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ANIME NAPOLETANE
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preziosina66



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MessaggioInviato: Lun Gen 25, 2010 16:12    Oggetto: Rispondi citando


Ciao Antonietta,voglio farti i complimenti per questo nuovo topic.
E' simpatico e ...istruttivo!
Io sono siciliana,anche nella mia terra si vive di tradizioni e superstizioni,ma penso che Napoli è insuperabile!
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Antonietta68



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MessaggioInviato: Lun Gen 25, 2010 18:29    Oggetto: Rispondi citando


Ciao preziosina e benvenuta tra noi.
Eh si,come dici tu anche in sicilia le superstizioni non mancano mica,ma è un fenomeno molto frequente al sud,nel sud di tutto il mondo.
I napoletani si rivolgono più ai santi che a Dio,perchè se al cospetto del Signore si può essere timorati di fronte al mistero di Dio,con il santo si è incoraggiati dal fatto che loro hanno avuto comunque un'esperienza terrena di vita,quindi risulta più facile rivolgersi a loroper intercedere con Dio,piuutosto che farlo con una propria preghiera.E' come se per pudore,il fedele partenopeo si rendesse conto della superficialità della propria afflizione rispetto ai grandi mali che tormentano le persone,e per questo non volesse importunare direttamente Dio rivolgendosi invece al santo,come in un ipotetica scala delle priorità.

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Antonietta68



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MessaggioInviato: Lun Gen 25, 2010 18:34    Oggetto: Rispondi citando


Qui vi riporto la storia di due spiritelli molto conosciuti e temuti nella più antica tradizione napoletana.

O Munaciello & 'A Bella 'Mbriana

Senza dubbio 'O Munaciello e' il personaggio piu' nominato e piu' temuto dai napoletani. Questi rappresenta lo spiritello dispettoso e bizzarro che, con il suo imprevedibile comportamento, ne fa l'entita' piu' citata nelle leggende. Al comportamento dispettoso spesso si accompagnano benevoli "lasciti" in moneta contante. In questo caso non bisogna rivelare a nessuno l'episodio, pena l'accanimento del Munaciello nei nostri confronti. Non e' raro un comportamento da rattuso in presenza delle giovani e belle donne.
Vi sono due ipotesi sulla sua origine:
La prima ipotesi vuole l'inizio di tutta la vicenda intorno all'anno 1445 durante il regno Aragonese. La bella Caterinella Frezza, figlia di un ricco mercante di stoffe, si innamora del bel Stefano Mariconda, un garzone. Naturalmente l'amore tra i due e' fortemente contrastato. Il fato volle che finisse in tragedia. Stefano viene assassinato nel luogo dei loro incontri segreti mentre Caterinella si rinchiude in un convento. Di lì a pochi mesi nascerà un bambino da Caterinella. Le suore del convento lo adotteranno cucendogli loro stesse vestiti simili a quelli monacali con un cappuccio per mascherare le deformita' di cui il ragazzo soffriva. Fu così che per le strade di Napoli veniva chiamato " lu munaciello". Gli si attribuirono poteri magici fino ad arrivare alla leggenda che oggi tutti i napoletani conoscono. Anche lu munaciello morì misteriosamente.
La seconda ipotesi vuole che il Munaciello sia il gestore degli antichi pozzi d'acqua che, in molti casi, aveva facile accesso nella case passando attraverso i cunicoli che servivano a calare il secchio. I dispetti li faceva, secondo me, perche' i proprietari del pozzo non provvedevano a pagarlo per i suoi servizi.
Comunque resta il mistero di questo personaggio molto spesso associato alla parte cattiva dell'animo umano, al demonio che si nasconde e che e' sempre pronto ad afferrarci e che i napoletani cercano da sempre di evitare.
Il personaggio indicato come 'A Bella 'Mbriana, invece, rappresenta lo spirito benigno. E' una sorta di anti-munaciello. Avere questa presenza nelle case significa benessere e salute. E' rappresentata come una bella donna molto ben vestita paragonabile alla fata delle favole dei bambini. E' anche detta Meriana oppure 'Mmeriana.
La derivazione etimologica proviene dal latino meridiana il cui mariana indica l'ombra quasi a rappresentare un'ombra sotto cui ripararsi oppure indica il significato etereo dell'essere. A testimonianza dell'affetto dei napoletani verso questa figura, e' molto comune a Napoli il cognome Imbriani derivante, appunto, da 'Mbriana.
Ultimo dettaglio importante: nella casa bisogna sempre lasciare una sedia libera perche' potrebbe entrare 'A bella 'Mbriana e sedersi per riposare. Se tutte le sedie fossero occupate la nostra Amica potrebbe andare via con tutte le sciagure derivanti dalla mancata ospitalita'!

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Antonietta68



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MessaggioInviato: Lun Gen 25, 2010 18:36    Oggetto: Rispondi citando


Preziosina mi sono dimenticata di domandarti di quale parte della sicilia sei?
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Antonietta68



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MessaggioInviato: Lun Gen 25, 2010 19:11    Oggetto: Rispondi citando



Una particolarità napoletana è il gesticolare.Tutti sappiamo che quando nasciamo fino a pochi mesi di vita,il nostro linguaggio è pevalentemente fatto di gesti,di piccole parole.Andando avanti con l'età ci si dimentica dei gesti per dare spazio solo al linguaggio.Invece molti popoli mediterranei,e i napoletani in particolare,conservano questo modo di farsi capire,sia a parole che a gesti,è una capacità innata!
Sarà per questo che non impariamo bene l'inglese,tanto ci capiscono comunque in tutto il mondo Wink

E ‘ccorna
“Tiene ‘e ‘ccorna” (Hai le corna) - Questo forse e’ uno dei gesti che è
bene imparare subito, benchè sia uno dei più popolari e noti. Se rivolto ad un maschio è l’offesa peggiore che possa essere arrecata, perche’ significa che la compagna lo tradisce.
“Uocchio e maluocchio” (Scongiuri) - Se invece rivolto verso il basso ha un significato scaramantico. Spesso può capitare di notarlo se nei paraggi si aggira un portatore di malocchio.

Ma che ‘vvuò?
“Ma cosa stai dicendo?” - Il pollice viene unito a tutte le dita della mano rivolte verso l’alto ed il polso oscilla ripetutamente puntando la spalla. Riferito a persone che parlano tanto senza farsi comprendere
“Cosa vuoi?” - Spesso però può essere molto piu’ di una domanda, perché sottindende un tono minaccioso, quasi di sfida lanciata a chi magari ti sta guardando e per questo molestando.


Ma chi t’ha fatto fa’?
Le mani giunte vengono portate al torace e poi allontanate ripetutamente.
È un gesto dai molti significati, per la cui comprensione è fondamentale il contesto in cui viene fatto e l’espressione del viso.
Può indicare impazienza, “Ti vuoi muovere?”, ma anche rassegnazione e principio di rabbia quando non si hanno più risorse: “Ma cosa vuoi ancora da me?”. Spesso è anche impiegato col significato di “Ma chi te lo ha fatto fare?”, in questo caso l’ampiezza delle oscillazioni è più contenuta, ma la frequenza maggiore.


Amici per la pelle
Stabilire un’amicizia duratura. Gesto alquanto diffuso in tutto il mondo e non necessariamente legato all’ambito culturale napoletano. Spesso anche conosciuto tra i bambini, da una certa generazione in poi, come “flic e floc” e serve per sancire un patto indissolubile.


S’hanno accucchiate!
Hanno fatto combutta: usato per indicare che due persone se la intendono. Può essere riferito a due amanti, ma più spesso a due tipi che uniscono le loro forze per scopi che possono anche essere poco legali!

Se t’acchiappo/Mannaggia
Se ti prendo poi vedi che ti faccio! La mano posta in mezzo ai denti serve quasi a frenare la lingua dalle intenzioni minacciose di chi fa questo gesto. Spesso usato dalle mamme per tenere a bada i propri figli, che ben sanno che alle minacce non seguiranno mai i fatti.
Invece, se all’atto del mordere è associato un movimento ondulatorio del capo può anche assumere il significato di “Mannaggia!”


Se doveste incontrare un napoletano nella sua città o altrove forse potrebbe tornare utile avere un “vocabolario” minimo e sufficientemente attendibile per una conversazione d’emergenza.

Il linguaggio delle mani, come ogni forma di comunicazione evoluta, ha anche i suoi dialetti e non è difficile trovare nel territorio dell’antico Regno di Napoli abitanti posti in regioni diverse che con lo stesso gesto indicano due concetti completamente differenti. I gesti sopra raffigurati sono tipici nel napoletano, benché alcuni di essi siano presenti in tutto il meridione d’Italia se non addirittura nell’intera penisola.

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cinzia76



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MessaggioInviato: Lun Gen 25, 2010 19:26    Oggetto: Rispondi citando


O Munaciello & 'A Bella 'Mbriana...bellissimi questi due spiritelli Very Happy Very Happy !!!

La gestualita' a napoli e' straordinariamente bella Very Happy !Credo che sia un'arte anche questa Wink !
Non avevo bisogno delle traduzioni visto il mio animo partenopeo Wink ma grazie per il vocabolario portatile Very Happy !!

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preziosina66



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MessaggioInviato: Lun Gen 25, 2010 23:07    Oggetto: Rispondi citando


La gestualità credo che sia un modo per comunicare tipicamente meridionale.
Per Napoli è un marchio straordinariamente bello!
I gesti con le mani di cui ha spiegato il significato sono uguali anche qui in sicilia.
Mi fa ridere quello con la mano in mezzo ai denti"se t'acchiappo"...mi fa ricordare quando ero piccola e facevo arrabbiare mia mamma... Very Happy


p.s.
sono della prov. di messina
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Antonietta68



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MessaggioInviato: Mar Gen 26, 2010 20:48    Oggetto: Rispondi citando




E' proprio vero ragazze,la gestualità è prettamente meridionale.Totò è stato un vero maestro in questo.Già la sua faccia, non proprio perfetta,è stata per lui un arma in più al suo già talentuoso comunicare a gesti.Se non avesse avuto la faccia "storta"chissà se fosse riuscito comunque a farci sorridere con le sue smorfie e gesti rimasti nella storia del cinema e della cultura italiana.Vi ricordate quando faceva fare le contorsioni al pomo d'Adamo,alle cadute che gli consentivano di piegare indietro e di risollevarsi senza aver mai toccato terra, alla mobilità del suo torace dei suoi occhi che improvvisamente sembravano schizzare dall'orbita, a quel collo lungo,tipo pollo, che poteva allungarsi e accorciarsi a piacimento?
Un grande artista,unico!


Guardate come faceva beneficenza portando cibo e doni ai bambini poveri...

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cinzia76



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MessaggioInviato: Mar Gen 26, 2010 22:21    Oggetto: Rispondi citando




Mitico TOTO' Laughing Laughing Laughing !!!!

A proposito...sto' cercando una raccolta dei film di Toto' e di Eduardo De Filippi Rolling Eyes hai idea dove posso chiedere Smile ??

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cinzia76



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MessaggioInviato: Mer Gen 27, 2010 08:49    Oggetto: Rispondi citando


cinzia76 ha scritto:
cinzia76 ha scritto:


Carissima ANTONIETTA......



Sorella del mio cuore Laughing Laughing .......

Tantissimi auguroni per un sereno e felice compleanno Very Happy Very Happy !!!

Ti voglio bene Wink !!!



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Antonietta68



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MessaggioInviato: Mer Gen 27, 2010 12:53    Oggetto: Rispondi citando


In occasione della giornata della memoria,ricordiamo come Napoli difese i suoi ebrei.
Il 6 ottobre 1943, alle 20.22, Herbert Kappler — capo della polizia tedesca a Roma — telegrafa al suo superiore Wolff a Berlino: «L’Ufficio Centrale per la Sicurezza del Reich ha inviato il capitano Dannecker per catturare tutti gli ebrei in un’azione lampo e deportarli in Germania. A causa dell’atteggiamento della città di Napoli e delle conseguenti, incerte condizioni operative, l’operazione non ha potuto essere realizzata. I preparativi per l’azione a Roma sono stati invece conclusi». Napoli dunque, e non Roma, avrebbe dovuto essere teatro della prima retata antisemita in Italia, dopo la caduta di Mussolini del 25 luglio 1943. Nella capitale il rastrellamento, minuziosamente preparato, avrebbe ricalcato il tragico copione già sperimentato a Parigi nel luglio dell’anno prima, ma a Napoli non c’erano più le «condizioni operative». Dal testo del telegramma si evince inoltre che la destinazione dei deportati non sarebbe stata quella di Auschwitz-Birkenau, in Polonia, ma la Germania, il che induce a ritenere che non se ne progettasse lo sterminio nelle camere a gas, ma il cosiddetto «sterminio mediante lavoro», risultato pressoché inevitabile del regime di «campo di concentramento duro».

Diversamente da quanto accaduto altrove, in Italia il passaggio alla fase operativa dei rastrellamenti fu fulminea. La parte preliminare e «burocratica» era stata di fatto già compiuta dal regime fascista, che aveva cercato di diffondere un sentimento antiebraico nell’opinione pubblica, emanato le leggi razziali, ed effettuato la schedatura degli ebrei. I fascisti di Napoli, nello sbando generale che intercorse tra l’armistizio e la fondazione della Repubblica Sociale (nata ufficialmente il 23 settembre), non avevano tuttavia fatto in tempo a riorganizzarsi al fianco dei camerati tedeschi contro gli improvvisati partigiani partenopei. E le autorità tedesche, sebbene avessero percezione del clima instabile che serpeggiava tra le fila della popolazione, non erano in grado di fare previsioni sull’evolvere degli eventi. Il 12 settembre, al momento di assumere il comando della città, il colonnello Scholl emanò il proclama che dettava le severe regole di convivenza tra napoletani e militari tedeschi. La gente era impazzita sotto i tremendi bombardamenti dell’agosto precedente, ed era esasperata dalle privazioni, e la tensione continuava a crescere. Il 27, quando i tedeschi misero in atto una vasta retata (catturando circa ottomila uomini in vari quartieri), il popolo napoletano — quel popolo delicado y suspichoso, come lo aveva prudentemente definito un viceré spagnolo — impugnò le armi: la città, che Hitler aveva ordinato di ridurre «in fango e in cenere», andava a guadagnarsi col sangue la Medaglia d’Oro al Valor Militare.

Con queste recenti acquisizioni, dovute agli studi di Liliana Picciotto, direttrice dell’archivio storico del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano, un immenso significato si va ad aggiungere all’insurrezione di Napoli. Essa stroncò il piano tedesco, e ne vanificò il corollario più odioso: deportare i circa mille ebrei residenti in città, non in quanto nemici, o ex alleati e dunque traditori, ma in quanto ebrei. «Onda pura di popolo», per dirla con le parole di Erri De Luca. Onda fatta di scugnizzi, di gente qualunque, di mille eroi senza nome, come di eroi senza nome traboccarono le fosse comuni dei lager. Un’onda che si erse — tanto inconsapevole, quanto travolgente — anche in difesa di quella comunità ebraica, fra le più antiche d’Italia, che aveva accompagnato la storia della città quasi ininterrottamente, con i suoi insediamenti storici all’Anticaglia, a San Marcellino, nelle zone di Forcella e Portanova. Come ha scritto Vito Mancuso, «non possiamo fare nulla per i morti, se non coltivare l’arte della memoria. Nelle Scritture l’azione di Dio è anche anakefalaiosis, ‘‘ricapitolazione di tutte le cose’’. Noi possiamo ricordare, oppure — ed è l’atroce crimine del negazionismo — possiamo negare che quei morti siano esistiti». E dimenticare.

Flavio Pagano
27 gennaio 2010

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Antonietta68



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MessaggioInviato: Mer Gen 27, 2010 13:50    Oggetto: Rispondi citando


LE QUATTRO GIORNATE DI NAPOLI.

Con il nome di Quattro Giornate di Napoli (27-30 settembre 1943) si indica comunemente un episodio storico di insurrezione avvenuto nel corso della Seconda Guerra Mondiale, tramite il quale la popolazione, con l'apporto di militari fedeli al cosiddetto Regno del Sud, riuscì a liberare la città di Napoli dall'occupazione delle forze armate tedesche, coadiuvati da fascisti fedeli al neonato Stato Nazionale Repubblicano.

L'avvenimento, che valse alla città di Napoli il conferimento della Medaglia d'Oro al Valor Militare, consentì alle forze alleate di trovare al loro arrivo, il 1 ottobre 1943, una città già libera dall'occupazione nazista, grazie al coraggio e all'eroismo dei suoi abitanti, ormai esasperati ed allo stremo per i lunghi anni di guerra. Napoli fu la prima, tra le grandi città europee, ad insorgere con successo contro l'occupazione nazista.
Le macerie dei bombardamenti del 1943Per tutto il primo quadriennio di guerra 1940-1943, Napoli fu sottoposta a durissimi bombardamenti da parte delle forze alleate, che causarono ingenti perdite in termini di vite umane anche tra la popolazione civile. Si calcola che oltre 25.000 furono le vittime di questi attacchi indiscriminati alla città, per non menzionare i danni ingentissimi al patrimonio artistico e culturale (il 4 dicembre 1942 fu semi-distrutta la Basilica di Santa Chiara, mentre solo nel bombardamento del 4 agosto 1943 perirono oltre 3.000 persone; circa 600 morti e 3.000 feriti si ebbero invece per lo scoppio della nave Caterina Costa nel porto, il 28 marzo 1943).

Con l'avanzata degli alleati nell'Italia meridionale, gli esponenti dell'antifascismo partenopeo (tra cui Fausto Nicolini, Claudio Ferri e Adolfo Omodeo), iniziarono a stabilire più stretti contatti con i comandi alleati richiedendo la liberazione della città.

A partire dall'8 settembre 1943, giorno dell'entrata in vigore dell'Armistizio di Cassibile con la lettura alla radio da parte del Maresciallo d'Italia Pietro Badoglio del suo famoso "proclama", le forze armate italiane, come in tutto il paese, a causa della mancanza di ordini dei comandi militari si trovarono allo sbando anche a Napoli.

In città la situazione, già difficile per i bombardamenti subiti e per lo squilibrio delle forze in campo (oltre 20.000 tedeschi a fronte di soli 5.000 italiani, in tutta la Campania), ben presto divenne caotica per la diserzione di molti alti ufficiali, incapaci di assumere iniziative se non addirittura conniventi con i nazisti, cui seguì lo sbando delle truppe, incapaci a loro volta di difendere la popolazione civile dalle angherie tedesche.

In particolare ci fu la fuga, in abiti borghesi, dei Generali Riccardo Pentimalli e Ettore Del Tetto, cui era affidata la responsabilità militare della provincia di Napoli. Gli ultimi atti di Ettore Del Tetto furono proprio la consegna della città all'esercito tedesco e la stesura di un manifesto che, vietando gli assembramenti, autorizzava i militi a sparare sulla folla in caso di inadempienza.

Sporadici ma cruenti tentativi di resistenza si ebbero tuttavia alla Caserma Zanzur, alla Caserma dei Carabinieri Pastrengo ed al 21º Centro di Avvistamento di Castel dell'Ovo.

Proclama del comando tedescoSin dai giorni immediatamente seguenti l'Armistizio di Cassibile, in città si andarono intensificando gli episodi di intolleranza e di resistenza verso l'occupante nazista e le azioni armate, più o meno organizzate, fecero seguito alle manifestazioni studentesche del 1 settembre 1943 in piazza del Plebiscito ed alle prime assemblee nel Liceo Classico Sannazaro al Vomero.

Il 9 settembre 1943 alcuni cittadini si scontrarono con le truppe tedesche al Palazzo dei Telefoni, mettendole in fuga, e in via Santa Brigida. Quest'ultimo episodio vide coinvolto un carabiniere che fu costretto a sparare per difendere un negozio dal tentato saccheggio da parte di alcuni soldati.

Il 10 settembre 1943, tra piazza del Plebiscito e i giardini sottostanti, avvenne il primo scontro cruento, con i napoletani che riuscirono ad impedire il transito di alcuni automezzi tedeschi; nei combattimenti morirono 3 marinai e 3 soldati tedeschi. Gli occupanti ottennero la liberazione di alcuni uomini fatti prigionieri dagli insorti anche grazie all'ingiunzione di un ufficiale italiano che intimò ai suoi compatrioti la riconsegna degli ostaggi e di tutte le armi. La rappresaglia per gli scontri di piazza del Plebiscito non tardò ad arrivare: i nazisti, infatti, appiccarono un incendio alla Biblioteca Nazionale ed aprirono il fuoco sulla folla intervenuta.

Il 12 settembre 1943 furono uccisi decine di militari per le strade della città, mentre circa 4.000 persone tra militari e civili furono deportate per il "lavoro obbligatorio".

Lo stesso giorno, il colonnello Walter Schöll, assunto il comando delle forze armate occupanti in città, proclamò il coprifuoco e dichiarò lo stato d'assedio con l'ordine di passare per le armi tutti coloro che si fossero resi responsabili di azioni ostili alle truppe tedesche, in ragione di cento napoletani per ogni tedesco eventualmente ucciso.

Di seguito il proclama apparso sui muri della città la mattina di lunedì 13 settembre:

« 1. Con provvedimento immediato ho assunto da oggi il Comando assoluto con pieni poteri della città di Napoli e dintorni.
2. Ogni singolo cittadino che si comporta calmo e disciplinato avrà la mia protezione. Chiunque però agisca apertamente o subdolamente contro le forze armate germaniche sarà passato per le armi. Inoltre il luogo del fatto e i dintorni immediati del nascondiglio dell'autore verranno distrutti e ridotti a rovine. Ogni soldato germanico ferito o trucidato verrà rivendicato cento volte.
3. Ordino il coprifuoco dalle ore 20 alle ore 6. Solo in caso di allarme si potrà fare uso della strada per recarsi al ricovero vicino.
4. Esiste lo stato d'assedio.
5. Entro 24 ore dovranno essere consegnate tutte le armi e munizioni di qualsiasi genere, ivi compresi i fucili da caccia, le granate a mano, ecc. Chiunque, trascorso tale termine, verrà trovato in possesso di un'arma, verrà immediatamente passato per le armi. La consegna delle armi e munizioni si effettuerà alle ronde militari germaniche.
6. Cittadini mantenetevi calmi e siate ragionevoli. Questi ordini e le già eseguite rappresaglie si rendono necessarie perché un gran numero di soldati e ufficiali germanici che non facevano altro che adempiere ai propri doveri furono vilmente assassinati o gravemente feriti, anzi in alcuni casi i feriti anche vilipesi e maltrattati in modo indegno da parte di un popolo civile.
Napoli, 12 settembre 1943 firmato SCHOLL Colonnello »


Dopo la fucilazione di 8 prigionieri di guerra avvenuta in via Cesario Console e gli spari di un carro armato contro gli studenti (che stavano iniziando a riunirsi nella vicina Università[5]) e contro alcuni marinai italiani davanti al palazzo della Borsa[6], vi fu un episodio che scosse particolarmente il sentimento popolare.

Sulle scale della sede centrale dell'Università avvenne l'esecuzione di un giovane marinaio, cui migliaia di cittadini furono costretti ad assistere dalle truppe tedesche che a forza li condussero sul Rettifilo, la strada antistante il luogo della fucilazione.

500 persone, lo stesso giorno furono parimenti condotte con la forza a Teverola, nel Casertano, e costrette ad assistere alla fucilazione di 14 carabinieri, "rei" di aver resistito con le armi prima di arrendersi all'occupante nazista.

Uno «scugnizzo» armatoOrmai la rabbia e l'esasperazione dei napoletani, in seguito alle esecuzioni indiscriminate, ai saccheggi, ai rastrellamenti della popolazione civile, alla miseria e alle distruzioni della guerra che mettevano in ginocchio la città intera, stava montando spontanea, priva di un fattore esterno organizzativo che non fosse altro che il desiderio di liberarsi dell'invasore tedesco.

Si cominciò a pensare all'approvvigionamento delle armi: il 22 settembre gli abitanti del Vomero riuscirono ad impadronirsi di quelle che erano appartenute alla 107ª Batteria; il 25 settembre 250 moschetti furono prelevati da una scuola; il 27 settembre caddero nelle mani degli insorti alcuni depositi di armi e munizioni.

Il 23 settembre intanto, una nuova misura repressiva adottata dal colonnello Walter Schöll prevedeva lo sgombero (entro le ore 20 dello stesso giorno) di tutta la fascia costiera cittadina sino ad una distanza di 300 metri dal mare; in pratica circa 240.000 cittadini furono costretti ad abbandonare in poche ore le proprie case per consentire la creazione di una "zona militare di sicurezza" che sembrava preludere alla distruzione del porto.

Quasi contemporaneamente, un manifesto del prefetto intimava la chiamata al servizio di lavoro obbligatorio per tutti i maschi di età compresa fra i diciotto e i trentatré anni, in pratica una deportazione forzata nei campi di lavoro in Germania.

Il risultato sperato dai nazisti non fu però ottenuto e alla chiamata risposero soltanto 150 napoletani sui previsti 30.000, il che determinò Walter Schöll a decidere di inviare ronde militari per la città per i rastrellamenti e la fucilazione immediata degli inadempienti. Fu affisso in città un nuovo proclama del Comando Militare Germanico.

« Al decreto per il servizio obbligatorio di lavoro hanno risposto in quattro sezioni della città complessivamente circa 150 persone, mentre secondo lo stato civile avrebbero dovuto presentarsi oltre 30.000 persone.

Da ciò risulta il sabotaggio che viene praticato contro gli ordini delle Forze Armate Germaniche e del Ministero degli Interni Italiano.
Incominciando da domani, per mezzo di ronde militari, farò fermare gli inadempienti. Coloro che non presentandosi sono contravvenuti agli ordini pubblicati, saranno dalle ronde senza indugio fucilati.


Il Comandante di Napoli, Scholl »


L'insurrezione popolare fu allora inevitabile, i cittadini furono chiamati a scegliere tra la sopravvivenza e la morte o la deportazione forzata in Germania ed ormai, spontaneamente in ogni punto della città, persone di ogni ceto sociale e di ogni occupazione, andavano riversandosi nelle strade per organizzarsi ed imbracciare le armi. Si unirono a loro anche molti dei soldati italiani che solo pochi giorni prima si erano dovuti dare alla macchia. Già dal 26 settembre una folla disarmata e urlante si scatenò contro i rastrellamenti nazisti, liberando i giovani destinati alla deportazione.

Il 27 settembre, dopo un'ampia retata dei tedeschi che catturarono in vari punti della città circa 8.000 uomini, 400, forse 500 uomini armati aprirono i combattimenti.

Una delle prime scintille della lotta scoppiò al quartiere Vomero dove, in località Pagliarone, un gruppo di persone armate fermò un'automobile tedesca uccidendo il maresciallo che era alla guida.

Durante l'intera giornata, aspri combattimenti si susseguirono in diverse zone della città tra gli insorti e i soldati tedeschi che ormai stavano per iniziare le operazioni di sgombero, anche per le notizie (poi rivelatesi false) riguardo un imminente sbarco alleato a Bagnoli.

Un tenente del regio esercito italiano, Enzo Stimolo, dopo essersi posto a capo di un gruppo di 200 insorti, si distinse particolarmente nell'operazione di assalto all'armeria del Castel Sant'Elmo, che cadde soltanto in serata, non senza spargimento di sangue; i tedeschi infatti, asserragliati, tra l'altro sia all'interno della Villa Floridiana sia al Campo Sportivo del Littorio (nel cuore del Vomero), intervennero in forze a dar battaglia.

Un gruppo di cittadini si diresse nelle stesse ore verso il Bosco di Capodimonte dove, secondo alcune voci che giravano in città, i tedeschi stavano conducendo a morte alcuni prigionieri. Fu messo a punto un piano per impedire ad un gruppo di guastatori tedeschi di minare il Ponte della Sanità per l'interruzione dei collegamenti con il centro della città, cosa che fu realizzata con successo il giorno successivo ad opera di un drappello di marinai.

In serata, venivano assaltati e depredati i depositi d'armi delle caserme di via Foria e di via San Giovanni a Carbonara.
Il 28 settembre, andando ad aumentare con il passare delle ore il numero dei cittadini napoletani che si univano ai primi combattenti, gli scontri si intensificarono; nel quartiere Materdei una pattuglia tedesca, rifugiatasi in un'abitazione civile, venne circondata e tenuta sotto assedio per ore, sino all'arrivo dei rinforzi: alla fine 3 Napoletani persero la vita.

A Porta Capuana un gruppo di 40 uomini si insediò, con fucili e mitragliatori, in una sorta di posto di blocco, uccidendo 6 soldati nemici e catturandone altri 4, mentre combattimenti si avviarono in altri punti della città come al Maschio Angioino, al Vasto e a Monteoliveto.

I tedeschi procedettero ad altre retate, questa volta al Vomero, ammassando numerosi prigionieri all'interno del Campo Sportivo del Littorio, cosa che scatenò la reazione degli uomini di Enzo Stimolo, che diedero l'assalto al campo sportivo, determinando, dopo aver dovuto fronteggiare un'iniziale reazione armata, la liberazione dei prigionieri, il giorno successivo

Distruzioni in cittàAl terzo giorno di feroci scontri per le vie di Napoli, l'organizzazione dell'insurrezione rimaneva ancora lasciata ai singoli capipopolo di quartiere, mancando del tutto i contatti con le forze strutturate dell'antifascismo come il Fronte Nazionale (diretta emanazione del CLN).

Andavano intanto emergendo figure locali che assunsero il comando delle operazioni nei vari quartieri della città, come il Prof. Antonio Tarsia in Curia (Vomero), il T.Col. Ermete Bonomi (Materdei), il Cap. Carmine Musella (Avvocata), Carlo Bianco, Med. Aurelio Spoto (Capodimonte), il Cap.Med. Stefano Fadda (Chiaia), il Cap.Med. Francesco Cibarelli, Amedeo Manzo, Francesco Bilardo (Duomo), Gennaro Zenga (Corso Garibaldi), il Magg. Francesco Amicarelli (Piazza Mazzini), il Cap. Mario Orbitello (Montecalvario), il Magg. Salvatore Amato (Museo), il Ten. Alberto Agresti (Via Caracciolo, Posillipo), Raffaele Viglione (Via Sant'Anastasio) e l'Imp. Tito Murolo (Vasto); mentre tra i giovani si distinse Adolfo Pansini[7], studente del liceo vomerese Sannazaro.

Nella Piazza Giuseppe Mazzini, presso l'edificio Scolastico "Vincenzo Cuoco", i tedeschi attaccarono in forze con i carri armati (i Panzer "Tigre") e non più di 50 ribelli tentarono strenuamente di opporsi ma dovettero subire il pesante bilancio di 12 morti e più di 15 feriti.

Anche il quartiere operaio di Ponticelli subì un pesante cannoneggiamento, in seguito al quale le truppe tedesche procedettero ad eccidi indiscriminati della popolazione penetrando sin dentro le abitazioni civili. Altri combattimenti si ebbero nei pressi dell'aeroporto di Capodichino e di Piazza Ottocalli, dove morirono 3 avieri italiani.

Nelle stesse ore, presso il quartier generale tedesco al corso Vittorio Emanuele (tra l'altro ripetutamente attaccato dagli insorti) avvenne la trattativa tra il Col. Walter Schöll e il Ten. Enzo Stimolo per la riconsegna dei prigionieri del Campo Sportivo del Littorio; Walter Schöll ottenne di aver libero il passaggio per uscire da Napoli, in cambio del rilascio degli ostaggi che ancora erano prigionieri al campo sportivo. Per la prima volta in Europa i tedeschi trattavano una resa di fronte a degli insorti.


Mentre le truppe tedesche avevano già iniziato lo sgombero della città per il sopraggiungere delle forze anglo-americane provenienti da Nocera Inferiore, in città il professor Antonio Tarsia in Curia si autoproclamò, presso il Liceo "Jacopo Sannazaro", capo dei ribelli assumendo pieni poteri civili e militari ed impartendo, tra l'altro, precise disposizioni circa l'orario di apertura degli esercizi commerciali e la disciplina.

Tuttavia i combattimenti non cessarono e i cannoni tedeschi che presidiavano le alture di Capodimonte colpirono per tutta la giornata la zona tra Port'Alba e Piazza Mazzini. Altri combattimenti si ebbero ancora nella zona di Porta Capuana.

Gli invasori in rotta lasciarono dietro di loro incendi e stragi; clamoroso fu il caso dell'Archivio Storico di Napoli che fu dato alle fiamme a San Paolo Belsito, causando incalcolabili danni al patrimonio storico e artistico.

Festeggiamenti dopo la liberazione della cittàIl 1 ottobre alle 9:30 i primi carri armati alleati entrarono in città, mentre alla fine della stessa giornata, il comando tedesco in Italia, per bocca del maresciallo Albert Kesselring, considerò conclusa la ritirata con successo.

Il bilancio dei tremendi scontri delle "Quattro Giornate di Napoli" non è concorde nelle cifre; secondo alcuni autori, nelle settantasei ore di combattimenti, morirono 168 partigiani e 159 inermi cittadini; secondo la Commissione ministeriale per il riconoscimento partigiano le vittime furono 155 ma dai registri del Cimitero di Poggioreale risulterebbero 562 morti.

È da notare che la gran parte dei combattimenti si ebbero esclusivamente tra italiani e tedeschi. A differenza di altri episodi della Resistenza furono infatti relativamente rari gli scontri con fascisti italiani, che probabilmente non avevano avuto il tempo di riorganizzarsi efficacemente dopo l'8 settembre (ricordiamo infatti che la Repubblica Sociale Italiana fu proclamata il 23 settembre, ovvero solo quattro giorni prima dello scoppio della rivolta).

Facendo un bilancio, oltre l'importantissimo risultato morale e politico dell'insurrezione, le "Quattro Giornate di Napoli" ebbero senz'altro il merito di impedire che i tedeschi potessero organizzare una resistenza in città o che, come Adolf Hitler aveva chiesto, Napoli fosse ridotta «in cenere e fango» prima della ritirata. Parimenti fu evitato che il piano di deportazione di massa organizzato dal Col. Walter Schöll avesse successo. A ciò si giunse non soltanto grazie ai 1.589 combattenti ufficialmente riconosciuti, ma anche per la resistenza civile e non violenta di tanti napoletani, fra cui preti e giovani operaie, «scugnizzi» e professori, medici e vigili del fuoco, «goliardi» e disoccupati.

Pochi mesi dopo, il 22 dicembre, i Generali Riccardo Pentimalli e Ettore Del Tetto, che avevano abbandonato la città nelle mani dei tedeschi all'indomani dell'8 settembre, furono condannati dall'Alta Corte di Giustizia a 20 anni di reclusione militare, condanna in seguito ridotta per condoni e provvedimenti di grazia[8]. Anche l'avvocato Domenico Tilena, che aveva retto la federazione fascista provinciale durante gli scontri, fu condannato a 6 anni e 8 mesi.

Le decorazioni [modifica]
Queste le decorazioni al Valor Militare assegnate nel dopoguerra per l'eroismo della città di Napoli e dei suoi abitanti:

Medaglia d'Oro al Valor Militare alla città di Napoli [modifica]
Alla città venne conferita la Medaglia d'Oro al Valor Militare, con la seguente motivazione[10]:

« Con superbo slancio patriottico sapeva ritrovare, in mezzo al lutto ed alle rovine, la forza per cacciare dal suolo partenopeo le soldatesche germaniche sfidandone la feroce disumana rappresaglia. Impegnata un'impari lotta col secolare nemico offriva alla Patria, nelle "Quattro Giornate" di fine settembre 1943, numerosi eletti figli. Col suo glorioso esempio additava a tutti gli Italiani, la via verso la libertà, la giustizia, la salvezza della Patria.
Napoli, 27 - 30 settembre 1943
Conferimento della medaglia d'oro al valor militare alla città di Napoli (10 settembre 1944) »


Medaglie d'Oro al Valor Militare (alla memoria)
Gennaro Capuozzo, detto Gennarino, (12 anni)
Filippo Illuminati (13 anni)
Pasquale Formisano (17 anni)
Mario Menechini (18 anni)
Medaglie d'Argento al Valor Militare
Giuseppe Maenza (alla memoria)
Giacomo Lettieri (alla memoria)
Antonino Tarsia in Curia
Stefano Fadda
Ezio Murolo
Giuseppe Sances
Francesco Pintore
Nunzio Castaldo
Medaglie di Bronzo al Valor Militare [modifica]
Maddalena Cerasuolo, detta Lenuccia
Domenico Scognamiglio
Ciro Vasaturo

ELENCO DEGLI SCHIERAMENTI

Data: 27 settembre-30 settembre 1943
Luogo: Napoli (Italia)
Esito: Vittoria delle formazioni partigiane napoletane
Casus belli: Insurrezione della popolazione contro l'occupazione nazi-fascista

Schieramenti
Popolazione di Napoli
Militari fedeli al cd. Regno del Sud Militari del Reich della Grande Germania
Fascisti fedeli al cd. Stato Nazionale Repubblicano
Comandanti
Prof. Antonio Tarsia in Curia (Vomero)
T.Col. Ermete Bonomi (Materdei)
Cap. Carmine Musella (Avvocata)
Carlo Bianco, Med. Aurelio Spoto (Capodimonte)
Cap.Med. Stefano Fadda (Chiaia)
Cap.Med. Francesco Cibarelli, Amedeo Manzo, Francesco Bilardo (Duomo)
Gennaro Zenga (Corso Garibaldi)
Magg. Francesco Amicarelli (Piazza Mazzini)
Cap. Mario Orbitello (Montecalvario)
Magg. Salvatore Amato (Museo)
Ten. Alberto Agresti (Via Caracciolo, Posillipo)
Raffaele Viglione (Via Sant'Anastasio)
- Imp. Tito Murolo (Vasto) Col. Walter Schöll (Comandante della Piazza Militare di Napoli)
Avv. Domenico Tilena (Federale Fascista Provinciale di Napoli)
Effettivi
1.589 combattenti in armi circa 20.000
Perdite
168 morti combattenti
162 feriti combattenti, di cui 75 invalidi permanenti qualche centinaio
140 morti civili
19 morti non identificati



NAPOLI BOMBARDATA



UNO "SCUGNIZZO" ARMATO



PROCLAMA DEL COMANDO TEDESCO



NAPOLI LIBERATA



ISCRIZIONE COMMEMORATIVA PRESSO LA MASSERIA PAGLIARONE A VIA BELVEDERE

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sarah72andrea



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MessaggioInviato: Mer Gen 27, 2010 16:35    Oggetto: Rispondi citando







ANTONIE' TESO' CIAO! ERO CURIOSISSIMA DI VEDERE QUESTO TUO NUOVO CAPOLAVORO E FINALMENTE ECCOLO QUA'....CERTO NON SARA' FACILE PARLARE DELL'ANIMA DI NAPOLA XO' UNA COSA LA VOGLIO DIRE LA QUALSIASI COSA NON FA' ALTRO CHE ACCRESCERE IL FASCINO DI NAPOLI E' SONO DEL PARERE CHE SENZA QUESTE SUE SPLENDIDE TRADIZIONI STRANEZZE E COSINE VARIE NON SAREBBE LA STESSA....


HO LETTO LA TUA RIFLESSIONE SULL'ANIMA UN ARGOMENTO COSI COMPLICATO X CERTI VERSI MA SE RIUSCIAMO A GURDARE IN NOI STESSI TROVEREMO RISPOSTE.....L'ANIMA E' IN NOI IN QUELLO CHE FACCIAMO PENSIAMO E CREDIAMO E X QUESTO CHE SI DIFFERENZIA DA OGNI ESSERE VIVENTE.....

TI LASCIO QUESTA BELLISSIMA IMMAGINE CHE X ME RACCHIUDE TUTTO IL SIGNIFICATO DELL'ANIMA....UNA GOCCIA CHE CADE NELL'OCEANO DELLA VITA....

MI DISPIACE ESSERE COSI VELOCE E SUCCUNTA MA LA CHIAVETTA NON SI COLLEGA MOLTO BENE ED HO PAURA CHE CADA LA CONNESSIONE.....

TI ABBRACCIO TESO' E UN BACIONE AI BAMBINI...SARAH












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cinzia76



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MessaggioInviato: Mer Gen 27, 2010 16:49    Oggetto: Rispondi citando


Grazie per aver ricordato questa giornata....
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Antonietta68



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MessaggioInviato: Mer Gen 27, 2010 18:41    Oggetto: Rispondi citando


Amiche mie vi ringrazio anche da qui per gli auguri,Sarah tu ti sei collegata proprio per questo e per me questo gesto è indice di grande affetto,grazie ancora di cuore.
Sarah tu saresti perfetta per parlare dell'animo umano,ti ho sempre ritenuta una persona saggia,che sa capire le persone,che legge tra le parole dette,che traduce i silenzi.Ne riparleremo al tuo rientro,ti bacio con amore.
Cinzia non avrei potuto non ricordare questa giornata,come si fa?Il ricordo deve essere un impegno per tutti noi,i nostri figli,i nostri nipoti,devono sapere come la furia umana di un popolo capeggiata da un pazzo,possa aver sterminato 6 milioni di persone,di ebrei.Le atrocità commesse sono pietosamente indescrivibili.Ho letto e visto tanti film e documentari sull'olocausto;nonostante la crudelà di questa tragedia, c'è stao sempre un qualcosa che mi ha spinto a cercare di capire il perchè di quello che è successo,perchè non si è potuto intervenire prima,perchè si è taciuto tanto.E' un argomento troppo complicato da poter essere discusso,ma sono sicura che attraverso il ricordo,attraverso le immagini crudeli,attraverso il racconto dei pochi sopravvissuti,si possa far in modo che una cosa simile non avvenga mai più.

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