S. Giovanni in Laterano, compreso un'epigrafi che riporta:"D.O.M. Margherita Bellini romana morì a dì 17 marzo 1630".

LA MADONNA DEL PERPETUO SOCCORSO
Intorno al 1496, si venerava in una chiesa dell'isola di Creta un miraco­loso quadro della Vergine Maria. Se­condo un'antica tradizione, era stato dipinto alla fine del secolo XIII da un artista sconosciuto, che si era ispirato ad una pittura attribuita a San Luca.
Nello stesso anno avvenne il crimi­ne gravissimo: nella speranza di ven­derlo ad un buon prezzo, un mercan­te lo rubò prendendo la via del mare e nascondendolo tra le sue mercanzie. L’anno seguente, giunto a Roma, subito si ammalò gravemente e fu accolto co­me ospite in casa di un amico, anch'egli mercante. Nell'imminenza della morte, gli raccontò del vergognoso furto e gli chiese di portare il quadro in una chie­sa ove potesse ricevere un culto ade­guato. L’amico romano gli promise che avrebbe fatto come lui voleva. Di lì a poco, il mercante morì. L’amico si stava preparando a com­piere quanto promesso, quando sua moglie lo persuase a trattenere in casa il quadro. Gli apparve allora la Vergine Maria che gli disse di portar­lo in una chiesa. Egli non obbedì. La Madre di Dio tornò altre due volte e lo minacciò di morte se avesse conti­nuato a disobbedire. Sua moglie pe­rò si oppose di nuovo ed egli si rive­lò più sottomesso a lei che alla Regi­na degli Angeli. In una quarta appa­rizione, la Verginli comunicò: - Ti ho avvisato, ti ho minacciato, non hai voluto obbedire. Adesso usci­rai tu da questa casa, poi uscirò lo al­la ricerca di un luogo più onorevole. -
Subito dopo l'apparizione, infatti, uscì per primo il recalcitrante uomo, dentro la bara, verso la sepoltura. La Santissima Vergine apparve allora a sua figlia di sei anni dicendole: - Avverti tua madre e tuo zio che Santa Maria del Perpetuo Soccorso vuole che la togliate da questa casa, se non volete morire tutti sul colpo.-
La vedova prese sul serio l'avviso, perché aveva avuto una visione ugua­le a quella della bambina. Una sua vi­cina, tuttavia, la convinse a continua­re a tenersi il quadro a casa sua. Que­sta'ultima fu colpita subito dopo da una terribile infermità, però subito si pentì della sua cattiva azione, ricorse alla misericordia della Madonna e fu guarita dopo aver toccato il miracolo­so quadro. La Santissima Vergine ap­parve ancora una volta alla bambina e le comunicò che il quadro doveva essere portato alla chiesa di San Mat­teo, situato nella via Merulana, tra le basiliche di Santa Maria Maggiore e San Giovanni in Laterano.
La vedova, la figlia e la vicina si af­frettarono a comunicare questi prodi­giosi fatti ai Padri Agostiniani, incari­cati della suddetta chiesa. In un bat­tibaleno, la notizia si sparse per tut­ta la città. Così, nel momento in cui si doveva trasportare là il quadro, il 27 marzo 1499, si formò una grandio­sa processione seguita da innumere­voli membri del clero e una moltitu­dine di fedeli. Per tre secoli l'immagine sacra fu venerata nella Chiesa di San Matteo. Lì accorrevano da ogni dove i fede­li in un numero così grande che, in poco tempo, essa divenne una delle chiese più visitate di Roma, per la fa­ma dei miracoli operati per interces­sione della Vergine del Perpetuo Soc­corso.
Nel 1798 le truppe di Napoleone Bonaparte invasero Ro­ma, esiliarono il Papa Pio VI e, col pretesto di fortificare le difese del­la città, distrussero 30 chiese, tra cui quella di San Matteo. In quest'occa­sione si persero innumerevoli reliquie e un gran numero di immagini sacre. Nonostante ciò, il miracoloso quadro fu salvato all'ultimo minuto da un sa­cerdote che lo portò nella Chiesa di Sant'Eusebio e poi nella cappella pri­vata degli agostiniani nel convento di Santa Maria in Posterula. Nel turbinio degli avvenimenti po­litici e delle guerre che segnarono i primi decenni del sec. XIX, si spen­se quasi completamente il ricordo dell'ineffabile bontà con cui la Ma­dre del Perpetuo Soccorso accoglie­va tutti quanti a lei ricorrevano. Co­sì, la sua immagine sacra finì relega­ta per più di mezzo secolo in una cap­pella secondaria di Roma, dimenticata quasi da tutti, senza nessun atto di devozione speciale, senza ornamen­to alcuno e neppure un lume che indi­casse la sua augusta presenza.
Però Frate Agostino Orsetti, che era stato frate nella Chiesa di San Matteo, nel suo cuore non aveva dimi­nuito il fervore, nella sua mente non si era spento il ricordo degli innume­revoli miracoli ottenuti per interces­sione di questa incomparabile Ma­dre di tutti i bisognosi. Verso il 1850, ormai in età avanzata e quasi cieco, fece amicizia con un giovane chieri­chetto di nome Michele Marchi, che frequentava la cappella di Santa Ma­ria in Posterula. Molti anni dopo, quando era ormai sacerdote reden­torista, l'antico chierichetto raccon­tò che "quel buon frate" era solito fa­re riferimento alla triste situazione in cui versava la tanto amata immagi­ne. "Non dimenticarti, figlio mio, che l'immagine della Madonna del Per­petuo Soccorso è nella nostra cap­pella. Era molto miracolosa. Non di­menticartene, hai capito?"
Frate Agostino morì nel 1853, sen­za aver realizzato il suo desiderio che la Vergine del Perpetuo Soccorso fos­se di nuovo esposta alla venerazio­ne pubblica. In apparenza, sembra­va fossero stati infruttuosi gli sforzi e le fiduciose orazioni di questo zelan­te agostiniano.
Solo in apparenza però, perché il giovane chierichetto, più tardi Don Michele Marchi, non se ne di­menticò!
Alla metà del secolo XIX, la Con­gregazione dei Padri Redentoristi fu invitata dal Beato Pio IX a stabili­re a Roma la loro Casa Generalizia. Per questo fine, e senza avere cono­scenza dei fatti sopra riferiti, acqui­starono un terreno in Via Merulana ... proprio nel luogo dove era esisti­ta la Chiesa di San Matteo. Come si vedrà, chi, per voce del Papa, attira­va alla Città Eterna questa Congre­gazione era la stessa Madre del Per­petuo Soccorso.
Lì i Padri Redentoristi costruirono un convento e la Chiesa di Sant'Al­fonso. Uno di loro, studiando il setto­re della città nel quale si erano stabi­liti, non tardò a scoprire che la Chie­sa di Sant'Alfonso era stata costruita esattamente nel luogo dove esisteva in altri tempi la Chiesa di San Mat­teo, nella quale era stata venerata per secoli la miracolosa pittura della Ma­donna del Perpetuo Soccorso. Co­sì riferì ai suoi fratelli d'abito questa scoperta di buon auspicio. Tra i sa­cerdoti che lo ascoltavano si trovava Don Michele Marchi. Costui allora, a sua volta, narrò tutto quanto gli ave­va detto a proposito dell'immagine il vecchio frate agostiniano del conven­to di Santa Maria in Posterula. Qui si vede bene la mano della Vergine Santissima guidare gli avve­nimenti. Lei ha ispirato nei cuori di quei suoi figli missionari l'ardente desiderio di esporre nuovamente al­la venerazione pubblica il miracoloso quadro. Questi sollecitarono il Supe­riore Generale della Congregazione, Don Nicola Mauron, a fare diretta­mente al Papa una richiesta con que­st'obiettivo. Ricevuto in udienza da Pio IX, il Superiore Generale gli nar­rò la storia del quadro e gli presen­tò la sollecitazione affinché lo stes­so fosse affidato in custodia della sua Congregazione, in modo da tornare a ricevere gli onori e le suppliche dei fedeli nello stesso luogo scelto dalla Madonna nel 1499.
Il Papa ascoltò tutto con attenzio­ne e scrisse di proprio pugno questo biglietto, con data 11 dicembre 1865: "II Cardinale Prefetto della Propa­ganda chiamerà il Superiore della co­munità di Santa Maria in Posterula e gli dirà che è Nostro desiderio che l'immagine della Santissima Vergine, alla quale si riferisce questa petizio­ne, sia nuovamente collocata tra [le basiliche] di San Giovanni [in Laterano] e Santa Maria Maggiore; i Re­dentoristi la sostituiranno con un al­tro quadro adeguato".
In seguito il Santo Padre dette ai Redentoristi, nella persona del loro Superiore Generale, la missione di diffondere la devozione alla Madon­na del Perpetuo Soccorso: "Fate in modo che lei sia conosciuta nel mon­do intero!"
I Padri Agostiniani dando il lo­ro assenso con rispetto filiale al de­siderio del Sommo Pontefice, conse­gnarono il miracoloso quadro ai suoi nuovi custodi. Con una solenne pro­cessione, circa 20mila fedeli lo con­dussero per le vie ornate di fiori fino alla Chiesa di Sant'Alfonso.
La Madre del Perpetuo Soccor­so manifestò il suo compiacimento in quello stesso giorno, operando alcuni miracoli. "Cara Madre, guarisci mio figlio o portalo in Cielo!" implorò dalla finestra della sua casa una ma­dre angustiata, sollevando tra le brac­cia il suo figlioletto moribondo men­tre passava il quadro. Immediatamente il bambino guarì.
Poco oltre, un'altra madre chiese che fosse guarita sua figlia colpita da una paralisi totale. Immediatamente la bambina recuperò forza alle gam­be, però, soltanto quanto bastava per camminare. Madre e figlia andaro­no il giorno successivo nella Chiesa di Sant'Alfonso e supplicarono: "O Ma­ria, termina quello che hai comincia­to!" La bambina uscì di là completa­mente ristabilita.
Iniziò così una nuova fase nella lu­minosa storia della miracolosa pittura della Vergine Santissima. Ancor og­gi essa accoglie maternamente i suoi figli e figlie nel Santuario della Ma­donna del Perpetuo Soccorso. Grazie allo zelo dei Padri Redentoristi, mi­gliaia di altre chiese sono state erette in Suo onore ovunque nel mondo.


La miracolosa icona del­la Madonna del Perpetuo Soccorso misura 53 per 41,5 centimetri. È una pittura in stile bizantino, eseguita su legno dal fon­do dorato, colore molto utilizzato dagli artisti nell'antico Impero Ro­mano quando si trattava di ritrarre grandi personalità. L’oro, in questo caso, è un simbolo espressivo della gloria della Regina dei Cieli.
Più che un semplice ritratto di Maria, la pittura riproduce una scena.
La Vergine Madre tiene stret­to con premura, affetto e adora­zione il Bambino-Dio. Il suo sguar­do, tuttavia, non è rivolto verso di Lui, ma verso di noi, suoi figli adot­tivi. Gesù invece non guarda né sua Madre né noi, ma sembra voler raggiungere col suo sguardo divino i due angeli che tengono stretti gli strumenti della Passione: alla sini­stra, San Michele, che indossa un mantello verde, con la lancia e la spugna di fiele, alla destra, San Ga­briele, col manto lillà, mentre sor­regge la croce e i chiodi che hanno perforato piedi e mani del Reden­tore.
Particolare altamente espressi­vo è il sandalo che pende dal pie­de destro di Gesù Bambino, trat­tenuto da un filo e che quasi ca­de. Esso è il simbolo della situa­zione dell'anima in stato di pecca­to mortale: questa è unita a Gesù da un filo, la devozione alla Ma­donna.
Sotto il manto azzurro, Maria veste una tunica rossa. Nei primor­di del Cristianesimo, le vergini si distinguevano per il colore azzur­ro, simbolo della purezza e le ma­dri per il colore rosso, segno della carità. Questa combinazione cro­matica definisce, dunque, in modo eccellente la Madonna, Vergine e Madre. Si nota anche il colore ver­de nella fodera del suo manto. Ora, la composizione di questi tre colori era di uso esclusivo della regalità. Così, la dignità regale della Regina degli Angeli e dei Santi è ben rap­presentata nei suoi abiti.
Molto in alto nel quadro, a me­tà in ogni lato, sono scritte in lette­re greche, le iniziali dell'espressio­ne "Madre di Dio"; a lato della testa del Bambino Gesù, le iniziali di "Ge­sù Cristo", sopra l'angelo di sinistra, `Arcangelo Michele", e sopra l'ange­lo di destra, " Arcangelo Gabriele".
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nanà



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MessaggioInviato: Lun Giu 01, 2009 15:17    Oggetto: Rispondi citando


Domus Faustae

Dovete sapere che al Laterano (zona dove sorge la Basilica di S. Giovanni in Laterano) il papa ha vissuto dieci secoli, da quando, nell´ottobre 313, Costantino e sua moglie Fausta Laterano donarono al papa Milziade quella domus in Laterano che fu la sede del primo concilio pubblico della Chiesa di Romana e divenne la base del palazzo pontificio.
Tra via dell’Amba Aradam e via dei Laterani (sotto l'attuale palazzo dell’INPS), è tornato alla luce, a circa dieci metri di profondità, un complesso costituito da strutture databili tra il I e il IV secolo d.C., nel quale si è voluto riconoscere la Domus Faustae, ciò la casa di Fausta moglie dell’imperatore Costantino, che le fonti antiche indicano appunto in questa zona. Si tratta di un edificio costruito in parte su terrazzamenti e composto da due diversi nuclei edilizi databili al I secolo d.C., probabilmente pertinenti alle case dei Pisoni e dei Laterani espropriate durante il regno di Nerone e che nel IV secolo furono unificati in un unico complesso. La parte finora scavata è costituita da un grande corridoio, individuato per una lunghezza di circa 27 metri, che presentava una serie di finestre sul lato meridionale. Le pareti erano decorate con figure di personaggi di misura più grande del vero, rappresentanti probabilmente alcuni membri della famiglia imperiale.
Una residenza che s´ingrandì in un complesso di edifici che costituivano un vero e proprio borgo, esteso dalla basilica fino all´attuale zona della Scala Santa. Un groviglio di cortili, aule, cappelle, archi, triclini dove il Papa, durante le solennità religiose, riuniva il clero e le rappresentanze popolari.

Antica stampa della zona dove sorge la Basilica e che si estende lungo l'attuale strada del ritrovamento.

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MessaggioInviato: Gio Giu 04, 2009 15:30    Oggetto: messaggio Rispondi citando


Noi romani diciamo sempre che "...a Roma ce sò più chiese che cristiani...." E quanto è vero Exclamation Very Happy Tra quelle maggiori, qulle minori, sconosciute, moderne, antiche, edicole sacre, cappellette...mamma mia Exclamation Chi più ne ha più ne metta.
Intanto ve ne faccio conoscere un'altra.

SANT'AMBROGIO DELLA MASSIMA
Sorge presso il Portico d'Ottavia, e l'appellativo Massima gli deriva dal vicino sbocco della Cloaca Massima nel Tevere. Fu eretta, secondo la tradizione, sulla casa del Santo che, vi avrebbe vissuto con la madre e la sorella Marcellina, prima di essere trasferito come console a Milano, dove poi divenne vescovo. La casa fu anche la sede della comunità religiosa della sorella Marcellina, ma successivamente divenne proprietà di tale Maxima che, sotto il pontificato di Leone III, vi fece costruire una chiesa a croce latina con monastero. Ed ebbe poi due diverse denominazioni, Santo Stefano de Maxima e Santa Maria in Formosa; nel Quattrocento il complesso fu ristrutturato con l'originario titolo e vi entrarono le Benedettine.
Si ebbe una nuova ricostruzione nel Seicento con i fndi di Beatrice Torres, sorella della badessa. Nel 1814 le Benedettine furono espulse dalla Santa Sede perché decretavano illecitamente il culto ad una loro consorella una certa Agnese Firrao, riconosciuta come mistificatrice; subentrarono le Clarisse e nel 1860 i Benedettini Sublacensi. Dopo il 1870 il complesso fu espropriato dallo Stato italiano, ma successivamente la chiesa, ed una parte del monastero, furono restituiti ai Benedettini, mentre il resto del complesso passò al Comune di Roma. Nel refettorio si trova un affresco attribuito ad Antoniazzo Romano.
In questa chiesa si tenevano le prediche per redimere le prostitute; riporto una cronaca del 1566: "Domenica passata furono intimate tutte le cortigiane che alle 20 hore andassero alla predica in Sant'Ambrogio. Lì predicò un trentino, che salito sul pulpitocominciorno a rumoreggiare tra loro et a fare ridere.....Li sbirri stettero alla porta della chiesa acciò non entrasse alcun homo, ma v'enero di fuori".


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MessaggioInviato: Ven Giu 05, 2009 12:53    Oggetto: messaggio Rispondi citando


SANTA MARIA DELL'ORTO

E'una chiesa situata nel rione Trastevere.
Deve la sua origine ad un miracolo che si sarebbe verificato alla fine del Quattrocento (probabilmente intorno al 1488) ed ebbe grande risonanza in tutto il rione: un contadino ammalato ottenne infatti la guarigione dopo aver pregato un'immagine della Madonna dipinta accanto al portale di accesso ad un orto. Ne nacque una devozione popolare per l'immagine e fu eretta una prima piccola cappella votiva e quindi una vera chiesa più grande, i cui arredi e spese per il culto furono forniti da 12 associazioni professionali ("università"). Nel 1492 papa Alessandro VI concesse l'istituzione di una confraternita e nel 1588 papa Sisto V la decretò "Arciconfraternita", conferendole altresì il raro privilegio di poter chiedere ogni anno - in occasione della Festa titolare - la liberazione di un condannato a morte.
Fu completata nel 1567 e presenta una facciata opera del Vignola.
E' ancor oggi custodita dall'Arciconfraternita di S. Maria dell'Orto.
La zona in cui la chiesa sorge era - e rimase fino alla fine dell'800 - ad uso agricolo e di commercio, soprattutto all'ingrosso. Posta ai margini delle mura, non lontano dalla Porta Portese e nei pressi del porto di Ripa Grande, aveva un notevole rilievo commerciale, e la chiesa divenne il punto di riferimento delle associazioni professionali legate al rifornimento alimentare della città e dei navigli che - via Tevere - arrivavano e partivano da Ostia: non solo i produttori e i commercianti di derrate, quindi, ma anche gli intermediari e i fornitori di servizi.
L'Arciconfraternita, aperta anche alle donne, riuniva infatti ben 13 "Università" (le associazioni di mestiere che erano l'equivalente romano delle corporazioni), la cui lista rende bene l'idea della rilevanza economica della zona.
Ne facevano parte, infatti:
gli Ortolani e Pizzicaroli, fondatori;
i Fruttaroli;
i Sensali di Ripa, mediatori dei commerci locali;
i Molinari - e si capisce, data l'importanza dei mulini sul Tevere nel rifornimento di farine;
i Vermicellari, produttori di paste alimentari;
i Pollaroli;
gli Scarpinelli (ciabattini);
i Vignaioli;
e i "giovani", garzoni e lavoranti di diverse università.
Il termine università derivava dal latino universitas - che significava "unione, associazione" - ma qui inteso nel senso più specifico di "aggregazione di tutti coloro che praticano la stessa attività".
La sera del Giovedì Santo viene allestita la monumentale "Macchina delle Quarant'Ore", il tradizionale "Sepolcro", struttura ottocentesca (su disegno però seicentesco, a motivi floreali) di legno intagliato e dorato sulla quale vengono collocate oltre duecento candele che illuminano la mistica penombra. È forse l'ultima del genere che ancora venga allestita in Italia.
Nel corso della suggestiva cerimonia vengono distribuite ai fedeli le mele benedette, sia in ricordo dell'antica corporazione dei Fruttaroli che tanto contribuì alla ricchezza artistica della chiesa, sia per un motivo devozionale: il capofamiglia, a tavola, dividerà il frutto in tanti spicchi per quanti sono i familiari, per significare "l'unità nella diversità" del corpo mistico della Chiesa, secondo l'insegnamento di San Paolo.
La chiesa è anche il tempio di riferimento per la comunità cattolica giapponese di Roma, la quale vi celebra una funzione in lingua giapponese. Il rapporto tra la comunità giapponese di Roma e la chiesa nasce in antico: una missione giapponese era giunta a Roma, nel 1585, per incontrare il Papa. Una delle feste date in onore degli ospiti venuti da così lontano consisteva nella discesa del Tevere dal porto di Ripa Grande ad Ostia, cui doveva seguire una festa in mare con musici e suonatori. Ma si leva una tempesta, e tutti temono per la vita. Pregano allora la Madonna dell'Orto che avevano visitato prima di partire, e la tempesta si placa. Da qui un Te Deum di ringraziamento (anche da parte dei musici) e l'uso di una messa cantata in occasione dell'anniversario l'8 giugno, cui intervenivano rappresentanti dell'ambasciata del Giappone presso la Santa Sede e della comunità giapponese a Roma.

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MessaggioInviato: Dom Giu 21, 2009 16:42    Oggetto: messaggio Rispondi citando


Ma una bella passeggiata nella nostra Roma..... Question Rolling Eyes
Oggi vi porto a visitare una chiesa nota per fatti diversi....
Vi porto in Sant'Apollinare.
E' una basilica minore di Roma, situata nel rione Ponte. La fondazione della chiesa è datata al 780, per impulso di Adriano I. Fu semidistrutta da un terremoto e poi ricostruita dalle fondamenta da Ferdinando Fuga, per volontà di Benedetto XIV, tra il 1741 e il 1748 (tra i molti abbellimenti vi figurano due candelabri di Luigi Valadier, famoso argentiere romano padre dell'oggi più noto architetto Giuseppe).
Con la riedificazione, Sant'Apollinare divenne parte di un vasto complesso edilizio che fu sede della Pontificia Università Lateranense. Passò poi al Collegio Germanico-Ungarico, e dal 1992 l'intera struttura, compresa la chiesa, è passata in proprietà all'Opus Dei, che vi ha installato la sua Pontificia Università della Santa Croce.
Nel 2008 è stato completato il lungo restauro dell'intero immobile e della piazza antistante.
Vi è sepolto Giacomo Carissimi (Marino, 18 aprile 1605 – Roma, 12 gennaio 1674), compositore italiano di musica barocca, e maestro di cappella di Sant'Apollinare.
E parliamo dei fatti di diversa natura che la riguardano.
Il più importante è che vi si venera un'immagine della Madonna che, ricoperta da uno strato d'intonaco per nasconderla ai Lanzichenecchi che saccheggiavano Roma nel 1527, ricomparve (e il popolo ne fece un miracolo) grazie al terremoto nel 1648.
L'altra, più attuale e che fa veramente discutere, è che vi è stato sepolto, nel 1990, con grande riservatezza, il criminale Enrico De Pedis, ultimo capo della Banda della Magliana, Shocked in una cripta che da otto anni è inaccessibile, una porta sbarra le scale Shocked Rolling Eyes . Mistero romanissimo se solo si pensa che secondo il diritto canonico “i cadaveri non siano seppelliti in chiesa, se non si tratti del Romano Pontefice o di Cardinali o di Vescovi”. Il legame tra De Pedis e Sant’Apollinare data al 1988, anno del suo matrimonio con Carla Di Giovanni, avvenuto appunto nella basilica. In quell’occasione Renatino disse “Il giorno che mi ‘tocca’, piuttosto che al cimitero mi piacerebbe essere portato qui…”.Il funerale di De Pedis, che non aveva ancora 36 anni, viene officiato da monsignor Piero Vergari, rettore della basilica. Quattro giorni dopo la morte violenta il corpo viene tumulato al Verano, ma il 23 marzo la vedova chiede la “estumulazione”. Poco tempo prima don Piero Vergari aveva scritto al cardinale Poletti, vicario di Roma, chiedendo l’autorizzazione per l’accoglimento nei sotterranei di Sant’Apollinare: “Il defunto è stato generoso nell’aiutare i poveri che frequentano la basilica, i sacerdoti e i seminaristi, e in suo suffragio la famiglia continuerà ad esercitare opere di carità…”. Il 24 aprile le spoglie di De Pedis, approdano in basilica. Dal ’90 al ’97 solo Carla De Pedis possiede le chiavi del cancello che chiude la cappella nella cripta. Inquietante.....

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MessaggioInviato: Mer Giu 24, 2009 23:31    Oggetto: messaggio Rispondi citando


Vi parlo di una Chiesa ormai scomparsa, ma che ha lasciato il nome ad una Piazza: Piazza di Sant'Apollonia.

Ora parliamo della Chiesa di SANT'APOLLONIA che fu abbattuta nell'Ottocento.
Fu costruita nel 1582 dalla nobile Paluzza Pierleoni in sostituzione di un antico palazzo di famiglia; fu dedicata a S.Apollonia, martire nel 249 sotto Decio e protettrice del mal di denti (perché martirizzata con l'estirpazione dei denti e poi arsa sul rogo), ed a S.Chiara, come recitava l'iscrizione che era posta sopra il portale d'ingresso: Ecclesia S.Clarae et S.Apolloniae V. et M. S.Pio V (1566-72) ricorda però una chiesuola denominata S.Maria de Oliva con annesso monastero di monache di S.Francesco: sia il termine dell'oliva, attribuito anche alla chiesa di S.Apollonia, derivante dalla contrada in cui sorgeva (forse per la presenza di un albero di olivo), sia il riferimento alle monache francescane, fa supporre che questa chiesetta sorgesse nel luogo dove poi fu costruita la chiesa di S.Apollonia. La tradizione vuole che i locali del severo monastero di terziarie francescane abbiano ospitato sia la Fornarina di Raffaello, rifugiatasi qui dopo la scomparsa del suo grande amore, sia Lorenza Feliciani, moglie di Cagliostro, quando questi fu rinchiuso nella fortezza di Castel S.Angelo. Dopo la demolizione i locali del monastero furono destinati ad abitazioni, mentre al pianterreno si insediò un teatro, sul palcoscenico del quale recitarono alcuni dei più grandi interpreti del teatro italiano di fine '800 e inizi '900, come Leopoldo Fregoli o Ettore Petrolini. Sulla piazza erano situate anche altre due chiese: una, denominata S.Cristoforo, era situata accanto a S.Apollonia e come questa fu demolita; l'altra, l'unica superstite, è S.Margherita, situata di fronte alle altre due. Costruita nel 1288 con la dedica a S.Elisabetta, riedificata nel 1564 da Giulia Colonna (che in questa occasione la dedicò a S.Margherita) con annesso un altro monastero del Terzo Ordine Francescano, fu infine rifatta nel 1680 per volontà del cardinale Castaldi ad opera di Carlo Fontana. Sul frontone della chiesa vi è l'iscrizione IN HONOREM S.MARGHERITAE V ET M ET S.EMIGDI EP ET M: per questo motivo sia la chiesa che la piazza furono denominate anche S.Emidio.

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MessaggioInviato: Sab Giu 27, 2009 01:17    Oggetto: messaggio Rispondi citando


Parliamo di un evento tutto romano, ormai dimenticato, una storia di oltre duecento anni fa.....Un'ondata di Miracoli investì Roma nel 1796.
Se ne conteranno, ripetuti per mesi, oltre 120.
Questo evento è stato definito "l'evento più straordinario nella storia della Cristianesimo".
Innanzitutto spiego che i romani chiamano madonnelle le piccole edicole a muro dei palazzi antichi. Se ne contano ben oltre 500, distribuite soprattutto nel centro storico, ma una volta erano migliaia, secondo quanto risulta da un censimento condotto nel XIX secolo.
Gran parte di esse sono dedicate alla Madonna, dalla quale presero il nome, ma qualcuna raffigura anche altri soggetti sacri.
L'uso di applicare le madonnelle all'esterno dei palazzi, soprattutto agli angoli dei palazzi, derivò dal costume degli antichi romani di costruire piccoli altari pubblici dedicati ai lares compitales, le divinità tutelari pagane che proteggevano gli incroci.
Attorno alle madonnelle più venerate sono appesi al muro o poggiati presso l'immagine; spesso hanno la forma di cuori d'argento.Poche sono le edicole abbastanza recenti, mentre quelle medioevali si contano sulle punte delle dita di una mano.
Oggigiorno questi altarini sono vittime dell'incuria, e col passare del tempo molti dei loro dipinti si sono anneriti, al punto che di alcuni è difficile persino riconoscere il soggetto. Ma fino ai primi del '900 erano venerati dagli abitanti del quartiere, le cui offerte erano usate per una regolare manutenzione, e per mantenere accese davanti ad essi le candele e le lampade.
Curiosamente, la funzione delle madonnelle si rivelava non solo religiosa ma anche di pubblica utilità. Fino al volgere del XX secolo l'illuminazione notturna delle strade di Roma era assolutamente scarsa: se non fosse stato per il tenue bagliore delle candele e delle lampade di queste edicole, i vicoli dei rioni sarebbero rimasti completamente al buio.
Come molte altre immagini e statue di soggetto religioso, anche ad alcune madonnelle vennero attribuiti dei fatti prodigiosi. Di solito si trattava di strane ed improvvise guarigioni di persone malate, ma alcune di esse furono implicate in eventi soprannaturali le cui storie sono abbastanza curiose.
In tali casi le immagini venivano spesso rimosse dal loro sito originario all'aria aperta e sistemate nelle cappelle delle chiese più vicine, per dare loro una collocazione più dignitosa, ma soprattutto per evitare che le strette strade venissero congestionate dall'enorme ressa di fedeli adoranti.
Parliamo del fatto importante: il prodigio più strano e più famoso occorse nel 1796, e venne simultaneamente operato da svariate madonnelle. A partire dal 9 di luglio, per una durata di circa tre settimane, alcune delle immagini della Madonna situate in diversi punti di Roma cominciarono a muovere gli occhi.
In quei giorni lo Stato Pontificio era minacciato dalle armate francesi, e la popolazione, che temeva un'invasione, facilmente interpretò questo evento soprannaturale come un cattivo presagio, confermato circa due anni dopo quando Roma venne effettivamente presa dalle truppe di Napoleone. Secondo le descrizioni che vennero ufficializzate dall'inchiesta avviata dalle autorità religiose, in alcuni casi il movimento degli occhi avveniva da destra a sinistra, in altri era verticale.
Quasi certamente molti dei testimoni erano sotto l'effetto della suggestione; anche il caldo di luglio e l'ottimo vino di Roma probabilmente fecero la loro parte. Ma qualcuno si mostrò lucido al punto di salire su una scala e misurare con un compasso l'ampiezza del movimento. In alcuni casi, mentre il prodigio era in corso, il vetro che ricopriva queste immagini veniva rimosso per evitare che un semplice riflesso della luce potesse essere confuso col movimento degli occhi.
Ovviamente c'erano anche molti scettici, che se la ridevano all'idea di un dipinto che muove lo sguardo.
Tuttavia le prime indagini ufficiali svolte dalle autorità religiose confermarono quanto descritto dalla folla; non tutte si conclusero, perché quando i Francesi presero Roma le inchieste vennero sospese.
Il fermento a Roma è tale che Pio VI ordina subito un'inchiesta per accertare la verità. Mentre i prodigi sono ancora in corso.
L'inchiesta è severa e rigorosa, ma i risultati indiscutibili. I documenti ufficiali recitano: "Dio sembra essersi compiaciuto nel circondare questa serie di prodigi, forse unica nella Storia della Chiesa, di prove proporzionate all'incredulità del nostro infelice XVII secolo".
122 casi tra Roma e provincia, oltre 50 mila testimonianze giurate di persone di ogni ceto e livello culturale: scienziati, medici, notai, militari. Tutti in ginocchio che giurano con la mano sui vangeli. Tra questi c'è anche uno dei più grandi architetti dell'epoca: Giuseppe Valadier.
RINO CAMMILLERI, autore del libro "Gli occhi di Maria", sottolinea l'importanza della testimonianza di Valadier, un simpatizzante giacobino.
Le prove ufficiali sembrano schiaccianti.
Eppure 200 anni di storiografia hanno completamente ignorato questo fenomeno.
CAMMILLERI descrive la difficoltà degli storici a parlare di questi miracoli.
Nonostante i prodigi si ripetano per oltre sei mesi in oltre cento luoghi diversi, sono molti gli scettici che pensano a un'allucinazione collettiva dovuta alla paura dell'invasione napoleonica.
Invasione che comunque avvenne: Roma fu occupata e il Papa deportato in Francia, dove morì di lì a poco.
La risposta allora potrebbe essere che il significato di questi miracoli non era politico, ma probabilmente del tutto religioso.
Come si legge nella commossa testimonianza dell'uomo di scienza e futuro giacobino Giuseppe Valadier: "Né il sole, né i lumi producevano alcun effetto, o sull'immagine o sul cristallo o sugli occhi degli astanti, e deve dirsi che questo movimento fosse totalmente prodigioso da non attribuirsi a cause naturali, ed estrinseche, bensì all'opera di Dio. Confesso il vero, che mi sentii in quell'atto ripieno di una grande dolcezza, e tenerezza interna, onde agli occhi mi si affacciarono le lagrime..."
Le madonnelle che la Chiesa di Roma ufficialmente riconobbe aver mosso gli occhi sono le seguenti:
-La Madonna dell'Archetto, in origine situata sotto un arco in uno stretto vicolo fra via di San Marcello e via dell'Archetto, non lontano da piazza di Trevi, fu la prima madonnella ad aver mosso gli occhi; verso la metà del XIX secolo venne costruita una minuscola ma ornatissima cappella stradale per ospitare quest'immagine; la cappella è raggiungibile e rimane aperta solo durante le funzioni religiose, che vi si tengono ad orari regolari; una copia di questa madonnella la si può vedere appena prima di piazza di Spagna, dove papa Pio VI la fece affiggere dopo l'evento.

Non lontano dalla Madonna dell'Archetto è la Madonna della Pietà, in vicolo delle Bollette, vicino alla Fontana di Trevi; anche questo dipinto è abbastanza ben conservato; nell'iscrizione latina della targa sottostante si legge: "il 9 luglio 1796 ella posò i suoi occhi sui loro cuori, mostrando loro la grandezza delle sue opere".

La Madonna del Rosario in via dell'Arco della Ciambella, dietro il Pantheon; ciò che rende curioso il sito di questa edicola è un frammento delle scomparse Terme di Agrippa, il cui unico resto è un muro arcuato che si intravede da dietro i palazzi sulla strada, il dipinto, però, non è più quello originale, poiché nel tardo '800 la famiglia dei proprietari si trasferì lontano da Roma e portò via con sé l'immagine sacra, che fu più tardi sostituita con una copia.

La Madonna Addolorata è in piazza del Gesù; venne trasferita qui verso la fine del XIX secolo, con tutta la sua cornice ovale, a seguito delle profonde trasformazioni urbanistiche subite dal rione Sant'Eustachio, dove in origine era situata.

La Madonna della Provvidenza, sull'angolo di via delle Botteghe Oscure, è di certo una di quelle più famose, con due targhe le cui iscrizioni ricordano l'evento, mentre il dipinto è circondato da ex voto, lasciati nel tempo dai fedeli.
Quieste sono solo alcune.
Negli stessi giorni in cui le anzidette madonnelle continuavano a muovere gli occhi, un'altra situata in via Baccina, appena dietro l'area dei Fori Imperiali, fece rifiorire dei fiori secchi, che rimasero freschi per qualche mese ancora; il dipinto versa ora in pessime condizioni; le sue decorazioni originali, di cui si conosce la forma grazie ad illustrazioni del XVIII secolo, sono andate perdute, rimpiazzate da una semplicissima cornice di marmo. La targa sottostante, voluta da Pio VI, garantisce
". . . A TUTTI LI FEDELI
DELL'UNO E DELL'ALTRO SESSO
INDULGENZA DI DUECENTO GIORNI
APPLICABILE ANCORA ALLE ANIME DEL PURGATORIO
OGNI VOLTA CHE DIVOTAMENTE
E CON IL CUOR ALMEN CONTRITO
RECITERANNO LE LITANIE DELLA B.MA VERGINE
AVANTI QUESTA SAGRA IMMAGINE".

Invece la piccola edicola a Borgo Pio fu tra quelle che non ricevettero un riconoscimento ufficiale per aver mosso gli occhi, ma la targa in basso, datata 1797, offre ai fedeli gli stessi benefici di quella precedente: è probabile che Pio VI fosse convinto della natura prodigiosa anche di questa madonnella.
Nerlle stesse ore un'altro prodigio, a S.Maria in Vallicella il fenomeno sarà il più intenso e continuo di tutta Roma: la chiesa verrà costretta a rimanere aperta anche la notte, letteralmente occupata dagli increduli romani, per oltre un mese; questo affresco trecentesco, in origine collocato all'esterno di una "stufa", o bagno pubblico, nel 1535 essendo stata colpita con un sasso aveva sanguinato e l'immagine era divenuta oggetto di culto, nel 1574 l'affresco era stato distaccato e affidato al rettore della chiesa della Vallicella e conservato nella sacrestia, l'affresco fu in seguito collocato sull'altare maggiore della Chiesa Nuova.

Proprio di fronte a questa immagine sacra mosse gli occhi addirittura una statua in legno, ai suoi piedi si gettò addirittura un giovane malvivente romano convertito dal miracolo.
La stessa scena si ripete in molte altre vie di Roma: refurtive e armi vengono deposte sotto le immagini sacre.
E a sera ogni quartiere ha la sua Madonna animata: tutta Roma è in strada. Tutta Roma prega. La gente si domanda come è possibile che tutto ciò avvenga per le vie della città e non nelle grandi basiliche romane. Forse perché sono miracoli per la gente: in strada tutti sono obbligati a vederli. E tutti si possono sentire protetti
Fra le madonnelle prodigiose è quella chiamata "Madonna della Lanterna", che una volta era affissa alla base del campanile di San Giovanni Calibita, sull'Isola Tiberina; nel 1577, durante uno straripamento che ricoprì del tutto l'isola (compresa l'edicola sacra), si narra che una piccola lanterna davanti all'immagine rimase accesa sott'acqua, il dipinto venne quindi trasferito all'interno della chiesa, e alla base del campanile l'originale venne sostituito con una copia.
In un anno imprecisato fra il XVI e il XVII secolo, in vicolo delle Palle (presso via Giulia) un giocatore di bocce, infuriato per la sconfitta, ne scagliò una contro un piccolo affresco della Madonna, lasciandovi un segno sotto l'occhio destro, in quell'istante il braccio del giocatore rimase paralizzato; l'immagine in S.Maria del Pianto riprese a muoversi 40 giorni dopo, quando l'uomo si pentì del suo gesto. In seguito al prodigio l'immagine venne staccata e collocata in una cappella della vicina chiesa di San Giovanni de' Fiorentini.
Un'altra si trovava presso Sant'Andrea degli Acquaricciari, alle spalle di piazza Navona, e l'evento impressionò papa Sisto IV (1471-84) a tal punto che fece interamente ricostruire la vecchia chiesa, rinominandola Santa Maria della Pace, dove quest'immagine è ancora oggi venerata.
Un'altra chiesa cambiò nome a causa di un'immagine miracolosa: il dipinto di una Madonna col Bambino si trovava una volta sotto un portico nella via Arco de' Cenci, presso il ghetto ebraico, il 10 gennaio del 1546 in quel luogo due uomini stavano azzuffandosi; uno dei due stava per pugnalare l'avversario, quando quest'ultimo implorò pietà in nome della Vergine, l'uomo ripose il coltello, ma l'avversario lo colse di sorpresa e a tradimento lo uccise; a fronte del vile delitto, l'immagine della Madonna avrebbe pianto lacrime autentiche, testimoniate dalla folla che nel frattempo si era radunata, e per tale ragione il dipinto venne trasferito nella vicina chiesa di San Salvatore de Cacabariis.
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MessaggioInviato: Mar Giu 30, 2009 11:44    Oggetto: messaggio Rispondi citando


Prima delle vacanze, una passegiata romana...Si va a vedere la Basilica dei Santi XII Apostoli.
La chiesa si trova nel rione Trevi.
Fondazione dell'età bizantina, portata avanti nell'età di Narsete (VI secolo) da papa Pelagio I, la basilica conserva le reliquie degli apostoli San Filippo e San Giacomo.
E' l'unica basilica di Roma che non sia stata edificata su edifici romani preesistenti, anche se vi furono precocemente utilizzati materiali di spoglio (si pensa provenienti dalle Terme di Costantino, e non, come vuole una leggenda, dal vicino Foro di Traiano).
Nel 1348 fu distrutta da un terremoto e solo nel XV secolo, Martino V, che apparteneva alla famiglia Colonna, da secoli insediata nelle vicinanze, la fece restaurare. Sempre nel XV secolo fu eretto il portico antistante la facciata e l'abside della basilica fu ornata da un grandioso affresco con l'Ascensione, opera di Melozzo da Forlì, i cui frammenti sono oggi divisi tra i Musei Vaticani e il Palazzo del Quirinale dopo il rifacimento settecentesco. Il lavoro di Melozzo, notevole soprattutto per il magistrale uso della prospettiva da sotto in su, ebbe notoriamente influenza su Michelangelo per gli affreschi della Cappella Sistina.
Nel 1702 Clemente XI commissionò un totale rifacimento dell'edificio che fu portato avanti da un'equipe di architetti tra cui Carlo Fontana e suo figlio Francesco.
All'interno, caratterizzato da un'architettura solenne e severa, si possono ammirare opere di Antoniazzo Romano, Benedetto Luti, Giuseppe Cades (la splendida Estasi di San Giuseppe da Copertino) e alcuni rilievi tombali del XV secolo, di cui uno ad opera di Mino da Fiesole. Pure ammirevole è "la Tomba di Lorenzo Colonna", opera rinascimentale di Luigi Capponi. Impressionante per l'effetto illusionistico è la Caduta degli Angeli ribelli sopra il presbiterio, di Giovanni Odazzi. Ma le due opere più note sono il fastoso affresco della volta, decorata dal Trionfo dell'Ordine Francescano del Baciccio (1707), e il monumentale sepolcro di papa Clemente XIV di Antonio Canova (1787). La volta della sacrestia è decorata dal veneziano Sebastiano Ricci.
La vasta cripta sotto l'altar maggiore fu realizzata da Luigi Carimini nel 1869-71 riunendovi, oltre alle spoglie degli apostoli titolari Filippo e Giacomo, le reliquie di vari altri martiri venute alla luce in occasione di tali scavi, e le tombe di due dei Riario, un tempo proprietari del presbiterio. Le decorazioni a tempera dell'ambulacro si ispirano a quelle delle catacombe di san Callisto e di Domitilla.
Dal 2008 in un'intercapedine fra la chiesa ed un palazzo confinante sono visibili gli affreschi della Cappella Bessarione. L'interstizio è venuto casualmente fuori durante dei lavori straordinari nel palazzo confinante. La cappella era stata praticamente murata secoli fa.
Se capitate a Roma, visitatela, è un capolavoro, direi un museo pittorico di alto livello.

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