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DIO NELLA NOSTRA VITA - PARTE TERZA
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PattyRose



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MessaggioInviato: Dom Ago 18, 2013 12:15    Oggetto: Rispondi citando


Omelia del giorno 18 Agosto 2013 - XX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

L’Amore non vuole compromessi

Non so se voi, che considero amici e compagni in questo cammino alla sequela di Gesù, avete incontrato fratelli o sorelle, uomini, donne, giovani, anziani, la cui vita è di totale fedeltà gioiosa a Dio, non importa quale sia la loro vocazione, se chiamati alla vita religiosa, tutti e solo di Dio, o al matrimonio. È un vero spettacolo di paradiso.

Basta guardarli negli occhi ed è come ammirare la bellezza di un cielo senza veli, come quello che a volte ammiriamo in alta montagna, là dove non arrivano i miasmi della terra.

Ricordo un giorno, in pellegrinaggio, nel deserto, percorso da Mosè e dagli Ebrei, fuggiti dall’Egitto per recarsi nella terra promessa, mi fu dato di sostare una sera ai piedi del monte Oreb, dove Dio dettò le Leggi delle XII Tavole.

La notte era di una limpidezza a noi sconosciuta e, guardando il cielo, pareva davvero un incredibile ‘tessuto di stelle’, difficile da contemplare nelle nostre pianure coperte da smog.

Mi venne spontaneo pensare: Come sarebbe bello avere un cuore tanto buono da essere un ‘tappeto di stelle’ come questo cielo! Ed è possibile vederlo proprio quando si ha la fortuna di stare vicino a fratelli che si portano addosso come vestito la santità, in tutte le sue forme ed espressioni.

Nella loro vita si può vedere la meravigliosa bellezza che Dio ha dato all’uomo.

E quella notte, in cammino verso l’Oreb, avevo come l’impressione di ‘toccare il cielo’...proprio come quando si ha la gioia di incontrare gente di fede e di amore. E sono tanti, tanti.

Ma come arrivare a essere così ‘celesti’?

Gesù, oggi, nel Vangelo, parlando del suo grande desiderio di realizzare la missione del Padre, con la sua crocifissione e morte – amore senza fine, dato per farci entrare nell’Amore – ha parole ‘di fuoco’. Leggiamole.

“Gesù disse ai suoi discepoli (a quelli cioè che dopo di Lui avrebbero dovuto essere i continuatori della ‘Sua opera’): ‘Sono venuto a portare il fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già acceso! C’è un battesimo che devo ricevere, e come sono angosciato, finché non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. D’ora innanzi in una casa di cinque persone, si divideranno due contro tre: padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera’.

Poi rivolgendosi alle folle disse: ‘Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: ‘Viene la pioggia’ e così accade; quando soffia lo scirocco dite: ‘Ci sarà caldo’ e così accade. Ipocriti! Sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo? E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?”. (Lc. 12, 49-57)

Questo di Gesù, oggi, può apparire un discorso duro.

Naturalmente, quando parla di ‘odio’, non lo intende nel significato che gli diamo noi, ossia un perverso sentimento contro qualcuno, ma il totale distacco da sé per fare posto all’Amore: un Amore che in Gesù davvero era un ‘battesimo’, un ‘fuoco’ che gli bruciava dentro.

L’’odio’ o distacco totale è mettersi in totale disaccordo con quello che in noi sono ‘spine e rovi’, cioè negligenze e vizi, per fare posto alla santità. Ed è lì la vera pace cui aspirano i santi, per poi donarcela, anche se è evidente che i profeti, quelli che nel nome di Dio e per il bene della gente non hanno paura di indicare la verità, non hanno mai vita facile...ma alla fine ‘Dio vede e provvede’!

“In quei giorni – dice la Parola di Dio oggi, propri riferendosi ad un grande profeta, Geremia – i capi dissero al re: ‘Si metta a morte quest’uomo, perché scoraggia i guerrieri che sono rimasti in città e scoraggia tutto il popolo, dicendo loro simili parole, poiché questo uomo non cerca il benessere del popolo, ma il male’. Il re Sedecia disse: ‘Ecco è nelle vostre mani: il re infatti non ha potere su di voi’. Essi allora presero Geremia e lo calarono nella cisterna di Malachìa, principe regale, la quale si trovava nell’atrio della prigione. Nella cisterna non c’era acqua, ma fango e così Geremia affondò nel fango. Ebded-Melech uscì dalla reggia e disse al re: ‘Re, mio signore, quegli uomini agirono male facendo quanto hanno fatto al profeta Geremia, gettandolo nella cisterna. Egli morirà di fame sul posto, perché non c’è più pane nella città’. Allora il re diede questo ordine a Ebded-Melech: ‘Prendi da qui con te tre uomini e fa risalire il profeta Geremia, prima che muoia’.” (I Libro di Ger. 38, 4-10)

Tornando alle parole di Gesù è chiaro il suo ammonimento di ‘capire i segni del nostro tempo’, per saper discernere e trovare le vie della verità.

Amo sempre cogliere pensieri del grande Paolo VI, davvero profetici:

“La vita cristiana è come un sole che risplende sull’insieme dei nostri giorni. Figlioli miei, se questo sole finisce per spegnersi, che cosa si perderebbe? Alcuni dicono, niente. E invece si perderebbe proprio il senso della vita. Perché lavorare, perché amare gli altri, perché essere buoni, essere onesti, perché soffrire, perché vivere, perché morire, se non c’è una speranza al disopra di questa terra? È la vita cristiana a dare il senso, il valore, la dignità, la libertà, la gioia, l’amore al nostro passaggio sulla terra. Per questo l’invito paterno vuol essere possente come un grido, che dovrebbe rimanere a ricordo del nostro incontro: siate cristiani, siate cristiani!” (giugno 1964)

Impariamo a ‘sognare’ un mondo nuovo, amato da Dio e che si fa amare!

Ci sono tanti segni buoni, ancora oggi, da cogliere e seguire.

Anche Papa Francesco, continua ad esortarci: "Non perdiamo mai la speranza, anche di fronte al male che c'é nella nostra storia, perché non è lui il più forte".

In Brasile ha dichiarato: "E' vero che oggi sono in molti, che sentono il fascino di tanti idoli che si mettono al posto di Dio: il denaro, il successo, il potere, il piacere. Questi sono solo idoli passeggeri … espedienti che danno solo compensazioni passeggere" e ha sottolineato come si debba ricordare che i nostri giovani "non hanno bisogno solo di cose, hanno bisogno soprattutto che siano loro proposti quei valori immateriali che sono il cuore spirituale di un popolo, la memoria di un popolo: spiritualità, generosità, perseveranza, fraternità, gioia; sono i valori che trovano la loro radice più profonda nella fede cristiana". Ha poi suggerito di "lasciarsi sorprendere dalla speranza … vivere nella gioia, perché il cristiano non può essere pessimista, non ha la faccia di chi sembra trovarsi in un lutto perpetuo, perché sa che il lutto e la morte sono stati sconfitti".

Come sempre preghiamo con Madre Teresa di Calcutta:

“O Dio del cuore, tu che hai creato e dato la vita a noi,

facci crescere in amore per te e l’uno per l’altro.

Hai mandato tuo Figlio Gesù Cristo per rivelarci che tu

ti prendi cura di noi tutti, e che tutti ci ami.

Donaci il tuo Santo Spirito affinché susciti in noi

una fede forte e senza compromessi, per capire, con profonda

comprensione della vita degli altri popoli,

la disposizione originaria dell’umanità,

in modo da sapere scorgere in tutto tuo Figlio.”



Antonio Riboldi – Vescovo di Acerra

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PattyRose



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MessaggioInviato: Dom Ago 25, 2013 11:08    Oggetto: Rispondi citando


Omelia del giorno 25 Agosto 2013 - XXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

Entrare in Cielo per la porta stretta

Posso dire che abbiamo lasciato alle spalle un periodo di riposo, per essere pronti ad affrontare il cammino della quotidianità.

Anche se non fanno cronaca, ormai è evidente che sono tanti quelli che dedicano il tempo delle ferie per un ‘ristoro dello spirito’, cercando luoghi di silenzio, di meditazione e preghiera, affollando le foresterie dei monasteri o incontrandosi in raduni di spiritualità.

Questo è un grande segno positivo: il segno che l’uomo ha capito che l’irrazionale e pericoloso consumismo, che devasta la vita interiore per un poco di chiasso esterno, non giova...anzi!

Ringraziamo il Signore per la ‘sete’ di tanti, di cercare le vie della Verità e il respiro del cuore e dello spirito: è Dio che cerca l’uomo e l’uomo che accetta di farsi trovare da Dio.

Il mondo sembra ami accarezzare le devianze della vita, lasciando però una profonda ferita di infelicità quando tutto finisce.

Abbiamo davvero bisogno, tutti, che il Signore a volte alzi la voce e si faccia sentire per impedirci di farci danni irreparabili.

Come non ricordare lo stile di mamma e papà che, quando ero piccolo ed inesperto, ogni giorno, ci riempivano di rimproveri e raccomandazioni, ‘sperando’, dicevano, che delle ‘mille prediche’ fatte ogni giorno, ‘rimanga almeno il ricordo di una’.

E Paolo, oggi, sembra proprio rivolgersi a noi con la trepidazione di chi ci avverte che c’è il rischio che usciamo dalla retta via. “Fratelli – scrive agli Ebrei – avete dimenticato l’esortazione a voi rivolta come a figli: ‘Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore e non ti perdere di animo quando sei ripreso da Lui, perché il Signore corregge colui che Egli ama e sferza chiunque riconosce come figlio’. È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio ci tratta come figli; e qual è il figlio che non è corretto dal padre? Certo ogni correzione, sul momento non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo però arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati. Perciò rinfrancate le mani cadenti e le ginocchia infiacchite e raddrizzate le vie storte per i vostri passi, perché il piede zoppicante non abbia a storpiarsi, ma piuttosto a guarire”. (Ebr. 12, 11-13)

Quante volte il Padre, che ci vuole immensamente bene, permette alcune prove! In altre parole ‘ci corregge’, perché è facile farsi prendere la mano dalle tante tentazioni che ci assediano, volte tutte a farci prendere altre strade, che non sono la giusta via verso il traguardo della santità.

Chi di noi, con serietà, vuole seguire Gesù, sa che, per essere veramente Suoi discepoli, è necessario a volte ‘sentirsi tirare le orecchie’ dal Padre.

Mia mamma morì che aveva 99 anni e sei mesi. Ogni volta mi incontrava, aveva sempre ‘qualche predica da farmi’, anche se ero vescovo. Prima di morire, nell’ultimo incontro che ho avuto con lei, in ospedale, accomiatandomi mi tese la mano e mi disse con forza: ‘Mi raccomando, Antonio, fa’ giudizio, sempre giudizio! In modo da arrivare al ‘giudizio di Dio’ promosso!”.

Com’è difficile, oggi, anche nelle famiglie, sentire i genitori ‘correggere’ i figli, indicando la retta via della vita!

Si ha come l’impressione, a volte, che, privi di ogni autorevolezza, si permetta tutto, senza alcun discernimento del bene e del male.

Da chi questi nostri fanciulli riceveranno la giusta educazione, sostenuta da una profonda testimonianza di vita cristiana, se i genitori non se ne curano?

Inutile poi disperarsi, per il ‘duro prezzo da pagare’, quando li vediamo ‘perdersi’ nelle tante maniere che tutti conosciamo!

Luca, nel Vangelo di oggi, ci presenta Gesù che si incammina verso Gerusalemme, ossia verso il sacrificio della croce, e lo fa ‘passando di villaggio in villaggio, insegnando’.

A Gesù viene posta una domanda di piena attualità.

“Un tale gli chiese: ‘Signore, sono pochi quelli che si salvano?’

Evidentemente quel tale era rimasto colpito dalla parola di Gesù che, difficilmente allora, ma anche oggi, trovava posto nell’uomo. È una domanda che mette in imbarazzo tutti noi.

Saremo tra i pochi?

Gesù sviluppa il discorso: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta dicendo: ‘Signore, aprici!’. Ma egli vi risponderà: ‘Non vi conosco, non so di dove siete’. Allora cominceranno a dire: ‘Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze’. Ma egli dichiarerà: ‘Vi dico che non so di dove siete. Allontanatevi da me, operatori di iniquità! Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio e voi cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno a mensa nel Regno di Dio. Ed ecco ci sono alcuni tra gli ultimi che saranno primi, e alcuni tra i primi che saranno ultimi”. (Lc. 13, 22-30)

Gesù, in quel momento, aveva davanti agli occhi la folla dei farisei pronti a occupare i primi posti e dei peccatori ‘tagliati fuori’ dalla loro considerazione.

Guardando, con lo sguardo di Dio, alla concreta vita cristiana, non vi è il rischio di scoprire che molti si ‘credono’ cristiani per qualche ‘pratica’, che difficilmente è un atto di amore, ma è solo esteriorità, che non parte dal cuore, e nulla vi è nella vita dello ‘stile’ secondo Gesù?

Oggi, Gesù ci invita a guardare con sincerità alla nostra esistenza e fare la nostra scelta.

La nostra vita è degna ‘di entrare per la porta stretta’ o è solo esteriorità che alla fine troverà la porta del Cielo chiusa e il terribile ‘giudizio’ del Padre: ‘Non vi conosco’?

In un incontro che ebbi, anni fa, insieme con Madre Teresa di Calcutta, alla fine un gruppo di giovani ci chiese ‘com’era’ seguire Gesù.

La risposta fu: ‘Durissimo, ma meraviglioso!’.

Allora insistettero se, conoscendo quanto è ‘duro’ essere fedeli a Gesù, l’avremmo ugualmente seguito. ‘Direste ancora sì?’.

Lasciai che fosse la Madre a rispondere a questa provocazione.

‘Se mi chiedesse di rifare la stessa strada, con le asprezze, i contrasti, la fatica... forse Gli direi di no’. Ci fu un momento di silenzio sospeso, di sconcerto totale.

Madre Teresa stessa parve raccogliersi nel suo silenzio, poi all’improvviso riprese: ‘Ma gli voglio così bene, che Gli direi di sì’.

Vi fu un boato, quasi di liberazione, ma soprattutto di gioia!

Cerchiamo questa liberazione e gioia, facendoci aiutare dalle ‘Massime di perfezione’ del servo di Dio: Antonio Rosmini, fondatore dell’Istituto di Carità, a cui appartengo.

La IV massima, ‘Abbandonare totalmente se stesso nella Provvidenza di Dio’, afferma:

“La perfezione della vita cristiana (la porta stretta di cui parla Gesù) è il proposito sempre rinnovato di volere, in tutte le azioni della vita, solo ciò che sta a cuore a Dio: e la vita perfetta è la professione di rendere a Dio, in tutti gli atti, il maggior servizio possibile. Ne consegue che anche le azioni oneste che l’uomo compie, per la conservazione della propria vita, anche il suo godere i doni di Dio, con animo riconoscente, deve essere fatto da lui non per il suo bene o piacere presente, ma solo perché è persuaso che, nella circostanza in cui si trova, quella è la cosa più cara a Dio e perciò la più perfetta. Insomma, il cristiano non fa alcun cambiamento per una sua soddisfazione presente, sia pure onesta in se stessa, ma solo per compiere ciò che è suo dovere e per essere più caro a Dio. Da qui deriva la stabilità del perfetto cristiano.

È proprio della gente del mondo non essere mai contenta dello stato in cui si trova: gli uomini del mondo si fanno una continua guerra per occupare i posti migliori.

La perfezione del cristiano, invece, richiede che sia contento di qualunque posto e che non si dia altro pensiero che di eseguire i doveri inerenti al proprio stato”. (IV, nn. 14-16)

Come vorrei che, con tutti voi, che con me cercate ‘di entrare per la porta stretta’, un giorno venissimo accolti: ‘Venite benedetti!’ e nessuno debba sentire: ‘Non ti conosco, non so di dove sei’.

È possibile? È doveroso e sono certo che è quello che volete e per cui vi impegnate.

Per questo con voi prego e vi amo di cuore.


Antonio Riboldi – Vescovo di Acerra

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MessaggioInviato: Dom Ott 06, 2013 13:24    Oggetto: Rispondi citando


Omelia del giorno 6 Ottobre 2013 - XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

Signore, aumenta la nostra fede

Ci sono momenti, nella vita, difficili da conciliare con l’idea dell’Amore del Padre, in cui abbiamo riposto la nostra totale fiducia o fede: momenti in cui vacilla o viene meno la nostra fede in Lui.

Sono i momenti della prova, quando pare che tra noi e Dio sia calata una densa nube, al punto da mettere in dubbio non solo che ci voglia bene, ma addirittura che esista.

Mi è sempre rimasta nel ricordo una scena, subito dopo il terremoto a Santa Ninfa.

Ero smarrito, in quella notte, in piazza, e guardavo il paese che sembrava essersi accartocciato, come si fa con gli oggetti che si rompono e si buttano. Vicino a me, un uomo, che aveva speso la vita per costruirsi la casa, vedendola in rovina, ebbe un moto di incontenibile rabbia: prese una scarpa e la lanciò contro il cielo, come volesse colpire in faccia Dio stesso.

Io stesso, davanti alla Chiesa Madrice, che in dieci anni avevamo come rifatta, facendola diventare bella, come un vestito da sposa per il Dio e la comunità che ospitava, ed ora era un ammasso di pietre su pietre, come un prezioso vaso cinese andato in frantumi, guardai verso l’altare, che non c’era più, però custodiva da qualche parte Gesù nel Santissimo Sacramento, e mi uscì dal cuore il lamento: ‘Signore fammi capire come ci vuoi bene’.

In quel momento giunse un giovane, tanto vicino alla comunità parrocchiale e, con incontenibile dolore, mi disse: ‘Padre, mamma, papà e le mie due sorelle sono sotto le macerie e credo siano morti’. Era come se Dio mi svegliasse dal ‘sonno della fede’ e mi indicasse dove era...

Era là, sotto quelle macerie, in cui ci infilammo, cercando di salvare la famiglia rimasta sepolta, senza riuscirci, anzi, rischiando di finire anche noi, per una successiva scossa di terremoto, allo stesso modo. E cominciò la sfilata di tanti che ci chiedevano aiuto.

È lì che ho ritrovato la risposta di Dio.

Lui era là dove c’era disperazione e morte e occorreva correre a salvare quelli che, diversamente, sarebbero morti. Ma non è facile. Facile invece è smarrirsi e voltare le spalle alla fede.

Ed è comprensibile, nel dolore, questo smarrimento!

Oggi, di fronte alle tante tragedie del nostro mondo, che avvengono in tanti modi: dalla tragedia della fame e della miseria, a quella delle insensate guerre o dei rigurgiti di violenza nelle stesse famiglie, che sembrano il ghigno di satana, a tutti i tipi di sfruttamento, è facile essere tentati di porsi la stessa domanda: ‘Signore, facci capire dove e come è il tuo amore’.

Sembra siano di oggi le parole del profeta Abacuc:

“Fino a quando, Signore, implorerò e non ascolti, a te alzerò il grido ‘violenza’ e non salvi? Perché mi fai vedere l’iniquità e resti spettatore dell’oppressione? Ho davanti rapina e violenza e ci sono liti e si muovono contese. Il Signore rispose e mi disse: ‘Scrivi la visione e incidila sulle tavolette perché la si legga speditamente. È una visione che attesta un termine, parla di una scadenza e non mentisce: se indugia, attendila, perché certo verrà e non tarderà. Ecco soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede’”. (Ab. 1,2-3; 2. 2-4)

Nel Vangelo di oggi, gli Apostoli, dopo aver udito le parole di Gesù, che condanna duramente lo scandalo, avvisando i Suoi: ‘State attenti!’, e ammonendoli ad amare il fratello fino al non facile perdono quando ci fa del male, pregano così il Maestro: “Aumenta la nostra fede!”.

E la risposta di Gesù davvero mostra la potenza della fede vera:

“Se aveste fede quanto un granellino di senapa – che è il più piccolo di tutti i semi – potreste dire a questo gelso: ‘Sradicati e vai a piantarti nel mare’ ed esso vi obbedirebbe” (Lc. 17, 5-10)

Inutile nascondersi la grave crisi di fede che c’è in troppi.

Viene da chiederci quali siano le cause di questa ‘eclissi della fede’, che qualcuno ha chiamato ‘apostasia dell’Europa’.

Tanti descrivono la crisi come frutto del consumismo o della frenesia del piacere ad ogni costo. Troppi credono di ‘sentirsi liberi totalmente’, lasciando via libera a tutti i vizi, credendo così di realizzare il proprio sogno di vita.

Ma vivere senza Dio è davvero ‘realizzarsi’ o la realtà non dimostra piuttosto che si diventa ‘una merce’, fino a giungere sui marciapiedi del vizio e, magari, finendo poi nell’inferno della disperazione o della droga?

Siamo davvero felici di vivere, oscurando la bellezza e la dignità che viene dal Cielo?

Ci parlano forse di vera felicità i tanti ‘idoli’ con cui abbiamo riempito case, paesi, cuori?

Si ha l’impressione che oggi il mondo viva di una profonda inesprimibile tristezza, che a volte genera perfino il rifiuto del grande bene che è la vita. È l’inganno del serpente che si ripete: se seguito, dopo una breve euforia, porta a ‘sentirsi nudi’...e a nascondersi! e resta, ieri come oggi, la grande tristezza del grido di Dio: ‘Uomo, dove sei?’. (Gn. 3. 8-10)

È di ieri il racconto del rifiuto dell’uomo...e pare sia di oggi, per troppi.

Non so come definire l’uomo del nostro tempo che, dopo aver fatto un’autentica ‘guerra’ alla natura, per affermare l’economia e il profitto ad ogni costo, fino a compromettere l’esistenza del pianeta, ora vuole quasi affermare la ‘sua divinità’, con la differenza che, quando Dio crea, contempla e si stupisce della bellezza della sua creatura: ‘E vide che era cosa bella’, invece l’uomo, questo ‘irrazionale dio’, non solo sta spegnendo la bellezza, ma sta compromettendo la sua stessa esistenza! .....Eppure si ‘sente dio’, ossia padrone di ciò che non è suo, quando ha ricevuto solo il compito di ‘custodire e coltivare’...non distruggere!

Se questo uomo, che annienta tutto, fosse ‘dio’... ci sarebbe davvero da aver paura, perché non merita certamente fiducia!

Fiducia invece che merita il Padre, che non cessa di manifestare la Sua Presenza, il Suo Amore, la Sua Bellezza in chi di noi sa riporre in Lui piena fede. E, accanto alle follie degli uomini che negano Dio, per fortuna la terra è piena della gloria di Dio, che si manifesta nei semplici fedeli, nella Chiesa, nei martiri, in tante anime consacrate.

Davvero un grande coro celeste che è la sola ‘musica’ per l’uomo.

A volte, è vero, Dio mette alla prova la nostra fede, quasi nascondendosi.

I Santi la chiamano ‘buio della fede’, ‘notte dell’anima’, come quella provata da Madre Teresa di Calcutta, da S. Teresina del Bambin Gesù, da tanti santi e, a volte, anche da noi.

È un poco il nostro venerdì santo, che prepara la gioia della Pasqua.

Nella sua prima enciclica, intitolata Lumen fidei (La luce della fede), papa Bergoglio ha lanciato una tesi che a qualcuno sarà certamente sembrata provocatoria: la fede dà una luce che ci permette di vedere meglio. Ha scritto Papa Francesco: «Chi crede, vede; vede con una luce che illumina tutto il percorso della strada, perché viene a noi da Cristo risorto, stella mattutina che non tramonta».

È davvero così? La fede ci fa vedere meglio?

La fede – sostiene ancora papa Francesco – è «capace di illuminare tutta l’esistenza dell’uomo […] è una luce per le nostre tenebre».

È proprio così? Davvero noi che diciamo di credere vediamo ed agiamo meglio di chi non crede?

Viviamo davvero la certezza che ‘niente è impossibile per chi si fida di Dio e si affida a Dio”?

Forse, davvero, carissimi, sorge in noi la stessa accorata invocazione degli Apostoli:

“Signore, aumenta la nostra fede!”.



Antonio Riboldi – Vescovo di Acerra

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MessaggioInviato: Dom Ott 13, 2013 11:32    Oggetto: Rispondi citando


Omelia del giorno 13 Ottobre 2013 - XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

Gesù e i lebbrosi

Quanti insegnamenti possiamo trovare nell’episodio dell’incontro casuale – meglio provvidenziale! - Di Gesù con i dieci lebbrosi, narrato nel Vangelo di oggi!

Sappiamo che fino a poco tempo fa i lebbrosi, per la loro malattia ripugnante, che si credeva, e ancora si crede, potesse essere trasmessa, venivano segregati in modo da non poter avere nessun contatto con i sani.

Dei veri ‘condannati’ all’emarginazione e solitudine, insopportabile per qualsiasi creatura umana che sente una vera sete di solidarietà e compagnia....tanto più quando ci troviamo in gravi difficoltà, di qualunque specie, ma soprattutto nella malattia!

Conosciamo tutti la grande passione dell’apostolo del nostro tempo, R: Follereau, che non si stancava di visitare i lebbrosari di tutto il mondo, facendo appello alla solidarietà di tutti, a cominciare dalle ‘grandi potenze’, che non pongono freni alla produzione delle armi, portatrici solo di morte, ma voltano le spalle a quanto invece è bene e può donare la vita, come guarire i lebbrosi.

Il suo scopo era duplice: ottenere che i malati di lebbra fossero curati come tutti gli altri malati, nel rispetto della loro libertà e dignità di uomini, e ‘guarire i sani’ dalla paura assurda di questa malattia e di coloro che ne sono colpiti.

Nacque così la Giornata dei lebbrosi, celebrata in 50 Paesi, diventata come un ‘immenso appuntamento d’amore’, che reca agli ammalati, più ancora dei considerevoli aiuti materiali, la gioia e la fierezza di essere trattati da uomini.

Lui, Follereau, vedeva in ogni lebbroso, non solo un fratello, ma Gesù sofferente, e non aveva certamente paura di farsi vicino, come ancora oggi avviene, grazie agli ‘Amici dei lebbrosi’, in tanti luoghi dove esiste e si cura la lebbra.

La vera carità non alza mai ‘muri o recinti’, che dividono, ma si fa vicina, con la gioia di colmare l’angoscia che è nel fratello malato.

Nonostante la grande carità di molti verso i lebbrosi, oggi, nel mondo, ci sono ancora milioni di fratelli colpiti dalla lebbra, il più delle volte vittime anche del degrado, della fame e della sete!

Fa male alla coscienza sapere che ‘loro ci sono’, ma si fa ancora troppo poco per ‘farsi vicini’, come Gesù.

Racconta l’evangelista Luca, oggi:

“Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: ‘Gesù Maestro, abbi pietà di noi!’. Appena li vide, Gesù disse loro: ‘Andate a presentarvi ai sacerdoti’. E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: ‘Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?’. E gli disse: ‘Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato!”. (Lc. 17, 11-19)

Se vogliamo allargare il significato di ‘lebbroso’, estendendolo a quanti per mille ragioni sono emarginati tra di noi, scopriamo che sono davvero tanti... allontanati, evitati, quasi condannati alla stessa solitudine, nel momento in cui avrebbero più bisogno di trovare chi si fa loro vicino con amore!

Penso ai tanti malati di AIDS, ai tossicodipendenti, a chi ha sbagliato, ai detenuti...e l’elenco si fa davvero lungo, tanto lungo.

Può essere capitato anche a qualcuno dei miei lettori, incappato in qualche errore, frutto di debolezza, l’essersi sentito ‘isolato’, perdendo amici, conoscenti, restando solo...’come un lebbroso da evitare’! E’ come morire.

Chi del resto non ha provato questo ‘essere visto come un lebbroso’ da evitare? Basta un errore nella vita – e chi non ne fa? – E subito ci si ritrova soli!

Quante volte, come sacerdote, come vescovo, ho sentito la necessità di gettare le braccia al collo a persone disperate, perché emarginate, cercando di riportare un po’ di serenità, facendo sentire loro che non erano sole!

“Se vogliamo conoscere l’uomo – diceva il grande Paolo VI – dobbiamo conoscere Cristo crocifisso (lasciato solo dal momento della cattura nell’orto, fino alla crocifissione. Solo con pochissime persone che davvero Lo amavano: Maria, la Mamma, Giovanni, il discepolo che amava, e Maria di Magdala). Se siamo avidi di scoprire che cosa è l’uomo, dobbiamo sentire che questa tragica figura del Cristo proietta sopra di noi dei raggi, che ci dimostreranno davvero che cosa è l’umanità, cioè una vita decaduta e sofferente. È una vita ingiuriata, una vita flagellata, una vita crocifissa. Ci sono ancora cento mali nel mondo, e chi va cercando di smussare tutte le sue asprezze, chi va cercando una civiltà soffice e attraente, dalla quale manchino il dolore, la sofferenza, la fatica, è quello stesso uomo che cerca in se stesso i tormenti più gravi; è quello stesso uomo che si arma delle armi più micidiali e più terribili e le rivolge contro se stesso...Ecco l’uomo...C’è un autore moderno che, analizzando il dolore lo definisce ‘grande solitudine’, perché separa, scava abissi, è incomunicabile. L’esperienza della sofferenza, anche se è circondata da cure, è così singola, così personale, da essere incomunicabile, perciò inconsolabile, sotto un certo aspetto. È in quei momenti che si fa vicino, se crediamo e Lo preghiamo, il grande Fratello, Gesù: Colui che ha detto: ‘Venite a me, voi tutti che siete affaticati e aggravati, ed io vi darò sollievo’.”

Gesù è il solo che non emargina, sa addossarsi le sofferenze qualunque siano, anche quelle che noi colpevolmente mettiamo fuori della nostra attenzione.

Sapeste quanta gioia si prova nel dare sollievo a chi vive nella disperazione di sentirsi ‘solo’!

Si racconta che un giorno il grande Follereau, l’amico dei lebbrosi, facendo il giro dei lebbrosari del mondo, alla fine visitò l’ultima comunità. ‘Non ho più nulla da darvi – disse – Mi è rimasta solo la grande passione per ciascuno di voi, la gioia di stare con voi’.

I 200 lebbrosi si consultarono e uno si fece avanti e chiese ‘un dono’: stringergli la mano.

Rimase sorpreso, Follereau, per quella richiesta, per lui davvero ‘piccola e spontanea’.

E così strinse le mani di tutti.

Dopo una settimana ricevette una lettera dei lebbrosi che lo ringraziavano così: ‘Grazie, amico, il profumo della tua affettuosa condivisione è rimasto nelle nostre mani. Per questo, dal nostro incontro, non le abbiamo più lavate, per risentirlo ogni giorno.’

Odorare ‘quel profumo’ era come sentire il profumo della vita.

Così è verso quanti di noi sanno farsi solidali con chi la società ‘bene’ emargina...

Follereau, che aveva fatto 66 volte il giro del mondo, tentando di coinvolgere tutti in una battaglia, che poteva e può essere vinta, così scriveva in un messaggio nel 1966:

“Amare non è solo dare al povero qualcosa del nostro superfluo, ma ammetterlo nella nostra vita.
Bisogna riconoscere con coraggio che con degli alberi di Natale non si risolverà la questione sociale, né il problema della fame e della lebbra.
Il povero, il perseguitato, il malato, ha una sete confusa di ritrovarsi,
di avere coscienza che è un uomo come gli altri e che ha il diritto di vivere e il dovere di sperare.
Non accontentarsi quindi di lasciargli cadere in mano l’offerta, ma condividere la sua sofferenza, la sua ira, i suoi desideri, ed ammetterlo alla conoscenza dei nostri sentimenti: questo vuol dire amarlo....
Che il buon Dio ci dia delle noie, se queste noie ci conducono sul cammino dei nostri fratelli.
Che ci faccia la grazia di essere angosciati dalla miseria universale,
in modo che noi, gente terribilmente felice, possiamo chiedere scusa della nostra felicità (se l’abbiamo), imparando così ad amare”



Antonio Riboldi – Vescovo di Acerra

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mari27



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MessaggioInviato: Sab Dic 07, 2013 16:37    Oggetto: Rispondi citando


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Ciao, Patty!!

... per caso hai conosciuto Suor Chiara del Cerbaiolo?
Non è più fra noi dal 2010.
E' conosciuta come " l'ultima eremita - pastora", incantano la sua storia e la sua profonda spiritualità.
Mi dispiace averla scoperta troppo tardi, mi sarebbe piaciuto tantissimo conoscerla di persona; credo che un incontro, un colloquio con lei sarebbe stato un momento unico da ricordare nella vita!
......e pensare che conosco i luoghi, i dintorni di dove ha vissuto ma non sapevo della sua esistenza.
Ho scoperto che nonostante il mondo pazzo in cui viviamo, ci sono ancora persone che cercano e trovano risposte nel silenzio, nell'eremitaggio, nella solitudine, nell'ascolto di sé e di Dio.
Ce ne sono diversi in Italia.

Allego qui alcune foto di Suor Chiara con quelle che lei chiamava " le sue bambine".














http://suorchiara.storiecredibili.it/



In cammino ... sempre...


Pellegrino lunga è la strada che hai scelto per
raggiungere il luogo dove finiscono i sogni
e il vento muore ...





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mari27



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MessaggioInviato: Lun Dic 16, 2013 20:29    Oggetto: Rispondi citando


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Ciao, Patty!
Non so se in questo periodo stai leggendo ma ti invio ugualmente tanti auguri per un sereno Natale.
Buone feste a te e a tutte le frequentatrici di questo topic!!
Auguri a tutte!!






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nenepd



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MessaggioInviato: Sab Dic 21, 2013 14:51    Oggetto: Rispondi citando


Ciao ragazze!

Grazie Mari per aver parlato di sr Chiara...non la conoscevo ma sicuramente mi documenterò! grazie infinite! Ogni tanto si sente la necessità di conoscere queste personalità così profonde, anche per ritrovare una parte di noi.

Un caro abbraccio, dal profondo nel cuore...Buon Natale a voi e alle vs famiglie.
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Marisol



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MessaggioInviato: Mar Dic 24, 2013 13:47    Oggetto: Rispondi citando


Cari amici,

FELICE E SANTO NATALE PER TUTTI!!



Baci a tutti

Marisol

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La vera ricchezza è prendere la vita con amore, donando amore.



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PattyRose



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MessaggioInviato: Gio Dic 26, 2013 19:29    Oggetto: Rispondi citando




SANTISSIME FESTE!!!!!
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PattyRose



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MessaggioInviato: Gio Dic 26, 2013 19:41    Oggetto: Rispondi citando


Rolling Eyes Rolling Eyes Rolling Eyes CIAO CARISSIME RAGAZZE Rolling Eyes Rolling Eyes Rolling Eyes VI PENSO E SIETE TUTTE NEL MIO CUORE!!!! Rolling Eyes Rolling Eyes Rolling Eyes MARY27 GRAZIE PER SR. CHIARA...

GRAZIE A DIO CI SONO ANCORA TANTE PERSONE CHE CERCANO NEL SILENZIO DELLA PROPRIA ANIMA UN PUNTO DI INCONTRO CON DIO... BASTA SOLO IMPEGNARSI NEL FARE IL PRIMO PASSO... NEL DIRE IL NOSTRO "SI"... POI TUTTO, ANCHE SE CON DIFFICOLTA', SI CONQUISTA... PERCHE' DIO SI LASCIA TROVARE DA CHI LO CERCA CON CUORE SINCERO E LIBERO... LASCIAMOCI AIUTARE DALLO SPIRITO SANTO... LUI CI CONDURRA' LI' DOVE NOI NEPPURE POSSIAMO IMMAGINARE...

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PattyRose



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MessaggioInviato: Gio Dic 26, 2013 19:46    Oggetto: Rispondi citando


Santo Natale di Gesù 25 Dicembre 2013

Non so se avete mai provato ad essere spettatori di un fatto vitale, meraviglioso, da non riuscire a commentarlo, perché le parole riducono, e molto, la sua bellezza, sia perché si teme che chi ascolta non riesca ad accogliere tutto lo stupore che si vorrebbe trasmettere, sia perché temete di non essere capiti o, peggio ancora, di essere fraintesi e considerati solo dei sognatori, un po’ pazzi.

A me capita così ogni volta che debbo, non solo commentare i fatti che Dio compie per noi, a cominciare dal Natale di Gesù, ma soprattutto quando voglio condividere il bello che contiene: una bellezza totale, semplice, profonda ed infinita, tanto che l’evangelista Giovanni afferma: ‘A quanti l’accolsero fu dato loro di diventare figli di Dio’.

L’evangelista Luca, poi, quando racconta la nascita di Gesù a Betlemme, lo fa con una semplicità disarmante, con poche parole, di una assoluta nudità, proprio per non togliere nulla all’immensità dell’Evento. Così narra: “Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazareth e dalla Galilea salì nella Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per registrarsi insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Ora mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo”. (Lc. 2, 1-14)

Agli occhi degli uomini, troppo abituati a riempirsi di vanità e superbia, quel bambino ‘deposto in una mangiatoia’ non diceva e forse dice nulla anche a noi, insomma un racconto, il Natale di Gesù, che apparentemente può essere privo proprio di stupore.

Come comunicare dunque agli uomini di oggi un tale incredibile evento?

Sembra per noi impossibile che la grandezza di Dio possa coesistere con un tale interesse per noi, da mandare su questa misera terra, in pienezza di umiltà, il Suo Figlio, il Verbo eterno di Dio, ad incarnarsi, per vivere come noi e con noi, assumendo della nostra fragile vita umana tutti i limiti.

Ma Dio è Dio proprio perché è Amore, dono totale di sé e ha scelto la condivisione con la nostra condizione umana per farci strada, se lo vogliamo, e poter così diventare, noi, figli del Padre.

Realtà che ha il suo compimento nel sacramento del Battesimo.

Più che darsi tanto da fare a Natale per creare quell’aria festosa, che tante volte sa più di superficialità e materialismo, rendendolo solo un’occasione di festa mondana, soprattutto noi cristiani dovremmo saperlo preparare spiritualmente, per poter godere della gioia interiore che nasce dalla consapevolezza di sapere che Gesù è stato ed è tra noi, per farci appartenere alla famiglia di Dio.

Purtroppo siamo troppo inondati dal rumore che impedisce il dialogo silenzioso e profondo con Dio che ci viene offerto dal Santo Natale di Gesù, quando invece dovremmo lasciarci prendere dallo stupore che crea la serenità di chi sa di essere invitato a condividere la vita stessa di Dio qui, oggi, e in Cielo, domani.

Siamo vittime del chiasso, che penetra anche nella nostra anima e soffoca la dolce atmosfera di Betlemme. Dobbiamo ricordarci che è proprio dell’amore farsi vicino in punta di piedi e comunicarsi ‘senza parlare’. Lasciarsi amare esige una ‘casa nuda’, perché l’Amore occupa tutto. Dobbiamo convincerci che ogni angolo negato a Dio è un angolo negato all’Amore e ogni angolo negato all’amore è un angolo negato a Dio.

Ma se ci guardiamo dentro con sincerità possiamo scoprire quanto sia profondo il bisogno di amare e di essere amati, perché tutti ne siamo consapevoli, anche coloro che lo negano: solo l’amore dona felicità, come fece Gesù a Betlemme. Nessun clamore mondano, ma quanta felicità ha sempre sparso in chi Lo accoglie.

Saremo capaci di ridare al Santo Natale la bellezza divina che Dio ci ha offerto con Gesù tra noi?

C’è nell’aria tanta tristezza e nello stesso tempo il forte desiderio che spunti per noi un motivo profondo che offra vera serenità e pace. È la pace che gli Angeli cantarono sulla grotta: ‘Gloria a Dio in cielo e pace in terra agli uomini che Egli ama’.

Ma come ha affermato in un’omelia Papa Francesco: “Dobbiamo incontrare il Signore, ma è ancora più importante essere disponibili all'incontro, perché Cristo interviene sulle debolezze di ognuno di noi”.


Antonio Riboldi – Vescovo di Acerra

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MessaggioInviato: Sab Dic 28, 2013 16:27    Oggetto: Rispondi citando


Buone feste ragazze! Buon Natale e buon anno a tutte voi e alle vs famiglie!

Consiglio per la lettura:
Il Manoscritto ritrovato ad Accra di Paulo Coelho
una lettura intensa e piacevole per un piccolo viaggio all'interno di noi stessi, essere creati ad immagine e somiglianza di Dio.
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PattyRose



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MessaggioInviato: Lun Gen 27, 2014 13:38    Oggetto: Rispondi citando


Rolling Eyes Rolling Eyes Rolling Eyes CIAO Wink Wink Wink GRAZIE IRENE Exclamation Exclamation Exclamation BACI Wink
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PattyRose



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MessaggioInviato: Lun Gen 27, 2014 13:52    Oggetto: Rispondi citando


"Sono venuto a portare il Fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse tutto acceso!".

Cosa è questo Fuoco? É il Fuoco dell'Amore, dello Spirito Santo, della santità. É il Fuoco dell'Amore che porta ardore, passione, consolazione alla propria fede e al senso della propria esistenza. É il Fuoco anche della purificazione, della sofferenza che brucia, arde e scioglie i legami con il male, con le catene di satana, con le scorie del peccato; poiché se l'uomo non è toccato da questo Fuoco non viene purificato, non vive in stato di grazia: non può l' amore di Dio penetrare e portarvi il suo frutto. Queste due nature di Fuoco non sono in contrapposizione in Me: arde e brucia nella sofferenza sulla Croce, e brucia per amore, il cui frutto è la santità. Esse sono l'offerta per eccellenza che viene donata e posta sull'altare dell'Onnipotente: Egli l'attraversa, con il suo Fuoco Santo per dare liberazione e santità. Questo Fuoco che arde è posto sotto il mondo per liberarlo da satana e dare le grazie del suo bene a tutti coloro che vorranno immergervisi.

Come acquistare questo Fuoco? Unendovi ad Esso, fondendovi; vi farete così piccole fiamme che portano luce e calore della fede ovunque. Quella Fiamma che, riarsa in Me, i venti contrari del mondo che vi soffiano contro, non potranno spegnere. Potrete fondervi ad Esso in un percorso di acquisizione di vita cristiana che avviene nell'adesione alla mia Verità che comporta la lotta, lotta primaria con la vostra persona per il distacco dal male del mondo, lotta anche con quelli di casa per la mia scelta: vi combatteranno, ed è lotta per rimanere fedeli all'adesione al mio Insegnamento, lotta per aderire, mantenere e raggiungere un ordine superiore nel bene, per riportare in quest'ordine acquisito la vera pace che sconfigge la confusione, il caos dell'uomo, mediante il quale il diavolo lega.

Chi segue Cristo si aspetti il combattimento e non il quieto vivere che porta però, di certo, la pace nella coscienza; lotta che porterà liberazione e purificazione dal peccato, amore vero di Dio, santificazione delle anime. Avrete così vissuto il vostro Battesimo, e sarà il vostro un falò che non si potrà spegnere: farà luce anche in Cielo, e al quale Io stesso troverò calore.

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mari27



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MessaggioInviato: Mer Gen 29, 2014 16:18    Oggetto: Rispondi citando


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AL TERMINE DEL GIORNO

Al termine del giorno, o sommo Creatore, vegliaci nel riposo con amore di Padre.
Dona salute al corpo e fervore allo spirito, la tua luce rischiari le ombre della notte.
Nel sonno delle membra resti fedele il cuore, e al ritorno dell'alba intoni la tua lode.




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