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1861-2011:ricordiamo insieme i 150 anni dell'unità d'Italia.
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Antonietta68



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MessaggioInviato: Mar Mar 22, 2011 11:49    Oggetto: Rispondi citando


Negli ultimi giorni mi sembra di essere ritornati indietro nel tempo:siamo in guerra,anche se ci dicono che non è così Rolling Eyes i nostri soldati continuano a morire,siamo invasi da persone che scappano dal loro paese in cerca di salvezza..........
Festeggiamo l'unità d'Italia anche se c'è chi si ostina a volerla separare!
Nel mondo ci sono guerre in atto perchè il popolo vuole la libertà,la dignità e una vita migliore,ma con la violenza queste cose non si possono ottenere!Non sono daccordo ai bombardamenti dell'Italia sulla Libia,come non sono daccordo che dobbiamo essere soli ad aiutare tutti i profughi che in queste settimane hanno invaso Lampedusa.Ci hanno fatto bombardare la Libia perchè facciamo parte della comunità europea e dell'ONU,bene:si prendessero cura anche tutti gli altri stati dell'emergenza di questi profughi,perchè è disumano rimandarli indietro!Con quale coraggio si può rifiutare un aiuto a persone che arrivano in condizioni assurde,che mettono a repentaglio la loro vita,che fuggono dal loro paese e non sanno a cosa vanno incontro.......come si fa a non accoglierle e a rimandarle nell'inferno da cui sono scappate?
Si facciano carico tutti gli stati di questo problema e non lascino sola l'Italia.Nonostante i nostri problemi siamo il popolo che aiuta di più nella beneficenza,abbiamo un cuore grande e mai come ore posso dire di essere orgogliosa di essere Italiana.

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cinzia76



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MessaggioInviato: Mer Mar 23, 2011 15:39    Oggetto: Rispondi citando


Concordo con ogni tua parola teso' Wink !
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PattyRose



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MessaggioInviato: Mar Mar 29, 2011 07:41    Oggetto: Rispondi citando


Centocinquantesimo, i 20 milioni di emigrati che unirono l’Italia

C’è qualcosa che è stato notato più volte a proposito delle foto di emigranti: i corpi, i volti, gli atteggiamenti, le posture degli italiani fotografati ad Ellis Island e degli albanesi arrivati sulle coste italiane, ma anche dei maghrebini, dei curdi, dei bengalesi hanno una impressionante somiglianza. E se una facile retorica potrebbe spiegare che si tratta di situazioni simili, di una comune emergenza la cosa che rimane da spiegare è proprio perché questa somiglianza si è stampata così fortemente nelle facce, nelle mani, nelle espressioni. Pasolini avrebbe detto che si trattava di gente che aveva ancora un volto, che si trattava di un’umanità che non si era conformata a dei parametri di ottusità da benessere. Non so se avesse ragione, ma è vero che nelle facce di chi scavalca un oceano o un mare in cerca di fortuna si legge una tensione ed una apertura allo stesso tempo che hanno qualcosa di impressionante. Si legge la storia nelle facce delle persone, come se queste diventassero da sole narrazione. Poi ovviamente c’è una asciuttezza, una essenzialità di corpi non abituati agli eccessi del benessere.

Gianni Amelio aveva rimarcato la cosa nel film «Lamerica» per la somiglianza tra albanesi e italiani. Quelle facce contadine somigliavano troppo alle facce dei nostri braccianti di trenta, quarant’anni prima. Per una mostra organizzata qualche anno fa per le Cabriniane a Roma, sul tram numero 8, avevamo messo a confronto le foto degli italiani arrivati ad Ellis Island con quelle degli immigrati arrivati da poco sul nostro territorio. Alcune foto, come quelle dei bambini italiani impiegati nei bowling di New York a rimettere a posto i birilli, erano impressionanti e facevano coro con le foto di fronte di bambini cingalesi o di bambini rom.

Viene quasi da pensare che il benessere sia un modo con cui alcuni popoli riescono a travestirsi al punto tale da dimenticarsi chi erano. C’è un modo di distanziarsi dai corpi dei nonni che venivano dal campo o dalla montagna, dalla pesca o dall’artigianato, per allontanare la storia che ci ha portato fin qui. L’Italia è un Paese che ha particolarmente praticato l’oblio. In occasione del centocinquantenario dell’Unità d’Italia occorrerebbe ricordare i 20 milioni di italiani emigrati che hanno contribuito a costruire il Paese molto di più di quelli che sono rimasti.

E occorrerebbe ricostruire tutta quella generazione di meridionali che hanno costruito il mondo straordinario della Torino e della Milano operaia, quella particolare maniera di muoversi e di parlare che fino a qualche anno fa era ancora così evidente. C’era una concretezza ed una umanità tutta meridionale in quei nuovi accenti lombardi e veneti, in quel modo di appropriarsi dell’accento piemontese per scandire la propria nuova condizione.

È solo di un Paese precipitato nell’ignoranza come il nostro l’incapacità di ammettere la straordinaria ricchezza di quest’opera di creolizzazione. Le foto degli emigranti e degli immigrati ci aiutano a capire che tipo di geografie viventi sono i corpi in transito, che tipo di capolavori di sintesi sono le narrazioni che hanno sede nei petti e nelle gambe degli emigrati. E ovviamente non è finita: solo due anni fa girando un documentario sui miei concittadini di Terrasini emigrati nei mari freddi a nord di Boston mi meravigliavo di facce che avevo lasciato bambine quarant’anni prima e di come erano state scolpite dal mare, dalla lingua straniera appresa, dai modi diversi e però continui con la propria origine. Ivan Illich parlava di 'embodiment', di incarnazione: gli emigrati sono l’incarnazione della nuova geografia del mondo.


Franco La Cecla

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Antonietta68



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MessaggioInviato: Mar Mar 29, 2011 11:10    Oggetto: Rispondi citando


Sono perfettamente daccordo su ciò che dice La Cecla e aggiungo che mai come in questo momento ci troviamo dalla perte opposta" dell'oceano!!!"L'emergenza di Lampedusa può essere paragonata,in parte perchè gli italiani andavano in cerca di fortuna,questi poveri profughi di Lampedusa scappano dalla morte,il che è molto diverso..Gli italiani cercavano un lavoro che potesse garantire "il pane" alla loro famiglia e a quella di origine.Spesso erano ragazzi,bambini,che attraversavano l'oceano con il cuore a pezzi e con gli occhi spalancati per non perdersi nemmeno un briciolo di visione per quello che stava per diventare il loro nuovo paese.Sapevano che difficilmente sarebbero tornati in patria,infatti il loro obiettivo era quello di poter un giorno fare arrivare all'America,all'Argentina,a Torino i loro familiari.Tanti ci sono riusciti,altri sono rimasti e si sono fatti una famiglia in quel posto;pochi sono ritornati nella loro terra d'origine.


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Antonietta68



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MessaggioInviato: Mar Mar 29, 2011 11:56    Oggetto: Rispondi citando


--Il più grande esodo migratorio della storia moderna è stato quello degli Italiani.

--A partire dal 1861 sono state registrate più di ventiquattro milioni di partenze. Nell'arco di poco più di un secolo un numero quasi equivalente all'ammontare della popolazione al momento dell'Unità d'Italia si avventurava verso l'ignoto.

--Si trattò di un esodo che toccò tutte le regioni italiane. Tra il 1876 e il 1900 l'esodo interessò prevalentemente le regioni settentrionali con tre regioni che fornirono da sole il 47 per cento dell'intero contingente migratorio: il Veneto (17,9), il Friuli Venezia Giulia (16,1 per cento) e il Piemonte (12,5 per cento).

--Nei due decenni successivi il primato migratorio passò alle regioni meridionali. Con quasi tre milioni di persone emigrate soltanto da Calabria, Campania e Sicilia, e quasi nove milioni da tutta Italia.



Coloni modenesi a Capitan Pastene (Cile) nel 1910: la Famiglia Castagna


CARATTERISTICHE

Tra il 1861 e il 1985 sono state registrate più di 29 milioni di partenze dall'Italia[1]. Nell'arco di poco più di un secolo un numero quasi equivalente all'ammontare della popolazione al momento dell'Unità d'Italia (25 milioni nel primo censimento italiano) si trasferì in quasi tutti gli Stati del mondo occidentale e in parte del Nord Africa.

Si trattò di un esodo che toccò tutte le regioni italiane. Tra il 1876 e il 1900 l'esodo interessò prevalentemente le regioni settentrionali con tre regioni che fornirono da sole il 47 per cento dell'intero contingente migratorio: il Veneto (17,9%), il Friuli-Venezia Giulia (16,1%) ed il Piemonte (12,5%). Nei due decenni successivi il primato migratorio passò alle regioni meridionali. Con quasi tre milioni di persone emigrate soltanto da Calabria, Campania e Sicilia, e quasi nove milioni da tutta Italia.

Si può distinguere l'emigrazione italiana in due grandi periodi: quello della grande emigrazione tra la fine del XIX secolo e gli anni trenta del XX secolo (dove fu preponderante l' emigrazione americana) e quello dell'emigrazione europea, che ha avuto inizio a partire dagli anni cinquanta.


LA GRANDE EMIGRAZIONE.
Stima del numero di emigranti nei periodi 1876-1900 e 1901-1915, divisi per regione di provenienza
« Que coisa entendeis por uma nação, senhor ministro?”. É a massa dos infelizes? Plantamos e ceifamos o trigo, mas nunca provamos do pão branco. Cultivamos a videira, mas não bebemos o vinho. Criamos os animais, mas não comemos a carne... Apesar disso, vós nos aconselhais a não abandonar a nossa pátria. Mas é uma pátria a terra em que não se consegue viver do próprio trabalho? »

« Cosa intende per nazione, signor Ministro? Una massa di infelici? Piantiamo grano ma non mangiamo pane bianco. Coltiviamo la vite, ma non beviamo il vino. Alleviamo animali, ma non mangiamo carne. Ciò nonostante voi ci consigliate di non abbandonare la nostra Patria. Ma è una Patria la terra dove non si riesce a vivere del proprio lavoro? »
(Risposta di un emigrante ad un ministro italiano, sec. XIX[3][4][5][6], riportata da Costantino Ianni - Homens sem paz, Civilização Brasileira, 1972, ed esposta nel Memoriale dell'immigrato di San Paolo)

La grande emigrazione ha avuto come punto d'origine la diffusa povertà di vaste zone dell'Italia e la voglia di riscatto d'intere fasce della popolazione, la cui partenza significò per lo Stato e la società italiana un forte alleggerimento della "pressione demografica". Essa ebbe come destinazioni soprattutto l'America del sud ed il Nord America (in particolare Stati Uniti, Brasile e Argentina, paesi con grandi estensioni di terre non sfruttate e necessità di mano d'opera) e, in Europa, la Francia. Ebbe modalità e forme diverse a seconda dei paesi di destinazione.
Mercanti italiani in Jequié, Brasile, anno 1930.

A partire dalla fine del XIX secolo vi fu anche una consistente emigrazione verso l'Africa, che riguardò principalmente l'Egitto, la Tunisia ed il Marocco, ma che nel secolo XX interessò pure l'Unione Sudafricana e le colonie italiane della Libia e dell'Eritrea.

Negli Stati Uniti e in Brasile si caratterizzò prevalentemente come un'emigrazione di lungo periodo, spesso priva di progetti concreti di ritorno in Italia, mentre in Argentina ed Uruguay fu sia stabile che temporanea .

I periodi interessati dal movimento migratorio vanno dal 1876 al 1915 e dal 1920 al 1929 circa. Sebbene il fenomeno fosse già presente fin dai primi anni dell'Unità d'Italia è nel 1876 che viene effettuata la prima statistica sull'emigrazione a cura della Direzione Generali di Statistica. Si stima che solo nel primo periodo partirono circa 14 milioni di persone[2] (con una punta massima nel 1913 di oltre 870.000 partenze), a fronte di una popolazione italiana che nel 1900 giungeva a circa 33 milioni e mezzo di persone.

Molti piccoli paesi (in particolare quelli a tradizione contadina) si spopolarono. Particolare il caso del comune di Padula, piccolo centro nel salernitano, che tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX secolo ha visto, nell'arco di 10 anni, la sua popolazione dimezzarsi.



Stima del numero di emigranti nei periodi 1876-1900 e 1901-1915, divisi per regione di provenienza.




Mercanti italiani in Jequié, Brasile, anno 1930.

L'EMIGRAZIONE AMERICANA.

La simbolica data d'inizio dell'emigrazione italiana nelle Americhe può essere considerata il 4 ottobre 1852, quando venne fondata a Genova la Compagnia Transatlantica per la navigazione a vapore con le Americhe.

L'emigrazione nelle Americhe fu enorme nella seconda metà dell'Ottocento e nei primi decenni del Novecento. Quasi si esaurì durante il Fascismo, ma ebbe una piccola ripresa subito dopo la fine della seconda guerra mondiale.

Le nazioni dove più si diressero gli emigranti italiani furono gli Stati Uniti nel Nordamerica, ed il Brasile e l' Argentina nel Sudamerica. In questi tre Stati attualmente vi sono circa 65 milioni di discendenti di emigrati italiani.

Una quota importante di Italiani andò in Uruguay, dove i discendenti di Italiani nel 1976 erano 1.300.000 (oltre il 40% della popolazione, per via della ridotta dimensione dello Stato).

Quote consistenti di emigranti italiani si diressero anche in Venezuela e in Canada, ma vi furono anche nutrite colonie di emigranti italiani in Cile, Peru, Messico, Paraguay, Cuba e Costa Rica.

Praticamente l'emigrazione massiccia italiana nelle Americhe si esaurì negli anni sessanta, dopo il miracolo economico italiano, anche se continuò fino agli anni ottanta in Canada e Stati Uniti.



Mulberry Street, Little Italy, New York, primi del '900


EMIGRAZIONE EUROPEA

L'emigrazione europea della seconda metà del XX secolo, invece, aveva come destinazione soprattutto stati europei in crescita come Francia (a partire dagli anni 1850)[12], Svizzera, Belgio (a partire dagli anni 1940)[13][14] e Germania ed era considerata da molti, al momento della partenza, come un'emigrazione temporanea - spesso solo di alcuni mesi - nella quale lavorare e guadagnare per costruire, poi, un migliore futuro in Italia. Tuttavia questo fenomeno non si verificò e molti degli emigranti sono rimasti nei paesi di emigrazione.

Lo stato italiano firmò nel 1955 un patto di emigrazione con la Germania con il quale si garantiva il reciproco impegno in materia di migrazioni e che portò quasi tre milioni di italiani a varcare la frontiera in cerca di lavoro. Al giorno d'oggi sono presenti in Germania circa 650.000 cittadini italiani fino alla quarta generazione, mentre sono più di 500.000 in Svizzera: prevalentemente di origine siciliana, calabrese, abruzzese e pugliese, ma anche veneta ed emiliana dei quali molti ormai con doppio passaporto e possibilità di voto in entrambe le nazioni.

In Belgio e Svizzera le comunità italiane restano le più numerose rappresentanze straniere, e nonostante molti facciano rientro in Italia dopo il pensionamento, spesso i figli e i nipoti restano nelle nazioni di nascita, dove hanno ormai messo radici.

Un importante fenomeno di aggregazione che si riscontra in Europa come anche negli altri paesi e continenti meta dei flussi migratori italiani è quello dell'associazionismo di emigrazione. Il Ministero degli Esteri calcola che sono presenti all'estero oltre 10.000 associazioni costituite dagli emigrati italiani nel corso di oltre un secolo. Associazioni di mutuo soccorso, culturali, di assistenza e di servizio, che hanno costituito un fondamentale punto di riferimento per le collettività emigrate nel difficile percorso di integrazione nei paesi di arrivo. Le maggiori reti associative di varia ispirazione ideale, sono oggi riunite nella CNE (Consulta Nazionale dell'Emigrazione). Una delle maggiori reti associative presente nel mondo, assieme a quelle del mondo cattolico è quello della FILEF - Federazione Italiana Lavoratori Emigranti e Famiglie.







Emigranti che partono per la Svizzera,Germania,Belgio.

EMIGRAZIONE INTERNA

Le migrazioni interne diventarono importanti negli anni '50 e '60, esse furono essenzialmente di due tipi:

* Gentlemen Migration ovvero lo spostamento di giovani rampolli dalle campagne alle città per motivi di studi.
* Trasferimento nelle città industriali dell'area Nord-ovest di giovani maschi, sposati o in procinto, con basso titolo di studio. Le donne, invece, emigrarono secondo il modello "catena di richiamo" ovvero partono prima gli uomini e successivamente c'è il ricongiungimento familiare.

A partire dal 1995 l'istituto SVIMEZ (Istituto Sviluppo Mezzogiorno) inizia ad osservare una certa ripresa dell'emigrazione interna. L'origine dei flussi continua ad essere dalle regioni del Mezzogiorno ma la destinazione prevalente è diretta, adesso, verso il Nord-est e parte del Centro. Le regioni più attive sono la Lombardia orientale, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana e Umbria.

Tuttavia la figura dell'emigrante contemporaneo è in generale molto diversa dal suo omologo della generazione precedente. Infatti solo alcuni emigrano insieme alla famiglia, la maggior parte lo fa individualmente, si sottopone a lunghi spostamenti pendolari e condivide con altri, nella stessa condizione, un alloggio, spesso sovraffollato. Sull'asse dell'emigrazione sud-nord, bisogna segnalare i laureati che non trovando lavoro nelle vicinanze di casa, si spostano nelle regioni del nord, dove la richiesta di "cervelli" (insegnanti, medici, avvocati, ecc.) è costante, con una domanda spesso superiore all'offerta, in particolare per quel che concerne la scuola. Un altro filone è rappresentato da giovani arruolati nelle forze dell'ordine (Guardia di finanza, Carabinieri, Polizia) che prestano servizio nelle caserme del nord.













I MERIDIONALI CHE HANNO FATTO GRANDE IL NORD


ORIUNDI ITALIANI

Nei secoli XIX e XX, quasi 30 milioni di italiani hanno lasciato l'Italia con destinazioni principali le Americhe, l'Australia e l'Europa occidentale.[1]

Attualmente vivono milioni di oriundi italiani in differenti nazioni del mondo: i più numerosi sono in Brasile, Argentina e Stati Uniti d'America.

Si consideri che un oriundo può avere un antenato lontano nato in Italia, quindi la maggioranza degli oriundi ha solo il cognome italiano (e spesso neanche quello) ma non la cittadinanza italiana.

In molti Paesi, specialmente del Sud America, le stime sono molto approssimative poiché non esiste alcun tipo di censimento sulle proprie origini (come accade invece in U.S.A. o Canada).

Comunque, la cifra totale degli oriundi italiani oscilla approssimativamente intorno agli 80 milioni, secondo i Padri Scalabriniani.

EMIGRAZIONE ITALIANA MODERNA

Nei primi anni 2000 si è attenuato il flusso emigratorio dall'Italia nel mondo, caratterizzato attualmente per un quarto da professionisti spesso laureati (la cosiddetta "fuga dei cervelli").

Resta comunque una collettività di quasi 4 milioni di Italiani residenti all'estero, anche se ridotta di molto dai 9.200.000 dei primi anni venti (quando era circa un quinto dell'intera popolazione italiana).

Il "Rapporto Italiani nel Mondo 2009" realizzato della Fondazione Migrantes, che fa capo alla Cei, nel novembre 2009 ha precisato che:
« Gli italiani residenti all'estero all'aprile 2009 risultavano 3.915.767 (il 47,6% sono donne), mentre gli stranieri in Italia ammontavano a quella data a 3.891.295. La comunità italiana emigrata continua ad aumentare sia per nuove partenze, che proseguono, sia per crescita interna (allargamento delle famiglie o persone che acquistano la cittadinanza per discendenza). L'emigrazione italiana si concentra in prevalenza tra l'Europa (55,8%) e l'America (38,8%). Seguono l'Oceania (3,2%), l'Africa (1,3%) e l'Asia con lo 0,8%. Il Paese con più italiani è la Germania (616.407) seguito da Argentina (593.520) e Svizzera (520.713).Inoltre, il 54,8% degli emigrati italiani è di origine meridionale (oltre 1 milione e 400 mila del Sud e quasi 800mila delle Isole); il 30,1% proviene dalle regioni settentrionali (quasi 600mila dal Nord-Est e 580mila dal Nord-Ovest); il 15% (588.717) è, infine, originario delle regioni centrali. Gli emigrati del Centro-Sud sono la stragrande maggioranza in Europa (62,1%) e in Oceania (65%). In Asia e in Africa, invece, la metà degli italiani proviene dal Nord. La regione che ha più emigrati è la Sicilia (646.993), seguita da Campania (411.512), Lazio (346.067), Calabria (343.010), Puglia (309.964) e Lombardia (291.476). Quanto alle province con più italiani all'estero, il record spetta a Roma (263.210), seguita da Agrigento (138.517), Cosenza (138.152), Salerno (108.588) e Napoli (104.495).

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cinzia76



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MessaggioInviato: Mar Mar 29, 2011 15:25    Oggetto: Rispondi citando


Grazie teso' sei piu' dettagliata di un'enciclopedia Wink !
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genziana



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MessaggioInviato: Mar Mar 29, 2011 16:04    Oggetto: 1861-2011:ricordiamo insieme i 150 anni dell'unità d'Italia. Rispondi citando






"CENTOCINQUANTA" • 1ª • 17 Marzo 2011 • RAI UNO


            Alessandro Preziosi ha interpretato
            " Lettera di un soldato alla madre "

            Dal fronte / Guerra Mondiale, 1915-18

www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-77f7cae1-d6e2-468e-9b01-ab6fda282185.html ( a partire da 1 ora 40' circa, ingrandibile a schermo intero )





"CENTOCINQUANTA" • 2ª • 23 Marzo 2011 • RAI UNO


            Alessandro Preziosi ha interpretato
            'Lettera d'un emigrante alla madre'
            Italiani verso l'America, 1876-1930

www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-2d66b6c2-b325-4bb2-a8b7-da90d88c7371.html (rivedi in video, ingrandito a schermo intero con Silverlight)







      insieme con Alessandro VIVA L'ITALIA !!!

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Antonietta68



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MessaggioInviato: Mer Mar 30, 2011 10:43    Oggetto: Rispondi citando


Cara Genziana, penso proprio che il nostro capitano ci stia bene in questo topic,soprattutto con l'ultima lettura che ha fatto alla trasmissione da te sopra menzionata.
Potremmo paragonare Alessandro ad un emigrante moderno,un emigrante al contrario.Mi spiego meglio:sappiamo tutti che Alessandro si è laureato a pieni voti e che aveva davanti a lui un avvenire già segnato e luminoso.Viene da una famiglia di illustri avvocati napoletani,e a Napoli,come credo in altre città,certi "mestieri" si ereditano,si tramandano.Un avvocato si aspetta che suo figlio faccia il suo stesso lavoro,soprattutto quando ci sono i mezzi e le possibilità!Invece,Alessandro che fa?Lascia Napoli,dove aveva un futuro sereno,e va a fare "l'emigrante" a Milano,per inseguire il suo sogno,la sua passione:fare l'attore.
Per mantenersi fa di tutto,si priva degli agi che aveva,per dimostrare a se stesso e ai suoi genitori che c'è l'avrebbe fatta.
Come un emigrante è solo al nord,senza la sua famiglia,con un figlio piccolo lontano,ma nonostante la lontananza non gli fa mancare nulla.
Anche se i figli degli emigranti avrebbero preferito avere un pezzo di pane in meno ma la presenza del papà!
Ha avuto successo nel lavoro e nella vita privata,si è riscattato,torna alle sue radici tutte le volte che vuole,anche se vive a Roma.
Tanti emigranti hanno avuto la sua stessa fortuna,sono diventati illustri uomini che hanno fatto l'Italia grande,medici,architetti,scienziati,scrittori,attori,commercianti........ritornano anche loro in patria tutte le volte che possono,anche se vivono lontano.
Che ne dite del mio pensiero?Sbaglio o possiamo paragonare Alessandro ad un emigrante del nostro tempo?????

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Antonietta68



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MessaggioInviato: Mer Mar 30, 2011 10:45    Oggetto: Rispondi citando



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MessaggioInviato: Mer Mar 30, 2011 10:46    Oggetto: Rispondi citando



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detchenpamo



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MessaggioInviato: Sab Apr 02, 2011 08:55    Oggetto: il tuo pensiero Rispondi citando


Molto interessante la tua maniera de vedere il percorso d'Alessandro.
Me piace !
Credo que noi tutti possiamo avere dei legami veri e fecondi nonostante
la lontananza fisica. Molti di miei parenti e amici sono lontani ,de par tutto
il mondo , ma le nostre comunicazione sono cariche di amore vero !
Un abbraccio
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Antonietta68



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MessaggioInviato: Sab Apr 09, 2011 18:00    Oggetto: Rispondi citando


Grazie,mi fa piacere che tu l'abbia trovata interessante.
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Antonietta68



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MessaggioInviato: Sab Apr 09, 2011 18:19    Oggetto: Rispondi citando


Gli italiani che partivano dai porti Italiani per raggiungere l'America e altre destinazioni hanno dovuto fare i conti con qualcosa che non si aspettavano:i pregiudizi.
Vennero subito giudicati ignoranti,mafiosi o fascisti!!!
Il fenomeno dell'italofobia è riferito soprattutto ai paesi del Nordamerica e dell'Europa centro-settentrionale (Germania, Svizzera, Belgio ecc.) e dell'est europeo relegato principalmente alla Slovenia e ad una parte della Croazia. Nel caso del Nord America e dell' Europa centro-settentrionale si pensa che la causa fu l'emigrazione italiana di massa giunta a coprire settori occupazionali considerati disagevoli, che gli abitanti locali rifiutavano di svolgere per ragioni sanitarie o di convenienza sociale (come ad esempio il settore minerario)[senza fonte]. Come mostra la seguente casistica, i Paesi in cui avvennero ampi fenomeni di intolleranza e pregiudizio nei confronti degli Italiani sono: la Svizzera, l'Inghilterra, la Francia, la Germania, l'Australia, il Canada e gli Stati Uniti d'America , mentre nel caso di Slovenia e Croazia le ragioni vanno ricondotte ad una matrice storica che a tutt'oggi non si è pienamente dissipata .
* Nel 1890 a New Orleans furono linciati 11 Italiani, tutti siciliani, accusati ingiustamente di aver ucciso il capo della polizia urbana.
* Nell'agosto del 1893 la cittadina francese di Aigues-Mortes fu teatro di un conflitto tra operai francesi ed italiani (soprattutto piemontesi, ma anche lombardi, liguri, toscani) impiegati nelle saline di Peccais, che si trasformò in un vero e proprio eccidio con nove morti e un centinaio di feriti tra i lavoratori italiani. La tensione che ne seguì fece sfiorare la guerra tra i due Paesi.
* In un tribunale dell'Alabama, nel 1922 (processo Rollins versus Alabama), avvenne la discriminazione di una donna italiana, perché considerata non appartenente alla "razza bianca" — criterio sul quale si fondava il giudizio della corte.[4]
* Durante il processo agli anarchici italiani Sacco e Vanzetti, avvenuto a Boston nel 1927, il pregiudizio contro gli immigrati italiani emerse con chiarezza e contribuì, pur non essendo l'elemento decisivo, alla loro condanna a morte.
* In Australia, gli Italiani dal 1891 agli anni sessanta del XX secolo erano schedati dagli uffici dell'immigrazione come Coloured, Semi-White oppure Olive — per via della pelle olivastra.
* Il sentimento anti-italiano in Svizzera si manifestò nel 1971 con un fatto di violenza: l'uccisione dell'immigrato italiano Alfredo Zardini.
* Il presidente statunitense Richard Nixon, durante la sua visita in Italia all'inizio degli anni settanta, dichiarò che non soltanto gli italiani si comportavano in un modo diverso dagli altri europei, ma avevano anche un "odore" diverso.
* La copertina della rivista tedesca Der Spiegel nel 1977, periodo di acme degli anni di piombo, mostrava la foto di un piatto di spaghetti conditi con sopra una pistola, in riferimento alla presenza del terrorismo in Italia. Fu replicata nel 2006, in occasione dei mondiali di calcio: l'intento era ironico, ma con sfumature razziste, vista la decontestualizzazione dell'immagine (originariamente riferita a fatti di violenza).
* Nel 1990 all'appassionato di golf John A. Segalla, ricco costruttore nello Stato del Connecticut, venne negata l'iscrizione ad un prestigioso ed esclusivo circolo del golf a causa del cognome italiano. Ciononostante, egli rispose all'offesa ricevuta costruendo il proprio club di golf nel 1993.
* Nel 2004, Daniel Mongiardo, medico e politico democratico italo-americano, concorse contro il Repubblicano Jim Bunning per il seggio senatoriale del Kentucky. Visti l'aspetto fisico e la carnagione scura del concorrente, Bunning dichiarò che "assomigliava ad uno dei figli di Saddam Hussein"[6] e, in seguito, riferì che gli scagnozzi di Mongiardo avevano assalito sua moglie.[senza fonte]
* In una rivista giapponese del 2006 è apparsa una classifica intitolata Itaria-jin no ya-na tokoro besto ten (Le dieci cose peggiori degli italiani), che descrive gli italiani come bugiardi, ritardatari e irrispettosi delle regole (questo è un esempio di anti-italianismo "leggero", in quanto l'avversione per un gruppo va di pari passo con l'individuazione di luoghi comuni negativi che lo caratterizzano).
* Il 10 ottobre 2007, in Germania, il Tribunale di Bückeburg ha ridotto la pena da 8 a 6 anni di carcere ad un cameriere italiano riconosciuto colpevole di stupro, segregazione e violenza di gruppo verso la sua ragazza. Nel formulare tale giudizio si tenne anche in considerazione la sua origine sarda. Nella sentenza di condanna, la riduzione di pena è stata così giustificata dal giudice tedesco: "Si deve tenere conto delle particolari impronte culturali ed etniche dell'imputato. È sardo. Il quadro del ruolo dell'uomo e della donna, esistente nella sua patria, non può certo valere come scusante, ma deve essere tenuto in considerazione come attenuante".
* Nel 2008, in Germania, la catena di negozi Mediamarkt ha commissionato una serie di spot pubblicitari che hanno per protagonista un Italiano vestito come un buzzurro (canottiera con stemma tricolore, occhiali da sole sulla fronte, catena d'oro al collo, baffetti neri e parlata maccheronica) che si comportava come un truffatore sempre pronto a turlupinare il prossimo compiacendosi dei suoi biechi sotterfugi. La macchietta appare assai simile al personaggio di Alberto Bertorelli, protagonista di una vecchia sit-com della BBC.
* Nel 2009, un istituto di lingue olandese, per pubblicizzare i propri corsi di lingue definì gli italiani "pagliacci di pasta".




Episodio di linciaggio contro gli italiani a New Orleans nel 1890.




Vignette anti italiane pubblicate sul giornale "The Mascot" di New Orleans nel 1888

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MessaggioInviato: Gio Apr 14, 2011 17:20    Oggetto: Rispondi citando


Il nostro capitano è stato protagonista di film che raccontano la storia dell'unità d'Italia.
Il primo è sicuramente "I VICERE' ",dove impersonava il protagonista principale,il principe Consalvo.




I Viceré è il romanzo più celebre di Federico De Roberto che ne iniziò la stesura a Milano nel 1894 raccogliendo materiale sulle vicende del risorgimento meridionale, qui narrate attraverso la storia di una nobile famiglia catanese, quella degli Uzeda di Francalanza (ispirata a Casa Paternò ed in particolare la figura del Marchese di San Giuliano, Antonino Paternò Castello che nel romanzo è identificato con il giovane Consalvo Uzeda e che in realtà fu Sindaco di Catania, Ambasciatore e Ministro degli Esteri), discendente da antichi Viceré spagnoli della Sicilia ai tempi di Carlo V.

Questa "storia di famiglia" si ispira al principio positivistico e naturalistico della race (l'ereditarietà), con tutte le sue conseguenze.
I componenti della famiglia degli Uzeda sono accomunati dalla razza e dal sangue vecchio e corrotto, dovuto anche ai numerosi matrimoni tra consanguinei.
Quanto emerge da questa famiglia è la spiccata avidità, la sete di potere, le meschinità e gli odii che i componenti nutrono l'uno per l'altro alimentando in ciascuno una diversa patologica monomania.

Ogni membro della famiglia ha una storia segnata dalla corruzione morale e biologica che si evidenzia anche nella loro fisionomia e nelle deformità fisiche che verranno riassunte dall'autore nell'episodio di Chiara che, dopo aver partorito un feto mostruoso lo conserva sotto spirito in un boccione di vetro.

Ma I Viceré sono, oltre "una storia di famiglia", anche una rappresentazione dagli accenti forti e disillusi della storia italiana tra il Risorgimento e l'unificazione (il romanzo è infatti ambientato negli anni tra il 1855 e il 1882, nella quale si svolgono le vicende e le fortune degli Uzeda




LA TRAMA

Il romanzo è diviso in tre parti: la prima parte inizia con la morte della vecchia principessa Teresa, crudele e dispotica, e termina con la caduta del regno borbonico e con l'elezione a deputato di Gaspare Uzeda; la seconda parte si chiude con la presa di Roma e con la conversione al liberalismo di don Blasco; la terza con le prime elezioni a suffragio allargato del 1882 in cui l'ultimo discendente di fede reazionaria e borbonica, Consalvo, finge idee di sinistra per mantenere intatto il suo potere, convinto che - al di là di ogni rivolgimento storico - nulla possa veramente cambiare e che i privilegiati debbano adattarsi alle nuove situazioni politiche, come quella successiva all’unità, potendo solo così mantenere intatti dominio e potere.

Emerge da questo quadro il fallimento degli ideali risorgimentali con una interpretazione già presente nelle novelle Il reverendo, Libertà e Mastro-don Gesualdo del Verga e che accomuna molti tra gli scrittori meridionali, da Pirandello, nel romanzo I vecchi e i giovani, a Tomasi di Lampedusa, nel Gattopardo.

Nell'explicit del lavoro di De Roberto, quando Consalvo, ormai deputato, parla alla "zitellona" zia Ferdinanda, vi è l'intera chiave di lettura del romanzo:
« ... Noi siamo troppo volubili e troppo cocciuti ad un tempo. Guardiamo la zia Chiara, prima capace di morire piuttosto che di sposare il marchese, poi un'anima in due corpi con lui, poi in guerra ad oltranza. Guardiamo la zia Lucrezia che, viceversa, fece pazzie per sposare Giulente, poi lo disprezzò come un servo, e adesso è tutta una cosa con lui, fino al punto di far la guerra a me e di spingerlo al ridicolo del fiasco elettorale! Guardiamo, in un altro senso, la stessa Teresa. Per obbedienza filiale, per farsi dar della santa, sposò chi non amava, affrettò la pazzia ed il suicidio del povero Giovannino; e adesso va ad inginocchiarsi tutti i giorni nella cappella della Beata Ximena, dove arde la lampada accesa per la salute del povero cugino! E la Beata Ximena che cosa fu se non una divina cocciuta? Io stesso, il giorno che mi proposi di mutar vita, non vissi se non per prepararmi alla nuova. Ma la storia della nostra famiglia è piena di simili conversioni repentine, di simili ostinazioni nel bene e nel male... Io farei veramente divertire Vostra Eccellenza, scrivendole tutta la cronaca contemporanea con lo stile degli antichi autori: Vostra Eccellenza riconoscerebbe subito che il suo giudizio non è esatto. No, la nostra razza non è degenerata: è sempre la stessa. »


Quando I Viceré uscì non ebbe fortuna perché il naturalismo stava ormai declinando ed iniziava ad affermarsi la reazione spiritualistica di D'Annunzio, Fogazzaro, Pascoli. Inoltre, il tono troppo pessimistico e la forma poco elegante non potevano più essere apprezzati in un momento in cui trionfavano il nazionalismo ed il formalismo. A influenzare l'insuccesso del romanzo venne infine la critica negativa di Benedetto Croce.

Tuttavia I Viceré, insieme ai Malavoglia del Verga, è uno dei capolavori del Verismo italiano per la ricchezza dei personaggi, l'ampiezza della struttura e la vivezza della rappresentazione.



I PERSONAGGI DEL FILM

* Donna Teresa Risà in Uzeda, principessa di Francalanza e di Mirabella; figlia di un barone di Riscemi, sposa il principe Consalvo VII Uzeda di Francalanza, più giovane di lei di dieci anni, con cui dà alla luce sette figli; dopo la prematura morte del marito, si dedica da sola all'amministrazione del patrimonio di famiglia ridotto dallo sperperare del suocero Giacomo XIII. Le vincende narrate nel romanzo prendono le mosse il giorno della morte della principessa, avvenuta nel 1855.
* Don Giacomo Uzeda, principe di Francalanza; primogenito maschio della principessa Teresa e del principe Consalvo VII, è odiato dalla madre che gli preferisce il fratello più giovane Raimondo; avido, aggressivo e superstizioso, dopo la morte della madre, pur essendo il primogenito, è costretto a dividere l'eredità con il fratello Raimondo. Alla fine del romanzo, morirà di cancro, dopo aver diseredato il primogenito Consalvo e aver nominato sua erede universale la figlia Teresa.
* Don Raimondo Uzeda, conte di Lumera, figlio prediletto dalla principessa Teresa Uzeda; amante del lusso, delle belle donne e del gioco, sposa in prime nozze la baronessina milazzese Matilde Palmi con cui ha due figlie: Teresa e Lauretta, protagoniste del romanzo L'illusione; dopo la morte di Matilde, sposa Donna Isabella Fersa. Coerede insieme a Giacomo dello sterminato patrimonio di casa Uzeda, sparisce di scena in seguito a uno scandalo di donne e lascia al fratello Giacomo l'amministrazione della sua parte di eredità.
* Padre Don Blasco Uzeda, cognato della principessa Teresa, benedettino vizioso e collerico; costretto in gioventù dalla famiglia a prendere i voti, conduce una vita tutt'altro che ispirata i valori cristiani; dopo l'unità d'Italia e la soppressione dell'ordine benedettino è dimesso dallo stato clericale e ricompra all'asta i beni dei benedettini, dal suo iniziale sostegno ai Borboni si sposta per convenienza su posizioni liberali.
* Donna Ferdinanda Uzeda, cognata della principessa Teresa, detta la "zitellona"; rimasta nubile per volere della famiglia, riesce da sola attraverso l'usura ad accumulare un cospicuo patrimonio, gretta e ignorante ha una viscerale passione per l'araldica e per la storia della sua famiglia; le sue posizioni politiche, vicine ai Borboni e ostile al nuovo assetto istizionale portato dall'unità d'Italia, resteranno immutate per tutto il romanzo. L'ultima scena del libro la vede protagonista, ormai vecchia e malata, insieme al pronipote Consalvo.
* Don Gaspare Uzeda, duca d'Oragua, cognato della principessa, deputato al Parlamento e senatore del Regno; inizialmente borbonico, fiutando il rivolgimento dell'assetto politico che si sta profilando, sposa senza esitazioni la causa dei liberali e da questi si fa sostenere nella sua carriera politica; eletto deputato nel parlamento del nuovo stato unitario, pur non essendo in grado di sostenere neanche un discorso in pubblico, si barcamenerà per anni tra la destra e la sinistra storica, fino a diventare senatore. L'epilogo della sua vicenda sarà raccontato nel romanzo L'imperio.
* Donna Lucrezia Uzeda, figlia della principessa Teresa, sposa dopo la morte della madre l'avvocato Benedetto Giulente
* Don Ferdinando Uzeda, figlio della principessa Teresa, il "babbeo", il più distaccato dagli affari nobiliari della famiglia
* Donna Chiara Uzeda, figlia della principessa, sposata con il marchese Federico
* Padre Don Lodovico Uzeda, secondogenito della principessa Teresa, costretto a farsi monaco, diventerà cardinale
* Consalvo Uzeda, figlio del principe Giacomo XIV e della principessa Margherita
* Benedetto Giulente, marito di Lucrezia, liberale, aspira al posto di deputato, ma anche per sua imperizia non riuscirà mai nel suo intento. Successivamente sarà Consalvo a prendere il posto tanto ambito dall'avvocato. Sarà anche questo il seguito de L'imperio
* Teresina Uzeda, secondogenita di Giacomo, umile e rispettosa è soggiogata dalla figura autoritaria del padre
* Giovannino Radalì, "figlio del pazzo", cugino di Consalvo e compagno di monastero con lui, s'innamora di Teresina ma lascia che sia il fratello rozzo a sposarla.
* Angiolina, figlia della principessa costretta a farsi suora sotto il nome di Suor Maria crocifissa.







http://youtu.be/unym712s93A

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MessaggioInviato: Ven Apr 15, 2011 09:48    Oggetto: Rispondi citando


Altro film che ripercorre la storia d'Italia è "LA MASSERIA DELLE ALLODOLE",sempre con il nostro Alessandro.



La masseria delle allodole è il 18° film diretto dai fratelli Taviani. Tratto dal romanzo omonimo di Antonia Arslan, narra le vicende di una famiglia armena dell'Anatolia all'epoca del genocidio armeno (1915).

Il film è uscito nelle sale italiane il 4 maggio 2007

TRAMA

È il 1915. In una cittadina della Turchia vive la benestante famiglia armena degli Avakian. Alla morte dell'anziano capofamiglia, vengono invitati alle esequie anche alcuni Turchi, tra cui il colonnello Arkan, capo della guarnigione locale, nella speranza che i passati contrasti tra Turchi e Armeni siano ormai superati, e che si possa instaurare un rapporto di rispetto reciproco tra le due comunità. I funerali sono così l'occasione per la bella armena Nunik di rivedere il suo amato, l'ufficiale turco Egon. Quest'ultimo, pur appartenendo all'organizzazione dei Giovani Turchi, non ne condivide le posizioni anti-armene, e progetta di fuggire all'estero con Nunik.




Intanto Assadur, il figlio maggiore del patriarca, che da molti anni vive a Venezia e a cui il padre aveva vietato di tornare in patria, apprende che quest'ultimo ha comunque lasciato a lui la vecchia Masseria delle Allodole. Assadur decide che è venuto il momento di tornare in Anatolia e riunire di nuovo tutta la famiglia. La masseria viene così rimessa a nuovo, e inaugurata con una splendida festa, mentre Assadur inizia i preparativi per il viaggio.







Questi momenti di felicità sono però bruscamente interrotti. Le autorità turche contattano il generale Arkan, dicendogli senza mezzi termini che è arrivato il momento di sbarazzarsi degli Armeni, una volta per tutte: tutti i maschi devono essere uccisi, le donne deportate. Arkan è inorridito, ma deve obbedire agli ordini. Spera tuttavia di salvare la vita perlomeno degli Avakian, ma i suoi ordini non vengono rispettati, e una squadra di soldati turchi si presenta alla masseria, massacrando tutti gli uomini. Alla notizia della strage, Assadur vorrebbe affrettare il ritorno per aiutare gli Armeni, ma la notizia dell'ingresso in guerra dell'Italia lo fa desistere. Intanto il tentativo di fuga di Egon e Nunik è scoperto, ed Egon spedito al fronte contro i Russi.




Sotto la stretta sorveglianza dei soldati turchi, inizia così per le donne armene una lunga ed estenuante marcia verso il deserto. Qui le donne armene vengono maltrattate sotto le porte di Aleppo finché non verranno uccise tutte. Durante la sosta sotto le mura Nunik, la nipote del patriarca morto all'inizio del film, tenta di prostituirsi ad un soldato (Yasuf) per avere del cibo per i bambini. Quest'ultimo la riveste e le da del cibo per nulla in cambio, si crea un rapporto tra i due nella quale ci sarà la promessa del soldato che in casi estremi avrebbe dovuto uccidere Nunik per evitarle la sofferenza della tortura di cui lei aveva paura. Terrà questa promessa quando lei tenterà di scappare e verrà fermata e per non finire al rogo, verrà quindi decapitata da Yasuf. Quattro anni dopo la guerra finisce e lui stesso si autodenuncia per quest' atto durante un processo.




SCHEDA TECNICA DEL FILM

Paese Italia, Bulgaria, Francia, Regno Unito, Spagna
Anno 2007
Durata 122 min
Colore colore
Audio sonoro
Genere drammatico
Regia Paolo e Vittorio Taviani
Soggetto La masseria delle allodole
(Antonia Arslan)
Sceneggiatura Paolo e Vittorio Taviani
Produttore Stefano Dammicco, Gianfranco Pierantoni
Distribuzione (Italia) 01 Distribution
Fotografia Giuseppe Lanci
Montaggio Roberto Perpignani
Effetti speciali Enrico Pieracciani
Scenografia Andrea Crisanti
Costumi Lina Nerli Taviani
Interpreti e personaggi

* Paz Vega: Nunik
* Moritz Bleibtreu: Ferzan
* Alessandro Preziosi: Egon
* Ángela Molina: Ismene
* Arsinée Khanjian: Armineh
* Mohammed Bakri: Nazim
* Tchéky Karyo: Aram

NEL 2007 IL FILM HA VINTO IL PREMIO "EFEBO D'ORO".

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