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DIO NELLA NOSTRA VITA - PARTE TERZA
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PattyRose



Registrato: 16/12/04 18:33
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Residenza: Valle Santa

MessaggioInviato: Lun Gen 17, 2011 08:56    Oggetto: Rispondi citando


Per me Dio è Verità e Amore; Dio è etica e moralità; Dio è assenza di paura. Dio è la fonte della Luce e della Vita e tuttavia Egli è al di sopra e al di là di queste. Dio è coscienza. È lo stesso ateismo degli atei. Perché, nel Suo infinito amore, Dio permette all'ateo di esistere. Egli è il cercatore di cuori. È colui che trascende il discorso e la ragione. Egli conosce noi e i nostri cuori meglio di noi stessi. Non ci prende in parola, perché sa che, spesso, non parliamo sul serio, alcuni consapevolmente, altri inconsapevolmente.
È un Dio personale per quelli che hanno bisogno della Sua personale presenza. È un Dio in carne ed ossa per quelli che hanno bisogno della Sua carezza. È la più pura essenza. Egli semplicemente è per quelli che hanno fede. È tutte le cose per tutti gli uomini. È in noi e tuttavia al di sopra e al di là di noi...
Non può cessare di essere solo perché in Suo nome vengono commesse orribili immoralità o brutalità inumane. È tollerante. È paziente, ma anche terribile. È l'essere più esigente del mondo e del mondo che verrà. Adotta con noi lo stesso metro che noi usiamo con il nostro prossimo, uomini e bestie.
Per lui l'ignoranza non è una scusa. E al tempo stesso Egli ci perdona sempre, perché ci dà sempre la possibilità di pentirci.


Mahatma Gandhi


CON QUESTA PROFONDA MEDITAZIONE... Laughing SERENA SETTIMANA A TUTTI... Exclamation

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PattyRose



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Residenza: Valle Santa

MessaggioInviato: Mer Gen 19, 2011 17:05    Oggetto: Rispondi citando






18 -25 GENNAIO SETTIMANA DI PREGHIERA PER L'UNITA' DEI CRISTIANI


"Uniti nell'insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera" (cfr. Atti 2, 42)


Presentazione

La "Chiesa Madre" di Gerusalemme, con la sua grande diversità, offre alla nostra riflessione il tema tratto dagli Atti degli Apostoli: "Essi ascoltavano con assiduità l'insegnamento degli apostoli, vivevano insieme fraternamente, partecipavano alla Cena del Signore e pregavano insieme" (At 2, 42).

I testi del materiale per la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, che sono stati preparati dal gruppo locale, enfatizzano l'urgenza della preghiera di Gesù per l'unità: "che tutti siano una cosa sola [...] così il mondo crederà" (Gv 17, 21). L'unità è rappresentata dagli aspetti essenziali che sono citati nel testo chiave della Settimana: l'insegnamento degli apostoli, il radunarsi in comunione o koinonia, lo spezzare il pane e la preghiera. Questi elementi costituiscono un marchio di autenticità che dalla prima comunità – radunata il giorno di Pentecoste e inviata poi in tutto il mondo per condividere la morte salvifica e la resurrezione di Gesù, offerta liberamente a tutti – si trasmette come "continuità nell'apostolicità" in tutte le comunità nate da essa.

Nel 2010 abbiamo commemorato i grandi movimenti missionari della cristianità, con la celebrazione del centenario della Conferenza missionaria internazionale. In questo anno 2011 le chiese di Gerusalemme ci invitano a meditare su quella prima grande attività missionaria, per cui il cuore dell'attività dei seguaci di Gesù non si rivelò nell'"andare fuori" ma nel "riunirsi dentro". Essi furono chiamati a contemplare ciò che era il fulcro della loro fede, esemplificato nel modo in cui gli apostoli sprigionarono la forza delle parole e delle azioni di Gesù e come queste furono espresse nel loro insegnamento, e nel modo in cui essi vivevano e celebravano ciò che fu compreso come l'essenza dell'essere un discepolo di Cristo.

Al cuore dell'evento di Pentecoste esemplificato in Atti 2, vi è un "capovolgimento dall'interno verso l'esterno" dell'esperienza del mondo fino a quel momento. La divisione creata dall'esperienza della torre di Babele dove i popoli furono dispersi dalla confusione delle loro lingue, è superata dal dono dello Spirito Santo che rende comprensibile il messaggio degli apostoli nei vari idiomi, ma ancor più, la divisione è superata dall'unico linguaggio parlato e messo in pratica da Gesù, il linguaggio dell'amore, parlato e compreso da tutti. La preghiera di Gesù alla vigilia della sua morte è per l'unità di coloro che credono in lui, ed è, inoltre, una riflessione sulle sue stesse parole: "da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se vi amate gli uni gli altri" (Gv 13, 35).

L'amore di cui Cristo ha parlato è un amore di umile servizio gli uni agli altri. Radicalmente legato alla Parola di Dio fatta carne, questo servire è un servire alla verità della salvezza offerta da Dio ad ogni persona. Ecco perché le chiese di Gerusalemme ci ricordano l'esortazione di Paolo a vivere da riconciliati, che significa da redenti e uniti a Dio e, perciò, gli uni agli altri. Questa riconciliazione deve essere vissuta quale shalom di Dio, che, attraverso ciascuna delle nostre comunità, viene offerta al mondo. Di fronte alla precaria situazione dei cristiani in questa parte del mondo, c'è un urgente bisogno di preghiera per l'unità durante tutto l'anno che viene. Questa unità non è uniformità, ma una vita vissuta in modo autenticamente cristiano che diventa una sinfonia di diversità perché l'unico Spirito continua a comporre la partitura della lode a Dio.

Invitiamo tutti i cristiani in Italia ad unire le loro voci nella lode a Dio Trinità elevando la loro preghiera per l'unità dei cristiani in tutto il mondo, ma soprattutto nella nostra terra. Noi, come quei primi cristiani, abbiamo bisogno di continuare a pregare insieme per il dono dell'unità, che dà grande speranza al mondo, per la pacifica convivenza dei popoli e la pace nell'universo; così facendo anche noi saremo trasformati da questa preghiera, e a mano a mano ciò per cui preghiamo si realizzerà nel nostro stesso essere. Saremo rafforzati da questa preghiera e mossi ad incarnare la pace che sgorga da essa.

Come responsabili di comunità cristiane qui in Italia, affidiamo a ciascuno di voi individualmente e collettivamente, la partecipazione alla preghiera dell'unità per i cristiani durante tutto l'anno, cosicché la nostra testimonianza possa, come quella dei primi cristiani, essere visibile e costituire un modo di essere obbedienti alla preghiera di Gesù "che tutti siano una cosa sola" (Gv 17, 21).
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"Uniti nell'insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera" (cfr. Atti 2, 42)


Introduzione

La Chiesa in Gerusalemme, ieri, oggi, domani

Duemila anni fa i primi discepoli di Cristo riuniti a Gerusalemme, vissero l'esperienza dell'effusione dello Spirito Santo a Pentecoste, e furono uniti insieme come corpo di Cristo. In quell'evento i cristiani di ogni tempo e di ogni luogo riconoscono la propria origine come comunità di credenti, chiamati insieme a proclamare Gesù Cristo Signore e salvatore. Nonostante quella chiesa di Gerusalemme avesse dovuto affrontare delle difficoltà, sia interne che esterne, i suoi membri perseverarono in fedeltà e comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera.

Non è difficile vedere come la situazione dei primi cristiani nella Città Santa rispecchi quella della chiesa di Gerusalemme oggi. L'attuale comunità, infatti, rivive molte delle gioie e dei dolori della prima chiesa: ingiustizie e disuguaglianze, divisioni, ma anche fedele perseveranza e riconoscimento di una più vasta unità fra i cristiani.

Le chiese di Gerusalemme oggi ci offrono una visione di che cosa significhi lottare per l'unità, malgrado grandi problemi. Esse ci mostrano che l'anelito all'unità può essere più che semplici parole, e, in realtà, può orientarci verso un futuro di impegno concreto in cui anticipiamo la Gerusalemme celeste.

Ci vuole senso della realtà per realizzare questa idea. La responsabilità delle nostre divisioni resta nostra, esse sono il risultato delle nostre azioni. Quando preghiamo dobbiamo chiedere a Dio di cambiarci, di convertirci per lavorare attivamente per l'unità. Siamo disposti a pregare per l'unità, ma la sola preghiera non può sostituire l'azione concreta per l'unità. Non siamo forse noi stessi un impedimento all'azione dello Spirito Santo perché siamo noi l'ostacolo all'unità? Non è forse la nostra stessa bramosia che blocca l'unità?

La chiamata all'unità quest'anno giunge alle chiese di tutto il mondo da Gerusalemme, la chiesa madre. Memori delle proprie divisioni e dell'urgenza di fare di più per l'unità del corpo di Cristo, le chiese di Gerusalemme esortano tutti i cristiani a riscoprire i valori che tennero uniti i primi cristiani di Gerusalemme, quando essi rimasero fedeli all'insegnamento degli apostoli, alla comunione fraterna, allo spezzare il pane insieme e alla preghiera. Questa è la sfida che si pone innanzi a noi. I cristiani di Gerusalemme invitano i loro fratelli e le loro sorelle a rendere questa Settimana di preghiera un'occasione per un rinnovato impegno a lavorare per un ecumenismo genuino, fondato sull'esperienza della prima chiesa.

Quattro elementi di unità

La preghiera per la Settimana dell'unità dei cristiani 2011 è stata preparata dai cristiani di Gerusalemme, che hanno scelto come brano la pericope degli Atti degli Apostoli 2, 42-47, da cui il tema della Settimana che riprende il primo versetto: "Essi ascoltavano con assiduità l'insegnamento degli apostoli, vivevano insieme fraternamente, partecipavano alla Cena del Signore e pregavano insieme".

È un richiamo alle origini della prima chiesa in Gerusalemme che ispira al rinnovamento e al ritorno all'essenza della fede; è una chiamata a rivivere il tempo in cui la Chiesa era ancora unita. All'interno del tema vengono presentati quattro elementi peculiari della comunità cristiana originaria, ed essenziali alla vita di ogni comunità cristiana, ovunque essa si trovi. In primo luogo la parola, che era trasmessa dagli apostoli; in secondo luogo la comunione (koinonia), che era una caratteristica dei primi credenti ogniqualvolta si riunivano insieme; in terzo luogo, anch'esso segno distintivo della prima chiesa, la celebrazione eucaristica (lo spezzare il pane), che ricorda la nuova alleanza inaugurata da Gesù con la sua sofferenza, morte e resurrezione; in quarto luogo l'offerta di una incessante preghiera. Questi quattro elementi costituiscono i pilastri della vita della Chiesa e della sua unità.

La comunità cristiana della Terra Santa desidera mettere in rilievo questi elementi basilari, mentre eleva a Dio la preghiera per l'unità e la vitalità della Chiesa in tutto il mondo. I cristiani di Gerusalemme invitano le loro sorelle e i loro fratelli nel mondo ad unirsi in preghiera mentre essi lottano per la giustizia, la pace e la prosperità per tutti i popoli del loro territorio.

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"Uniti nell'insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera" (cfr. Atti 2, 42)


Il materiale di preghiera

Il lavoro iniziale che ha portato alla pubblicazione di questo materiale è stato effettuato da un gruppo di responsabili di comunità in Gerusalemme, che si sono incontrati su invito del Consiglio ecumenico delle chiese, il loro lavoro è stato facilitato dal Jerusalem Inter-Church Centre.

I testi proposti sono stati redatti nella loro stesura finale, durante una riunione della Commissione preparatoria internazionale nominata dal Consiglio ecumenico delle chiese e dal Pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani della Chiesa Cattolica.

L'incontro della Commissione preparatoria internazionale si è svolto presso il Monastero di san Cristoforo a Saydnaya, in Siria. I partecipanti desiderano estendere il loro ringraziamento a Sua Beatitudine Ignazio IV, Patriarca Greco-Ortodosso di Antiochia e al suo Staff a Damasco e a Saydnaya, per la calorosa accoglienza e la generosa ospitalità, e inoltre ai responsabili di chiese di varie tradizioni cristiane, per il loro sostegno e incoraggiamento.
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"Uniti nell'insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera" (cfr. Atti 2, 42)

Gli otto giorni

È possibile ravvisare un itinerario di fede attraverso la successione dei temi degli otto giorni. Dagli inizi nel cenacolo, la comunità cristiana sperimenta l'effusione dello Spirito Santo, che la rende capace di crescere nella fede e nell'unità, nella preghiera e nell'azione, così da divenire davvero una comunità di resurrezione, unita in Cristo, nella sua vittoria su tutto ciò che divide gli uni dagli altri e da lui. La chiesa di Gerusalemme diviene poi, a sua volta, un faro di speranza, un pegno della Gerusalemme celeste chiamata a riconciliare non soltanto le chiese, ma tutti i popoli.

Questo itinerario è guidato dallo Spirito Santo che porta i primi cristiani alla conoscenza della verità su Gesù Cristo, e che dona alla chiesa primitiva segni e prodigi per lo stupore di molti. Mentre proseguono nel loro viaggio, i cristiani di Gerusalemme si riuniscono con devozione per ascoltare la parola di Dio trasmessa dall'insegnamento degli apostoli e si radunano insieme nella comunione di fede, espressa nello spezzare il pane e nella preghiera. Rivestita dalla potenza e colma della speranza della resurrezione, la comunità celebra la sua sicura vittoria sopra il peccato e la morte tanto da avere il coraggio e la convinzione di essere essa stessa uno strumento di riconciliazione, capace di ispirare e sfidare tutte le genti a superare le divisioni e l'ingiustizia che le opprimono.

Il primo giorno espone il contesto della chiesa madre di Gerusalemme, evidenziando la sua continuità con la Chiesa di oggi in tutto il mondo. Ci ricorda il coraggio della prima chiesa e la sua ferma testimonianza alla verità, proprio nel momento in cui abbiamo bisogno di operare per la giustizia a Gerusalemme e nel resto del mondo.

Il secondo giorno richiama il fatto che la prima comunità riunita a Pentecoste era costituita da persone di diversa origine, proprio come la chiesa di Gerusalemme oggi presenta una ricca diversità di tradizioni cristiane. La nostra sfida oggi è di raggiungere una maggiore unità visibile in modi che abbraccino le nostre differenze e le nostre tradizioni.

Il terzo giorno guarda all'essenziale dell'unità: la parola di Dio consegnata attraverso l'insegnamento degli apostoli. La chiesa di Gerusalemme ci ricorda che, qualsiasi siano le nostre divisioni, quell'insegnamento ci rivolge il pressante invito a dedicarci gli uni agli altri nell'amore e a darci all'unico corpo di Cristo, che è la Chiesa, nella fedeltà.

Il quarto giorno sottolinea la condivisione come il secondo elemento dell'unità. Proprio come i primi cristiani che tenevano tutto in comune, la chiesa di Gerusalemme chiama tutti i fratelli e le sorelle nella chiesa a condividere i beni e a portare i pesi gli uni degli altri con cuore lieto e generoso, cosicché nessuno sia nel bisogno.

Il quinto giorno focalizza il terzo elemento di unità: lo spezzare il pane, che ci unisce nella speranza. La nostra unità va oltre la Santa Comunione, deve includere il giusto atteggiamento etico verso la persona umana e verso l'intera comunità. La chiesa di Gerusalemme raccomanda a noi cristiani di unirci nello spezzare il pane oggi, perché una chiesa divisa non può parlare con autorità su questioni riguardanti la giustizia e la pace.

Il sesto giorno presenta il quarto carattere dell'unità. Insieme alla chiesa di Gerusalemme traiamo forza dal tempo trascorso in preghiera. In modo particolare, la preghiera del Signore chiama tutti noi, a Gerusalemme e in tutto il mondo, deboli e potenti, a lavorare insieme per la giustizia, la pace e l'unità affinché venga il regno di Dio.

Il settimo giorno ci porta aldilà dei quattro elementi di unità, perché la chiesa di Gerusalemme gioiosamente proclama la resurrezione anche quando porta il peso della croce. La resurrezione di Gesù è per i cristiani di Gerusalemme oggi speranza e forza che li rende capaci di rimanere costanti nella loro testimonianza, nell'agire per la libertà e la pace nella città della pace.

L'ottavo giorno conclude il nostro percorso con l'invito rivolto dalle chiese di Gerusalemme ad un più ampio servizio alla causa della riconciliazione. Anche se i cristiani raggiungessero l'unità fra di loro, la loro opera non sarebbe completa poiché essi si devono riconciliare con gli altri. Nel contesto di Gerusalemme ciò significa Palestinesi e Israeliani, in altre comunità i cristiani sono chiamati a perseguire la giustizia e la riconciliazione nel loro contesto.

Il tema per ogni giorno è stato scelto, perciò, non solo per ricordare a noi la storia della prima chiesa, ma anche per richiamare l'esperienza dei cristiani nella Gerusalemme di oggi, e per invitarci a riflettere su come possiamo portare tale esperienza nella vita delle nostre comunità cristiane nel loro contesto. Durante questo itinerario di otto giorni, i cristiani di Gerusalemme ci invitano a proclamare e testimoniare che l'unità – nel suo senso pieno di fedeltà all'insegnamento degli apostoli, di comunione, dello spezzare il pane insieme e della preghiera – ci consentirà di vincere insieme il male, non solo a Gerusalemme ma in tutto il mondo.

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"Uniti nell'insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera" (cfr. Atti 2, 42)


Il testo biblico – Dagli Atti degli apostoli 2, 42-47a

Essi ascoltavano con assiduità l'insegnamento degli apostoli, vivevano insieme fraternamente, partecipavano alla Cena del Signore e pregavano insieme. Dio faceva molti miracoli e prodigi per mezzo degli apostoli: per questo ognuno era preso da timore. Tutti i credenti vivevano insieme e mettevano in comune tutto quello che possedevano. Vendevano le loro proprietà e i loro beni e distribuivano i soldi fra tutti, secondo le necessità di ciascuno. Ogni giorno, tutti insieme, frequentavano il tempio. Spezzavano il pane nelle loro case e mangiavano con gioia e semplicità di cuore. Lodavano Dio ed erano benvisti da tutta la gente. Di giorno in giorno il Signore aggiungeva alla comunità quelli che egli salvava.
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"Uniti nell'insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera" (cfr. Atti 2, 42)


18 gennaio 2011. La chiesa di Gerusalemme


Gioele 2, 21b-22.3, 1-2: Io manderò il mio spirito su tutti gli uomini
Salmo 46(45), 1-11: Vi abita Dio
Atti 2, 1-12: Quando venne il giorno della Pentecoste
Giovanni 14, 15-21: Lo Spirito della verità


Commento:

L'itinerario di questa Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani comincia a Gerusalemme il giorno di Pentecoste, all'inizio dell'itinerario della Chiesa stessa.

Il tema di questa Settimana è tratto dalla pericope di Atti 2, 42: "Essi ascoltavano con assiduità l'insegnamento degli apostoli, vivevano insieme fraternamente, partecipavano alla Cena del Signore e pregavano insieme", e si riferisce alla prima chiesa di Gerusalemme, nata il giorno di Pentecoste, quando il "Consolatore", lo Spirito di verità discese sui primi credenti, come promesso da Dio attraverso il profeta Gioele, e dallo stesso Gesù la notte precedente alla sua passione e morte.

Tutti coloro che vivono in continuità con il giorno di Pentecoste, vivono in continuità con l'antica chiesa di Gerusalemme, che era presieduta dall'apostolo Giacomo. Questa chiesa è la chiesa madre per tutti noi. Essa rappresenta l'immagine, o l'icona, dell'unità dei cristiani per la quale eleviamo la nostra preghiera durante questa nostra Settimana.

Secondo l'antica tradizione orientale, la successione della Chiesa viene preservata dalla continuità con la prima comunità cristiana di Gerusalemme. La chiesa di Gerusalemme dei tempi degli apostoli è legata alla celeste Gerusalemme, che, dal canto suo, diviene l'icona di tutte le chiese cristiane. Il segno di continuità con la chiesa di Gerusalemme, per tutte le chiese, sta nel mantenere i "tratti" della prima comunità cristiana attraverso la fedeltà all'"insegnamento degli apostoli, la comunione, lo spezzare il pane e la preghiera".

L'attuale chiesa di Gerusalemme vive in continuità con la Chiesa apostolica di Gerusalemme, in modo particolare nella sua testimonianza alla verità, spesso resa a caro prezzo. La sua testimonianza al vangelo e la sua lotta contro la disuguaglianza e l'ingiustizia ci ricorda che la preghiera per l'unità dei cristiani non è separabile dalla preghiera per la pace e per la giustizia.


Preghiera:

O Dio onnipotente e misericordioso,
effondendo il dono dello Spirito Santo con potenza
hai radunato insieme i primi cristiani nella città di Gerusalemme,
sfidando il potere terreno dell'impero romano.
Fa' che, come la prima chiesa di Gerusalemme,
anche noi possiamo ricongiungerci insieme
per essere forti nella predicazione e vivere
l'evangelo della riconciliazione e della pace,
ovunque vi sia parzialità ed ingiustizia.
Te lo chiediamo nel nome di Gesù Cristo,
che ci libera dalle catene del peccato e della morte. Amen

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"Uniti nell'insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera" (cfr. Atti 2, 42)


19 gennaio. Molte membra in un solo corpo

Isaia 55, 1-4: Chiunque ha sete, venga a bere!
Salmo 85(84), 8-14: Egli è pronto a salvare chi l'ascolta
1 Corinzi 12, 12-27: Siamo stati battezzati con lo stesso Spirito per formare un solo corpo
Giovanni 15, 1-13: Io sono la vera vite



Commento:

La chiesa di Gerusalemme negli Atti degli Apostoli è il modello dell'unità cui aneliamo oggi; un'unità che, fin dal principio, è stata caratterizzata da una ricca diversità, e che, pertanto, ci ricorda che l'unità dei cristiani, e la preghiera per ottenerla, non possono essere uniformità. La chiesa di Gerusalemme è il modello o l'icona dell'unità nella diversità.

La narrazione della Pentecoste negli Atti degli Apostoli evidenzia che a Gerusalemme, quel giorno, erano rappresentate tutte le lingue e le culture dell'antico mondo mediterraneo, e non solo; che le genti ascoltarono l'evangelo nelle loro diverse lingue e, per la predicazione dell'apostolo Pietro, si ritrovarono unite nel ravvedimento, nelle acque del battesimo e nell'effusione dello Spirito Santo. Come scriverà più tardi l'apostolo Paolo: "E tutti noi credenti, schiavi o liberi, di origine ebraica o pagana, siamo stati battezzati con lo stesso Spirito per formare un solo corpo, e tutti siamo stati dissetati dallo stesso Spirito" (1 Cor 12, 13).

Non costituirono una comunità uniforme di gente, unita culturalmente e linguisticamente, che la pensa allo stesso modo, coloro che furono uniti nell'insegnamento degli apostoli e nella comunione, ma una comunità riccamente diversificata, le cui differenze avrebbero potuto facilmente evolversi in controversie. Fu questo, per esempio, il caso fra gli ellenisti e gli ebrei cristiani, sulla negligenza nei confronti delle vedove greche, come narra l'evangelista Luca in Atti 6, 1. Eppure, la chiesa di Gerusalemme era unita in se stessa, ed era una col Signore risorto, che dice: "Io sono la vite. Voi siete i tralci. Se uno rimane unito a me e io a lui, egli produce molto frutto". (Gv 15, 5).

Una ricca diversità caratterizza, fino ad oggi, la chiesa a Gerusalemme e nel mondo, che può facilmente evolversi in controversia a Gerusalemme, accentuata dall'attuale clima politico ostile. Ma, come nella primitiva chiesa di Gerusalemme, i cristiani in Gerusalemme oggi ci ricordano che siamo molte membra in un solo corpo, un'unità nella diversità. Antiche tradizioni ci insegnano che la diversità e l'unità esisteranno anche nella Gerusalemme celeste. Ci ricordano che la differenza e la diversità non sono la stessa cosa che la divisione e la disunione, e che l'unità dei cristiani per la quale preghiamo preserva sempre la diversità.


Preghiera:

O Dio, da cui proviene ogni vita
nella sua ricca diversità,
Tu chiami la tua Chiesa, corpo di Cristo,
ad essere una nell'amore.
Fa' che possiamo imparare a vivere
più intensamente la nostra unità nella diversità
e che ci impegniamo insieme per predicare e costruire
il tuo regno di amore verso tutti,
e nello stesso tempo, accompagnare ciascuno
in ogni luogo e in tutti i luoghi.
Fa' che possiamo sempre ricordare Cristo
quale sorgente della nostra vita insieme.
Te lo chiediamo nell'unità dello Spirito Santo. Amen

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"Uniti nell'insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera" (cfr. Atti 2, 42)

20 gennaio. La fedeltà all'insegnamento degli apostoli ci unisce

Isaia 51, 4-8: Dice il Signore al suo popolo: "Ascoltatemi bene"
Salmo 119(118), 105-112: Lampada sui miei passi è la tua parola
Romani 1, 15-17: Sono pronto ad annunziare il messaggio di Cristo
Giovanni 17, 6-19: Io ho rivelato loro chi sei



Commento:

La chiesa di Gerusalemme, come descritto negli Atti degli Apostoli, era unita nella sua fedeltà all'insegnamento degli apostoli, nonostante la grande diversità di lingua e cultura fra i suoi membri. L'insegnamento degli apostoli era la loro testimonianza alla vita, all'insegnamento, al ministero, alla morte e alla resurrezione del Signore Gesù. Il loro insegnamento era ciò che l'apostolo Paolo chiama semplicemente l'evangelo, l'insegnamento degli apostoli quale è esemplificato dalla predicazione dell'apostolo Pietro a Gerusalemme il giorno di Pentecoste, nel modo in cui cita il profeta Gioele, egli collega la Chiesa con la storia biblica del popolo di Dio, introducendoci a quella storia che ha inizio con la creazione stessa.

Nonostante le divisioni, la parola di Dio ci raduna e ci unisce. L'insegnamento degli apostoli, la buona novella in tutta la sua interezza era il centro della unità nella diversità della prima chiesa di Gerusalemme. I cristiani in Gerusalemme ci ricordano oggi che non è soltanto l'insegnamento degli apostoli a tenere unita la chiesa primitiva, ma la fedeltà a quell'insegnamento. Tale fedeltà si riflette nell'apostolo Paolo laddove identifica il vangelo come "potenza di Dio per salvare" (Rm 1, 16).

Il profeta Isaia ci ricorda che l'insegnamento di Dio è inseparabile dalla sua giustizia: "le mie sentenze saranno una luce per i popoli" (Is 51, 4). O, come prega il salmista, "Lampada sui miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino. (...) I tuoi ordini sono tutto il mio bene, la gioia del mio cuore senza fine" (Sal 119, 105.111).


Preghiera:

O Dio di luce, ti rendiamo grazie
per la rivelazione della tua verità in Cristo Gesù,
tua Parola vivente, che abbiamo ricevuto
attraverso l'insegnamento degli apostoli
e che fu udita per la prima volta a Gerusalemme.
Fa' che il tuo Santo Spirito continui a santificarci
nella verità del tuo Figlio, cosicché, uniti in lui,
possiamo crescere nella fedeltà alla parola,
e insieme servire il tuo regno in umiltà e amore.
Te lo chiediamo nel nome di Cristo. Amen

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PattyRose



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MessaggioInviato: Ven Gen 21, 2011 17:36    Oggetto: Rispondi citando




"Uniti nell'insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera" (cfr. Atti 2, 42)

21 gennaio. La condivisione come espressione di unità

Isaia 58, 6-10: Digiunare significa dividere il pane con chi ha fame
Salmo 37(36), 1-11: Abbi fiducia nel Signore e fa' il bene
Atti 4, 32-37: Tutto quello che avevano lo mettevano insieme
Matteo 6, 25-34: Voi invece cercate prima il regno di Dio[/i]


Commento:

Il segno della continuità con la Chiesa apostolica di Gerusalemme è la fedeltà all'insegnamento degli apostoli, la comunione, lo spezzare il pane e la preghiera. La chiesa di Gerusalemme oggi, ci ricorda però anche la conseguenza pratica di tale fedeltà, cioè la condivisione. Gli Atti degli Apostoli dicono semplicemente: "Tutti i credenti vivevano insieme e mettevano in comune tutto quello che possedevano. Vendevano le loro proprietà e i loro beni e distribuivano i soldi fra tutti, secondo le necessità di ciascuno" (At 2, 44-45). La lettura di oggi del libro degli Atti degli Apostoli collega tale condivisione radicale con la potenza apostolica della testimonianza della resurrezione del Signore Gesù, e una grande grazia era su tutti loro. Più tardi, i persecutori dei cristiani annotarono con una certa accuratezza "quanto essi si amassero reciprocamente".

Tale condivisione di risorse caratterizza la vita del popolo cristiano anche nell'odierna Gerusalemme. È il segno della loro continuità con i primi cristiani, e, di conseguenza, un segno e una sfida per tutte le chiese; collega la proclamazione del vangelo, la celebrazione dell'eucaristia, e la comunione all'interno della comunità cristiana con la radicale uguaglianza e la giustizia per tutti. Nella misura in cui tale condivisione è una testimonianza alla resurrezione del Signore Gesù, e segno della continuità con la Chiesa apostolica di Gerusalemme, è segno della nostra unione gli uni con gli altri.

Esistono molti modi di condivisione. Vi è quello di condivisione radicale della Chiesa apostolica, dove nessuno veniva lasciato in situazione di indigenza. Vi è la condivisione reciproca dei pesi, delle lotte, del dolore e della sofferenza. Vi è la condivisione reciproca delle gioie e dei traguardi, delle benedizioni e delle guarigioni. Vi è la condivisione dei doni e delle prospettive proprie di ciascuna tradizione alle altre, anche nell'attuale condizione di separazione; vi è un ecumenico "scambio di doni". Questa generosa condivisione è la conseguenza pratica della nostra fedeltà all'insegnamento degli apostoli e alla comunione; è la conseguenza della nostra preghiera per l'unità dei cristiani.


Preghiera:

O Dio di giustizia, il tuo donare è senza limiti.
Ti ringraziamo per averci provveduto di ciò di cui abbiamo bisogno,
cosicché tutti abbiamo il necessario per vivere.
Preservaci dal peccato egoistico di avidità,
e rendici strumenti del tuo amore,
capaci di condividere tutto quello che Tu ci dai,
a testimonianza della tua generosità e della tua giustizia.
Come seguaci di Cristo tuo Figlio,
guidaci ad agire insieme nei luoghi di miseria umana,
dove le famiglie sono allontanate dalle loro case,
dove i deboli sono nelle mani dei potenti,
dove la povertà e la disoccupazione distruggono la vita.
Te lo chiediamo nel nome di Gesù, nell'unità dello Spirito Santo. Amen

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"Uniti nell'insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera" (cfr. Atti 2, 42)

22 gennaio. Spezzare il pane nella speranza

Esodo 16, 13b-21a: È il pane che il Signore vi ha dato da mangiare
Salmo 116(115), 12-14.16-18: Offrirò un sacrificio per ringraziarti
1 Corinzi 11, 17-18.23-26: Fate questo in memoria di me
Giovanni 6, 53-58: Questo è il pane venuto dal cielo

Commento:

Dai tempi della prima chiesa di Gerusalemme e tuttora, lo spezzare il pane è stato il gesto fondamentale per i cristiani. Per i cristiani di Gerusalemme oggi, lo spezzare il pane parla da tempo immemore di amicizia, perdono e impegno verso l'altro. Questo gesto ci sprona a cercare insieme un'unità che possa parlare profeticamente in un mondo di divisioni. Questo mondo è quello in cui tutti noi, in modi diversi, siamo stati formati. Nello spezzare il pane i cristiani sono rimodellati nuovamente in vista di un messaggio profetico di speranza per tutta l'umanità.

Anche noi oggi spezziamo il pane con "con gioia e semplicità di cuore" (At 2, 46) ma facciamo anche esperienza, ad ogni celebrazione eucaristica, del ricordo doloroso della nostra divisione. In questo quinto giorno della Settimana i cristiani di Gerusalemme si riuniscono nel cenacolo, il luogo dell'Ultima Cena del Signore, dove, anche se non celebrano l'eucaristia, essi spezzano il pane della speranza.

Apprendiamo questa speranza nei modi in cui Dio viene a noi, negli impervi modi della nostra scontentezza. L'Esodo riporta come Dio risponda alla mormorazione del popolo che ha liberato, provvedendo loro di ciò di cui necessitano, nulla di più e nulla di meno. La manna del deserto è un dono del Signore, che non può essere accumulato né pienamente compreso. È, come celebra il salmo, un momento che richiede solo il ringraziamento perché Dio ci ha "liberato dai legami della morte" (Sal 116, 16).

L'apostolo Paolo attesta che lo spezzare il pane significa non solo celebrare l'eucaristia, ma essere un popolo eucaristico, diventare il corpo di Cristo nel mondo. Questa breve lettura si pone, nel suo contesto (1 Cor, 10-11) quale memento di come dovrebbe vivere la comunità cristiana: in comunione con Cristo, illustrando il comportamento corretto nella difficile realtà mondana, guidati dalla realtà della nostra vita in lui. Noi viviamo "in memoria" di lui.

Quale popolo che spezza il pane, siamo popolo della vita eterna – vita in pienezza – come ci insegna la lettura dal vangelo di Giovanni. La nostra celebrazione dell'eucaristia ci sprona a riflettere come questo generoso dono di vita si esprima, giorno per giorno, nel modo in cui viviamo sia la speranza che le prove. Nonostante le sfide quotidiane dei cristiani a Gerusalemme, essi ci testimoniano come sia possibile rallegrarsi nella speranza.


Preghiera:

O Dio di speranza, ti lodiamo per il dono
della Cena del Signore, dove, nello Spirito,
continuiamo ad incontrare tuo Figlio Gesù Cristo,
il pane vivo disceso dal cielo.
Perdona la nostra indegnità nel ricevere questo grande dono
a motivo del nostro vivere divisi in fazioni,
la nostra collusione con le ingiustizie,
la nostra assuefazione alla divisione.
O Dio ti preghiamo di affrettare il giorno
in cui tutta la tua Chiesa insieme potrà spezzare il pane in unità
e ti preghiamo affinché, mentre attendiamo quel giorno,
possiamo imparare sempre meglio ad essere
un popolo eucaristico a servizio del mondo.
Te lo chiediamo nel nome del Signore. Amen

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MessaggioInviato: Ven Gen 21, 2011 17:51    Oggetto: Rispondi citando






"Uniti nell'insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera" (cfr. Atti 2, 42)


23 gennaio. Fortificati dalla preghiera


Giona 2, 1-10: Sei tu che salvi, o Signore!
Salmo 67(66), 1-7: Ti lodino i popoli, o Dio
1 Timoteo 2, 1-8: Pregare per i re e per tutti quelli che hanno autorità
Matteo 6, 5-15: Che il tuo regna venga, che la tua volontà si compia


Commento:

Tra gli aspetti salienti della chiesa di Gerusalemme, insieme alla fedeltà all'insegnamento degli apostoli, alla comunione, allo spezzare il pane, troviamo la vita di preghiera, che si è dimostrata oggi come fonte necessaria del potere e della forza richieste ai cristiani a Gerusalemme, e ovunque.

La testimonianza dei cristiani in Gerusalemme oggi ci chiama ad un più profondo riconoscimento dei modi in cui affrontiamo le situazioni d'ingiustizia e disuguaglianza nei nostri contesti locali. In tutte queste situazioni è la preghiera che abilita i cristiani alla missione insieme.

Nel caso di Giona, l'intensità della preghiera è riconfermata dalla spettacolare liberazione dal ventre del pesce. La sua preghiera viene dal profondo del cuore, poiché nasce dal suo pentimento per aver avuto la tentazione di sottrarsi alla volontà di Dio: egli ha disatteso la chiamata del Signore alla profezia ed è finito in un luogo senza speranza. Proprio qui Dio accoglie la sua preghiera attraverso la liberazione in vista della missione.

Il salmo ci invita a pregare che il volto di Dio brilli su di noi, non solo a nostro beneficio, ma per la diffusione della sua legge in tutte le nazioni sulla terra.

La Chiesa apostolica ci rammenta anche che la preghiera è un elemento di forza e di potenza della missione e della profezia per il mondo. La lettera di Paolo a Timoteo ci istruisce su come pregare, soprattutto per quanti hanno il potere su questa terra, affinché si possa vivere insieme nella pace e nella dignità. Preghiamo per l'unità della nostra società, del nostro paese, e per l'unità di tutta l'umanità in Dio. La nostra preghiera per l'unità in Cristo raggiunge tutto il mondo.

Questa vita dinamica della preghiera è radicata nell'insegnamento del Signore ai suoi discepoli. Nella nostra pericope del vangelo di Matteo leggiamo che la preghiera ha un potere segreto, che non viene dall'ostentarla o dall'esibirla, ma dal porsi umilmente davanti a Dio. L'insegnamento di Gesù è sintetizzato nella preghiera del Padre Nostro. Recitarla insieme ci costituisce quale popolo unito che segue la volontà del Padre, realizza la costruzione del suo regno su questa terra, e ci chiama ad una vita di perdono e riconciliazione.


Preghiera:

O Signore Dio nostro Padre,
è bello che in ogni tempo, luogo e circostanza,
vi siano persone che si rivolgono a te in preghiera.
Ti ringraziamo sommamente per l'esempio
e l'insegnamento del tuo Figlio, Gesù Cristo,
che ci ha raccomandato di attendere
ardentemente in preghiera la venuta del tuo regno.
Insegnaci a pregare meglio insieme, come cristiani,
per essere sempre certi della tua guida
e del tuo sostegno in tutte le nostre gioie e le nostre angosce.
Te lo chiediamo per la potenza dello Spirito Santo. Amen
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"Uniti nell'insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera" (cfr. Atti 2, 42)


24 gennaio. Vivere nella fede della resurrezione

Isaia 60, 1-3.18-22: Chiamerai le tue mura: "Salvezza", le tue porte: "Gloria al Signore"
Salmo 118(117), 1.5-17: Sono sfuggito alla morte: ora vivrò
Romani 6, 3-11: Per mezzo del battesimo ci ha uniti alla sua morte, (...) così anche noi vivessimo una nuova vita
Matteo 28, 1-10: Gesù disse: "Non abbiate paura"


Commento:

La fedeltà dei primi cristiani all'insegnamento degli apostoli, alla comunione, allo spezzare il pane e alle preghiere fu realizzata, soprattutto, dalla potenza vivente di Gesù risorto. Questa potenza tuttora vive e anche i cristiani di Gerusalemme oggi ne sono testimoni. Qualsiasi siano le difficoltà della situazione in cui si trovano, per quanto somigli al Getsemani e al Golgota, essi sono consapevoli, nella fede, che tutto è reso nuovo dalla verità della resurrezione di Gesù dai morti.

La luce e la speranza della resurrezione cambia tutto. Come profetizza Isaia, è la trasformazione dall'oscurità alla luce; è l'illuminazione per tutti i popoli. La potenza della resurrezione si irradia da Gerusalemme, luogo della passione del Signore, e attira tutte le nazioni con la sua luce. Questa è la nuova vita, in cui il male viene sconfitto e una nuova certezza si trova nella salvezza e nella lode.

Nel salmo viene celebrata l'esperienza centrale cristiana, di passaggio dalla morte alla vita, segno permanente dell'amore costante di Dio. Questo passaggio dal terrore della morte a una nuova vita, è la realtà che definisce tutti i cristiani, perché, come insegna l'apostolo Paolo, noi, nel battesimo, siamo entrati nella tomba con Cristo, e siamo risorti con lui. Siamo morti con Cristo e viviamo per condividere la sua vita risorta. E così possiamo vedere il mondo in modo diverso, con compassione, pazienza, amore e speranza; perché, in Cristo, la lotta presente non può mai essere l'intera storia. Anche come cristiani divisi, sappiamo che il battesimo che ci unisce è un passaggio dalla croce alla luce della resurrezione.

Nella prospettiva cristiana, questa vita di resurrezione non è semplicemente un concetto, o un'idea che può aiutare; è radicata in un evento vitale, nel tempo e nello spazio. È questo evento che ascoltiamo narrato nel vangelo con grande umanità e pathos. Da Gerusalemme il Signore risorto si manifesta ai suoi discepoli di tutti i tempi, chiamandoci a seguirlo senza paura. Egli ci precede.


Preghiera:

O Dio, protettore della vedova,
dell'orfano e dello straniero, in un mondo
in cui molti conoscono la disperazione,
Tu hai fatto risorgere tuo Figlio Gesù
per dare speranza all'umanità e rinnovare la terra.
Continua a rafforzare e unificare la tua chiesa
nella sua battaglia contro le forze della morte nel mondo,
dove la violenza contro l'umanità e contro la creazione
oscura la speranza della nuova vita che offri.
Te lo chiediamo in Cristo risorto, nella potenza del tuo Spirito. Amen
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"Uniti nell'insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera" (cfr. Atti 2, 42)

25 gennaio. Chiamati a servizio della riconciliazione

Genesi 33, 1-4: Esaù gli corse incontro, lo abbracciò, (...) e piansero
Salmo 96(95), 1-13: Dite a tutti: il Signore regna!
2 Corinzi 5, 17-21: Dio che ci ha riconciliati con sé per mezzo di Cristo e ha dato a noi l'incarico di portare altri alla riconciliazione con lui
Matteo 5, 21-26: Lascia lì l'offerta davanti all'altare e vai a far pace con tuo fratello


Commento:

Le nostre preghiere questa settimana ci hanno portato in un itinerario comune. Guidati dalle Scritture, abbiamo rivissuto le nostre origini nella Chiesa apostolica di Gerusalemme, caratterizzata dalla fedeltà all'insegnamento degli apostoli, alla comunione, allo spezzare il pane, alle preghiere. Al termine della nostra riflessione sulla comunità cristiana ideale, presentata in Atti, 2, 42, torniamo ai nostri contesti, alla realtà della divisione, dello scontento, della delusione e dell'ingiustizia. A questo punto la chiesa di Gerusalemme ci pone una domanda: a che cosa siamo chiamati qui e ora, mentre concludiamo questa Settimana per l'unità?

I cristiani in Gerusalemme oggi ci suggeriscono una risposta: siamo chiamati, anzitutto, a servizio della riconciliazione. È una chiamata che riguarda la riconciliazione ad ogni livello, e malgrado la complessità delle nostre divisioni. Preghiamo per la Chiesa, perché essa possa essere un segno e uno strumento di guarigione delle divisioni e delle ingiustizie politiche e strutturali; per una giusta e pacifica convivenza fra ebrei, cristiani e musulmani; per la crescita della comprensione fra popoli di ogni fede e di nessuna fede. La chiamata alla riconciliazione deve trovare una risposta anche nella nostra vita personale e familiare.

Giacobbe ed Esaù, nel testo della Genesi, sono fratelli, eppure sono estranei. La loro riconciliazione ha luogo quando avrebbero potuto aspettarsi conflitti anche maggiori. La violenza e gli atteggiamenti d'ira sono lasciati da parte quando i due fratelli si incontrano e piangono insieme.

Il riconoscimento della nostra unità come cristiani – ed in realtà anche come esseri umani – davanti a Dio ci conduce al grande cantico di lode al Signore che ci governa con amorevole giustizia. In Cristo Dio vuole la riconciliazione di tutte le genti; nel descrivere ciò l'apostolo Paolo, nella seconda lettura, celebra la vita di riconciliazione come una "nuova creazione". L'invito a riconciliarci è l'invito a permettere alla potenza di Dio in noi di rendere nuove tutte le cose.

Ancora una volta, sappiamo che questo lieto annunzio ci chiama a cambiare il nostro stile di vita. Come Gesù ci sprona nel racconto di Matteo, non possiamo continuare a fare offerte sull'altare se sappiamo che siamo responsabili di divisioni o ingiustizie. La chiamata alla preghiera per l'unità fra i cristiani è una chiamata alla riconciliazione. La chiamata alla riconciliazione è una chiamata ad agire, anche se contrasta la nostra attività di chiesa.


Preghiera:

O Dio di pace, ti rendiamo grazie
per aver mandato tuo Figlio Gesù
perché in lui venissimo riconciliati a te.
Donaci la grazia di essere ministri efficaci
di riconciliazione all'interno delle nostre chiese.
Aiutaci ad essere fautori di riconciliazione per tutti i popoli,
particolarmente in Terra Santa, il luogo ove Tu
hai demolito le mura di separazione fra i popoli
e unito ciascuno nel corpo di Gesù, offerto in sacrificio sul Calvario.
Riempici del tuo amore e fa' che la nostra unità
possa servire la causa della riconciliazione
che Tu desideri per tutta la creazione.
Te lo chiediamo per la potenza del tuo Spirito. Amen

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MessaggioInviato: Dom Gen 23, 2011 10:38    Oggetto: Rispondi citando


Omelia del giorno 23 Gennaio 2011 - III Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)

Occorre cambiare mentalità, per seguire Gesù, Figlio di Dio


A trent'anni - così è nella tradizione - Gesù lascia alle spalle il lungo silenzio della sua vita nascosta, nell'umiltà della vita quotidiana, a Nazareth.
Una vita semplice la Sua, scandita dalle ore del lavoro e del riposo, come la viviamo tutti.
Una vita certamente intensa interiormente, tutta tesa a capire, accogliere e vivere la missione, che il Padre Gli aveva affidato. Lui, Gesù, era ed è il segno dell'Amore di Dio per noi e tra noi.
E Lui, con la sua vita, doveva iniziare la 'nuova creazione', dopo il disastro provocato dalla superbia dell'uomo, con il peccato originale.
La 'nuova creazione' era ridonare all'umanità, ad ogni uomo, la sua vera immagine 'a somiglianza di Dio' e riammetterlo nel Suo Regno.
Si ha come l'impressione che Gesù non avesse fretta - come accade invece sempre a noi - non `facesse nulla' per accelerare la novità del Regno.
Si lascia 'smuovere' nel momento in cui Giovanni Battista, l'ultimo profeta, mandato a preparare le vie del Signore - e questa volta a indicare la presenza del Messia - grida dal deserto la Sua venuta e, in preparazione ad essa, invita tutti - ieri e oggi - a cambiare mentalità e vita, senza eccezioni, Non era e non è possibile accogliere il Cristo, seguirLo con fedeltà, calcando piste che nulla hanno a che fare con Dio.
E Giovanni esprimeva questa volontà di cambiamento con un segno ricco di significati biblici: battesimo di penitenza ed il battesimo nell'acqua.
Immergersi nel Giordano voleva proprio significare farsi lavare da ogni atteggiamento contrario alla volontà di. Dio. Anche Gesù, abbiamo visto domenica scorsa, si fa. battezzare.
Intanto Giovanni viene arrestato, perché era una voce che dava fastidio, per cui conveniva che tacesse, gettandolo nel fondo di una prigione.
Erode non sapeva, che quella voce non poteva, essere affossata, né tantomeno messa a tacere
Anche oggi in tanti modi si tenta di mettere a tacere ogni voce di libertà: a volte semplicemente non dando spazio, ignorandola, cercando di appannarla. Sono i tanti silenzi imposti anche oggi, dando spazio a tante parole vuote, inutili, se non. dannose.
Ma succede che più si cerca di ignorare o mettere a tacere la voce di Dio, tanto più questa diventa incisiva e forte. Non si può far tacere Dio.
Basta pensare a tanti fratelli e sorelle che dall'inaffidabile intolleranza, dai governi autoritari si. cerca di mettere a tacere: il loro 'silenzio' grida!
Quante volte, forse, è capitato anche a noi che, travolti dal grande rumore del mondo, nei momenti della sofferenza e della solitudine, nel silenzio, abbiamo sentito la profonda. 'sete' di udire parole vere, quelle che, se accolte, fanno ritrovare la bellezza dell'aria pulita, che ridona il respiro. È dannoso il rumore del mondo... ma ci sono sempre, e per tutti, momenti di silenzio, in cui ci si pongono i grandi problemi della vita.
Così racconta il Vangelo oggi:
"Gesù, avendo saputo che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, e, lasciata Nazareth, venne ad abitare a Cafarnao, presso il mare, nel territorio di Zabulon e di Nèftali, perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: 'Il paese di Zabulon e il paese di Nèftali, sulla via del mare, al di là del Giordano, Galilea delle genti; il popolo immerso nelle tenebre ha visto una grande luce: su quelli che dimoravano in terra e ombra di morte una luce si è levata'. Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: 'Convertitevi, perché il Regno dei Cieli è vicino". (Mt. 4, 12-17)
Vorremmo fermare la nostra storia qui per un momento: noi ci diciamo cristiani, ossia seguaci di Gesù, ma con troppa facilità, forse, 'usiamo', sbandierando a proposito e a sproposito questa qualifica, che invece comporta grandissima responsabilità.
Gesù inizia la sua missione tra dì noi, subito richiamando quanti avrebbe incontrato, con una parola di grande spessore nella fede: `Convertitevi!'.
Sappiamo tutti che 'siamo figli di Adamo', ossia andiamo fuori strada facilmente.
Con il Battesimo, che abbiamo ricevuto, dovremmo invece percorrere i sentieri che portano a Dio e sono le vie dei figli di Dio.
Ma basta dare un'occhiata seria alla vita e ci accorgiamo che, da soli restiamo peccatori incalliti, e, quando va bene, e ci sostiene la Grazia, almeno siamo in ricerca di conversione.
Ma quanta gente si pone questa necessità ed urgenza di ricerca?
Non è facile uscire da questo mondo, che pure è disinteressato alla nostra vera felicità ed è tutto intento ad offrirci solo quello che poi crea in noi tanto. vuoto.
È lo stesso mondo che ha trovato Gesù nell'iniziare la Sua missione tra di noi: un mondo con una mentalità che doveva essere cambiata, se si voleva entrare nel Suo Mondo, che è il Regno dei Cieli. Tutto questo vale anche per noi, oggi.
Per arrivare al cambiamento non rimaneva - e non rimane - che 'convertirsi': `Convertitevi – ci chiede – perché il Regno dei Cieli è vicino'.
Così Paolo VI spiegava il concetto di conversione:
"C'è non poco da cambiare dentro di noi; è necessario rimodellare la nostra mentalità; avere il coraggio di entrare fin nel segreto della nostra coscienza, dei nostri pensieri, e là operare un cambiamento. Questo, inoltre, deve essere vivo e sincero, da produrre – e siamo ancora nel contenuto della parola 'conversione' – una novità. E allora ci chiediamo: che cosa fare per ottenere un tale risultato e come comportarci? La risposta è ovvia: entrare in noi stessi, riflettere sulla propria persona, acquisire una nozione chiara di quel che siamo, vogliamo e facciamo e, a un certo momento, - qui la frase drammatica e risolutiva – rompere qualcosa in noi, spezzare questo o quell'elemento che magari ci è molto caro ed a cui siamo abituati. Il termine 'conversione' allora entra in questa profondità e dimostra queste esigenze".
Non è facile tutto questo,. Ma, con la Grazia di Dio e la buona volontà, è possibile.
E nel mio lungo stare, come ministro della conversione e riconciliazione, ho avuto modo di vedere tante, ma tante, conversioni. Alcune di grande spessore.
Ne ricordo in particolare due. Una, quando ero ancora giovane chierico, di un mio 'speciale' confratello: Padre Rebora, poeta e per tanti anni agnostico.
Raggiunto dalla 'chiamata' del Signore e con l'aiuto di tanti, scelse la vita religiosa, consacrandosi totalmente al Signore. Cancellò il suo passato con un colpo di spugna_ E lo racconta in una bella poesia in cui immagina di sentire lo straccivendolo che si porta via le sue opere letterarie e gode per questo suo passato... spazzato via. Iniziava una vita totalmente nuova, al punto che noi giovani non conoscevamo nulla del suo illustre passato di poeta. Passeggiando con lui, accennando a scrittori e poeti, non rispondeva mai, lasciandoci nel buio sul suo passato, ma aveva nel presente tutti i segni delle persone "rinate a vita nuova'.
Da parroco, nel Belice, ebbi occasione di conoscere un uomo, dichiaratamente ateo, che non lasciava passare occasione per 'dimostrarlo'. Il terremoto lo costrinse a rivolgersi a noi Padri, per un soccorso. Voleva ricostruire una piccola casa in campagna, perché per la sua salute non gli era possibile vivere nella provvisorietà delle tende. Veniva di notte, alla nostra tenda, per chiedere aiuto, che gli era dato, ma sempre ripeteva: 'Non comprate, però, le mie convinzioni!'.
Ogni volta sempre lo stesso ritornello e noi a rispondere che la carità è donare, non chiedere rimborsi di alcuna specie. Ad un certo punto, e non saprei spiegarne le ragioni, cambiò tutto. La sua conversione fu totale, al punto da diventare testimonianza presso la comunità. Disse che era stato colpito dall'essere stato accolto senza richieste, rispettando le sue idee, ed agli amici ripeteva: `cambiate vita State sbagliando'. Incredibile.
Ma ci sono anche tante conversioni silenziose, che mostrano come la Grazia di Dio continui ad operare salvezza senza rumore. E sempre vero: 'Fa tanto rumore l'albero che cade, è silenziosa la foresta che cresce'.
Forse anche noi dovremmo, per un momento, ascoltare in silenzio le profondità del nostro cuore, che chiede un cambiamento di vita_ Può essere duro cambiare, ma poi Dio ricambia con una serenità e felicità incredibili. Quanta gente 'rinata' ho incontrato.
Cosi descrive il profeta Isaia la gioia della conversione:
"Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce:
su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse.
Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia.
Gioiscono davanti a Te, come si gioisce quando si miete,
come si esulta, quando si divide la preda.
Poiché Tu, come al tempo di Madian, hai spezzato il giogo dell'oppressione, la sbarra che gravava sulle sue spalle e il bastone del suo aguzzino". (Is. 1, 1-4)

E, come ad indicare la novità di vita, seguendoLo, il Vangelo di oggi riporta la chiamata di quelli che saranno i Suoi apostoli:
"Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti, perché erano pescatori. E disse loro: 'Seguitemi, vi farò pescatori di uomini. Ed essi, subito, lasciate le reti, Lo seguirono.
Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo di Zebedeo e Giovanni suo fratello, che nella barca insieme con Zebedeo, loro padre, riassettavano le reti e li chiamò. Ed essi, subito, lasciata la barca e il padre Lo seguirono. E percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle sinagoghe e predicando la Buona Novella del Regno e curando ogni sorta di malattie ed infermità nel popolo". (Mt. 4, 18-23)
Cosi Gesù dà inizio alla Sua missione tra di noi, chiamando vicino a Sé, 'per poi mandarli', quelli che 'ha scelto' come Apostoli.
E' davvero impressionante come abbiano lasciato tutto, per seguirLo.
Una grande lezione di fiducia, di abbandono e di pronto `si' a Chi avrebbe fatto di loro, poveri pescatori, le 'colonne' della Sua Chiesa.
Non ci resta che stupirci, ringraziare e prendere esempio.


Antonio Riboldi – Vescovo di Acerra

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MessaggioInviato: Lun Gen 24, 2011 08:35    Oggetto: Rispondi citando


Quando a priori e indiscriminatamente sospettiamo il male nelle azioni degli altri non solo avveleniamo le relazioni, ma diventiamo ciechi, incapaci di riconoscere il bene e l’amore del Signore. Siamo in tempo per ravvederci?
da www.albatramonto.it
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MessaggioInviato: Dom Gen 30, 2011 13:48    Oggetto: Rispondi citando


«Rallegratevi»: il Signore ci esorta a coltivare la dimensione più interiore della gioia, come quel sentimento che inonda l’anima e permea la vita e le relazioni di tutti i giorni. «Esultate»: il desiderio di Cristo è che questa gioia trabocchi, diventi manifesta anche esteriormente.


da www.albatramonto.it

ed io aggiungo...che questa gioia possa inondare il cuore di chi ci sta attorno per raccogliere nuovi testimoni!
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MessaggioInviato: Lun Gen 31, 2011 08:44    Oggetto: Rispondi citando


Omelia del giorno 30 gennaio 2011 - IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)


Il segreto della felicità: le BEATITUDINI


Ci sono parole di Gesù, che sono rimaste e rimangono nella mente di tutti, a partire da chi ha fede, come 'una traccia di Dio e del Suo pensiero', che va oltre le idee o i disegni degli uomini, che normalmente sono di breve durata e non possono essere la nostra vera storia...

Quelle di Gesù sono le risposte che l'uomo, nel profondo del suo essere, cerca, quando si fa condurre per mano dalla sete di verità e di felicità.

Sono parole, quelle del Maestro, simili ad un eterno arcobaleno, che non sai se parta dalla terra o dal cielo, ma sai che li unisce, infondendo serenità. Ben diverso dai 'fuochi d'artificio' che bucano per un istante il cielo con una luce abbagliante, per poi lasciarti subito e nuovamente nel buio delle illusioni.

Si è scritto tanto sulle Beatitudini, che Gesù lasciò come 'codice' infallibile della felicità e santità, e come 'sentiero' dei passi di vita di chi crede e anche,.... se ha buona volontà, di chi dice di non credere!

L'uomo è plasmato da Chi, per sua natura, è Beato: Dio. Lui è tutto e lo è sommamente: la più grande ed inimmaginabile ricchezza di cuore che si possa immaginare; l'Amore più grande che si possa ricevere; la Dolcezza e la Pace e la Misericordia, che tutti vorremmo avvolgesse i passi della nostra vita. Non può quindi l'uomo non sentire come 'suo', il desiderio infinito di beatitudine.

Ecco perché il profeta Sofonìa dice:

"Cercate il Signore voi tutti poveri della terra, che seguite i Suoi ordini; cercate la giustizia, cercate l'umiltà, per trovarvi al riparo nel giorno dell'ira del Signore". (Sof. 2,3)

Difficile commentare o esprimere tutta la bellezza delle Beatitudini, che sono il segreto della gioia, qui, ora. Per questo lascio la parola a Paolo VI, vero maestro di santità:

"Giorno benedetto è quello in cui la Chiesa fa riecheggiare ai nostri animi la sequenza squillante delle beatitudini evangeliche. Ancora prima di considerarne il senso, la voce che le ha proclamate ci sorprende, piena di forza e di poesia: è la voce del Maestro, che per noi le ha formulate e che ci appare nella sicurezza e nella maestà, semplice e sovrana, di chi sa parlare al mondo e guidare i destini dell'umanità. Gesù tiene cattedra sulla montagna: lo circondano i discepoli, futuri apostoli e docenti della terra; poi a circoli sempre più larghi nello spazio e nel tempo, uditori o no, gli uomini tutti: ultimi, oggi, noi stessi. É Cristo che annuncia il suo programma e condensa in sentenze limpide e scultoree tutto il Vangelo.

Il Regno della terra e il Regno del cielo, hanno nelle beatitudini il loro codice iniziale e finale. Ascoltiamo la fine e austera sequenza:

`Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.

Beati gli afflitti, perché saranno consolati.

Beati i miti, perché erediteranno la terra.

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.

Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.

Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.

Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.

Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.

Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e mentendo diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.

Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli". (Mt. 5, 1-12)

"Chi non ha ascoltato le beatitudini – continua Paolo VI – non conosce il Vangelo. Chi non le ha meditate non conosce Cristo.

In altre parole, Cristo ha esaltato nelle beatitudini non tanto delle misere condizioni umane, quasi queste fossero fine a se stesse, ma piuttosto ha predicato delle virtù magnifiche, che dalle misere condizioni umane prendono il nome e che mediante quelle possono fare buono e grande e pio l'uomo pellegrino.

E perciò ha fatto scaturire dal suolo arido e sterile delle nostre deficienze e delle nostre sofferenze, stupende energie morali e spirituali; ha portato a termine la scoperta che i più alti spiriti umani avevano intuito, quella del distacco liberatore dai beni della terra, quella della nobiltà sacra e misteriosa del dolore, quella della inestimabile grandezza dei poveri e dei perseguitati, quella dell'eroismo di chi dà la vita per la giustizia e la verità, quella dell'affermazione trionfante che esistono valori, quelli del Regno di Dio, per cui la vita può essere spesa senza timore.

Chi ha compreso questa difficile lezione e l'ha applicata alla propria vita è santo: è il beato, il perfetto. Resta che la lezione è difficile. La perfezione del Vangelo ha queste due facce, una di rinuncia e di penitenza, qui, e una di pienezza e di gioia, là. La parola di Gesù è una spada a due tagli: ferisce e guarisce, esige e regala, addolora e consola.... Purtroppo il mondo che ci circonda e che pare stia voltando le spalle a Cristo, la dimentica, la deride, facendo della felicità presente (ma possiamo chiamare 'felicità' quella momentanea soddisfazione che a volte cerchiamo tanto?) lo scopo prevalente di ogni umana fatica, mentre gli stessi credenti, partiti per portare un ordine cristiano alla nostra società, talora, sembra che non abbiano altre promesse da fare che quelle di un benessere materiale, legittimo sì, e doveroso, ma insufficiente a fare buona e felice l'umanità, e non sanno offrire agli uomini del nostro tempo, le più alte e più vere promesse, quelle dei beni morali, dei beni spirituali, dei beni religiosi.

E allora ricordare e meditare le beatitudini, per capire che qui è l'umanesimo vero, qui il cristianesimo autentico, qui la beatitudine vera."

Che importavano a S.Francesco d'Assisi le ricchezze del mondo, una volta che si era fatto possedere interamente dall'amore di Dio? In lui la povertà diventò totale libertà e piena accoglienza della gioia che solo Cristo sa donare. E fa esplodere la sua irrefrenabile gioia nel cantico delle creature, che sembra davvero un'aggiunta alle beatitudini di Gesù.

E grazie a Dio, ancora oggi, ci sono cristiani che le beatitudini le vivono pienamente, da quella della povertà in spirito per farsi dono a chi davvero e povero. Quanti meravigliosi esempi quotidiani e testimonianze delle beatitudini. Quella cara e semplice donna, che venne una sera a donarmi tutto quello che aveva, perché affermava che 'possedere senza essere aperti alla carità è brutto egoismo'.

E nel privarsi di tutto si sentiva davvero beata.

Ma come dimenticare che la povertà di un tempo, spesso anche oggi non lontana da noi, si viveva e vive in tante famiglie: una povertà dignitosa che quasi automaticamente attirava e può attirare a sé tutte le altre beatitudini.

E come non rimanere stupiti dei sacrifici dei martiri - di ieri e di oggi, in tante parti del mondo - che a volte cantavano mentre erano torturati:? O del coraggio degli operatori di pace che hanno dato e danno la vita per portare dignità uguale per tutti?

Forse fa impressione l'arroganza di chi mostra il culto del benessere, senza che nemmeno lo sfiori il dubbio che tante volte il suo 'star bene' è un furto che crea poveri, non di spirito, ma di pane e di vita.... Sono comunque 'i poveri', tutti i poveri, gli umili, coloro nei quali Cristo si è identificato... Se vogliamo conoscere la sospirata felicità, che davanti a Dio diventa santità, occorre almeno `sfiorarle', le beatitudini, per capire che sono la sola via alla vera nostra realizzazione e cosi sapremo voltare le spalle alle 'beatitudini bugiarde del nostro tempo'.

Ne avremo la forza, con l'aiuto di Dio. Ne vale la pena per non diventare schiavi del mondo e delle sue mode.

Scriveva don Tonino Bello:

"Noi viviamo in un mondo che purtroppo attira con i suoi fascini, inganna con le sue lusinghe. Secondo gli ideali del mondo, ogni attività dovrebbe essere in funzione dei divertimenti, della fortuna, nella ricerca e nel conseguimento del successo in tutte le varie attribuzioni della esistenza terrena. Intenti solo a questa caduca finalità, non si fa che tenere gli occhi fissi sulla terra e non si pensa a guardare il cielo. Allorché invece, si vive secondo la fede, quando al mattino al primo suono della campana dell'Angelus, si innalza il pensiero a Dio, e si invoca il patrocinio della Madre Sua, poi in tutte le altre evenienze della giornata, si è animati da quella ispirazione, allora veramente si può dire che la vita è conosciuta nella sua 'beatitudine'."



Antonio Riboldi – Vescovo di Acerra

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Marisol



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MessaggioInviato: Lun Gen 31, 2011 13:39    Oggetto: Rispondi citando


Buone giorno:

LAS BIENAVENTURANZAS

Jesús se dió cuenta cuando vino al mundo, que los hombres andamos buscando la felicidad donde no está.

Por ello un día subió a la montaña y habló a todas las personas que le seguían sobre LAS BIENAVENTURANZAS, explicándoles que la felicidad no está en el tener, el dominar, el disfrutar... sino en algo muy diferente : EN AMAR Y SER AMADO.

La única y verdadera felicidad no está en la tierra sino en EL CIELO , en llegar a estar junto a Dios para siempre.

El Santo Evangelio de ayer domingo es uno de mis preferidos, ¿por qué? porque , siempre desde mi humilde opinón, trasmite ESPERANZA, CONSUELO, FELICIDAD al hombre, esa esperanza y ese consuelo que tanta falta nos hace falta hoy en nuestro mundo:

.- "Bienaventurados los que lloran, porque ellos serán consolados". Cuantas veces he llorado y mi único consuelo lo he encontrado en Jesús; ¿Qué mayor consuelo?
Si unes tu sufrimiento a de Cristo, ayudas a tu propia salvación y a la de otros hombres.

.-"Bienaventurados los limpios de corazón, porque ellos verán a Dios".
¿Qué mayor esperanza y a la vez felicidad poder ver a Dios?
Tu corazón estarà ¨limpio¨ cuando no haya en él ningún pecado.Cuando pecas, te ¨separas¨ de Dios por voluntad tuya. Cuida mucho la limpieza de tu corazón.

.- "Bienaventurado los pobres de espíritu, porque de ellos es el reíno de los cielos".
¿Qué más se puede esperar?
Cuando no eres ambicioso, envidioso, presumido cuando confías en Dios y no en el dinero, entonces ¡ eres LIBRE, eres FELIZ !

Un bacio molto grandi,

Marisol
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La vera ricchezza è prendere la vita con amore, donando amore.



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nenepdl



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MessaggioInviato: Lun Gen 31, 2011 14:02    Oggetto: Rispondi citando


"O uomo, puoi fuggire lontano da tutto ciò che vuoi, ma non dalla tua coscienza" - Sant'Agostino
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nenepdl



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MessaggioInviato: Gio Feb 03, 2011 09:41    Oggetto: Rispondi citando


Oggi la mia parrocchia è in festa:

San Biagio
Morto a Sebaste (Armenia), ca. 316
Il martire Biagio è ritenuto dalla tradizione vescovo della comunità di Sebaste in Armenia al tempo della "pax" costantiniana. Il suo martirio, avvenuto intorno al 316, è perciò spiegato dagli storici con una persecuzione locale dovuta ai contrasti tra l'occidentale Costantino e l'orientale Licinio. Nell'VIII secolo alcuni armeni portarono le reliquie a Maratea (Potenza), di cui è patrono e dove è sorta una basilica sul Monte San Biagio. Il suo nome è frequente nella toponomastica italiana - in provincia di Latina, Imperia, Treviso, Agrigento, Frosinone e Chieti - e di molte nazioni, a conferma della diffusione del culto. Avendo guarito miracolosamente un bimbo cui si era conficcata una lisca in gola, è invocato come protettore per i mali di quella parte del corpo. A quell'atto risale il rito della "benedizione della gola", compiuto con due candele incrociate

e rivivremo questo rito con le candele incrociate!
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Jane



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MessaggioInviato: Gio Feb 03, 2011 22:25    Oggetto: Rispondi citando


Ciao Marisol, ciao Irene, anche da noi si celebra San Biagio, oggi non ho potuto partecipare al rito. Invochiamolo, è un Santo che operava già in vita molti miracoli.
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nenepdl



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MessaggioInviato: Ven Feb 04, 2011 08:12    Oggetto: Rispondi citando


Eravamo pochissimi ieri sera alla celebrazione ma è stata un'oretta densa di fede! Da tempo non vivevo un'emozione così...
Il don ci ha brevemente riassunto la vita di questo grande Santo, successivamente abbiamo partecipato al rito con le candele incrociate e subito dopo sono state benedette le arance.

Ciao Jane!Ciao Marisol!
A presto!
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PattyRose



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MessaggioInviato: Dom Feb 06, 2011 10:20    Oggetto: Rispondi citando


Omelia del giorno 6 Febbraio 2011 - V Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)

Una grande MISSIONE per noi: `Voi siete la luce del mondo'


Per entrare nella bellezza della missione che Gesù ci ha dato, è bello, oggi, farsi inondare dalla parola del profeta Isaia:

"Così dice il Signore:

`Spezza il pane all'affamato, introduci in casa i miseri senza tetto,

vesti chi è nudo, senza distogliere gli occhi dalla tua gente.

Allora LA TUA LUCE SORGERÀ come l'aurora, la tua ferita si rimarginerà presto.

Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà...

Se toglierai di mezzo a te l'oppressione, il puntare il dito e il parlare empio,

se offrirai il pane all'affamato, e sazierai chi è digiuno,

allora BRILLERÀ FRA LE TENEBRE LA TUA LUCE,

e la tua oscurità sarà come il meriggio" (Is. 58, 7-10).

Credo che abbiamo sperimentato tutti la sensazione dell'insicurezza e dello smarrimento, che a volte sconfina nella paura, quando d'improvviso se ne va la luce in casa o per le strade, in cui stiamo camminando. Tutto assume una dimensione diversa: non sai più dove sei, quale ostacolo ci sia davanti a te, dove mettere i piedi... e viene spontaneo cercare aiuto.

Provai una volta, di fitta nebbia, a trovarmi per strada in macchina. Non si scorgeva neppure la linea bianca, che sulla strada accompagna. Riuscii a raggiungere il bordo della strada. Mi fermai, abbandonai la macchina, preferendo fare il resto della strada a piedi.

Immersi nel buio, quando poi torna la luce, proviamo un senso di profondo sollievo e gioia, come avessimo scampato un pericolo.

Oggi – e facciamo bene attenzione – l'umanità, e forse anche qualcuno di noi, per le più svariate ragioni, è come se avesse smarrito la luce della vita.

Ci sentiamo avvolti da pericolose tenebre dentro e fuori.

Sentiamo tanti discorsi sulla pace, sull'onestà, ma a volte sembrano come 'schiacciati' dalle tenebre del vivere quotidiano, tanto da non sapere più se sia il caso di ascoltarli e credervi.

Basta uno sguardo al nostro mondo – lontano e vicino – per accorgersi che c'è troppa gente che vive brancolando, come se non riuscisse a trovare il senso stesso dell'esistere, o 'ingabbiata' in 'ideali', che di senso ne hanno ben poco, per una pienezza di umanità.

Trovare la ragione, che riporti un poco di serenità, è come trovare la strada giusta, smarrita nelle tenebre che ci sono in noi e fuori di noi.

Lo constatiamo tante volte, noi pastori, incontrando persone in cui lo smarrimento è visibile e si rivolgono a noi per trovare la causa di tale stato d'animo persistente e ricevere una parola che le aiuti a ritrovare il senso vero e profondo della vita: la luce che si è smarrita... in tanti, credetelo. Un dramma che a volte si cerca di ignorare, creando attorno un chiasso, che, quando finisce, altro non determina che l'aumento del buio 'dentro'.

A volte questa oscurità diventa insopportabile, quando muore qualche persona che per noi è stata un punto di riferimento, come un raggio di luce, di cui non eravamo forse neppure del tutto consapevoli. Per chi non ha fede, difficile, in questi casi, ritrovare la serenità, la luce.

Viene da chiederci: a chi rivolgersi, perché ce la ridoni?

Chi si è definito 'Luce del mondo' è Gesù, il Figlio di Dio, che ci ha rivelato il Volto del Padre ed è il Vivente, sempre accanto a noi.... 'in noi'.

Ma purtroppo, come avverte l'evangelista Giovanni, in un tempo di poca fede, 'venne la Luce e il mondo è stato fatto per Lui, ma il mondo non Lo riconobbe'.

E, non riconoscere - sempre, ma soprattutto nei momenti difficili - che c'è una Luce in noi, che è Gesù, è scegliere di vivere nelle tenebre, ossia vivere delle vanità dell'orgoglio, la sola impossibile luce della vita.

Dovremmo ricordare sempre che l'orgoglio, il potere, l'autosufficienza, la ricchezza, non danno mai quello che promettono e non possiedono, ossia la luce dell'anima.

Viverci in mezzo è come essere soffocati dall'ansia e dall'angoscia.

A tutto questo smarrimento dell'anima, che fa perdere il senso e la bellezze, della vita, risponde, oggi, Gesù: parole che sono la vera 'sfida' di Dio alla cecità dell'uomo.

"In quel tempo – racconta Matteo – Gesù disse ai suoi discepoli: 'Voi siete il sale della terra, ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà rendere salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini.

Voi siete la luce del mondo: non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa.

Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei Cieli". (Mt. 5, 13-16)

Ed ha ragione Gesù! Chi di noi si lascia penetrare dalla Sua Luce, nella vita è come se divenisse una luce per sé e per quanti lo accostano.

Forse non è facile incontrare fratelli e sorelle che sono 'luce e sale', ma grazie a Dio ce ne sono.

Non hanno bisogno di parlare o spiegare le ragioni della Luce... la Luce stessa si riflette nella loro vita, dando ragione di Sé.

Non troveremo, forse, queste meravigliose persone tra la folla di un mondo chiassoso, ma possiamo incontrarle quando meno ce lo aspettiamo.

Chi di noi non ha avuto il dono di conoscere o incontrare persone il cui sguardo, il volto, tutto il loro essere appare come illuminato e sereno? Non sono lontane da noi.

Penso a Chiara Badano, una giovane ragazza morta di tumore osseo a 17 anni, beatificata il 25 settembre 2010. Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, le scrisse: 'Chiara Luce è il nome che ho pensato per te. E la luce di Dio che vince il mondo'.

Nella sofferenza Chiara Luce scriveva, rivolgendosi ai tanti amici:

"Sono uscita dalla vostra vita in un attimo. Come avrei voluto fermare quel treno in corsa che mi allontanava sempre più! Ma ancora non capivo. Ero ancora assorbita da tante ambizioni, progetti e chissà che cosa (che ora mi sembrano così insignificanti, futili, e passeggeri). Un altro mondo mi attendeva e non mi restava che abbandonarmi. Ma ora mi sento avvolta in uno splendido disegno che a poco a poco mi si svela".

E chi non ricorda l'intensa luce che il caro Giovanni Paolo II sapeva effondere sul mondo, ovunque si recasse. Ricordo come, nelle Giornate Mondiali a cui ho partecipato, uno dei momenti più significativi fosse la veglia notturna. Gli occhi di migliaia di giovani, magari prima accecati dalle lucciole del mondo, davanti a lui era come ritrovassero la vera Luce. Più che sentire le sue parole, i giovani gioivano perché lui 'c'era'.

Anch'io ero affascinato... era come se riuscisse a mettere in fuga le tenebre e false luci del mondo. Così come accadeva con Madre Teresa di Calcutta. La sola sua presenza emanava tanta, ma tanta luce... diventava 'Parola' che illuminava, altro non era che Gesù presente in in loro! Era davvero un dono incontrare e stare accanto a queste sorgenti di Luce.

Ma senza fare ricorso a questi grandi dello Spirito, è facile incontrare gente semplice, il cui sguardo brilla di bontà e ridona il senso della bellezza della vita.

Forse cominciando dalle nostre mamme o da persone che si incontrano o, ancora di più, persone da cui riceviamo il dono dell'amicizia.

Anche le loro parole non sono mai un chiasso vuoto, ma sono pervase di quella saggezza e bontà che è la luce che cerchiamo.

Gesù, oggi, chiama tutti noi, ciascuno di noi, ad 'essere luce e sale del mondo'.

Occorre spogliarsi delle falsità del mondo, che fanno solo soffrire, e non avere paura di lasciarsi inondare dalla Sua Luce.

questa che distingue ì veri discepoli di Gesù, e la loro presenza fa tanto, ma tanto, bene.

Ci ridonano, quando li incontriamo, quella speranza che il mondo distrugge, come a dirci: Non è più solo terra quella che ci è dato vivere, ma siamo chiamati a vivere, già qui il Cielo.

"La debolezza del mondo occidentale — affermava Paolo VI — sta appunto nella mancanza di una unica visione, diciamo meglio di un'unica fede.

E perché a questa fede, la quale non può essere che quella di Cristo, da tante parti si contrasti la via; perché da tante guide e da tanti maestri di popoli essa sia taciuta o negata; perché quelli che aspirano a confortare la marcia della storia verso la libertà, verso la redenzione degli umili, questa luce la vogliono spenta e rinnegata e ne vogliano ripudiare i sacri e indispensabili principi, davvero non si comprende. Il rifiuto di questa fede, unica in grado di rendere il cammino faticoso del mondo più facile e più felice, proprio non lo si riesce a comprendere.

Ma tant'è: la Luce di Cristo non si spegnerà per queste opposizioni e continuerà a splendere a salvezza di chi ne raccoglie i raggi benefici, a vantaggio anche di chi forse preferisce voltarle le spalle e pascersi tristemente della propria ombra". (21 aprile 1957)

Quando, durante la S.Messa, proclamo la Parola di Dio, fisso sempre negli occhi chi mi ascolta e mi sorprende sempre vedere come molti occhi si riempiono di luce, come volessero farla ospite della vita. È davvero bello.

Con il salmo 111 prego:

"Il giusto risplende come luce. Beato l'uomo che teme il Signore:

spunta nelle tenebre come luce per i giusti.

Felice l'uomo pietoso che dà in prestito, amministra i suoi beni con giustizia. Egli non vacillerà in eterno: il giusto sarà sempre ricordato.

Non temerà annunzio di sventura: saldo è il suo cuore, confida nel Signore. Sicuro è il suo cuore, non teme: egli dona largamente ai poveri,

la sua giustizia rimane per sempre, la sua potenza si innalza nella gloria".

Non mi resta che pregare per tutti noi, chiedendo a Dio che ci inondi della Sua Luce e che la nostra vita sia illuminata e doni sempre luce a chi ci è accanto e da Dio ci è stato affidato:

"Voi siete la luce del mondo"



Antonio Riboldi – Vescovo di Acerra

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PattyRose



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MessaggioInviato: Dom Feb 06, 2011 10:33    Oggetto: Rispondi citando


PAROLA DI VITA FEBBRAIO 2011


"Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio".(Rm 8,14)


Questa Parola è nel cuore dell’inno che Paolo canta alla bellezza della vita cristiana, alla sua novità e libertà, frutto del battesimo e della fede in Gesù che ci innestano pienamente in lui, e per lui nel dinamismo della vita trinitaria. Diventando una persona sola con Cristo, ne condividiamo lo Spirito e tutti i suoi frutti, primo fra ogni altro la figliolanza di Dio.

Anche se Paolo parla di “adozione” , lo fa soltanto per distinguerla dalla posizione di figlio naturale che compete solo all’unico Figlio di Dio. La nostra non è una relazione col Padre puramente giuridica come sarebbe quella di figli adottivi, ma qualcosa di sostanziale, che muta la nostra stessa natura, come per una nuova nascita. Perché tutta la nostra vita viene animata da un principio nuovo, da uno spirito nuovo che è lo stesso Spirito di Dio.

E non si finirebbe più di cantare, con Paolo, il miracolo di morte e resurrezione che opera in noi la grazia del battesimo.

“Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio”.

Questa Parola ci dice qualcosa che ha a che fare con la nostra vita di cristiani, nella quale lo Spirito di Gesù introduce un dinamismo, una tensione che Paolo condensa nella contrapposizione fra carne e spirito, intendendo per carne l’uomo intero (corpo e anima) con tutta la sua costituzionale fragilità e il suo egoismo continuamente in lotta con la legge dell’amore, anzi con l’Amore stesso che è stato riversato nei nostri cuori .

Coloro infatti che sono guidati dallo Spirito, devono affrontare ogni giorno il “buon combattimento della fede” per poter rintuzzare tutte le inclinazioni al male e vivere secondo la fede professata nel battesimo.

Ma come?

Si sa che, perché lo Spirito Santo agisca, occorre la nostra corrispondenza, e san Paolo, scrivendo questa Parola, pensava soprattutto a quel dovere dei seguaci di Cristo, che è proprio il rinnegamento di sé, la lotta contro l’egoismo nelle sue forme più svariate.

Ma è questa morte a noi stessi che produce vita, così che ogni taglio, ogni potatura, ogni no al nostro io egoistico è sorgente di luce nuova, di pace, di gioia, di amore, di libertà interiore; è porta aperta allo Spirito.
Rendendo più libero lo Spirito Santo che è nei nostri cuori, egli potrà elargirci con più abbondanza i suoi doni, e potrà guidarci nel cammino della vita.

“Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio”.

Come vivere allora questa Parola?

Dobbiamo anzitutto renderci sempre più coscienti della presenza dello Spirito Santo in noi: portiamo nel nostro intimo un tesoro immenso; ma non ce ne rendiamo abbastanza conto. Possediamo una ricchezza straordinaria; ma resta per lo più inutilizzata.
Poi, affinché la sua voce sia da noi sentita e seguita, dobbiamo dire di no a tutto ciò che è contro la volontà di Dio e dire di sì a tutto il suo volere: no alle tentazioni, tagliando corto con le relative suggestioni; sì ai compiti che Dio ci ha affidato; sì all’amore verso tutti i prossimi; sì alle prove e alle difficoltà che incontriamo…
Se così faremo lo Spirito Santo ci guiderà dando alla nostra vita cristiana quel sapore, quel vigore, quel mordente, quella luminosità, che non può non avere se è autentica.
Allora anche chi è vicino a noi s’accorgerà che non siamo solo figli della nostra famiglia umana, ma figli di Dio.


Chiara Lubich

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