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DIO NELLA NOSTRA VITA - PARTE TERZA
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Autore Messaggio
Jane



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MessaggioInviato: Mar Dic 20, 2011 22:09    Oggetto: Rispondi citando


Ciao cara Marisol. Il grazie va tutto alla SS Trinità e Suo Rappresentante in terra.
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Marisol



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MessaggioInviato: Ven Dic 23, 2011 12:35    Oggetto: Rispondi citando


A tutti i cari bambini e e tutti coloro che ancora avere uno sguardo e il cuore di bambino.

http://www.youtube.com/watch?v=g-LW5AAc4_0&feature=endscreen&NR=1

http://www.youtube.com/watch?v=h1eHC-I3kPA

BUON E SERENO NATALE BAMBINI TUTTI !!

BACI,

Marisol

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La vera ricchezza è prendere la vita con amore, donando amore.



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Jane



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MessaggioInviato: Sab Dic 24, 2011 23:42    Oggetto: Rispondi citando


Dall'omelia di stanotte, PapaBenedetto XVI: Dio è apparso – come bambino. Egli si contrappone ad ogni violenza e porta un messaggio che è pace.
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Jane
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PattyRose



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MessaggioInviato: Dom Dic 25, 2011 11:22    Oggetto: Rispondi citando


Omelia del giorno 25 Dicembre 2011 - Natale del Signore

Santo Natale: la gioia di sapere che Dio è tornato tra noi

Il Natale riempie sempre il mondo di aria di serenità. Non se ne capisce forse la ragione, ma di fatto il Natale è sempre, per tutti, 'la festa dell'amore'.

E' un fatto che a Natale il cuore si allarga, come avessimo trovato la gioia di stare insieme, come ragione del cuore. Natale ci insegna che l'uomo non è solo, ma ha bisogno di qualcuno che veramente lo ami e lui possa amare.

Possiamo, come è nello stile del consumismo, fare della solennità del Natale, solo un motivo di festa terrena, una festa che dura poco, ma il NATALE ha il suo fascino, per un Evento, grazie al quale, anche se non ci crediamo, Dio fa pace con noi e ci riapre la Sua Casa.

E' davvero incredibile, ma stupendo, che Dio, l'immenso, infinito, che non ha bisogno certamente di noi, che siamo poca cosa, possa riaprire le porte del Cielo, dopo che le aveva dovute chiudere per quel grande errore dei nostri progenitori che, cedendo al serpente preferirono l'affermazione del proprio egoismo alla dolcezza di accogliere l'amore del Padre ed essere sue creature.

Ci si confonde anche solo pensare che Dio apre portarci a Casa, abbia riaperto il Cielo, mandando Suo Figlio tra di noi: ha vissuto con noi per fare esperienza di questa terribile vita di tutti i giorni che viviamo, come uno di noi, per poi DARE LA SUA VITA SULLA CROCE e riaprirci il Paradiso, la sola Casa in cui potremo trovare quella felicità e amore, totale ed duraturo, di cui abbiamo tanta sete.

Incredibile, solo a pensarci, che il Padre abbia potuto pensare a noi, inviando il Figlio a provare in tutte le forme, tranne il male, quello che vuol dire vivere su questa terra, e, nello stesso tempo, additandoci la vita del Paradiso.

Il bello del Natale è tutto qui.

Immedesimiamoci nel semplice racconto evangelico, che è come una grande sinfonia divina.

"In quel giorno un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento su tutta la terra. Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazareth e dalla Galilea, salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare con Maria sua sposa che era incinta. Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nell'albergo.

C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l'angelo disse: 'Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: vi è nato nella città di Davide un Salvatore che è il Cristo Signore. Questo per voi un segno: troverete un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia”.

E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste, che lodava Dio e diceva: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e Pace in terra agli uomini che Egli ama” (Lc. 2, 1-14)

Si rimane sconcertati anche solo leggendo come, Chi è non solo il Creatore del mondo, ma l'Amore nella grandezza infinita di Dio, nel suo ingresso tra noi non scelse forme pompose, ma l'estrema nudità umana. Davvero Dio volle provare su di Sé quella povertà che è il grande sogno dell'amore, che si fa dono. Nulla trapela della Sua gloria infinita, se non il canto degli Angeli.

Quello che colpisce è che nasce in solitudine, anche perchè Giuseppe, pur avendo cercato tra la gente un luogo degno della nascita di tale bimbo, come dice l'Evangelista Giovanni:

"Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di Lui, eppure il mondo non lo riconobbe". Gv.1, 1-18

Noi uomini siamo abituati a cercare un posto di prestigio ed è molto difficile conoscere la bellezza della umiltà. Ma Dio, pur essendo davvero, non solo il Tutto, ma Colui che dà senso al nostro niente, sceglie la via della umiltà e povertà, che sono, ancora oggi, la via delle anime che si sforzano di fare posto alla santità, alla gioia e all'amore, divenendo come 'una mangiatoia che accoglie' il Bambino.

"Gesù, commenta Paolo VI, è venuto nel mondo come medico delle profonde malattie umane. Venne tra noi come il più povero di noi. La povertà di Cristo è il più stretto rapporto di vicinanza esteriore che Egli poteva offrire agli uomini. Gesù ha voluto mettersi all'ultimo livello sociale, affinché nessuno lo potesse credere inaccessibile. Ogni ricchezza temporale è in qualche modo divisione e distanza tra gli uomini. Ogni prosperità stabilisce un 'mio' e un 'tuo' che separa gli uomini e li unisce in un rapporto che, come non è comunione di beni, così tanto spesso non è comunione di spirito ... La povertà di Cristo ci appare allora sotto un aspetto meravigliosamente umano: essa è segno della sua amicizia, della sua parentela con l'umanità.

E' quella umanità che lo incontrerà, abbassando i tanti muri che il benessere crea, e così lo incontrerà, lo capirà, lo avrà suo".

Che la povertà vera ed in spirito abiti nel nostro cuore, per renderlo 'mangiatoia' dove trovano posto tutti i bisognosi: questa è la bellezza del Natale. Non solo, ma così, facendosi poveri per i poveri, la nostra vita si fa gioia, sperimentando la bellezza del donarsi, come avviene a Natale, e, speriamo, non solo in questa occasione.

Il primo Natale a S. Ninfa, dopo il terremoto del gennaio 1968, lo celebrammo all'aperto tra le rovine del paese. Ma fu un sentirsi tutti più vicini, con un senso di comunità che creava gioia e speranza. Ricordo che quella notte, una notte in cui il cielo sembrava si fosse vestito di stelle, talmente era pulito, guardavamo verso il cielo e ci sembrava di essere anche noi a vivere in una mangiatoia. Ma il fatto di pensare al Natale di Gesù e quel sentirsi uniti come non mai, creò una atmosfera di amore e di gioia, che ha dato un sapore di serenità a tutti.. .eppure il terremoto ci aveva distrutto tutto, ed eravamo davvero poveri, ma con speranza.

Sentivamo, davvero, guardando quel cielo stellato, come se Dio avesse voluto ricordarci così che ci voleva tanto bene, che un giorno sarebbe stato diverso.

Oppure mi ricordo ragazzo, quando la mia famiglia era nella povertà assoluta. La vigilia, con papà, per racimolare qualcosa (eravamo 5 fratelli e papà e mamma) la sera della vigilia ci recavamo da una parente che aveva una macelleria, per vedere se le era rimasto qualcosa. Si 'metteva insieme' quanto era rimasto sulle ossa del prosciutto e con quelle poche cose si faceva Natale.

Ma per noi ragazzi il momento più bello restava sempre la Messa di mezzanotte e subito dopo il deporre la statua di Gesù Bambino nel presepe, che era la grande attrazione di tutti.

Quanto poco ci vuole per celebrare la vera gioia che Gesù dona a Natale!

Oggi abbiamo forse tanto, ma la felicità è dove si sa vedere il 'tanto', nella vera gioia che ci viene dal sapere che Gesù, Dio, è con noi.

Così fa risaltare la bellezza del Natale Giovanni XXIII:

"Il Natale di Betlemme è umile, mite di cuore, povero e innocente. Egli è costruttore di pace, e, già per essa, si appresta al sacrificio estremo! Questa è la strada segnata da Gesù Cristo: questa l'incarnazione per ogni uomo; che accoglie il divino messaggio con prontezza di adesione ...

Da Betlemme l'incoraggiamento all'applicazione del vivere sociale: sconfitta di ogni egoismo, intelligente conoscenza delle necessità altrui, trionfo della fraternità perfetta".

Da qui il mio augurio a voi, che con me cercate la strada di Betlemme: quella vera, che ciascuno cerca con fatica, per arrivare al Mistero stupendo di sapere che Gesù, non fermandosi alle nostre miserie, cerca in noi 'la mangiatoia' dove trovare posto perché possa realizzarsi in pienezza la nostra stessa vita.

Un grande ringraziamento a tutti per essere con me nella ricerca, come i Magi, a trovare Gesù e da Lui ricevere quella grande gioia che lui solo sa dare.

Un augurio particolare per chi soffre, è malato, con la certezza che Gesù è particolarmente vicino, direi di casa con voi.

Ricambio il grande affetto che mi donate ed è per me incoraggiamento nel continuare a servire la Parola di Gesù, fonte di vita.

Con una promessa: in modo particolare sarete presenti nella Eucarestia che celebrerò nella notte di Natale.

Vi voglio tanto bene ed auguro pace e gioia



Antonio Riboldi – Vescovo di Acerra

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Preziosiforever



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MessaggioInviato: Dom Dic 25, 2011 12:52    Oggetto: Rispondi citando


Buon Natale a tutti!
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nenepd



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MessaggioInviato: Dom Dic 25, 2011 16:16    Oggetto: Rispondi citando


Buon Natale a tutti voi! Un abbraccio dal profondo del mio cuore!
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Jane



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MessaggioInviato: Sab Dic 31, 2011 14:09    Oggetto: Rispondi citando


Te Deum laudámus: * te Dóminum confitémur.
Te ætérnum Patrem, * omnis terra venerátur.
Tibi omnes ángeli, *
tibi cæli et univérsæ potestátes:
tibi chérubim et séraphim *
incessábili voce proclamant:

Sanctus, * Sanctus, * Sanctus *
Dóminus Deus Sábaoth.
Pleni sunt cæli et terra * maiestátis glóriæ tuae.
Te gloriósus * Apostolórum chorus,
te prophetárum * laudábilis númerus,
te mártyrum candidátus * laudat exércitus.
Te per orbem terrárum *
sancta confitétur Ecclésia,
Patrem * imménsæ maiestátis;
venerándum tuum verum * et únicum Fílium;
Sanctum quoque * Paráclitum Spíritum.

Tu rex glóriæ, * Christe.
Tu Patris * sempitérnus es Filius.
Tu, ad liberándum susceptúrus hóminem, *
non horruísti Virginis úterum.
Tu, devícto mortis acúleo, *
aperuísti credéntibus regna cælórum.
Tu ad déxteram Dei sedes, * in glória Patris.
Iudex créderis * esse ventúrus.
Te ergo, quæsumus, tuis fámulis súbveni, *
quos pretióso sánguine redemísti.
ætérna fac cum sanctis tuis * in glória numerári.

Salvum fac pópulum tuum, Dómine, *
et bénedic hereditáti tuæ.
Et rege eos, * et extólle illos usque in ætérnum.
Per síngulos dies * benedícimus te;
et laudámus nomen tuum in sæculum, *
et in sæculum sæculi.
Dignáre, Dómine, die isto *
sine peccáto nos custodíre.
Miserére nostri, Dómine, * miserére nostri.
Fiat misericórdia tua, Dómine, super nos, *
quemádmodum sperávimus in te.
In te, Dómine, sperávi: *
non confúndar in ætérnum.


Italiano

Noi ti lodiamo, Dio *
ti proclamiamo Signore.
O eterno Padre, *
tutta la terra ti adora.

A te cantano gli angeli *
e tutte le potenze dei cieli:
Santo, Santo, Santo *
il Signore Dio dell'universo.

I cieli e la terra *
sono pieni della tua gloria.
Ti acclama il coro degli apostoli *
e la candida schiera dei martiri;

le voci dei profeti si uniscono nella tua lode; *
la santa Chiesa proclama la tua gloria,
adora il tuo unico figlio, *
e lo Spirito Santo Paraclito.

O Cristo, re della gloria, *
eterno Figlio del Padre,
tu nascesti dalla Vergine Madre *
per la salvezza dell'uomo.

Vincitore della morte, *
hai aperto ai credenti il regno dei cieli.
Tu siedi alla destra di Dio, nella gloria del Padre. *
Verrai a giudicare il mondo alla fine dei tempi.

Soccorri i tuoi figli, Signore, *
che hai redento col tuo sangue prezioso.
Accoglici nella tua gloria *
nell'assemblea dei santi.

Salva il tuo popolo, Signore, *
guida e proteggi i tuoi figli.
Ogni giorno ti benediciamo, *
lodiamo il tuo nome per sempre.

Degnati oggi, Signore, *
di custodirci senza peccato.
Sia sempre con noi la tua misericordia: *
in te abbiamo sperato.

Pietà di noi, Signore, *
pietà di noi.
Tu sei la nostra speranza, *
non saremo confusi in eterno.
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nenepdl



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MessaggioInviato: Mar Gen 31, 2012 17:03    Oggetto: Rispondi citando


Tu che esisti da sempre, e prima che noi fossimo e prima che fosse il mondo, ti sei fatto nostro rifugio dal momento in cui noi ci siamo rivolti a te. (En. in Ps. 89, 3) da www.augustinus.it

Egli oggi e per sempre, sia il tuo rifugio!
Cara amica, sono con te in questo momento difficile, ben conoscendo la tua grandezza interiore e la tua forza!!! Sii forte! Ti abbraccio!
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PattyRose



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MessaggioInviato: Dom Feb 05, 2012 11:56    Oggetto: Rispondi citando


Omelia del giorno 5 Febbraio 2012 - V Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)

Se Tu vuoi, puoi guarirmi

C'è nei comportamenti di Gesù, in quei primi approcci con la gente comune - così come ce lo presenta l'evangelista Marco - qualcosa che seguita a stupirci e avrà certamente affascinato quanti Lo avvicinavano. Facile capire come, al suo apparire sulla scena pubblica, dopo tanto silenzio a Nazareth, si sia fatto tanta strada tra la gente povera immediatamente, non solo per le sue Parole, ma per al Sua attenzione a quelli che soffrivano. Un' attenzione che non era solo pura compassione, ma andava oltre, fino al miracolo.

La gente a volte si lascia affascinare dalle parole di uno - e sappiamo come è facile imbastire un discorso, magari solo di bravura, ma senza concreti contenuti, discorsi che sono solo 'chiasso', amato da chi non riflette - ma Gesù affascinava, lasciando senza parole per lo stupore, quanti si accostavano a Lui, chiedendoGli l'impossibile per noi: essere guariti da una malattia. E la ottenevano. Nello stesso tempo, sapendo di essere oggetto di ammirazione e non volendo comunicare solo stupore, ma lasciare un segno concreto di divinità, per fare strada poi alla missione vera, affidata alla PAROLA, che annunciava il VANGELO della SALVEZZA: una salvezza che, per tutti, è ben più grande di una guarigione.

Poiché la gente si lascia tante volte incantare da eventi fuori del comune, Gesù davanti a questo atteggiamento preferisce fuggire, cercando di cancellare ogni errore si potesse compiere nella esatta interpretazione della sua missione tra noi, che aveva obbiettivi ben diversi dalle semplici attese della gente: la nostra totale guarigione dal male e quindi la salvezza.

Ma quante volte cadiamo anche noi nella tentazione di cercare in Dio solo la soluzione ai nostri problemi o difficoltà della vita quotidiana, dimenticando che Dio ha nell'amarci il solo obbiettivo di donarci la salvezza per sempre in Paradiso, pur prendendosi cura personalmente di ciascuno di noi, ma secondo i misteriosi 'pensieri' del Suo cuore, ben conoscendo qual è il nostro vero bene. Racconta il Vangelo di Marco:

"In quel tempo venne a Gesù un lebbroso, lo supplicava in ginocchio e gli diceva: 'Se vuoi, puoi guarirmi'. Mosso a compassione, stese la mano, lo toccò e gli disse: 'Lo voglio, guarisci!'. Subito la lebbra scomparve ed egli guarì. E ammonendolo severamente, lo rimandò e gli disse: 'Guarda di non dire niente a nessuno, ma VA', PRESENTATI AL SACERDOTE e offri la tua purificazione, quella che Mosé ha ordinato a testimonianza per loro'. ma quegli allontanatosi cominciò a promulgare il fatto, al punto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma se ne stava fuori, in luoghi deserti e venivano a Lui da ogni parte". (Mc. 1,40-45)

Può forse meravigliare come Gesù fugga dalla folla dopo avere guarito il lebbroso, ma la sua fuga nel deserto, era un chiaro messaggio, che il Messia, era venuto tra di noi dal Cielo, non tanto per guarire l'uomo dalle malattie fisiche. Sapeva molto bene che la salute fisica è un bene, ma non definitivo, proprio per la nostra fragilità creaturale. E sarebbe stata, la Sua presenza tra di noi, in questo caso, una visita da 'medico della mutua', che non può assicurare, mai, la salute per sempre.

A Gesù stava a cuore un'altra salute, quella eterna, ossia salvarci dal peccato e quindi farci degni del Paradiso per sempre. Sappiamo tutti per esperienza che questa vita è un passaggio. Un passaggio che, nella volontà di Dio che ci ha creato, non doveva esserci.

Dio ci aveva creati a Sua Immagine e quindi felici e incorruttibili. E' stata la disobbedienza dei nostri progenitori ad allontanarci dal Padre e quindi a dover subire quella che è un campo di prova per tornare degni di essere di Dio, liberandoci dalla vera malattia che è il peccato.

Purtroppo le indicazioni che oggi, più che mai, arrivano dal mondo è di disinteresse per la verità del vero fine del nostro esistere, non siamo aiutati a comprendere quale sia il nostro vero bene, cioè purificarci dal male e quindi riscattarci per il Paradiso. La salvezza eterna, per troppi, non è il primo bene da cercare, e quindi non si riesce a comprendere che occorre fare delle difficoltà, comprese le malattie, una via, un mezzo, un 'trampolino di lancio', per purificarsi dal vero male e presentarsi a Dio con la veste della santità.

Fa davvero impressione, a chi è stato in pellegrinaggio a Lourdes o Fatima o Medjugorie come gente, andata in questi luoghi di preghiera, per guarire fisicamente, affidandosi alla bontà di Maria, nostra amata Mamma in Cielo, alla fine si sia trovata davvero 'guarita dentro', provando una grande serenità interiore, dopo aver come intravisto proprio la malattia e la sofferenza possano essere una strada privilegiata verso il Cielo.

Ricordo le diverse visite a Lourdes, avendo avuto come vescovo il privilegio di presiedere la meravigliosa processione eucaristica e al termine di benedire solennemente i malati, schierati a cerchio. Ero stupito dalla loro serenità, come se avessero compreso che la vera salute è l'amore di Dio che si trasmetteva, attraverso l'Eucarestia. Mai visto un gesto di stizza per non essere stati guariti ... ma, al contrario, rinnovata fiducia e serenità.

Noi, impregnati di materialismo, a volte non riusciamo a vedere il bello che Dio dà a noi attraverso le prove della vita o le tante povertà di ogni genere. Eppure quante volte, visitando gli ammalati, si rimane meravigliati dal sorriso sul volto di chi sa con fede vedere nel male una occasione di amore che va oltre la salute. E' vero che Dio ci ha creati per la felicità, ma è anche vero, come Gesù sulla croce, che tale felicità è una conquista che passa nella sofferenza. Chi ha poca fede difficilmente sa scorgere nel male un'occasione per guarire. Capita a volte di trovare poveri, o gente sfortunata, che sanno accettare tutto: è quello che più meraviglia e dove mette in discussione la nostra sola fiducia nello stare fisicamente e materialmente bene, per offrire il grande bene della nostra carità.

Scriveva Paolo VI, pensando ai tanti poveri di ogni genere, che sono la stragrande maggioranza degli uomini sulla terra:

"Viene subito in mente una folla di pensieri, che ci fa sperimentare come sotto la lineare semplicità del Vangelo si racchiudano profondità immense e realtà straordinariamente complesse.

E' molteplice il numero dei fortunati che compongono l'umanità vittoriosa: molteplice nelle forme, nei tipi della santità per cui si accede al regno dei cieli. I santi sono molti, le forme di santità sono molte, come le beatitudini che canonizzano diversi modi dell'esperienza umana trasfigurata dallo Spirito di Cristo."

Parlando di beatitudini scrive ancora Paolo VI: "Le beatitudini rivelano una grande forza morale. Cristo, annunciando le beatitudini, sposta i cardini dell'operare umano. Sposta quello terminale, quello a cui tende necessariamente il nostro operare, cioè la felicità, dal presente al futuro, da questa vita presente a quella del futuro, da questa vita presente ad un'altra vita successiva, dal tempo alla eternità, dal regno della terra a quello del Cielo. Insegnava il grande Bossuet: 'Tutto lo scopo dell'uomo consiste nell'essere felice'. Gesù Cristo non è venuto che per darcene il mezzo. Mettere la felicità dove si deve, è la sorgente di ogni bene, e la sorgente di ogni male è metterla dove non si deve. Diciamo dunque, io voglio essere felice. Vediamo i mezzi per raggiungerla. Stabilire in Dio il fine dell'uomo e indicare il modo per raggiungerlo è l'innovazione più grande: è la fondazione di un nuovo modo di vivere (Paolo VI, l Novembre 1960)

E vorrei a questo punto farmi vicino a quanti soffrono fisicamente o materialmente o per tante altre ragioni. Lo so molto bene che è difficile dire parole quando il fratello soffre. Ma è una grande carità sapere mettersi nei loro panni e condividere la sofferenza. Può sembrare poco, ma è tanto: senza questa solidarietà la vita diventa un vero inferno, che si può evitare. E non pensiamo mai che le difficoltà o la sofferenza siano un castigo. Fanno parte della nostra vita terrena e mirano, se accolte con fede, a costruire la felicità eterna con Dio. Facciamo nostra la preghiera di santa Faustina:

"O mio Gesù, dammi la forza di sopportare le sofferenze, in modo che non mi rifiuti di bere il calice dell'amarezza. Aiutami tu stesso, affinché il mio sacrificio sia gradito: non lo contamini l'amor proprio, anche se si prolunga negli anni.

La purezza di intenzioni te lo renda ben accetto, sempre nuovo e vitale. La lotta perenne, uno sforzo incessante, questa è la mia vita, per adempiere la santa volontà: ma tutto ciò che è in me, sia la miseria che la forza, tutto ti lodi, o mio Signore".

E voglio assicurare che i malati che mi leggono o quanti soffrono, sono al centro del ricordo nella mia S. Messa quotidiana, perchè il Padre doni forza e serenità. Che nulla vada perso agli occhi del Padre!



Antonio Riboldi – Vescovo di Acerra

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PattyRose



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MessaggioInviato: Dom Feb 05, 2012 12:04    Oggetto: Rispondi citando


PAROLA DI VITA FEBBRAIO 2012


Convertitevi e credete al Vangelo» (Mc 1,15)

Comincia così, nel Vangelo di Marco, l’annuncio di Gesù al mondo, il Suo messaggio di salvezza: «Il tempo è compiuto, il regno di Dio è vicino. Convertitevi e credete al Vangelo».

Con la venuta di Gesù spunta un’era nuova, l’era della grazia e della salvezza. E le Sue prime parole sono un invito ad abbracciare la grande novità, la realtà stessa del Regno di Dio che egli pone alla portata di tutti, vicino ad ogni uomo. Ed indica subito la strada: convertirsi e credere al Vangelo, e cioè cambiare radicalmente vita e accettare, in Gesù, la parola che Dio, attraverso Lui, rivolge all’umanità di tutti i tempi.

Sono due cose che vanno di pari passo: la conversione e la fede e non c’è l’una senza l’altra, ma l’una e l’altra scaturiscono al contatto con la parola viva, alla presenza di Gesù che anche oggi ripete alle folle:

«Convertitevi e credete al Vangelo»

Quello che opera la Parola di Dio accolta e vissuta è un completo mutamento di mentalità (= conversione). Trasfonde nei cuori di tutti: europei, asiatici, australiani, americani, africani i sentimenti di Cristo di fronte alle circostanze, al singolo e alla società.

Ma come può il Vangelo operare il miracolo di una profonda conversione, di una fede nuova e luminosa? Il segreto sta nel mistero che le parole di Gesù racchiudono. Esse non sono semplicemente esortazioni, suggerimenti, indicazioni, direttive, ordini, comandi. Nella parola di Gesù è presente Gesù stesso che parla, che ci parla. Le sue Parole sono egli stesso, Gesù stesso.

E così noi, nella Parola lo incontriamo. E accogliendo la Parola nel nostro cuore, come Egli vuole che sia accolta (e cioè essendo pronti a tradurla in vita) siamo uno con Lui ed Egli nasce o cresce in noi. Ecco perché ognuno di noi può e deve accogliere l’invito così pressante ed esigente di Gesù.

«Convertitevi e credete al Vangelo»

Qualcuno potrà considerare le parole del Vangelo troppo alte e difficili, troppo distanti dal modo di vivere e di pensare comune, e sarà tentato di chiudersi all’ascolto, di scoraggiarsi. Ma tutto questo accade se pensa di dover spostare da solo la montagna della sua incredulità. Mentre basterebbe si sforzasse di vivere anche solo una Parola del Vangelo per trovare in essa un aiuto inatteso, una forza unica, una lampada per i suoi passi. Perché quella Parola, essendo una presenza di Dio, il comunicarsi con essa rende liberi, purifica, converte, porta conforto, gioia, dona sapienza.

«Convertitevi e credete al Vangelo»

Quante volte nella nostra giornata questa Parola può esserci di luce! Ogni volta che ci scontriamo con la nostra debolezza o con quella degli altri, ogni volta che seguire Gesù ci sembra impossibile o assurdo, ogni volta che le difficoltà tentano di abbatterci, questa Parola può essere per noi un colpo d’ala, una boccata d’aria fresca, uno stimolo a ricominciare.

Basterà una piccola, rapida “conversione” di rotta per uscire dal chiuso del nostro io ed aprirci a Dio, per sperimentare un’altra vita, quella vera.

Se poi potremo condividere questa esperienza con qualche persona amica, che ha fatto anch’essa del Vangelo il proprio codice di vita, vedremo sbocciare o rifiorire intorno a noi la comunità cristiana.

Perché la Parola di Dio vissuta e comunicata fa anche questo miracolo: dà origine a una comunità visibile, che diviene lievito e sale della società, testimoniando Cristo in ogni angolo della terra.



Chiara Lubich

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Antonietta68



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MessaggioInviato: Dom Feb 05, 2012 18:20    Oggetto: Rispondi citando


Ciao Patty,ben tornata...
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"LE MANI CHE AIUTANO SONO PIù SACRE DELLE BOCCHE CHE PREGANO"
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PattyRose



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MessaggioInviato: Dom Feb 12, 2012 13:20    Oggetto: Rispondi citando


Antonietta68 ha scritto:
Ciao Patty,ben tornata...


GRAZIE CARA!!!!!!
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MessaggioInviato: Dom Feb 12, 2012 13:23    Oggetto: Rispondi citando


Omelia del giorno 12 Febbraio 2012 - VI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)

Ci sono, in noi, tante lebbre da guarire

Gesù, non solo quando era tra di noi fisicamente, così come ce lo presenta S. Marco, ma anche oggi, continuamente, con il Suo comportamento, seguita a stupirci, come del resto ha meravigliato e spesso messo in discussione chi lo avvicinava allora e ogni credente vero oggi.

Gesù non si sottrae dall'amare l'uomo che è in necessità, ma perchè non vi fosse ambiguità sulla sua vera missione, che era quella di andare oltre l'episodio miracoloso, impone il silenzio: davanti alla esaltazione della gente, troppo umana, che rischiava di travisare la sua missione di salvezza totale dell'uomo, Gesù fugge per cancellare ogni errore. Voleva che chiaramente si capisse che il fatto miracoloso era solo 'un segno' della sua divinità, ma quello che Lo interessava, quello per cui era stato inviato dal Padre, era la guarigione dalla pericolosa lebbra del peccato, che l'uomo si portava addosso. E quanta lebbra notiamo in noi a volte e attorno a noi.

Eppure, a differenza del lebbroso del Vangelo, che supplica Gesù perchè lo guarisca, tante volte capita che, forse senza neanche accorgersene, tanti esibiscano la loro lebbra interiore, peggiore di quella fisica, come ostentazione e sfoggio di sé. E' il grande pericolo che noi tutti corriamo. Proviamo a pensare alla natura del peccato; parlo soprattutto di peccato grave. Non è forse vero che oggi tante volte è ambigua esibizione estetica o cattiva interpretazione di libertà?

Basta pensare, per esempio, all'uso del proprio corpo come merce, diventato un vero mercato. Eppure tutti sappiamo come sia di una coscienza sana rispettare il corpo, 'mezzo' che Dio ha donato per compiere tanto bene in ogni direzione.

Davvero la 'lebbra' del peccato rischia di diventare moda da esibire.

Ma in chi di noi ha conservato la delicatezza di coscienza che ci porta a difendere la bellezza interiore, che si esprime proprio con la delicatezza e modestia verso il proprio e altrui corpo, sa molto bene che non è possibile coniugare la bellezza dell'anima con la strumentalizzazione del corpo. Sappiamo tutti come i santi, a volte, trattassero anche duramente il proprio corpo, ma per sottomettere le passioni alla virtù. Basterebbe pensare a S. Francesco dopo la sua conversione. Quello che conta per i santi è che il corpo sia a servizio della santità e non mezzo di perdizione. Quella che Dio chiede a noi, è con Lui costruire giorno per giorno la santità, che è la sola bellezza che possiamo avere. Dovrebbe 'la lebbra interiore', il peccato, ben più orrenda di quella esteriore e fisica, portarci alla preghiera di guarigione, come è nel Vangelo di oggi:

"Venne a Gesù un lebbroso, lo supplicava in ginocchio e gli diceva: 'Se vuoi, puoi guarirmi'. Mosso a compassione, stese la mano, lo toccò e gli disse: 'Lo voglio, guarisci!'. Subito la lebbra scomparve ed egli guarì. E ammonendolo severamente, lo rimandò e gli disse: 'Guarda di non dire niente a nessuno, ma va', presentati al sacerdote e offri la tua purificazione, quella che Mosé ha ordinato a testimonianza per loro. Ma quegli allontanatosi cominciò a promulgare il fatto, al punto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma se ne stava fuori, in luoghi deserti e venivano a Lui da ogni parte". (Mc. l, 40-45)

E' bello vedere come giustamente il lebbroso guarito, abbia sentito l'urgenza di comunicare la sua gioia, di avere" ritrovato la pienezza della salute, a tutti: e lo avremmo fatto anche noi al suo posto, ma nello stesso tempo il Vangelo evidenzia soprattutto come Gesù non volesse che Lo considerassero un semplice guaritore di piaghe esteriori.

La sua missione di Figlio di Dio era di guarire la lebbra che abbiamo dentro e a volte è tanta.

Una missione che voleva riportarci a quella bellezza che Dio ci aveva destinato quando ci ha creato nel paradiso terrestre e che desidera con tutto il Suo cuore che noi la riconquistiamo, attraverso le nostre scelte di amore, libere e consapevoli, illuminati e sorretti dalla sua stessa Grazia.

Ecco dunque, oggi, il sacramento della penitenza, sacramento di riconciliazione con Dio, con il prossimo e anche con noi stessi: una vera e profonda azione della Grazia lasciataci, ma che esige la stessa fede del lebbroso. Ma è così?

Oggi c'è il rischio, molto grave, di tenere in conto la bellezza fisica più di quella interiore.

Il corpo non è una 'cosa da usare' per affermare i nostri vizi, che sono la depravazione della bellezza, ma è un dono che Dio ci ha dato, per affermare la santità che è la sola bellezza di ciascuno di noi. Questa certezza richiede una sana educazione umana e spirituale. Purtroppo basta vedere come i mezzi di comunicazione facciano un cattivo uso del corpo maschile e femminile, per rendersi conto che ciò che conta è più la soddisfazione o il piacere dell'essere ammirati, costi quel che costi, che non consapevolezza del proprio valore di persone, salvaguardato da sobrietà e dignità. Non è facile per molti neppure sapere distinguere la vera bellezza dalla falsa bellezza, consegnata ai capricci della moda e del tempo, in una società dove chi non si adegua rischia di essere deriso anziché lodato.

Ma la vera bellezza la si vede nello sguardo che, se innocente, è davvero un 'pezzo' di cielo che comunica armonia e amore puliti; è nella scelta di costumi che riflettono rispetto alla persona e non esibizione; è nella insostituibile bellezza della carità che mostra come sia il Cuore di Dio.

Ma occorre un'educazione da piccoli. Le nostre mamme, certamente, forse perchè 'povere' e quindi lontane dai capricci della moda, sapevano dirci quali erano i veri valori e la vera bellezza nella fede e nella santità. Oggi purtroppo a volte questa cura non c'è.

Allora la domanda spontanea che viene da porci è questa: qual è la vera bellezza, a cui dovremmo aspirare, ciascuno di noi? Quella di un cuore buono, che cura la bellezza interiore dell'anima, o la bellezza effimera di un corpo che dura poco ed è destinato a essere quello che è: cenere?

E' vero che il consumismo, cui non interessa la bellezza dell'anima, continua a offrirci modelli di bellezza esteriore cui rivolgere l'attenzione. Ma è al consumismo che dobbiamo guardare o alla bellezza interiore?

Incontrando più volte Madre Teresa di Calcutta, si restava sempre affascinati e stupiti dalla sua bellezza che traspariva da ogni gesto e parola, anche se fisicamente non aveva alcuna particolare attrattiva. L'esteriorità era una cornice, che però irradiava la sua santità di vita, il suo essere continuo in Dio e con Dio. Comprendiamo allora come Gesù, dopo avere guarito il lebbroso, temendo di essere considerato un guaritore dei corpi, fugga in luogo deserto, sottraendosi alla curiosità e ad una errata conoscenza di chi veramente era Lui.

Ed oggi è proprio la riscoperta della attenzione che Dio ha per noi che ci invita a riflettere. Gli innamorati di Gesù sanno come 'vedere e amare Gesù'. E più cresce questa conoscenza, più si allontana l'adorazione del corpo. Non è ai 'modelli' del mondo che si deve guardare, ma a Lui, vero modello di bellezza, per sottrarci a possibili 'lebbre' dell'anima.

Occorre avere in Gesù quella fede gioiosa che offre Paolo VI.

Alla domanda che si fa: 'Chi è Gesù?', risponde: "La conoscenza di Gesù riguarda la nostra concezione dell'uomo: interessa direttamente i destini della vita. Riguarda il valore da dare alle cose. Diventa sapienza del mondo, entusiasmo dell'anima. E' l'affermazione che obbliga il mondo, ogni coscienza a prendere una posizione morale sul significato e il valore della propria esistenza. Ha incominciato a svegliare e mettere in moto dei poveri pastori, nel primo momento in cui è stato annunziato alla terra. Non lascerà più indifferente alcuna generazione e alcuna manifestazione di vita. Sarà l'insonnia del mondo. Sarà la segreta forza che consola, che guarisce, che nobilita l'uomo, la sua nascita, il suo amore, il suo dolore, la sua morte. Sarà la vocazione del mondo all'unità e all'amore: sarà la costante energia a perseverare in ogni secolo nella bella ricerca del bene e della pace. E' un'affermazione troppo importante e non si può rimanere ignavi, frettolosi dinanzi ad essa". Ascoltiamo allora le parole che S. Paolo scrive ai Colossesi:

"Fratelli, sia che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualunque cosa, fate tutto per la gloria di Dio. Non date motivo di scandalo né ai Giudei, né ai Greci, né alla Chiesa di Dio; così come io mi sforzo di piacere a molti, perchè giungano alla salvezza.

Fatevi miei imitatori, come io sono di Cristo".

Con S. Faustina preghiamo:

"O Gesù, Dio eterno, ti ringrazio per i tuoi innumerevoli benefici e le tue grazie. Ogni battito del mio cuore sia un inno di ringraziamento per te o Dio.

Ogni goccia del mio sangue veicoli per te, o Signore.

Che l'anima mia sia tutta un cantico di ringraziamento per la tua misericordia".


Antonio Riboldi – Vescovo di Acerra

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nenepd



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MessaggioInviato: Dom Feb 12, 2012 19:04    Oggetto: Rispondi citando


Ciao Patty!
E' bello rileggerti e rivedere questi topic "in movimento".
Come va? Sono certa che dentro di te hai una grande ed immensa ricchezza e questa è la tua grande forza!
Ti abbraccio!
Serena settimana.
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PattyRose



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Messaggi: 3916
Residenza: Valle Santa

MessaggioInviato: Ven Feb 17, 2012 18:19    Oggetto: Rispondi citando


O tu che nell'instabilità continua della vita presente
t'accorgi di essere sballottato tra le tempeste
senza punto sicuro dove appoggiarti,
tieni ben fisso lo sguardo al fulgore di questa stella
se non vuoi essere travolto dalla bufera.
Se insorgono i venti delle tentazioni
e se vai a sbattere contro gli scogli delle tribolazioni,
guarda la stella, invoca Maria!
Se i flutti dell'orgoglio, dell'ambizione,
della calunnia e dell'invidia
ti spingono di qua e di là, guarda la stella, invoca Maria!
Se l'ira, l'avarizia, l'edonismo
squassano la navicella della tua anima,
volgi il pensiero a Maria!
Se turbato per l'enormità dei tuoi peccati,
confuso per le brutture della tua coscienza,
spaventato al terribile pensiero del giudizio,
stai per precipitare nel baratro della tristezza,
e nell'abisso della disperazione, pensa a Maria!
Nei pericoli, nelle angustie, nelle perplessità ,
pensa a Maria, invoca Maria!
Maria sia sempre sulla tua bocca e nel tuo cuore.
E per ottenere la sua intercessione, segui i suoi esempi.
Se la segui non ti smarrirai,
se la preghi non perderai la speranza,
se pensi a lei non sbaglierai.
Sostenuto da lei non cadrai,
difeso da lei non temerai,
con la sua guida non ti stancherai,
con la sua benevolenza giungerai a destinazione.


San Bernardo

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