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PER NON DIMENTICARE: LA SHOAH
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Autore Messaggio
.°..*Alessandra.*..°.



Registrato: 14/06/06 19:15
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MessaggioInviato: Mar Giu 27, 2006 16:05    Oggetto: PER NON DIMENTICARE: LA SHOAH Rispondi citando


Propongo questo topic nell'intento di richiamare tutti voi ad esprimere le proprie riflessioni e considerazioni sull' evento più grave della storia: LO STERMINIO DEGLI EBREI e di tutte quelle persone ritenuti dalla Germania Nazista "indesiderabili".
"Shoah" è un termine che in lingua ebraica significa "distruzione" e viene usato per riferirsi all' "Olocausto". Questa parola: SHOAH è utilizzata da molti ebrei e non ebrei perchè ritengono offensivo l'altro termine. Infatti il significato letterale di olocausto è:(dal greco holokauston) "tutto bruciato", cioè "rogo sacrificale offerto a Dio". Solo recentemente il termine è stato usato per riferirsi a massacri...
Dunque, a causa del significato originario teologico della parola, gli ebrei non potevano accettarne l' uso, dato che sarebbe stato come dire che "il genocidio degli ebrei è stata un' offerta a Dio". Tra coloro che utilizzavano malvolentieri la parola "olocausto" vi fu Primo Levi, il quale affermò di usarlo solo per farsi intendere. Certamente la maggior parte delle persone che usano questa parola non lo fanno con l' intenzione di offendere il popolo ebraico! Ecco perchè oggi ci si riferisce allo sterminio degli ebrei sia col termine Olocausto sia col termine Shoah.


Spero che tutti voi visitando questo topic contribuirete affinchè viva il ricordo dell' orribile indelebile massacro perpretato ai danni degli ebrei, ma anche dei Rom, degli omosessuali, dei malati di mente, dei Polacchi, dei Russi e di tanti altri gruppi di persone. Potrete farlo in ogni modo, trascrivendo frasi di romanzi d' autore, poesie che trattano l' argomento, esprimendo le vostre considerazioni e proponendo libri da leggere, film da vedere...

IL FINE PER CUI NASCE QUESTO TOPIC è "NON DIMENTICARE"

Alessandra


SE QUESTO è UN UOMO

Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per un pezzo di pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.

Primo Levi
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laura91



Registrato: 05/11/05 19:29
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MessaggioInviato: Mar Lug 04, 2006 13:03    Oggetto: Rispondi citando


appoggio in pieno questo topic... Rolling Eyes
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Rossana



Registrato: 09/03/04 22:17
Messaggi: 7575
Residenza: Catania

MessaggioInviato: Mar Lug 04, 2006 13:10    Oggetto: Rispondi citando


SOLO TANTE, CONTINUE PREGHIERE...
UN ABBRACCIO

_________________

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^Gaia^



Registrato: 20/03/04 22:22
Messaggi: 5205
Residenza: Firenze

MessaggioInviato: Mar Lug 04, 2006 13:43    Oggetto: Rispondi citando


Embarassed
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ludo91



Registrato: 05/04/06 17:31
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MessaggioInviato: Mer Lug 05, 2006 11:38    Oggetto: Rispondi citando


HAI RAGIONE ALESSANDRA.....L'UNICO MODO PER IMPEDIRE CHE QUESTO ACCADA DI NUOVO è CONTINUARE A RICORDARE
_________________
ludo
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.°..*Alessandra.*..°.



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MessaggioInviato: Mer Lug 05, 2006 15:16    Oggetto: Rispondi citando


CIAO RAGAZZE. MI FA PIACERE CHE ABBIATE VISITATO IL TOPIC ED ANCHE APPREZZATO... SCUSATE SE LO RIPETO MA IL MIO INTENTO è NON DIMENTICARE ATTRAVERSO QUANTO HO DETTO SOPRA. E vi invito ad evitare commenti di tipo politico per il semplice motivo che non hanno nulla a che fare col forum. Se l' ho precisato è perchè so che l' argomento potrebbe facilmente portare a questo. Credo mi abbiate compresa tutte. Non avevo pensato a tutto ciò quando ho creato questo topic... Solo grazie ad una cara amica del forum che mi ha espresso la sua opinione, mi sono resa conto che sarebbe stato facile intraprendere discorsi di politica avulsi da questo contesto... Quindi ricordiamo tramite citazioni di libri che volete consigliare, films, trascrivendo poesie d' autore...o anche vostri pensieri. FIN DA ORA vi do il benvenuto... Vi aspetto. A prestoooo....

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*CamiAlex*



Registrato: 24/12/05 13:02
Messaggi: 1310
Residenza: Florence

MessaggioInviato: Mer Lug 05, 2006 19:06    Oggetto: Rispondi citando


appoggio anke io il topic!
_________________

Xke la vertigine nn è paura di Cadere,ma voglia di Volare, Insieme a VOI..
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.°..*Alessandra.*..°.



Registrato: 14/06/06 19:15
Messaggi: 2125
Residenza: NAPOLI

MessaggioInviato: Mer Lug 05, 2006 19:09    Oggetto: Rispondi citando


BENVENUTA CAMIALEX. ALLORA SPERO CHE PRESTO RIPORTERETE QUALCOSA PER RICORDARE. BUONA SERATA A TUTTE VOI DI CUORE...
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fede!!



Registrato: 16/05/06 18:11
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MessaggioInviato: Mer Lug 05, 2006 19:56    Oggetto: Rispondi citando


anch'io appoggio questo topic.
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http://img415.imageshack.us/img415/5813/aleataormina2bf.jpg
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MessaggioInviato: Gio Lug 06, 2006 06:48    Oggetto: Rispondi citando


BENVENUTA FEDE! MI FA PIACERE DAVVERO...

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Registrato: 14/06/06 19:15
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MessaggioInviato: Gio Lug 06, 2006 14:51    Oggetto: Rispondi citando




NON DIRE DI ME CHE HO FUGGITO IL MARE
di Melis, Alberto

PREMIO IL BATTELLO A VAPORE 1998 (2° posto):
PER RAGAZZI E GIOVANI è un romanzo ambientato negli anni della Shoah: un' avventura sul tema dell' antigiudaismo in Italia.
1944: Matteo e Marta non sanno perchè gli ebrei di La Spezia sono stati caricati sui treni blindati dai tedeschi. Lo scopriranno sull' isola di Non. A rivlare la terribile verità sarà la loro amica Carola. Da allora i protagonisti cominceranno a porsi delle domande ma non si limiteranno a questo. Faranno di tutto pur di riuscire a salvare almeno una vita.

E COME NON RICORDARE GIORGIO PERLASCA, l'eroe silenzioso che salvò 5218 ebrei ungheresi. Perlasca, che sempre restò coerente con i propri ideali, tornato a casa decise di non raccontare nulla di quanto aveva fatto.



La banalità del bene. Storia di Giorgio Perlasca
di Enrico Deaglio
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MessaggioInviato: Gio Lug 06, 2006 15:16    Oggetto: Rispondi citando






...dall' osservatorio romano 24 marzo 2000
Il discorso pronunciato al Mausoleo di Yad Vashem(Gerusalemme), il Monumento alla Memoria
"Sono venuto per rendere omaggio ai milioni di ebrei che furono uccisi nell'Olocausto"
Giovanni Paolo II ,giovedì 23 marzo 2000.

Le parole dell'antico Salmo sgorgano dal nostro cuore:
"Sono diventato un rifiuto.
Se odo la calunnia di molti,
il terrore mi circonda;
quando insieme contro di me congiurano,
tramano di togliermi la vita.
Ma io confido in te, Signore; dico: "tu sei il mio Dio"" (Sal 31, 13-15).


1. In questo luogo della memoria, la mente, il cuore e l'anima provano un estremo bisogno di silenzio. Silenzio nel quale ricordare. Silenzio nel quale cercare di dare un senso ai ricordi che ritornano impetuosi. Silenzio perché non vi sono parole abbastanza forti per deplorare la terribile tragedia della Shoah. Io stesso ho ricordi personali di tutto ciò che avvenne quando i Nazisti occuparono la Polonia durante la Guerra. Ricordo i miei amici e vicini ebrei, alcuni dei quali sono morti, mentre altri sono sopravvissuti.
Sono venuto a Yad Vashem per rendere omaggio ai milioni di Ebrei che, privati di tutto, in particolare della loro dignità umana, furono uccisi nell'Olocausto. Più di mezzo secolo è passato, ma i ricordi permangono.
Qui, come ad Auschwitz e in molti altri luoghi in Europa, siamo sopraffatti dall'eco dei lamenti strazianti di così tante persone. Uomini, donne e bambini gridano a noi dagli abissi dell'orrore che hanno conosciuto. Come possiamo non prestare attenzione al loro grido? Nessuno può dimenticare o ignorare quanto accadde. Nessuno può sminuirne la sua dimensione.

2. Noi vogliamo ricordare. Vogliamo però ricordare per uno scopo, ossia per assicurare che mai più il male prevarrà, come avvenne per milioni di vittime innocenti del Nazismo.
Come poté l'uomo provare un tale disprezzo per l'uomo? Perché era arrivato al punto di disprezzare Dio. Solo un'ideologia senza Dio poteva programmare e portare a termine lo sterminio di un intero popolo.
L'onore reso ai "gentili giusti" dallo Stato di Israele a Yad Vashem per aver agito eroicamente per salvare Ebrei, a volte fino all'offerta della propria vita, è una dimostrazione che neppure nell'ora più buia tutte le luci si sono spente. Per questo i Salmi, e l'intera Bibbia, sebbene consapevoli della capacità umana di compiere il male, proclamano che non sarà il male ad avere l'ultima parola. Dagli abissi della sofferenza e del dolore, il cuore del credente grida: "Io confido in te, Signore; dico: "tu sei il mio Dio"" (Sal 31, 14).

3. Ebrei e Cristiani condividono un immenso patrimonio spirituale, che deriva dall'autorivelazione di Dio. I nostri insegnamenti religiosi e le nostre esperienze spirituali esigono da noi che sconfiggiamo il male con il bene. Noi ricordiamo, ma senza alcun desiderio di vendetta né come un incentivo all'odio. Per noi ricordare significa pregare per la pace e la giustizia e impegnarci per la loro causa. Solo un mondo in pace, con giustizia per tutti, potrà evitare il ripetersi degli errori e dei terribili crimini del passato.
Come Vescovo di Roma e Successore dell'Apostolo Pietro, assicuro il popolo ebraico che la Chiesa cattolica, motivata dalla legge evangelica della verità e dell'amore e non da considerazioni politiche, è profondamente rattristata per l'odio, gli atti di persecuzione e le manifestazioni di antisemitismo dirette contro gli ebrei da cristiani in ogni tempo e in ogni luogo. La Chiesa rifiuta ogni forma di razzismo come una negazione dell'immagine del Creatore intrinseca ad ogni essere umano (cfr Gn 1, 26).

4. In questo luogo di solenne memoria, prego ferventemente che il nostro dolore per la tragedia sofferta dal popolo ebraico nel XX secolo conduca a un nuovo rapporto fra Cristiani ed Ebrei. Costruiamo un futuro nuovo nel quale non vi siano più sentimenti antiebraici fra i Cristiani o sentimenti anticristiani fra gli Ebrei, ma piuttosto il reciproco rispetto richiesto a coloro che adorano l'unico Creatore e Signore e guardano ad Abramo come il comune padre nella fede (cfr Noi Ricordiamo: una riflessione sulla Shoah, V).
Il mondo deve prestare attenzione al monito che proviene dalle vittime dell'Olocausto e dalla testimonianza dei superstiti. Qui a Yad Vashem, la memoria è viva e arde nel nostro animo. Essa ci fa gridare:

"Se odo la calunnia di molti, il terrore mi circonda;
io confido in te, Signore; dico: "tu sei il mio Dio"" (Sal 31, 13-15).
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MessaggioInviato: Sab Lug 08, 2006 21:12    Oggetto: Rispondi citando


BUONA SERATA A TUTTE.................. Wink
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MessaggioInviato: Mar Lug 11, 2006 13:27    Oggetto: Rispondi citando


POESIA DI UNO FRA I TANTI BAMBINI DEL GHETTO DI TEREZIN
dal sito http://www.iccalcinate.it/shoah.php?oper=documento&id=14

Una macchia di sporco dentro sudicie mura
e tutt’attorno il filo spinato
30.000 ci dormono...
Sono stato bambino tre anni fa.
Allora sognavo altri mondi.
Ora non sono più un bambino,
ho visto gli incendi
e troppo presto sono diventato grande.
Ho conosciuto la paura,
le parole di sangue, i giorni assassinati...

Alla luce di una candela m’addormento
forse per capire un giorno
che io ero una ben piccola cosa,
piccola come il coro dei 30.000,
come la loro vita che dorme
laggiù nei campi,
che dorme e si sveglierà,
aprirà gli occhi
e per non vedere troppo
si lascerà riprendere dal sonno...


Hanus Hachenburg, da Vedem, settembre 1944


L'ultima modifica di .°..*Alessandra.*..°. il Gio Lug 20, 2006 16:44, modificato 1 volta
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Rossana



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MessaggioInviato: Mer Lug 12, 2006 15:48    Oggetto: Rispondi citando


Discorso di Benedetto XVI ad Auschwitz
28 maggio 2006

Come non rimanere 'toccati' dalla comparsa
dell'arcobaleno, simbolo biblico
di pace e riconciliazione?

Prendere la parola in questo luogo di orrore, di accumulo di crimini contro Dio e contro l'uomo che non ha confronti nella storia, è quasi impossibile – ed è particolarmente difficile e opprimente per un cristiano, per un Papa che proviene dalla Germania. In un luogo come questo vengono meno le parole, in fondo può restare soltanto uno sbigottito silenzio – un silenzio che è un interiore grido verso Dio: Perché, Signore, hai taciuto? Perché hai potuto tollerare tutto questo? È in questo atteggiamento di silenzio che ci inchiniamo profondamente nel nostro intimo davanti alla innumerevole schiera di coloro che qui hanno sofferto e sono stati messi a morte; questo silenzio, tuttavia, diventa poi domanda ad alta voce di perdono e di riconciliazione, un grido al Dio vivente di non permettere mai più una simile cosa.
Ventisette anni fa, il 7 giugno 1979, era qui Papa Giovanni Paolo II; egli disse allora: "Vengo qui oggi come pellegrino. Si sa che molte volte mi sono trovato qui… Quante volte! E molte volte sono sceso nella cella della morte di Massimiliano Kolbe e mi sono fermato davanti al muro dello sterminio e sono passato tra le macerie dei forni crematori di Birkenau. Non potevo non venire qui come Papa". Papa Giovanni Paolo II stava qui come figlio di quel popolo che, accanto al popolo ebraico, dovette soffrire di più in questo luogo e, in genere, nel corso della guerra: "Sono sei milioni di Polacchi, che hanno perso la vita durante la seconda guerra mondiale: la quinta parte della nazione”, ricordò allora il Papa. Qui egli elevò poi il solenne monito al rispetto dei diritti dell'uomo e delle nazioni, che prima di lui avevano elevato davanti al mondo i suoi Predecessori Giovanni XXIII e Paolo VI, e aggiunse: “Pronuncia queste parole […] il figlio della nazione che nella sua storia remota e più recente ha subito dagli altri un molteplice travaglio. E non lo dice per accusare, ma per ricordare. Parla a nome di tutte le nazioni, i cui diritti vengono violati e dimenticati…”.

Papa Giovanni Paolo II era qui come figlio del popolo polacco. Io sono oggi qui come figlio del popolo tedesco, e proprio per questo devo e posso dire come lui: Non potevo non venire qui. Dovevo venire. Era ed è un dovere di fronte alla verità e al diritto di quanti hanno sofferto, un dovere davanti a Dio, di essere qui come successore di Giovanni Paolo II e come figlio del popolo tedesco – figlio di quel popolo sul quale un gruppo di criminali raggiunse il potere mediante promesse bugiarde, in nome di prospettive di grandezza, di ricupero dell'onore della nazione e della sua rilevanza, con previsioni di benessere e anche con la forza del terrore e dell'intimidazione, cosicché il nostro popolo poté essere usato ed abusato come strumento della loro smania di distruzione e di dominio. Sì, non potevo non venire qui. Il 7 giugno 1979 ero qui come Arcivescovo di Monaco-Frisinga tra i tanti Vescovi che accompagnavano il Papa, che lo ascoltavano e pregavano con lui. Nel 1980 sono poi tornato ancora una volta in questo luogo di orrore con una delegazione di Vescovi tedeschi, sconvolto a causa del male e grato per il fatto che sopra queste tenebre era sorta la stella della riconciliazione. È ancora questo lo scopo per cui mi trovo oggi qui: per implorare la grazia della riconciliazione – da Dio innanzitutto che, solo, può aprire e purificare i nostri cuori; dagli uomini poi che qui hanno sofferto, e infine la grazia della riconciliazione per tutti coloro che, in quest'ora della nostra storia, soffrono in modo nuovo sotto il potere dell'odio e sotto la violenza fomentata dall'odio.

Quante domande ci si impongono in questo luogo! Sempre di nuovo emerge la domanda: Dove era Dio in quei giorni? Perché Egli ha taciuto? Come poté tollerare questo eccesso di distruzione, questo trionfo del male? Ci vengono in mente le parole del Salmo 44, il lamento dell'Israele sofferente: “…Tu ci hai abbattuti in un luogo di sciacalli e ci hai avvolti di ombre tenebrose… Per te siamo messi a morte, stimati come pecore da macello. Svégliati, perché dormi, Signore? Déstati, non ci respingere per sempre! Perché nascondi il tuo volto, dimentichi la nostra miseria e oppressione? Poiché siamo prostrati nella polvere, il nostro corpo è steso a terra. Sorgi, vieni in nostro aiuto; salvaci per la tua misericordia!” (Sal 44,20.23-27). Questo grido d'angoscia che l'Israele sofferente eleva a Dio in periodi di estrema angustia, è al contempo il grido d'aiuto di tutti coloro che nel corso della storia – ieri, oggi e domani – soffrono per amor di Dio, per amor della verità e del bene; e ce ne sono molti, anche oggi.

Noi non possiamo scrutare il segreto di Dio – vediamo soltanto frammenti e ci sbagliamo se vogliamo farci giudici di Dio e della storia. Non difenderemmo, in tal caso, l'uomo, ma contribuiremmo solo alla sua distruzione. No – in definitiva, dobbiamo rimanere con l'umile ma insistente grido verso Dio: Svégliati! Non dimenticare la tua creatura, l'uomo! E il nostro grido verso Dio deve al contempo essere un grido che penetra il nostro stesso cuore, affinché si svegli in noi la nascosta presenza di Dio – affinché quel suo potere che Egli ha depositato nei nostri cuori non venga coperto e soffocato in noi dal fango dell'egoismo, della paura degli uomini, dell'indifferenza e dell'opportunismo. Emettiamo questo grido davanti a Dio, rivolgiamolo allo stesso nostro cuore, proprio in questa nostra ora presente, nella quale incombono nuove sventure, nella quale sembrano emergere nuovamente dai cuori degli uomini tutte le forze oscure: da una parte, l'abuso del nome di Dio per la giustificazione di una violenza cieca contro persone innocenti; dall'altra, il cinismo che non conosce Dio e che schernisce la fede in Lui. Noi gridiamo verso Dio, affinché spinga gli uomini a ravvedersi, così che riconoscano che la violenza non crea la pace, ma solo suscita altra violenza – una spirale di distruzioni, in cui tutti in fin dei conti possono essere soltanto perdenti. Il Dio, nel quale noi crediamo, è un Dio della ragione – di una ragione, però, che certamente non è una neutrale matematica dell'universo, ma che è una cosa sola con l'amore, col bene. Noi preghiamo Dio e gridiamo verso gli uomini, affinché questa ragione, la ragione dell'amore e del riconoscimento della forza della riconciliazione e della pace prevalga sulle minacce circostanti dell'irrazionalità o di una ragione falsa, staccata da Dio.

Il luogo in cui ci troviamo è un luogo della memoria, è il luogo della Shoah. Il passato non è mai soltanto passato. Esso riguarda noi e ci indica le vie da non prendere e quelle da prendere. Come Giovanni Paolo II ho percorso il cammino lungo le lapidi che, nelle varie lingue, ricordano le vittime di questo luogo: sono lapidi in bielorusso, ceco, tedesco, francese, greco, ebraico, croato, italiano, yiddish, ungherese, neerlandese, norvegese, polacco, russo, rom, rumeno, slovacco, serbo, ucraino, giudeo-ispanico, inglese. Tutte queste lapidi commemorative parlano di dolore umano, ci lasciano intuire il cinismo di quel potere che trattava gli uomini come materiale non riconoscendoli come persone, nelle quali rifulge l'immagine di Dio. Alcune lapidi invitano ad una commemorazione particolare. C'è quella in lingua ebraica. I potentati del Terzo Reich volevano schiacciare il popolo ebraico nella sua totalità; eliminarlo dall'elenco dei popoli della terra. Allora le parole del Salmo: "Siamo messi a morte, stimati come pecore da macello" si verificarono in modo terribile. In fondo, quei criminali violenti, con l'annientamento di questo popolo, intendevano uccidere quel Dio che chiamò Abramo, che parlando sul Sinai stabilì i criteri orientativi dell'umanità che restano validi in eterno. Se questo popolo, semplicemente con la sua esistenza, costituisce una testimonianza di quel Dio che ha parlato all'uomo e lo prende in carico, allora quel Dio doveva finalmente essere morto e il dominio appartenere soltanto all’uomo – a loro stessi che si ritenevano i forti che avevano saputo impadronirsi del mondo. Con la distruzione di Israele, con la Shoah, volevano, in fin dei conti, strappare anche la radice, su cui si basa la fede cristiana, sostituendola definitivamente con la fede fatta da sé, la fede nel dominio dell'uomo, del forte. C'è poi la lapide in lingua polacca: In una prima fase e innanzitutto si voleva eliminare l'élite culturale e cancellare così il popolo come soggetto storico autonomo per abbassarlo, nella misura in cui continuava ad esistere, a un popolo di schiavi. Un'altra lapide, che invita particolarmente a riflettere, è quella scritta nella lingua dei Sinti e dei Rom. Anche qui si voleva far scomparire un intero popolo che vive migrando in mezzo agli altri popoli. Esso veniva annoverato tra gli elementi inutili della storia universale, in una ideologia nella quale doveva contare ormai solo l'utile misurabile; tutto il resto, secondo i loro concetti, veniva classificato come lebensunwertes Leben – una vita indegna di essere vissuta. Poi c'è la lapide in russo che evoca l'immenso numero delle vite sacrificate tra i soldati russi nello scontro con il regime del terrore nazionalsocialista; al contempo, però, ci fa riflettere sul tragico duplice significato della loro missione: hanno liberato i popoli da una dittatura, ma liberando i popoli dovevano servire anche a sottomettere gli stessi popoli ad una nuova dittatura, quella di Stalin e dell'ideologia comunista. Anche tutte le altre lapidi nelle molte lingue dell'Europa ci parlano della sofferenza di uomini dell'intero continente; toccherebbero profondamente il nostro cuore, se non facessimo soltanto memoria delle vittime in modo globale, ma se invece vedessimo i volti delle singole persone che sono finite qui nel buio del terrore. Ho sentito come intimo dovere fermarmi in modo particolare anche davanti alla lapide in lingua tedesca. Da lì emerge davanti a noi il volto di Edith Stein, Theresia Benedicta a Cruce: ebrea e tedesca scomparsa, insieme con la sorella, nell'orrore della notte del campo di concentramento tedesco-nazista; come cristiana ed ebrea, ella accettò di morire insieme con il suo popolo e per esso. I tedeschi, che allora vennero portati ad Auschwitz-Birkenau e qui sono morti, erano visti come Abschaum der Nation – come il rifiuto della nazione. Ora però noi li riconosciamo con gratitudine come i testimoni della verità e del bene, che anche nel nostro popolo non era tramontato. Ringraziamo queste persone, perché non si sono sottomesse al potere del male e ora ci stanno davanti come luci in una notte buia. Con profondo rispetto e gratitudine ci inchiniamo davanti a tutti coloro che, come i tre giovani di fronte alla minaccia della fornace babilonese, hanno saputo rispondere: "Solo il nostro Dio può salvarci. Ma anche se non ci liberasse, sappi, o re, che noi non serviremo mai i tuoi dèi e non adoreremo la statua d'oro che tu hai eretto" (cfr Dan 3,17s.).

Sì, dietro queste lapidi si cela il destino di innumerevoli esseri umani. Essi scuotono la nostra memoria, scuotono il nostro cuore. Non vogliono provocare in noi l'odio: ci dimostrano anzi quanto sia terribile l'opera dell'odio. Vogliono portare la ragione a riconoscere il male come male e a rifiutarlo; vogliono suscitare in noi il coraggio del bene, della resistenza contro il male. Vogliono portarci a quei sentimenti che si esprimono nelle parole che Sofocle mette sulle labbra di Antigone di fronte all'orrore che la circonda: "Sono qui non per odiare insieme, ma per insieme amare".

Grazie a Dio, con la purificazione della memoria, alla quale ci spinge questo luogo di orrore, crescono intorno ad esso molteplici iniziative che vogliono porre un limite al male e dar forza al bene. Poco fa ho potuto benedire il Centro per il Dialogo e la Preghiera. Nelle immediate vicinanze si svolge la vita nascosta delle suore carmelitane, che si sanno particolarmente unite al mistero della croce di Cristo e ricordano a noi la fede dei cristiani, che afferma che Dio stesso e sceso nell'inferno della sofferenza e soffre insieme con noi. A Oświęcim esiste il Centro di san Massimiliano e il Centro Internazionale di Formazione su Auschwitz e l'Olocausto. C'è poi la Casa Internazionale per gli Incontri della Gioventù. Presso una delle vecchie Case di Preghiera esiste il Centro Ebraico. Infine si sta costituendo l'Accademia per i Diritti dell'Uomo. Così possiamo sperare che dal luogo dell'orrore spunti e cresca una riflessione costruttiva e che il ricordare aiuti a resistere al male e a far trionfare l’amore.

L'umanità ha attraversato a Auschwitz-Birkenau una "valle oscura". Perciò vorrei, proprio in questo luogo, concludere con una preghiera di fiducia – con un Salmo d'Israele che, insieme, è una preghiera della cristianità: "Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, per amore del suo nome. Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza … Abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni" (Sal 23, 1-4. 6).



Il Papa ha in qualche modo concluso il suo discorso con la seguente dichiarazione, nel corso dell'udienza generale di mercoledì 31 maggio:

[...]
«Nel campo di Auschwitz-Birkenau, come in altri simili campi, Hitler fece sterminare oltre sei milioni di ebrei. Ad Auschwitz-Birkenau morirono anche circa 150.000 polacchi e decine di migliaia di uomini e donne di altre nazionalità. Di fronte all’orrore di Auschwitz non c’è altra risposta che la Croce di Cristo: l’Amore sceso fino in fondo all’abisso del male, per salvare l’uomo alla radice, dove la sua libertà può ribellarsi a Dio. Non dimentichi l’odierna umanità Auschwitz e le altre “fabbriche di morte” nelle quali il regime nazista ha tentato di eliminare Dio per prendere il suo posto! Non ceda alla tentazione dell’odio razziale, che è all’origine delle peggiori forme di antisemitismo! Tornino gli uomini a riconoscere che Dio è Padre di tutti e tutti ci chiama in Cristo a costruire insieme un mondo di giustizia, di verità e di pace! Questo vogliamo chiedere al Signore per intercessione di Maria che quest’oggi, concludendo il mese di maggio, contempliamo solerte e amorevole nel visitare la sua anziana parente Elisabetta.»



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